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venerdì 4 agosto 2023

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN PORTOGALLO PER LA XXXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 2 - 6 AGOSTO 2023 - 6° - Incontro con i giovani di Scholas Occurrentes: A volte nella vita bisogna sporcarsi le mani per non sporcarsi il cuore. (cronaca, testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN PORTOGALLO
IN OCCASIONE DELLA
XXXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

2 - 6 AGOSTO 2023


Giovedì, 3 agosto 2023

LISBONA - CASCAIS

10:40 Incontro con i giovani di Scholas Occurrentes nella Sede di Scholas Occurentes di Cascais


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INCONTRO CON I GIOVANI DI SCHOLAS OCCURRENTES

Sede di Scholas Occurentes di Cascais









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Il Papa pennella un murale di 3 km dei giovani:
“Sporcarsi le mani per non sporcarsi la vita”


Francesco si trasferisce da Lisbona a Cascais per incontrare ragazzi e ragazze di Scholas Occurrentes che hanno partecipato al progetto "Vita tra i mondi", iniziativa che ha coinvolto persone di diversa nazionalità e religione, impegnati a realizzare uno dei più grandi murales del mondo: "È come la Cappella Sistina", scherza il Pontefice. Poi risponde a braccio alle domande dei giovani e parla della crisi: "Una vita senza crisi, non serve a niente"



“È una Cappella Sistina dipinta da voi!”. Il Papa alza la testa, poi la gira a destra e sinistra, per osservare con ammirazione e una punta anche di divertimento il murale di 3,5 km totalmente realizzato dai giovani di Scholas Occurrentes, al quale lui stesso dà la pennellata finale. È la firma del Vescovo di Roma a un nuovo mondo sognato dai giovani che lui stesso invita a “sporcarsi le mani, per non sporcarsi la vita”.

A Cascais, nella sede di Scholas

Francesco è a Cascais, litorale a pochi chilometri a ovest di Lisbona, per dedicare un intero appuntamento di circa un’ora ai ragazzi e ragazze dell’organismo diffuso in 190 Paesi, nell’ambito della sua seconda giornata in Portogallo per la Gmg. Arrivato in utilitaria nera, il Papa viene accolto da canti a cappella e urla di “Bienvenido Francisco!” in questa ex scuola trasformata in casa, consegnata anche grazie ad un accordo col governo del Portogallo e divenuta quartier generale del progetto "Vita tra i mondi". Iniziativa che ha coinvolto anziani e giovani, ricchi e poveri, credenti e non credenti, diverse nazionalità, tutti impegnati a realizzare la maestosa opera d’arte. Uno dei murales più grandi del mondo, commenta il direttore José Maria del Corral, che consegna al Pontefice un particolare pennello, incastrato in una scultura di ceramica bianca, usato nei popoli dell’Africa. Il Papa sorride, poi si alza dalla poltrona bianca con lo stemma papale e, tra gli sguardi dei giovani, si reca al muro alle sue spalle per disegnare tre cerchi verdi in un punto già segnato da diversi colori.

Francesco nella sede di Scholas Occurrentes a Lisbona

Testimonianze di varie religioni

È l’atto finale di un incontro caratterizzato, come tutti quelli di Scholas - l’ultimo a maggio all’Augustinianum di Roma - da una serie di domande e testimonianze dei giovani. Questa volta non solo i giovani di varie parti del mondo, ma di diverse religioni che pongono alcune domande al Papa o condividono le loro impressioni su questo progetto che unisce arte, cultura e, in qualche modo, la fede. C’è Paulo, evangelista, che si dice soddisfatto perché “persone che si esprimono l’una con l’altra in diverse religioni, diverse culture, non importa, tutti sono i benvenuti a Scholas”. Poi Mariana, cattolica, che parla del murale come qualcosa che è “molto più di un dipinto o di uno stare insieme”, bensì di un insieme “di storie, di vita e di molta condivisione, una condivisione che non era una condivisione superficiale o una condivisione di like su Instagram”. “Penso che al giorno d'oggi ci sia poca speranza nelle persone e dobbiamo capire veramente che nelle persone c'è anche quella speranza e quella voglia di vivere, anche se a volte è nascosta dietro un piccolo sorriso”, dice. Infine Aladje, musulmano, che rivela di essersi “innamorato” da questo movimento che “non vede la razza, non vede la religione, non vede la nostra cultura in sé, ma valorizza l’interculturalità che esiste e finisce per aiutare persone di diversa provenienza”. “Scholas è uno spazio multiculturale in questo senso e noi entriamo nella scuola senza lasciare da parte la nostra religione”, afferma il ragazzo.

Camminare nelle crisi

Il Papa ascolta e poi risponde a braccio, in spagnolo. Si sofferma soprattutto sul concetto di “crisi”. Quelle che hanno una accezione negativa ma dalle quali possono nascere anche frutti di bene. “Nelle crisi bisogna camminare, raramente da soli e questo è anche importante. Per affrontare la crisi insieme e andare avanti, crescendo”, afferma, “una vita senza crisi è come l’acqua distillata. È asettica, senza sapore, non si può bere, non serve a niente se non ad essere conservata”. La crisi, invece, secondo Jorge Mario Bergoglio, “va fatta propria, va accettata, affrontata e risolta”. Anche perché da essa, cioè da questo “kaos” che “ognuno di noi” sperimenta nella vita può nascere un “kosmos”.

Papa Francesco risponde alle domande dei ragazzi

"Far nascere dal caos il cosmo"

“C’era qualcuno che diceva che il cammino dell’uomo, la vita umana, è fare del kaos un kosmos”, dice Francesco in riferimento a Carl Gustav Jung. “Di quello che non ha senso, che è disordinato, creare un cosmo. Con un senso aperto invitante, includente”. “Qui non voglio diventare un catechista”, scherza il Papa, ma la stessa narrazione della creazione, con un “linguaggio poetico” mostra questo: dal nulla, nasce qualcosa: “Dio un giorno fa la luce e va trasformando delle cose”. “Nelle nostre vite succede la stessa cosa: ci sono momenti critici, molto caotici, dove non si sa come stare in piedi. Tutti passiamo questi momenti…”, afferma il Papa. Ed è qui che subentra “il lavoro personale” e il lavoro “di un gruppo”. “Il cosmo lo state creando voi. Non dimenticate mai questo”, dice ai giovani di Scholas.

L'icona del Buon Samaritano

Conclude l’incontro donando loro una icona che ritrae la parabola del Buon Samaritano, a lui tanto cara. “Nessuno è certo di essere buon samaritano, ma lo dobbiamo essere per tutti”, sottolinea Papa Francesco. Ricorda la vicenda di quest’uomo a terra, ferito, ignorato dai passanti anche perché sanguinante e “secondo la legge del tempo chi toccava sangue rimaneva impuro”. “Quante volte si preferisce la purezza rituale, alla vicinanza umana”, osserva il Papa. “Poi viene un samaritano, mentalità dell’epoca un po’ spavaldo, negoziante… non puro... e questo si ferma e lo vede e sentì compassione”. “Vi lascio una domanda: che cosa ti fa sentire compassione? O hai un cuore così asciutto che non riesci a sentire compassione? Che succede?”, chiede il Pontefice ai giovani. “A volte nella vita bisogna sporcarsi le mani per non sporcarsi il cuore”.

Papa Francesco ricorda la parabola del Buon Samaritano

La benedizione di un albero di ulivo

Tra gli applausi Francesco si congeda da Cascais assicurando la sua benedizione: “Io vi darà la mia benedizione, ma voi mi promettete che pregherete per me. Pregate perché il Signore mi benedica. E chi non prega, mi mandi onde positive”. All’uscita ancora grida di saluto, le foto dalle finestre degli abitanti dei palazzi intorno alla sede di Scholas, la firma ad un pallone di pallamano. In sottofondo, un toccante fado - elemento caratteristico della cultura lusitana - intonato da una donna al centro della piazza. Infine il Papa benedice un albero di ulivo, simbolo di pace.

Il Papa benedice un albero di ulivo
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 03/08/2023)

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SALUTO DEL SANTO PADRE


Domanda n. 1 (POR)

Buongiorno. Scholas! Scholas! Scholas!

Quando mi è stato presentato, non ho avuto dubbi ad accettarlo e abbracciarlo perché è uno spazio dove tutti condividono le proprie emozioni e sentimenti. È uno spazio dove ognuno contribuisce con ciò che ha, di valori etici e morali, per il benessere della comunità. Indipendentemente dalla sua religione od origine. Sono della Guinea Bissau e sono musulmano, ma mi sento parte di questo spazio. E, come musulmano, sento l’obbligo e il dovere di unirmi e di far parte di questo movimento. Perché ciò a cui anche l’islam esorta è la buona convivenza tra le credenze, tra le diverse credenze. Ed esorta e si preoccupa del benessere della comunità. Ci dice che cosa dobbiamo fare, che dobbiamo prenderci cura del prossimo e, per questo motivo, vorrei chiedere perché Scholas è uno spazio con cui tutti si identificano e perché tanta diversità per ottenere un’opera d’arte.

Papa:

Scholas rende possibile tutto ciò, che ognuno si senta interpretato. Con grande rispetto, ma non è un rispetto statico, ma dinamico, che mette in cammino, per fare cose, per esprimersi facendo, com’è questo dipinto, che come mi ha detto del Corral, è una cappella sistina dipinta da voi. (Applausi). Scholas ti mette in cammino, Scholas ti fa rispettare l’altro, e ascoltare l’altro che ha qualcosa da dirti, e l’altro ascoltare te perché tu hai qualcosa da dirgli. Scholas ti indica il cammino per andare avanti, ti fa andare avanti. Scholas è un incontro camminando, tutti, qualsiasi sia il Paese, qualsiasi sia la religione, soltanto guardare avanti e camminare insieme. E questo è costruttivo, come i tre km e mezzo di murale che voi avete fatto per arrivare qui.

Domanda n. 2 (POR)

Vorrei continuare un po’ nella direzione della diversità per entrare nel tema che è stato alla base dei due mesi del nostro lavoro, che è il caos. Noi, come gruppo, e anche io individualmente, abbiamo avuto l’opportunità di visitare varie comunità diverse, varie persone diverse, di religione diversa, di culture diverse, e questo ci ha dato una grandiosa opportunità per approfondire sempre più, non solo dentro di noi, ma anche dentro tutta la comunità, ciò che significa scoprire il sentimento vero che esse provano, le sofferenze vere che sentono e, in tal modo, dare loro l’opportunità di esprimere tutto ciò con una pennellata, con una linea sul murale. Dare loro l’opportunità di esprimersi! E questo inevitabilmente ci coinvolge, tocca il nostro cuore e ci fa pensare: abbiamo questo sentimento? Queste sofferenze fanno parte di noi, del nostro convivere? Allora vorrei domandare: che cosa ne sarebbe della nostra esistenza senza il caos originale? Grazie.

Papa:

Tu dici caos, va bene. È la crisi. Sapete da dove viene la parola “crisi”? Quando si raccoglieva il grano, si passava al setaccio [in spagnolo [cribar: fa notare la parentela tra “crisi” e “cribar”]. E la crisi nelle persone sono situazioni della vita, eventi, problemi organici, malumore o buonumore. Ti fa cribar, ossia setacciare, e tu devi scegliere. Una vita senza crisi è una vita asettica. A te piace bere acqua? Ti piace? Se ti do acqua distillata, uno schifo! L’acqua distillata è un’acqua senza crisi. Una vita senza crisi è come l’acqua distillata, non sa di niente. Non serve a niente. Solo per metterla nell’armadio e chiudere la porta. Le crisi bisogna accettarle, bisogna accettarle e risolverle. Perché neanche rimanere nella crisi è un bene, perché è un suicidio continuo. È come uno stare per arrivare, per arrivare. Le crisi le devi percorrere, le devi accettare. E raramente da solo. E anche questo è importante nel gruppo di Scholas. Camminare insieme per affrontare crisi insieme, risolvere cose. L’importante è andare avanti e crescere insieme. Allora, avanti, anche solo per mangiare una feijoada.

Domanda n. 3 (POR)

In questi ultimi due mesi abbiamo lavorato molto per riuscire a fare il murale che ha visto lì fuori. Ma questo murale veramente rappresenta il caos. Il caos che, molto spesso, quando lo viviamo, e quando lo viviamo da vicino, non capiamo, ed è una grande confusione. Sembrano solo linee aleatorie. Ma la verità è che arriva un momento in cui noi ci distanziamo. In quella distanza cominciamo a riuscire a vedere forme, colori; cominciamo a riuscire a trovare un senso in questo caos, a riuscire a pensare più di quello che spesso vediamo appena o sentiamo appena, ma sì, riusciamo a esprimere. Per me, ad esempio, è stata un’esperienza molto importante perché anch’io ho vissuto momenti di grande caos nella mia vita - credo che tutti li viviamo - e la verità è che, ascoltare la storia degli altri, aprirsi veramente per ascoltare, per condividere e per accogliere tutte le persone che hanno partecipato a questo murale, è stato un privilegio per noi, forse più che per loro, per noi che siamo qui e abbiamo permesso che ciò accadesse. E tutto ciò perché cerchiamo questo senso, tutti cerchiamo questo senso profondo di percepire che è qualcosa di più grande del semplice essere qui. E allora vorremmo domandarle: quando è passato accanto al murale, che cosa ha sentito, che cosa ha provato durante nel tragitto fino a qui, nel cuore di questo murale, che per noi è davvero semplicemente l’inizio o la fine. Non lo sappiamo. E prima che lei risponda, vorremmo anche, a nome di tutti, offrirle un pennello, questo pennello che rappresenta tutti noi.

Papa:

È bello quello che hai detto del caos. C’era uno che diceva che la vita dell’uomo, la nostra vita umana, è fare del caos un cosmo, ossia di ciò che non ha senso, è disordinato, è caotico, fare un cosmo, con senso, aperto, inviante, complessivo. Non voglio fare qui il catechista, ma se vediamo la struttura del racconto della Creazione, che è un racconto mitico, nel senso vero della parola “mito”, perché mito è forma di conoscenza. Allora usa questa storia colui che ha scritto il racconto della Creazione. Tra parentesi, questo è stato scritto molto tempo dopo che il popolo ebraico ha fatto l’esperienza della sua liberazione. Ossia, pima c’è tutta l’esperienza dell’esodo del popolo ebraico e poi guardano indietro. E come è iniziata la storia? Come si è trasformato il caos in cosmo? E lì, in un linguaggio poetico, si narra come Dio dal caos un giorno fa la luce, un altro giorno fa l’uomo, e continua a creare cose e a trasformare il caos in cosmo. Nella nostra vita succede lo stesso: ci sono momenti di crisi - riprendo questa parola -, che sono caotici, che non sai più a che punto di trovi, tutti attraversiamo questi momenti bui. Caos. E qui il lavoro personale, delle persone che ci accompagnano, di un gruppo così, è di trasformare il cosmo. A me risulta difficile in questo caos della Sistina [risate] pensare che dietro c’è un cosmo, perché il cosmo qual è? Lo state costruendo voi nel messaggio che state portando avanti, nel cammino che avete davanti. Non vi dimenticate mai di questo: trasformare un caos in un cosmo. E questo è il cammino di ognuno. Una vita che rimane nel caotico è una vita fallita, e una vita che non ha mai provato il caos è una vita distillata, dove tutto è perfetto. E le vite distillate non danno vita, muoiono in se stesse. E se una vita personale e relazionale che ha provato la crisi come caos e lentamente dentro di sé, e nella comunità, si è trasformata in un cosmo… tanto di cappello!

Una delle giovani di Scholas Ocurrentes in spagnolo:

Grazie, Papa Francesco, per le tue parole. Grazie!

Una giovane in portoghese:

È una gioia per noi concludere così questo cammino. Ma, malgrado questa esperienza stia per finire, ci piacerebbe pensare che l’opera non finirà mai. Per questo oggi concluderemo cominciando. E così, quando un cammino si chiude, un nuovo cammino si apre. Abbiamo deciso di chiamare questo progetto: “Vita tra Mondi”. Infatti tutto il murale è un’esperienza e un’espressione di vita che nascono dall’incontro di tante realtà diverse. Perciò oggi faremo un salto e riuniremo un mondo fisico con un mondo virtuale.

Una giovane in spagnolo:

Ti chiediamo, caro Francesco, di accompagnarci fino alla parete che hai dietro di te e di regalarci l’ultima pennellata di questo murale, ma con un pennello molto particolare, capace di iniziare al tempo stesso un’opera virtuale che riuscirà a riunire le diverse comunità di Scholas in tutto il mondo.

José María del Corral, Presidente di Scholas Ocurrentes:

Papa Francesco, il video, questo pennello virtuale di cui parlava Eugenia è un’arma per la pace. Sembra una pistola perché sparerà qui ma, invece di uccidere, questa pennellata che darai sulla parete la darai anche nel mondo virtuale. In questo momento ci sono ragazzi di Scholas in Mozambico, che hanno montato un dispositivo, in Mozambico, a Tofo, per vedere la pennellata che darai ora, e seguirla nel mondo virtuale, perché i giovani vogliono che sia tu a unire il mondo fisico con quello virtuale perché il mondo virtuale non smetta mai di essere concreto e impegnato con la realtà. [applausi] Dipingiamo la parete.

Papa:

Questa è la storia del buon Samaritano, e nessuno di noi è esente dall’essere un buon Samaritano. È un obbligo che abbiamo tutti. Ognuno deve cercarla nella vita, perché ognuno termina la propria vita […] ha perso come nella guerra. Il buon Samaritano lo trova gettato a terra, ma prima era passato un levita, era passato un sacerdote, però avevano fretta. Non gli hanno dato importanza. Ma oltre ad avere fretta, non potevano toccarlo perché c’era del sangue […] e secondo la legislazione di quel tempo chi toccava il sangue diventava impuro. Non so per quanto tempo doveva purificarsi, allora questo gli impediva di compiere il suo dovere, non doveva toccare. “Muori ma io non ti tocco, non divento impuro. Muori ma io non divento impuro”. Non dimenticatevi di questo. Quante volte può passare per la nostra mente: “Muori ma io non divento impuro”. Quante volte si preferisce la purezza rituale alla vicinanza umana […]. I Samaritani, nella mentalità dell’epoca, erano dei “disgraziati”, erano tutti disgraziati e commercianti, non erano puri di mente, di cuore, erano emarginati, ma il buon Samaritano lo vede, si ferma e la storia dice che provò compassione. “Muori, io mi preoccupo della mia purezza”. Provò compassione. Vi lascio la domanda: che cosa mi fa provare compassione? Oppure hai un cuore talmente arido che non provi compassione? Ognuno si dia una risposta. E poi che succede? Lo porta in un albergo e gli trova una stanza e dice al locandiere: “Guarda, io ripasserò tra tre giorni. Intanto prendi questo e se serve di più, al ritorno ti pago”. Questo “disgraziato” era uno che pagava. Allora abbiamo i ladroni che uccidono, il buon Samaritano che si prende cura e il levita e il sacerdote che se ne vanno per non diventare impuri. E Gesù dice: questo entra nel Regno dei Cieli, perché si è mosso a compassione. Pensate un po’ a questa storia. Dove sto io? Reco danno alla gente? Dove sto io? Evito le difficoltà reali o mi sporco le mani? A volte nella vita bisogna sporcarsi le mani per non sporcarsi il cuore.

Una giovane, in spagnolo:

Grazie, caro Francesco, per il tuo regalo, un vero segno per continuare a camminare insieme.

Papa: Ora vi do la benedizione, ma voi promettetemi di chiedere la benedizione anche per me, dopo.

Pregate per me, e chi tra voi non lo fa perché non può o perché non si sente, che mi mandi energia positiva.



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L’abbraccio del Papa ai giovani turchi colpiti dal sisma:
ricostruire anche nella vita

Nella Nunziatura di Lisbona, a conclusione della mattinata, il Papa ha ricevuto un gruppo di pellegrini di diverse confessioni cristiane arrivati dalla Turchia che lo hanno ringraziato per l’aiuto ricevuto dopo il terremoto

L'incontro del Papa con il gruppo di giovani arrivati dalla Turchia

Al suo rientro in Nunziatura, dopo la mattinata del secondo giorno a Lisbona dedicata all’appuntamento con i giovani universitari e a quello con i ragazzi di Scholas Occurrentes, Francesco ha incontrato un gruppo di circa 40 giovani di varie confessioni cristiane e diversa origine, pellegrini dalla Turchia, colpita dal terremoto a inizio febbraio di quest’anno, accompagnati dal Vicario Generale del Vicariato Apostolico dell’Anatolia.

Lo rende noto la Sala Stampa della Santa Sede, spiegando che i giovani hanno ringraziato il Papa per l’aiuto ricevuto dopo il terremoto. Francesco ha espresso la sua vicinanza per la sofferenza vissuta da quanti hanno subito la devastazione provocata dal sisma, riconoscendo il loro coraggio e la sfida di “ricostruire, anche nella vita”. Durante l’incontro, durato circa mezz’ora e concluso con la preghiera del Padre Nostro, si è festeggiato anche il compleanno di una ragazza turca, che compie 23 anni oggi.
(fonte: Vatican News 03/08/2023)