Immigrazione, i veri punti.
L'autolesionismo della sola repressione
di Leonardo Becchetti
pubblicato su "Avvenire"
il 7 agosto 2019
Con la discussione e la conversione in legge del cosiddetto Decreto Sicurezza bis la politica migratoria del nostro Paese è stata ridotta quasi esclusivamente a pura repressione e soccorrere persone che scappano dai lager libici, luoghi di persecuzione e tortura, è diventato sempre più un reato. Con enormi costi umani, sociali ed economici. Anche economici perché le migrazioni contribuiscono a migliorare la situazione economica di chi arriva, delle famiglie a casa nei Paesi di origine (e dei Paesi di origine) attraverso le rimesse, ma anche dei Paesi di destinazione. Cioè anche dell’Italia.
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Un’interpretazione plausibile di questo risultato è che esiste uno scarto tra realtà vera e realtà percepita con la seconda che è determinata in modo chiave dall’agenda setting, ovvero dalla gerarchia di notizie che i media mettono al centro dell’attenzione. Gli incendi in Alaska e l’emergenza climatica hanno e avranno probabilmente effetti molto più significativi e drammatici sulle nostre vite nel futuro prossimo. Ma se televisione e social stabiliscono che la notizia principale è il tentativo di sbarco di qualche decina di migranti in un Paese che si sta fortemente spopolando attraverso l’unico canale reso visibile (quello di imbarcazioni delle Ong) è quella che diventa l’emergenza nazionale.
Il compito della politica, della società civile, delle persone di buon senso deve essere quello di costruire una politica migratoria attenta alle tre dimensioni del problema (umana, sociale ed economica). Lo sfruttamento del lavoro in condizioni di semi schiavitù nelle nostre campagne non aiuta certo a una rappresentazione virtuosa del fenomeno migratorio. Esiste in Italia un’agricoltura efficiente, ad alta intensità di capitale e con lavoro più qualificato e una meno efficiente, meno tecnologicamente avanzata che colma i suoi limiti con lo sfruttamento del lavoro. Informazione, scelte di acquisto consapevole di cittadini che “votano col portafoglio”, sistemi legali e politiche pubbliche possono e devono far vincere la prima. E sistemi a punti (come per mantenere la patente) per l’ottenimento della cittadinanza possono costruire incentivi virtuosi per l’integrazione degli immigrati nei Paesi di destinazione.
Il decreto Sicurezza bis è l’ennesima tappa di uno “scontro di civiltà” che si sta svolgendo da tempo anche nel nostro Paese. È possibile invertire la rotta solo se si ha piena consapevolezza del fenomeno e con una strategia in grado di affrontare contemporaneamente gli aspetti sul fronte economico, sociale e della comunicazione. Qui lo si scrive da anni, ma è indispensabile ripeterlo: non sarà un leader solitario a risolvere la questione e ancor meno l’illusione di tagliare il nodo in modo disumano, ma solo una presa di coscienza e un impegno fattivo e diretto di tutti: cittadini e politici lungimiranti.