S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
21 febbraio 2017
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Tentati dalla mondanità”
Il quotidiano sforzo di tutti i cristiani nel cercare di vincere la «tentazione della mondanità», del «sentirsi più grandi degli altri», è stato al centro della meditazione di Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta martedì 21 febbraio.
Una tentazione inevitabile, ha spiegato il Pontefice, prendendo spunto dalla liturgia della parola. Innanzitutto dalla lettura tratta dal libro del Siracide (2, 1-13) dove è scritto: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, resta saldo nella giustizia e nel timore; preparati alla tentazione». Ha spiegato il Papa: «La vita cristiana è una vita con tentazioni» e perciò «dobbiamo essere preparati, alle tentazioni» perché «tutti saremo tentati».
La conferma si trova nel Vangelo di Marco (9, 30-37) in cui si narra di Gesù che «andava con i discepoli decisamente, risolutamente verso Gerusalemme per compiere la sua missione», quella, cioè, «di fare la volontà del Padre». Gesù anticipava ai discepoli quello che gli sarebbe accaduto a Gerusalemme: «Il Figlio dell’Uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno». E ancora: «Ma una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Eppure i discepoli «non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo, di andare oltre, nelle spiegazioni», tanto che dicevano: «Fermiamoci qui. È meglio». Subivano cioè «la tentazione di non compiere la missione». Una tentazione, ha sottolineato il Pontefice, alla quale è stato sottoposto anche lo stesso Gesù «almeno due volte». La prima, nel deserto, con le tre proposte del diavolo «di fare la redenzione ma per un’altra via, più facile, più alla mano». Poi un’altra volta «è stato Pietro a tentarlo» quando, a Gesù che parlava del suo destino, disse: «No, non accada mai, Signore, questo!». E anche a lui Gesù rispose: «Vade retro, Satana!». Infatti «Pietro faceva lo stesso che aveva fatto nel deserto il diavolo, Satana».
Una cosa «interessante» fatta notare da Francesco nel racconto evangelico è che i discepoli «non volevano sentire questa parola di Gesù». Anzi «non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo». Le difficoltà dei discepoli si chiariscono ancora meglio andando avanti nella lettura. Infatti «quando giunsero a Cafarnao, Gesù chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?”». E anche qui, ha sottolineato il Pontefice, essi «tacevano». Ma stavolta tacevano «per la vergogna». Infatti, se la prima volta avevano avuto «timore» e si ripetevano «ma no, non domandiamo niente di più: meglio stare zitti», stavolta si vergognavano perché per la strada «avevano discusso tra loro chi fosse più grande». Si sono vergognati di quella discussione. Un duplice atteggiamento, quello del timore e della vergogna, spiegato dal Papa: «Erano gente buona, che voleva seguire il Signore, servire il Signore. Ma non sapevano che la strada del servizio al Signore non era così facile, non era come un arruolarsi in un’entità, un’associazione di beneficenza». E «avevano timore di questo». D’altro canto, avevano «la tentazione della mondanità».
Ma, ha messo in guardia Francesco, non era una tentazione solo loro: «Dal momento che la Chiesa è Chiesa fino a oggi, questo è successo, succede e succederà». Succede ad esempio «nelle parrocchie» dove sempre ci sono delle «lotte» e si può sentire qualcuno dire: «Io voglio essere presidente di questa associazione, arrampicarmi un po’»; oppure: «Chi è il più grande, qui? Chi è il più grande in questa parrocchia? No, io sono più importante di quello, e quello lì no perché quello ha fatto qualcosa...». Tentazione della mondanità dalla quale, parte «la catena dei peccati» come lo «sparlare dell’altro» o le chiacchiere, che sono tutte cose che servono per «arrampicarsi».
Una tentazione, ha avvertito il Papa, dalla quale non è esente il clero: «Alcune volte lo diciamo con vergogna noi preti, nei presbiteri: “Io vorrei quella parrocchia...” — “Ma il Signore è qui …” — “Ma io vorrei quella...”». Si segue cioè, «non la strada del Signore», ma quella «della vanità, della mondanità». E, ha continuato, «anche fra noi, vescovi, succede lo stesso: la mondanità viene come tentazione». E così accade che un vescovo dica: «Io sono in questa diocesi ma guardo quella che è più importante» e si muove per fare pressioni, per cercare influenze, per spingere «per arrivare là». In sintesi, ha chiarito il Pontefice, «la missione è servire il Signore, ma poi il vero desiderio, tante volte, ci spinge verso la strada della mondanità per essere più importanti». Poi può esserci la delusione, com’è stato per i discepoli di Gesù che «tacevano prima dal timore, poi tacevano dalla vergogna». Il Papa l’ha definita «santa vergogna!» e ha suggerito di chiedere al Signore «sempre la grazia di vergognarci, quando ci troviamo in queste situazioni».
Il criterio di scelta per le nostre azioni, di fronte a certe tentazioni, viene spiegato da Gesù nello stesso brano evangelico: «Sedutosi, disse loro: se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti» e, preso un bambino aggiunse: «Fatevi come questo». Cristo, ha spiegato il Papa, «capovolge tutto. La gloria e la croce, la grandezza e il bambino...».
È questo, ha concluso il Pontefice, un passo del Vangelo che «ci porta a pregare per la Chiesa, pregare per tutti noi perché il Signore ci difenda dalle ambizioni, dalle mondanità di quel sentirsi più grandi degli altri». Che il Signore «ci dia la grazia della vergogna, quella santa vergogna, quando ci troviamo in quella situazione», la grazia di dire: «Ma io sono capace di pensare così? Quando vedo il mio Signore in croce, e io voglio usare il Signore per arrampicarmi?». Ma anche, ha aggiunto, «ci dia la grazia della semplicità di un bambino», di capire l’importanza della «strada del servizio» e, alla fine di una vita di servizio, di saper dire: «Sono un servo inutile».
(fonte: L'Osservatore Romano)
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