Tutti i santi
"Un ponte fra cielo e terra"
di Piero Stefani
Tutti i santi
Ap 7,2-4.9-14; Sal 24 (23); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
Nella solennità di Tutti i santi, la Chiesa proclama il Vangelo delle Beatitudini. Il messaggio è limpido: i santi sono coloro che hanno vissuto e vivono le Beatitudini. Esse costituiscono un ponte tra cielo e terra.
Una sola parola compare per due volte al fine di connotare il motivo per cui si è proclamati «beati»: si tratta del termine «giustizia». «Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia» (Mt 5,6); «Beati i perseguitati per la giustizia» (Mt 5,10). Vale a dire: beati coloro che patiscono i morsi di quella fame, l’arsura di quella sete. Non lo sono perché mangiano e bevono: «Non di solo pane vive l’uomo» (Mt 4,3; Dt 8,3).
Beati anche coloro che pongono la giustizia al di sopra del proprio benessere. Essi sanno quello che manca. A essere proclamati beati non sono i giusti, sono coloro che cercano la giustizia. Se la giustizia ci fosse non sarebbero perseguitati, non ne avrebbero fame e sete. Essi sanno che il Padre è giusto, sono anche consapevoli che il mondo è pieno d’ingiustizia, ma non si rassegnano alla sua presenza. Sanno che il Padre fa sorgere il sole e fa piovere su giusti e ingiusti (cf. Mt 5,45). Quest’atto divino non elimina ancora l’ingiustizia presente nel mondo, esso attesta però a coloro che cercano di essere «perfetti» come lui (cf. Mt 5,48) che non si può sconfiggere l’ingiustizia compiendo, a propria volta, atti ingiusti e violenti.
Chi ha fame e sete di giustizia è irresistibilmente spinto a denunciare l’ingiustizia, e questa scelta lo porta a subire persecuzioni. Si tratta di un nesso intrinseco. Bisogna denunciare l’ingiustizia anche quando si sa che sul piano pratico l’atto, lungi dal produrre mutamenti, suscita piuttosto persecuzioni. È una situazione dura, perché la denuncia non porta al pentimento degli oppressori. L’ingiustizia inscritta nella realtà non è rimossa. Anzi, il suo semplice esserci suscita, come affermò Primo Levi, vergogna nei giusti: un male è già stato inesorabilmente introdotto nel mondo e non si è riusciti a impedirlo.
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3); «Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,10). Si tratta della prima e dell’ultima Beatitudine (la nona, Mt 5,11, è solo un’aggiunta esplicativa). Siamo davanti a una specie d’inclusione. I giusti che abitano questo mondo non sono perfetti, per questo motivo si parla del loro aspirare, attendere e cercare la giustizia. Si ha fame e sete di quanto non si ha. I poveri in spirito sono coloro che vedono l’ingiustizia senza rassegnarsi a essa; si comportano così anche se sono consapevoli che la loro opera non sarà in grado di mutare radicalmente l’assetto del mondo. In questa consapevolezza sta la loro povertà, una condizione che, lungi dall’essere un ostacolo, addirittura li sospinge a prendersi cura degli altri.
«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). I misericordiosi devono trovare a loro volta misericordia. Non sono perfetti, e non lo sono anche in virtù del loro stesso agire; essi infatti sanno di non potersi identificare pienamente né con chi è nel bisogno, né con chi è nella colpa; del resto, se lo facessero, non sarebbero né efficaci nel soccorrere, né nelle condizioni di perdonare.
Non è un paradosso affermare che i misericordiosi hanno bisogno di ricevere misericordia proprio in virtù del loro essere stati misericordiosi. Non è un gioco di parole, non è un denigrare chi compie il bene, è un affermare che il Regno è posto all’insegna della giustizia del Padre (cf. Mt 6,32-33), non della misericordia interumana.
Dopo aver tanto evidenziato il «lato mancante», è ancora possibile affermare che le Beatitudini sono un ponte tra cielo e terra? Sì, perché non ci è dato pensare che i santi siano avvolti in una felicità che impedisce loro di preoccuparsi di chi tuttora patisce ingiustizia, di chi è nel bisogno e di chi non è ancora esente dal peccare. Non lo ha fatto il Figlio, potrebbero forse farlo loro?
(Fonte: Blog "La Parola in cammino" - Il Regno)