Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



martedì 18 luglio 2023

Non c’è futuro per un Paese che non guarda ai giovani.

Non c’è futuro per un Paese che non guarda ai giovani.
I dati di ISTAT, CGIL e “20e30”

(Foto di Centro Studi 20e30)

Qualche giorno fa l’Istat ha pubblicato il “Rapporto annuale 2023”, che tra le tante altre cose contiene anche una serie di statistiche sulla vita dei giovani in Italia e su quanto spende per loro lo Stato. Come scrivono i ricercatori, “focalizzarsi sulle nuove generazioni è rilevante perché ciò che migliora la capacità di essere e fare dei giovani aumenta in prospettiva il benessere di tutti”. Aggiungendo che “l’investimento nei primi anni di vita, in particolare, è riconosciuto come il più efficace nel ridurre i divari ereditati dal contesto socio-economico di origine”.

I numeri mostrano purtroppo impietosamente che l’Italia fa ancora troppo poco per i giovani e che fa meno degli altri grandi Paesi europei. “Nel 2022, quasi un giovane su due (47,7 % dei 10 milioni e 273 mila 18-34enni) – si legge nel rapporto– mostra almeno un segnale di deprivazione in uno dei domini chiave del benessere (Istruzione e Lavoro, Coesione sociale, Salute, Benessere soggettivo, Territorio). In questo insieme, più di 1,6 milioni (pari al 15,5 % dei 18-34enni) sono multi-deprivati, ovvero mostrano segnali di deprivazione in almeno 2 domini. I livelli di deprivazione e multi-deprivazione sono sistematicamente più alti nella fascia di età 25-34 anni, la più vulnerabile, costituita da coloro che entrano nella fase adulta della vita e che si trovano ad affrontare tappe cruciali quali l’ingresso nel mercato del lavoro, l’uscita dalla famiglia di origine, l’inizio di una vita autonoma, la formazione di un’unione, la scelta di diventare i genitori.

L’analisi della multi-deprivazione ci conferma che per la maggioranza dei giovani il raggiungimento di queste tappe è sempre più un percorso a ostacoli. La reazione messa in atto negli ultimi decenni dalle generazioni che via via sono entrate nell’età adulta è stata il posticipo delle tappe fondamentali. D’altra parte, la precarietà e la frammentarietà delle esperienze lavorative e la scarsa mobilità sociale hanno contribuito a compromettere le opportunità di realizzazione delle aspirazioni di una larga parte di giovani e a scoraggiarne la partecipazione attiva a vari livelli – politico, sociale, e culturale. In Italia, il meccanismo di trasmissione intergenerazionale della povertà è più intenso che nella maggior parte dei Paesi dell’Unione europea: quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà, quando aveva 14 anni viveva infatti in famiglie che versavano in condizione finanziaria critica”.


Anche i primi risultati dell’inchiesta nazionale della CGIL e della Fondazione Di Vittorio sulle condizioni e le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori, relativi a tutti i settori, considerando i giovani sottolinea che: “Circa i due terzi degli under 35 si collocano nelle classi di reddito più basse e un’altra variabile molto indicativa è quella del titolo di studio: il 60,3% di chi ha la licenza media guadagna fino a 20 mila euro netti annui contro percentuali molto più basse per chi ha conseguito il titolo di scuola superiore o la laurea”. Il tema dei bassi salari incrocia chiaramente anche quello delle tipologie contrattuali e del tempo di lavoro. Secondo quanto rilevato dall’indagine, infatti, nelle classi fino a 20 mila euro netti annui si concentra l’83,2% dei precari e il 37,5% di chi ha un contratto a tempo indeterminato Ovviamente anche il tempo di lavoro incide: l’82,4% dei part-time ricade nelle classi di reddito più basse, mentre solo il 33,5% dei full-time. E tutto ciò mentre, in generale, dobbiamo registrare il calo dei salari reali più forte tra le principali economie Ocse: “Alla fine del 2022 i salari reali erano calati del 7,5 per cento rispetto al periodo precedente la pandemia”.

Intanto, è stato presentato alla Camera dei deputati dall’Organizzazione e Centro studi per le future generazioni “20e30” un Rapporto sullo stato delle politiche giovanili dall’inizio della legislatura. 20e30 si pone l’obiettivo di portare all’attenzione dei decisori pubblici il punto di vista dei giovani sulle politiche che li riguardano in prima persona e colmare il gap di rappresentanza giovanile all’interno delle istituzioni. A guidare l’indagine cinque aree tematiche, raccolte e selezionate nel corso della campagna elettorale delle politiche di settembre 2022 e oggetto di approfondimento sul piano politico, sociale ed economico. Dal piano nazionale a quello europeo, con un occhio sul PNRR, il Rapporto fa il punto sul livello di accesso al prestito d’onore universitario e il divario tra necessità formative ed esigenze di preparazione del mondo lavorativo; welfare aziendale e impatto sulla produttività della settimana lavorativa a quattro giorni; fenomeno dell’eco-ansia attraverso il ricorso ad una consultazione pubblica tra gli under 35; impatti su salute mentale ed economia di una società più inclusiva verso le persone LGBTQ+; regolamentazione del mercato degli affitti per i giovani e offerta di immobili più accessibile.

Qui per scaricare il Rapporto.
(fonte: Pressenza, articolo di Giovanni Caprio 15.07.23)