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giovedì 24 agosto 2023

Don Sacco: “Non si arriverà mai ad una pace con una soluzione militare”

Ucraina.
Don Sacco: “Non si arriverà mai ad una pace con una soluzione militare”

Un sottomarino U212 Nfs costa 674 milioni di euro, un F35 almeno 130 milioni. Il governo ha deciso di spendere 4 miliardi per uno stock di 200 carri armati Leopard 2. L’obiettivo è di arrivare, come chiede la Nato, a spendere il 2% del Pil per una cifra complessiva di 36 miliardi di euro che corrispondono a 104 milioni di euro al giorno. "Guerra più guerra non fa pace", dice il consigliere di Pax Christi. "Sono stato a Kiev, a Odessa e a Mykolaiv. Essere vicini alle vittime, non lo si fa inviando nuove armi. Lo abbiamo sempre detto come Pax Christi. Lo dice sempre il Papa. Le guerre per finirle non bisogna alimentarle. Qui si alimenta una guerra"

Kiev, carovana StopTheWarNow, settembre 2022 (foto M. Di Marcantonio)

“Stiamo assistendo ad una bulimia di spese militari che non poterà a niente, tanto meno alla pace”. Don Renato Sacco, consigliere di Pax Christi, non nasconde la sua preoccupazione per le notizie sulle spese militari e l’invio di armi all’Ucraina che stanno circolando. Ma il rappresentante del movimento pacifista italiano preferisce partire dal tweet di Papa Francesco per la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario in cui ha lanciato un appello a “deporre le armi, a ridurre le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari, a convertire gli strumenti di morte in strumenti di vita”. “Il Papa è solo”, commenta don Sacco. “Sicuramente nel mondo politico, economico e finanziario, questo discorso sulla riduzione delle spese militari è un tabù e lo richiama solo il Papa”. Il sacerdote ripercorre a memoria tutte le volte che il Santo Padre lo ha fatto: dal discorso del 13 settembre 2014 a Redipuglia dove denunciò la lobby delle industrie delle armi fino al convegno di Bari nel febbraio 2020 quando disse: “Tanti Paesi parlano di pace e poi vendono le armi ai Paesi che sono in guerra. Questo si chiama la grande ipocrisia”.

Don Sacco osserva: “Potremo fare un elenco infinito delle dichiarazioni di Papa Francesco su questo tema e constatare quanto la sua voce sia isolata. I grandi partiti organizzano grandi dibattiti ma questo tema rimane un tabù”.

Perché un tabù?

Perché evidentemente tocca dei nervi scoperti e mette in crisi un sistema economico che va sempre di più calcando le armi. Chi mette in discussione questo sistema, viene silenziato.

Troppi interessi in gioco?

In realtà, l’economia delle armi non è così vitale per l’economia italiana perché rappresenta all’incirca l’1% del Pil ma è vitale per chi ci fa gli affari. Le spese militari sono scelte di lobby, non di servizio alla popolazione che ha bisogno di altro. Pensiamo, per esempio, ai canadair e al fatto che il nostro Paese ne abbia solo 16. Li noleggiamo anche dalla Francia per far fronte alla emergenza incidenti ma produciamo gli F35.

Con un F35 da 130 milioni si potrebbero produrre 4 canadair, molto più utili al territorio.

Nel tweet, il Papa chiede di “convertire gli strumenti di morte in strumenti di vita”. Ma quanto valgono esattamente gli “strumenti di morte”

Un sottomarino U212 Nfs costa 674 milioni di euro, un F35 almeno 130 milioni. Il governo ha deciso di spendere 4 miliardi per uno stock di 200 carri armati Leopard 2. L’obiettivo è di arrivare, come chiede la Nato, a spendere il 2% del Pil per una cifra complessiva di 36 miliardi di euro che corrispondono a 104 milioni di euro al giorno. E questo solo per l’Italia. La spesa militare mondiale ha raggiunto nel 2022 la somma record di 2.240 miliardi di dollari complessivi. L’Italia inoltre sta lavorando ad un nuovo aereo militare, Tempest, insieme a Gran Bretagna a Giappone. Insomma, stiamo assistendo ad una bulimia di spese militari che è pazzesco.

L’ultima notizia è che Danimarca e Olanda si sono impegnate a consegnare a Kiev una flotta aerea composta da 61 caccia F16.

È inquietante soprattutto se questa decisione dell’Olanda è stata avallata dagli Stati Uniti e dalla Nato e non sia stata sostenuta dal popolo olandese. Così come è preoccupante che anche l’Italia abbia fornito armi a Putin, vendendogli nel 2015 modelli di blindati Lince.

Cosa si rischia nel fomentare la guerra con l’invio di armi?

La frase che spesso si dice è che guerra più guerra non fa pace. Sono stato a Kiev, a Odessa e a Mykolaiv. Essere vicini alle vittime non lo si fa inviando nuove armi. Lo abbiamo sempre detto come Pax Christi. Lo dice sempre il Papa. Le guerre per finirle non bisogna alimentarle. Qui si alimenta una guerra. Stanno dicendo tutti che sarà molto lunga. Dobbiamo fare in modo che finisca non prevedere che sia lunga. Non abbiamo la certezza di quanti siano i morti. Qualcuno parla di 500mila morti tra russi e ucraini. L’Ucraina è carne da macello come lo sono anche i soldati russi mandati a combattere in Ucraina. Anche alcuni esperti militari dicono che non si arriverà mai ad una pace con una soluzione militare. Questo non vuol dire essere dalla parte di Putin. Vuol dire ripetere la domanda che pose Papa Francesco in quel famoso Angelus del 2 ottobre 2022: “Che cosa deve ancora succedere? Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione?”.

Se continuiamo a mettere benzina sul fuoco, moriranno più persone e non ci saranno spiragli di pace ma solo di distruzione e di morte.
(fonte: Sir, articolo di M. Chiara Biagioni 22/08/2023)