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domenica 17 novembre 2019

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 54/2018-2019 (C) di Santino Coppolino


"Un cuore che ascolta - lev shomea"
Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)

Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino


Vangelo:

Lc 21,5-19


Il brano del Vangelo di questa XXXIII Domenica del tempo ordinario, che si prolunga fino al v.36, è detto: La grande Apocalisse per distinguerlo dalla piccola (17,20-37) ed ha come tema di fondo il destino universale della storia dell'uomo. Il significato del termine Apocalisse non è catastrofe o distruzione, così come comunemente è inteso, Apocalisse significa rivelazione, svelamento; non parla di chissà quali realtà occulte ma del senso profondo e ultimo della storia. L'evangelista non intende terrorizzare il lettore, lo invita piuttosto a togliere quel velo che le tante paure hanno posto davanti ai suoi occhi perché possa contemplare il mondo con lo stesso sguardo di Dio. Attraverso un linguaggio a tinte forti, Luca vuole indicare che non si sta procedendo verso la fine, ma verso il fine della creazione, che «nel continuo dissolversi del mondo vecchio è celata la nascita di quello nuovo» (cit.). Dio porta a compimento nella storia il suo disegno d'amore nel dono del Figlio Gesù attraverso il suo mistero di morte e resurrezione. La croce e la morte non devono mai scoraggiarci, perché è attraverso di esse - la martyrìa - che il Padre realizza nel suo Figlio e in noi il suo progetto di salvezza. La resurrezione di Gesù, fedeltà del Padre al suo amore per noi, ce ne dà la certezza. «Ma il Regno di Dio sulla terra sarà sempre come un seme: piccolo, gettato e nascosto, e porterà i tratti del volto del Figlio dell'uomo, consegnato per noi alla morte» (cit.). E' necessario, infatti, «attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio» (At 14,22). Così come per Gesù, anche per noi è di vitale importanza che non ci lasciamo guidare dalla paura della morte, origine di ogni egoismo e peccato; "induriamo" (cfr. 9,51) anche noi il nostro volto, decisi a raggiungere insieme a Lui Gerusalemme. Abbandoniamoci con infinita fiducia al Padre, ben sapendo che, nel suo Figlio Gesù, la morte è stata vinta e sconfitta per sempre.