IV Domenica di Pasqua (A) 2020
La presenza di Gesù il Pastore unico del suo popolo
a cura della Fraternità Carmelitana
di Barcellona P.G.
1. Ascolto orante
del vangelo di Giovanni (10,1-10)
1.
Continuiamo a vivere il Tempo Pasquale
di cinquanta giorni. In questa IV Domenica, Giorno del Signore, la mistagogia riguarda la relazione tra Gesù il Pastore unico e noi il
suo gregge, una relazione non di sudditanza, ma di comunione e di dono di sé.
Con questa consapevolezza nella nostra
liturgia domestica apriamo oggi con fiducia il vangelo di Giovanni al cap. 10.
Facciamo una breve pausa di silenzio,
chiedendo allo Spirito che ci apri alla comprensione di questo scritto che
contiene la Parola di Dio per noi oggi.
Adesso leggiamo
attentamente e con calma la pagina del cap. 10 dal verso 1 fino al verso 10.
2.
La pagina evangelica di Giovanni ci presente un discorso di Gesù sul suo essere
il Pastore unico del suo popolo. Di
questo discorso la liturgia della Chiesa quest’anno ci fa leggere il primo
passaggio, che si articola in due parti: nella prima parte (vv. 1-5) ci viene
presentata una scena simbolica, che gli interlocutori di Gesù hanno difficoltà
a comprendere (v. 6), come sovente anche noi oggi; nella seconda parte (vv.
7-10, ma questa parte si prolunga nei versetti che seguono, fino al v. 21) dove
lo stile letterario è più personale, Gesù continua il suo discorso applicando a
sé in modo mistagogico i tratti del
Pastore evidenziati nella scena simbolica iniziale.
3.
Come viene descritto il compito e lo stile il Pastore? Qui emerge la fede e l’autoconsapevolezza di Gesù riguardo
alla sua missione. Egli esprime, innanzitutto, la sua la fede stabile e matura nel Padre, cioè la sua incrollabile fiducia nel Padre, perché per due volte dice
«Amen, Amen» (tradotto, invece, con
«In verità, in verità»): la prima volta all’apertura del discorso (v. 1), la
seconda quando lo prosegue (v. 7). Gesù è colui che cerca e fa la volontà del
Padre.
E poi esprime la sua autoconsapevolezza
riguardo alla missione che ha ricevuto. Infatti, tutte le parole che dice sono
“pesate”, perché esprimono la missione del Pastore secondo il cuore e la
volontà di Dio Padre. Nel Pastore secondo la volontà di Dio Padre, e non
secondo la volontà dei governanti di questo mondo, Gesù vede rispecchiata la
missione che il Padre gli ha affidato.
Per questo qui il Pastore non ha i tratti
del padrone rozzo e insipiente, che coltiva i suoi interessi e il suo profitto
a danno degli altri, come i pastori ladri e violenti (cf. Gv 10,1.5.8.10; si
legga Ez 34). No. Qui il Pastore ha i tratti di uno preoccupato a stabilire una
relazione interpersonale intima e
familiare con il gregge e di cura
per esso. Perciò il Pastore:
- entra dalla porta e non da un’altra parte, perché non è un estraneo per loro;
- parla con le pecore e le chiama ciascuna
per nome (cf. Is 43,1), perché le conosce ad una ad una (cf. Sal 139; Ger
12,3; Gv 2,24-25): è una conoscenza esperienziale;
- le conduce
fuori al pascolo della Parola di Dio (cf. Is 40,8-11Sal 23,2; 119,176);
- anzi le spinge con insistenza ad “uscire” per cibarsi della Parola di Dio,
affinché compiano il loro cammino pasquale che li fa uscire da tutte le forme di schiavitù (cf. Es 14,19; Dt 1,33; 4,37;
5,6);
- camminando innanzi a loro e con loro,
come camminava la colonna di nube dinnanzi e con gli Israeliti (cf. Es
13,21-22), sia per indicare alle pecore la direzione del cammino, sia per
proteggerle.
Dunque, il Pastore si mette al servizio
delle pecore, si prende cura di loro, fino a dare la vita per loro (cf. Gv
10,11). Così fa con noi Dio Padre, nostro il Pastore (cf. Sal 23; 80; Ez 34),
così fa Gesù, il nostro unico Pastore.
4.
È importante evidenziare questo tratto di profonda familiarità del Pastore Gesù, perché non va dimenticato che egli è
prima di tutto l’Agnello di Dio (cf.
Gv 1,29.36): così viene indicato da Giovanni Battista e così muore (cf. Gv
19,33-34; si legga la seconda lettura: 1Pt 2,20-25). È Agnello, in quanto anche lui è parte del gregge, anche lui appartiene
al popolo di Dio, poiché non era un “fantasma”, bensì uno che si è fatto
“carne” (cf. Gv 1,14), cioè uomo debole e fragile come noi, uno che ha vissuto
la fede dei padri, che ha conosciuto il patire come noi (cf. Eb 4,15; 5,7-9), che
ha vissuto in mezzo a noi senza vergognarsi di considerarsi nostro fratello (cf. Eb 2,11; Gv 20,17).
E in
quanto Agnello Gesù è Pastore: «l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà
il loro Pastore, e li guiderà alle fonti delle acque della vita» (Ap 7,17).
Ecco perché Gesù non è un estraneo,
come i pastori ladri e violenti. Da qui la relazione interpersonale di familiarità con il gregge, con noi.
E questo tratto fondamentale di familiarità dice che noi siamo il dono
più prezioso che egli ha ricevuto dal Padre, un dono che non deve disperdere,
bensì custodire, far crescere e maturare (cf. Gv 10,28-29).
E dice anche con grande chiarezza che Gesù
non voleva costituire la Chiesa come una monarchia (prese le distanze quando
vollero farlo re: cf. Gv 6,14-15), fatta di superiori e sudditi-pecoroni
infantili, senza coscienza, intelligenza, discernimento e capacità di
autodeterminazione. No. Gesù Pastore voleva e vuole (anche nella condizione di
Risorto) far crescere la Chiesa come una Chiesa
di fratelli e sorelle, fatta di cristiani adulti, capaci di scelte libere e
mature davanti a Dio e davanti agli uomini.
Per questo l’apostolo Pietro, colui che
Gesù chiamò a prendersi cura pastorale della sua Chiesa (cf. Gv 21,15-17),
esorta i responsabili, i presbiteri delle comunità cristiane ad essere «modelli
del gregge» in conformità a Cristo Gesù, colui che è «il Pastore supremo», il
Pastore dei pastori, sempre presente nella sua Chiesa (cf. 1Pt 5,3-4). La cura
pastorale di Gesù nei nostri riguardi continua
anche nella sua condizione di Risorto! Oggi
egli continua ad essere presente come il Pastore che ci accompagna nel cammino
della vita! Nessun pastore può pretendere di sostituire la presenza di Gesù
Risorto e Pastore, lo può soltanto rappresentare sacramentalmente e in
obbedienza a lui.
Perciò Gesù dice di sé Io sono la Porta delle pecore (cf. Gv 10,7.9),
perché se si vuole essere pastori come lui, bisogna “attraversare la sua
persona”, entrare nel mistero della sua persona e assimilare il suo stile di Agnello e Pastore. Solo così ognuno di
noi, a seconda della vocazione che ha ricevuto e a seconda del lavoro e della
professione che esercita, saprà vivere al meglio, giorno dopo giorno, la cura
pastorale verso gli altri, la responsabilità di custodire e di far crescere gli
altri in umanità e nella fede.
Apriamo adesso il Libro dei Salmi e
preghiamo con il Salmo 23, il Salmo di
Dio Pastore che si pone a servizio della cura, della crescita e della custodia
del suo popolo. Anche quando il suo popolo e ognuno di noi si trova a camminare
in una “valle oscura”, egli è sempre con noi, è sempre il nostro compagno di
viaggio.
2. Intercessioni
Fratelli, con la sua Pasqua, con
il suo discendere e risalire il Signore ha fatto di noi un popolo di redenti,
un popolo libero, in quanto riscattato dall’idolatria della violenza e del
denaro. Confidenti nella sua vigile attenzione di Pastore, innalziamo a Lui le
nostre preghiere ed insieme diciamo:
R/ Agnello e
Pastore nostro, ascoltaci
- Guarisci, Signore Gesù, la tua
Chiesa da quella cecità, che le impedisce di camminare spedita dietro di Te
sulle strade del Vangelo, che sono le strade della fraternità e
dell’accoglienza gratuita dell’altro. Preghiamo.
- Dona, Signore Gesù,
discernimento e saggezza al nostro papa Francesco, ai patriarchi delle Chiese
orientali, ai vescovi, ai pastori e a quanti sono chiamati a guidare le varie
chiese della Riforma. La tua parola ed il tuo stile di vita, caratterizzato
dalla piena obbedienza al progetto di salvezza del Padre, siano per tutti loro
e per ogni cristiano, uomo o donna, guida e modello per un agire pienamente
responsabile. Preghiamo.
- Ti preghiamo, Signore Gesù,
per il futuro di questo nostro mondo. Ispira tutti coloro che hanno
responsabilità di governo, perché escano dai vari egoismi nazionali, per
ritrovare la via della solidarietà e della cura della casa comune. Preghiamo.
- Ti affidiamo, Signore Gesù,
questo primo tentativo del nostro Paese di uscire dalla quarantena. Tu che ci
conosci per nome, aiutaci a sentirci responsabili non soltanto della nostra
vita o delle persone più care, ma anche di quanti incrociamo sulla nostra
strada, imparando a guardare l’altro non come una minaccia, ma come un dono da
custodire e da aiutare. Preghiamo.
-
Davanti a te, o Signore Gesù Agnello e Pastore, assieme ai nostri parenti e
amici defunti, ci ricordiamo delle numerose vittime del coronavirus [pausa di silenzio]; ricordiamo anche i
genitori e gli insegnanti che hanno educato i figli e i giovani ai valori della
vita; ricordiamo i catechisti e gli operatori pastorali che hanno curato la
crescita umana e di fede dei bambini, degli adolescenti e dei giovani a loro
affidati; ricordiamo, infine, i parroci e i presbiteri che hanno svolto con
dedizione e gratuità il loro servizio pastorale in mezzo al popolo di Dio. Su
tutti, o Signore, fa’ risplendere la bellezza del tuo Volto di Pastore buono e
compassionevole. Preghiamo.
-
Pregare il Padre Nostro…
-
Concludere con la seguente preghiera:
O Cristo Buon Pastore,
ascolta le nostre preghiere e rendici attenti alla tua chiamata, perché
seguendo la tua voce possiamo vivere la comunione con te e con i nostri
fratelli. Te lo chiediamo perché sei nostro Signore e Fratello, oggi e sempre,
nei secoli dei secoli.
AMEN
- PREGARE IN FAMIGLIA - Preparare in casa l’“angolo della preghiera” a cura della Fraternità Carmelitana di Barcellona P.G.