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giovedì 22 agosto 2019

“Gina” di Marco Aime Recensione di Aldo Pintor



“Gina”
di Marco Aime


Recensione di Aldo Pintor



Il noto antropologo torinese, Marco Aime, nel suo ultimo libro “Gina” (Ponte alle grazie, pp. 96, €12,00) ci racconta la malattia della madre improvvisamente colpita da demenza senile.

Basta un gesto comune come una telefonata di cui non si riesce a cogliere il senso oppure intuire nelle parole di una persona cara un'ansia incomprensibile e ingiustificata che ci fa rendere amaramente conto come la memoria del nostro interlocutore stia svanendo e la vita dei suoi cari sta per dirigersi purtroppo verso una di quelle pagine dolorose di cui tragicamente è costellata l'esistenza. La Gina del titolo è la madre dello scrittore. In queste pagine Marco Aime racconta con parole dolentissime ma di grande umanità il commiato dalla persona che ha sempre amato e che si è sempre presa cura di lui durante gli anni dell'infanzia. Emergono in questo libro anche i dolorosi interrogativi che si presentano quando si deve accudire la persona da cui si è stati allevati e che ci ha accompagnato fin dai primi nostri vagiti. Putroppo questo male triste chiamato a volte demenza senile e a volte morbo di Alzheimer cambia completamente la qualità della vita di chi è stato colpito e dei suoi cari che gli stanno vicini. Si tratta in ogni caso di una patologia ad andamento progressivo e i medici nell'annunciarla spesso pronunciano la conosciuta frase “non si può guarire ma si può curare”. D'altra parte bisogna dire che per un cristiano non esiste essere umano che non sia curabile ossia di cui non ci si possa prendere cura. Marco Aime quindi in quest'ultima sua opera rievoca la vita della madre con pagine di grande delicatezza e ci mostra come alla fine questa vita vissuta con forza e intensità le sia diventata fragile. Merito dell'autore è l'essere riuscito a coinvolgere anche il lettore in questo dialogo molto personale con la madre. Dialogo che è sempre più vicino a diventare un monologo in quanto questo male dal quale Gina è stata colpita è terribile e ne cancella la personalità. Ovviamente l'autore compie un viaggio nel passato per ricostruire l'intera storia della madre rievocando fatti, luoghi e persone che hanno fatto parte di questo viaggio dentro la storia di Gina. Putroppo l'esperienza di vita ci fa sempre rendere conto di quanto la lotta contro la malattia sia impari e destinata apparentemente a essere persa. Ma nonostante questo, il terribile male è la causa che ci costringe a rileggere il passato senza nostalgia facendoci rivivere tutta la storia di una persona unica come tutte le persone prima che questa irripetibile messaggio di Dio sia mandato all'umanità (così il grande misconosciuto mistico novecentesco Giovanni Vannucci definire ogni persona) sta svanendo tra la nebbia della malattia. I volti degli amici scomparsi, la dura realtà del dopo guerra e il lento risalire la china verso una realtà meno dura vengono rivisitati in maniera nuova. Durante questa rievocazione ogni tanto uno sguardo vivido un sorriso o una lacrima che scaturisce dagli occhi gli restituiscono Gina alla sua storia. Alla fine questo libro diventa un inno alla vita vissuta che consente di conservare la memoria e ci porta a prenderci cura delle persone care anche quando la loro storia svanisce e evapora oltre la nebbia del tempo. Ci piace in conclusione rievocare le tenerissime parole che il nostro antropologo dice alla madre “Così sei andata, un fiocco leggero che il vento accompagna”. Belle e poetiche parole per descrivere una vita e purtroppo quello che è il suo declino.

Concludiamo con le parole del grande poeta spagnolo Antonio Machado “Si canta quel che si perde” credo che queste parole siano le più indicate per descrivere questo libro.

Vedi anche la scheda del libro “Gina” di Marco Aime