La fraternità diversa
di
Enzo Bianchi
Era inevitabile che il viaggio e le parole di papa Francesco in Sri Lanka venissero lette anche alla luce di quanto accaduto nei giorni scorsi a Parigi: mezzi di comunicazione e opinioni pubbliche abituate a dare alle tragedie un peso specifico diverso a seconda della distanza del luogo dove accadono, faticano a cogliere la dimensione insieme locale e universale insita nel ministero del vescovo di Roma. Quando il papa afferma che “non si deve permettere che le credenze religiose vengano abusate per la causa della violenza o della guerra” lo fa rivolgendosi ai rappresentanti religiosi di una nazione particolare, pensando a una specifica chiesa locale di esigua minoranza che ha vissuto come tutti gli abitanti di quel paese anni di sanguinosa guerra civile. Eppure il suo messaggio conserva una portata ben più ampia.
La tragedia di Parigi non è dimenticata, così come non sono dimenticati gli orrori della Nigeria, ma lo sguardo, il cuore e il pensiero di questo pastore universale vanno in primo luogo alle vittime che scorge negli occhi dei suoi interlocutori nello Sri Lanka, alle migliaia di persone uccise, torturate, imprigionate in questi anni. E sono parole che vogliono essere non solo balsamo per le ferite, ma anche stimolo all’azione, appello alla dignità presente in ogni essere umano, invito alla riconciliazione, alla collaborazione, alla solidarietà.
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A Colombo, come a Parigi, come in Nigeria o in Siria, ciascuno deve avere non solo il diritto ma la gioia di poter vivere, approfondire, testimoniare la propria fede religiosa, trovando e donando accoglienza, rispetto fraterno, cura e sollecitudine verso le proprie sofferenze. Questo non è oscuramento dell’annuncio cristiano ma evangelo della pace, buona novella annunciata a tutti, a cominciare dai poveri e degli afflitti.
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