UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 21 novembre 2018
Mercoledì, 21 novembre 2018
Il Papa ha fatto il suo ingresso oggi in piazza San Pietro, dove sono presenti 10mila fedeli, alle 9.15 circa, ma appena fatto capolino dal lato del braccio di Carlo Magno è sceso subito dalla papamobile, per andare a salutare e benedire una donna gravemente disabile su un lettino, accompagnata dai familiari e dai volontari. Francesco è sceso dalla papamobile per raggiungere, a piedi, la donna e si è intrattenuto a parlare con lei, tenendole le mani, alle quali ha affidato un rosario, e benedicendola. Poi il Papa è risalito a bordo della jeep bianca scoperta e ha cominciato il consueto giro tra i settori della piazza, di cui sono protagonisti i bambini. Molti gli striscioni che campeggiano tra la folla, tra cui quelli a caratteri cubitali del Cammino neocatecumenale, con scritte nere in campo bianco, visibile sulle transenne della prima fila davanti al sagrato. Intorno all’obelisco al centro della piazza, dove com’è tradizione viene allestito il presepe, una palizzata di incannucciate, sormontata da una gru, nasconde i lavori di scultura per il presepe di quest’anno, che sarà realizzato con la sabbia jesolana originaria delle Dolomiti.
Catechesi sui Comandamenti, 14-A: Non desiderare il coniuge altrui; non desiderare i beni altrui.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
I nostri incontri sul Decalogo ci conducono oggi all’ultimo comandamento. L’abbiamo ascoltato in apertura. Queste non sono solo le ultime parole del testo, ma molto di più: sono il compimento del viaggio attraverso il Decalogo, toccando il cuore di tutto quello che in esso è consegnato. Infatti, a ben vedere, non aggiungono un nuovo contenuto: le indicazioni «non desidererai la moglie […], né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» sono perlomeno latenti nei comandi sull’adulterio e sul furto; qual è allora la funzione di queste parole? È un riassunto? È qualcosa di più?
Teniamo ben presente che tutti i comandamenti hanno il compito di indicare il confine della vita, il limite oltre il quale l’uomo distrugge se stesso e il prossimo, guastando il suo rapporto con Dio. Se tu vai oltre, distruggi te stesso, distruggi anche il rapporto con Dio e il rapporto con gli altri. I comandamenti segnalano questo. Attraverso quest’ultima parola viene messo in risalto il fatto che tutte le trasgressioni nascono da una comune radice interiore: i desideri malvagi. Tutti i peccati nascono da un desiderio malvagio. Tutti. Lì incomincia a muoversi il cuore, e uno entra in quell’onda, e finisce in una trasgressione. Ma non una trasgressione formale, legale: in una trasgressione che ferisce se stesso e gli altri.
Nel Vangelo lo dice esplicitamente il Signore Gesù: «Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,21-23).
Comprendiamo quindi che tutto il percorso fatto dal Decalogo non avrebbe alcuna utilità se non arrivasse a toccare questo livello, il cuore dell’uomo. Da dove nascono tutte queste cose brutte? Il Decalogo si mostra lucido e profondo su questo aspetto: il punto di arrivo – l’ultimo comandamento - di questo viaggio è il cuore, e se questo, se il cuore non è liberato, il resto serve a poco. Questa è la sfida: liberare il cuore da tutte queste cose malvagie e brutte. I precetti di Dio possono ridursi ad essere solo la bella facciata di una vita che resta comunque un’esistenza da schiavi e non da figli. Spesso, dietro la maschera farisaica della correttezza asfissiante si nasconde qualcosa di brutto e non risolto.
Dobbiamo invece lasciarci smascherare da questi comandi sul desiderio, perché ci mostrano la nostra povertà, per condurci a una santa umiliazione. Ognuno di noi può domandarsi: ma quali desideri brutti mi vengono spesso? L’invidia, la cupidigia, le chiacchiere? Tutte queste cose che mi vengono da dentro. Ognuno può domandarselo e gli farà bene. L’uomo ha bisogno di questa benedetta umiliazione, quella per cui scopre di non potersi liberare da solo, quella per cui grida a Dio per essere salvato. Lo spiega in modo insuperabile san Paolo, proprio riferendosi al comandamento non desiderare (cfr Rm 7,7-24).
È vano pensare di poter correggere se stessi senza il dono dello Spirito Santo. È vano pensare di purificare il nostro cuore in uno sforzo titanico della nostra sola volontà: questo non è possibile. Bisogna aprirsi alla relazione con Dio, nella verità e nella libertà: solo così le nostre fatiche possono portare frutto, perché c’è lo Spirito Santo che ci porta avanti.
Il compito della Legge biblica non è quello di illudere l’uomo che un’obbedienza letterale lo porti a una salvezza artefatta e peraltro irraggiungibile. Il compito della Legge è portare l’uomo alla sua verità, ossia alla sua povertà, che diventa apertura autentica, apertura personale alla misericordia di Dio, che ci trasforma e ci rinnova. Dio è l’unico capace di rinnovare il nostro cuore, a patto che noi apriamo il cuore a Lui: è l’unica condizione; Lui fa tutto, ma dobbiamo aprirgli il cuore.
Le ultime parole del Decalogo educano tutti a riconoscersi mendicanti; aiutano a metterci davanti al disordine del nostro cuore, per smettere di vivere egoisticamente e diventare poveri in spirito, autentici al cospetto del Padre, lasciandoci redimere dal Figlio e ammaestrare dallo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è il maestro che ci guida: lasciamoci aiutare. Siamo mendicanti, chiediamo questa grazia.
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Sì, beati quelli che smettono di illudersi credendo di potersi salvare dalla propria debolezza senza la misericordia di Dio, che sola può guarire. Solo la misericordia di Dio guarisce il cuore. Beati coloro che riconoscono i propri desideri malvagi e con un cuore pentito e umiliato non stanno davanti a Dio e agli altri uomini come dei giusti, ma come dei peccatori. È bello quello che Pietro disse al Signore: “Allontanati da me, Signore, che sono un peccatore”. Bella preghiera questa: “Allontanati da me, Signore, che sono un peccatore”.
Questi sono coloro che sanno avere compassione, che sanno avere misericordia degli altri, perché la sperimentano in se stessi.
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Saluti:
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APPELLO PRO ORANTIBUS
Oggi, memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, celebriamo la Giornata pro Orantibus, dedicata al ricordo delle comunità religiose di clausura: cene sono tante! È un'occasione quanto mai opportuna per ringraziare il Signore per il dono di tante persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano totalmente a Dio nella preghiera, nel silenzio e nel nascondimento. Non manchi a queste comunità l’affetto, la vicinanza, il sostegno anche materiale di tutta la Chiesa!
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana.
Sono lieto di accogliere i gruppi di fedeli dalle parrocchie, soprattutto quelli di Sant’Elpidio a Mare e di Salerno; e il gruppo Laboratorio del coraggio, accompagnato dall’Arcivescovo Mons. Renato Boccardo.
Saluto la Delegazione del Progetto basket in Terra Santa; il Banco Alimentare; l’Associazione internazionale di Polizia della Puglia e l’Istituto Garibaldi-Leone, di Trinitapoli.
Un pensiero particolare rivolgo ai giovani, agli anziani, agli ammalati e agli sposi novelli.
Oggi celebriamo la memoria della Presentazione della Beata Vergine Maria. Guardiamo a Colei che generò il Cristo e veneriamola quale Madre e potente Aiuto dei cristiani. Da essa impariamo cosa sia il consacrarsi interamente al progetto che Dio ha su ciascuno di noi e sul mondo intero.
Leggi il testo integrale con i saluti ai pellegrini nelle varie lingue
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