" Il conforto cristiano è in Gesù non nelle chiacchiere"
Papa Francesco
Meditazione Mattutina
S. Messa Cappella
della Casa Santa Marta
01.09.2015
«Sono certo — questa è la vera certezza — di contemplare la bontà del Signore». Perciò, ha proseguito il Papa rilanciando il consiglio di Paolo, «confortatevi a vicenda con le buone opere e siate d’aiuto gli uni agli altri. E così andremo avanti». Del resto, proprio «nella preghiera all’inizio della messa — ha ricordato — abbiamo chiesto al Signore che lui sviluppi il germe che ha seminato in noi, quel seme di bontà, quel seme di grazia». Ha proseguito l’omelia chiedendo «al Signore la grazia che quel seme di speranza che ha seminato nel nostro cuore si sviluppi, cresca fino all’incontro definitivo con lui», per poter affermare: «Io sono certo che vedrò il Signore»; «io sono certo che il Signore vive»; «io sono certo che il Signore verrà a trovarmi». È questo «l’orizzonte della nostra vita». Dunque «chiediamo questa grazia al Signore e confortiamoci gli uni gli altri con le buone opere e le buone parole, su questa strada».
La testimonianza di Giobbe e l’affresco del Giudizio universale dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina sono due icone che possono ravvivare la nostra certezza dell’incontro personale con il Signore. Le ha riproposte il Papa rilanciando a ciascuno il consiglio, rivolto da Paolo ai cristiani di Tessalonica, di «confortarsi a vicenda», e cioè di «parlare della venuta del Signore», l’unica cosa che conta, senza perdere tempo in chiacchiere da sagrestia. Nella messa celebrata martedì mattina 1º settembre, nella cappella della Casa Santa Marta, il Pontefice ha suggerito anche una serie di domande per un esame di coscienza su come stiamo vivendo l’attesa del Signore.
Francesco ha preso le mosse per la sua meditazione proprio del passo liturgico della prima lettera che «l’apostolo Paolo scrive alla comunità di Tessalonica» (5, 1-6. 9-11). Forse, ha fatto notare, «questa lettera è la prima che lui ha scritto» e l’ha indirizzata a «una comunità un po’ inquieta» perché preoccupata di «come e quando» sarebbe stato e sarebbe venuto il giorno del ritorno del Signore. Tanto che già nel brano letto il giorno prima, ha precisato il Papa, san Paolo è costretto a raccomandare di non essere «tristi come quelli che non hanno speranza». Infatti la comunità si chiedeva: «Cosa succede ai morti, dove vanno i morti?». E ancora: «Quando viene il Signore?». E qualcuno rispondeva: «No, viene subito! E se viene subito, non lavoriamo!».
Così Paolo, uomo «concreto», deve rivolgersi ai cristiani di Tessalonica con un’espressione forte: «Ma, chi non lavora, che non mangi». Insomma, ha affermato il Papa, a questa «comunità un po’ così» l’apostolo «deve insegnare la strada della pace». E sempre il passo dell’epistola del giorno precedente ammoniva di non essere «tristi perché il Signore verrà e i vostri morti sono con lui». Ma Paolo va poi anche oltre: «E così per sempre saremo con il Signore». Questa affermazione, ha detto Francesco, «è una consolazione grande» ed «è quello che ci aspetta, tutti noi». Inoltre, ha aggiunto, «il brano di ieri finiva con un consiglio: confortatevi, dunque, a vicenda con queste parole».
Ma «anche oggi — ha detto il Papa — il brano che abbiamo letto finisce con lo stesso verbo: confortatevi a vicenda». È infatti «proprio il conforto che dà la speranza: il Signore verrà, e verrà quando lui vorrà venire, quando lui vedrà che sarà giunto il tempo». Nessuno può dire quando sarà: Paolo scrive addirittura che il Signore «verrà come un ladro, come le doglie a una donna incinta: viene!». E in questa prospettiva «noi cosa dobbiamo fare?». Paolo suggerisce, appunto, questo consiglio: «Confortatevi, confortatevi a vicenda». Invita cioè a parlarne insieme. «Ma io — ha chiesto Francesco — vi domando: noi parliamo del fatto che il Signore verrà, che noi incontreremo lui?». Oppure «parliamo di tante cose, anche di teologie, di cose di Chiesa, di preti, di suore, di monsignori, tutto questo?». E, ha aggiunto, «il nostro conforto, è questa speranza?».
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Servizio CTV
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