15 febbraio 2016
L’aereo del Pontefice è decollato dall’aeroporto internazionale “Benito Juarez” della capitale messicana – dove Francesco è giunto dalla Nunziatura a bordo della Fiat 500L bianca e nera.
Tuxtla Gutiérrez si trova a circa 750 chilometri da Città del Messico, il volo è atterrato intorno alle 15:50 dopo un’ora e 40 minuti, il programma è serratissimo.
Ad accoglierlo all’aeroporto centinaia di bambini che hanno cantato con i costumi colorati della tradizione locale. Il Papa è stato ricevuto dall’arcivescovo mons. Fabio Martinez Castilla poi Bergoglio si è imbarcato sull’elicottero che lo ha portato a San Cristobal de Las Casas, a circa 50 chilometri di distanza.
Papa Francesco, dopo quasi due ore di aereo da Tuxla Gutierrez, méta del volo da Città del Messico, e un tragitto in elicottero, è atterrato a San Cristóbal de Las Casas.
A lui è stata riservata un'accoglienza entusiasta nel suo giro in "papamobile" tra gli oltre centomila fedeli presenti nel Centro sportivo municipale, dove ha celebrato la Messa con le comunità indigene. Si sono ascoltati i canti e le letture della liturgia nelle lingue autoctone della zona.
La folla lo ha acclamato senza sosta - "Bienvenido papa Francisco!" - mentre lui dall'auto, accompagnato dal vescovo locale monsignor Felipe Arizmendi Esquivel con indosso un poncho colorato, dispensava saluti e benedizioni, fermandosi continuamente a baciare bambini che gli venivano avvicinati dagli uomini della sicurezza. "Benvenuto il Papa della pace! - ripetevano in coro i presenti insieme allo speaker - Benvenuto il Papa della giustizia! Benvenuto il papa dei poveri!". "Viva il popolo maya", si è anche gridato.
Un momento di forte intensità e commozione si è avuto alla "supplica" dei fedeli pronunciata in lingua locale da un rappresentante indio con toni incalzanti e di profonda emozione, quasi piangendo, sui drammi subiti dalla propria gente. Durante la "supplica" i tanti indios presenti alla messa ascoltavano a capo chino, in ginocchio, con le mani sul viso o sul capo. Il Papa ha ascoltato, a sua volta, in assorto raccoglimento.
L'omelia di Papa Francesco
«Li smantal Kajvaltike toj lek – La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima» (Sal 19/18,8): così cominciava il Salmo che abbiamo ascoltato. La legge del Signore è perfetta; e il salmista si propone di enumerare tutto ciò che tale legge produce in chi la ascolta e la segue: rinfranca l’anima, rende saggio il semplice, fa gioire il cuore, è luce per illuminare il cammino (cfr Sal 19/18,8-9).
Questa è la legge che il Popolo d’Israele aveva ricevuto per mano di Mosè, una legge che avrebbe aiutato il Popolo di Dio a vivere nella libertà alla quale era stato chiamato. Legge che chiedeva di essere luce ai loro passi e accompagnare il peregrinare del Suo Popolo. Un Popolo che aveva sperimentato la schiavitù e il dispotismo del Faraone, che aveva sperimentato la sofferenza e i maltrattamenti, finché Dio disse “basta!”, finché Dio disse: “non più!”. Ho visto l’afflizione, ho udito il grido, ho conosciuto la sua angoscia (cfr Es 3,9). E lì si manifesta il volto del nostro Dio, il volto del Padre che soffre di fronte al dolore, al maltrattamento, all’ingiustizia nella vita dei suoi figli e la sua Parola, la sua legge diventava simbolo di libertà, simbolo di gioia, di sapienza e di luce. Esperienza, realtà che trova eco in quella espressione che nasce dalla sapienza allevata in queste terre fin dai tempi lontani e che così recita nel Popol Vuh: “L’alba sopraggiunse sopra le tribù riunite. La faccia della terra fu subito risanata dal sole” (33). L’alba sopraggiunse per i popoli che più volte hanno camminato nelle diverse tenebre della storia.
In questa espressione, c’è un anelito a vivere in libertà, un anelito che ha il sapore di terra promessa, dove l’oppressione, il maltrattamento e la degradazione non siano moneta corrente. Nel cuore dell’uomo e nella memoria di molti dei nostri popoli è inscritto l’anelito a una terra, a un tempo in cui il disprezzo sia superato dalla fraternità, l’ingiustizia sia vinta dalla solidarietà e la violenza sia cancellata dalla pace.
Il nostro Padre non solo condivide questo anelito: Egli stesso lo ha suscitato e lo suscita donandoci il suo Figlio Gesù Cristo. In Lui troviamo la solidarietà del Padre che cammina al nostro fianco. In Lui vediamo come quella legge perfetta prende carne, prende volto, prende la storia per accompagnare e sostenere il suo Popolo; si fa Via, si fa Verità, si fa Vita affinché le tenebre non abbiano l’ultima parola e l’alba non cessi di venire sulla vita dei suoi figli.
In molti modi e in molte forme si è voluto far tacere e cancellare questo anelito, in molti modi hanno cercato di anestetizzarci l’anima, in molte forme hanno preteso di mandare in letargo e addormentare la vita dei nostri bambini e giovani con l’insinuazione che niente può cambiare o che sono sogni impossibili. Davanti a queste forme, anche il creato sa alzare la sua voce: «Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22)» (Enc. Laudato si’, 2).
La sfida ambientale che viviamo e le sue radici umane ci toccano tutti (cfr ibid., 4) e ci interpella. Non possiamo più far finta di niente di fronte a una delle maggiori crisi ambientali della storia.
In questo voi avete molto da insegnarci, da insegnare all’umanità. I vostri popoli, come hanno riconosciuto i Vescovi dell’America Latina, sanno relazionarsi armonicamente con la natura, che rispettano come «fonte di nutrimento, casa comune e altare del condividere umano» (Documento di Aparecida, 472).
Tuttavia, molte volte, in modo sistematico e strutturale, i vostri popoli sono stati incompresi ed esclusi dalla società. Alcuni hanno considerato inferiori i loro valori, la loro cultura, le loro tradizioni. Altri, ammaliati dal potere, dal denaro e dalle leggi del mercato, li hanno spogliati delle loro terre o hanno realizzato opere che le inquinavano. Che tristezza! Quanto farebbe bene a tutti noi fare un esame di coscienza e imparare a dire: perdono! Perdono, fratelli! Il mondo di oggi, spogliato dalla cultura dello scarto, ha bisogno di voi!
I giovani di oggi, esposti a una cultura che tenta di sopprimere tutte le ricchezze, le caratteristiche e le diversità culturali inseguendo un mondo omogeneo, hanno bisogno – questi giovani – che non si perda la saggezza dei loro anziani!
Il mondo di oggi, preso dal pragmatismo, ha bisogno di reimparare il valore della gratuità!
Stiamo celebrando la certezza che «il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto d’amore, non si pente di averci creato» (Enc. Laudato si’, 13). Celebriamo che Gesù Cristo continua a morire e risorgere in ogni gesto che compiamo verso il più piccolo dei nostri fratelli. Incoraggiamoci a continuare ad essere testimoni della sua Passione, della sua Risurrezione incarnando Li smantal Kajvaltike toj lek - “la legge del Signore che è perfetta e rinfranca l’anima”.
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Dopo l’affollatissima Messa, Papa Francesco ha pranzato con otto rappresentanti delle comunità indigene del Chiapas.
Seduti al tavolo con il Santo Padre c’erano “otto indigeni che rappresentavano le diverse componenti della comunità”, ha spiegato Padre Lombardi, “quindi c’era un sacerdote indigeno, molto semplice, una persona affascinante nella sua semplicità di vita e di espressione, vestito come un indigeno: non aveva nessuna distinzione clericale particolare; poi c’era un rappresentante dei diaconi, con la moglie; poi una religiosa, un rappresentante dei giovani, un catechista, tutti però delle comunità indigene locali. E il Papa si è intrattenuto con loro, con una conversazione molto semplice”.
Papa Francesco è passato nella cattedrale di San Cristóbal de las Casas, la cattedrale di cui Samuel Ruiz è stato vescovo per 40 anni, e dove è sepolto. Lì, ha raccontato Lombardi, “ha incontrato tantissimi malati: c’era un migliaio di persone. Poi, naturalmente, è passato davanti alla tomba di Samuel Ruiz, ha sostato in preghiera – brevemente, ma ha sostato in preghiera – e poi ha continuato il suo itinerario di consolazione e di incontro con le persone che erano presenti nella cattedrale”.
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Vedi anche i nostri post precedenti:
- Papa Francesco: Viaggio in Messico (12-18 FEBBRAIO 2016) / 1 - Partenza, incontri con i giornalisti durante il volo per Cuba e verso il Messico, arrivo a Cuba e storico incontro con il Patriarca Kirill di Mosca (cronaca, foto testi e video)
- Papa Francesco: Viaggio in Messico (12-18 FEBBRAIO 2016) / 3 - Santa Messa nella Basilica di Guadalupe (cronaca, foto testi e video)
- Papa Francesco: Viaggio in Messico (12-18 FEBBRAIO 2016) / 4 - Santa Messa Ecatepec, Angelus e Visita all'Ospedale pediatrico (cronaca, foto testi e video)
- Papa Francesco: Viaggio in Messico (12-18 FEBBRAIO 2016) / 5 - Visita all'Ospedale pediatrico (cronaca, foto testi e video)