Probabilmente non si sono conosciuti, ma tra i due si scorgono assonanze: capacità comunicativa, la «Chiesa del grembiule» che si fa servizio. L'intervista al vicepostulatore
A un giornalista che insisteva sul fatto che avrebbe potuto essere un grande politico, don Tonino Bello rispose che nella sua vita aveva avuto un solo pensiero: essere un sacerdote. Era un uomo di pace in ogni campo nel quale si cimentava, in quello civile e soprattutto in quello ecclesiale. Non si può, però, leggere la storia di don Tonino in maniera superficiale senza andare alla fonte della sua azione: il suo amore per la Chiesa. Ne è fermamente convinto anche monsignor Domenico Amato, vicepostulatore della causa di canonizzazione, che ha realizzato per Città Nuova Editrice, il volume «Tonino Bello. Una biografia dell’anima».
Conclusa la fase diocesana del processo di canonizzazione, un anno fa il materiale è stato inviato a Roma, dove verrà indicato il relatore della causa che, insieme con il postulatore, stenderà la positio. La figura di don Tonino Bello è circondata da una fama di santità popolare. Chi ha conosciuto il Vescovo di Molfetta, ma anche chi lo incontra attraverso i suoi scritti, non può non coglierne una grande spiritualità, non può non scoprire una voce profetica e una testimonianza cristiana estremamente significativa. «Don Tonino era un profeta della pace e come presidente di Pax Christi era molto conosciuto, ma non era solo questo. Si forma – spiega Amato – a Bologna negli anni del Concilio e ha un riferimento significativo nell’esperienza episcopale del cardinale Lercaro. È importante e fondamentale cogliere la sua spiritualità trinitaria, cristologica e mariana».
Aveva una grande capacità comunicativa. «Dietro alle sue espressioni (si pensi, per esempio, alla parola “contemplattivi”, cioè coniugare insieme contemplazione e azione), c’è una riflessione molto profonda». E, infine, l’importanza dell’aspetto pastorale. «Don Tonino nei 10 anni da Vescovo è stato profondamente inserito nella vita della diocesi. Ha tradotto il Concilio a misura della Chiesa locale. Dal suo ministero episcopale emerge una vera teologia della Chiesa locale. Diversi sacerdoti quando vengono eletti vescovi si recano sulla tomba di don Tonino o si rifanno ad alcuni suoi insegnamenti».
Una delle sue espressioni più note è la «Chiesa del grembiule». «La Chiesa del grembiule è la Chiesa del Vangelo. L’immagine nasce dall’icona evangelica di Gesù che si fa servo; vivere la Chiesa del grembiule significa vivere la Chiesa del servizio». Ci sono molte assonanze con la «Chiesa col grembiule» di papa Francesco. «La matrice della frase del Papa è sicuramente di don Tonino. C’è un’assonanza molto forte tra i due che viene da lontano, dal Concilio. Verso la fine del Vaticano II, un gruppo di vescovi (principalmente latinoamericani ma c’era anche Lercaro) si radunò per siglare il patto delle catacombe. Cosa siglarono? Una Chiesa dei poveri, una Chiesa povera in cui i vescovi erano con il popolo e oggi Bergoglio vive questo stile. Don Tonino aveva assimilato questa idea del Concilio: un episcopio aperto, uno stile sobrio, uno stare con la gente…».
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Monsignor Bello e Papa Francesco due testimoni del Vangelo. Un Vangelo incarnato nella quotidianità della vita. Niente e nessuno hanno cambiato il loro stile, anche quando sono stati chiamati a servire la Chiesa nel grado dell’episcopato e, oltre a questo per Papa Bergoglio anche nel ministero petrino. Due uomini venuti “dalle fine del mondo”. Papa Bergoglio dall’Argentina, mons. Bello da “finibus terrae”, da Alessano a pochi Km dal capo di Leuca, ultima spiaggia del tacco d’Italia. Due uomini accomunati quindi, non solo dalla vocazione sacerdotale e dalla forte passione per il Vangelo, ma anche dalla provenienza. Due uomini che hanno origine dalle “periferie” del mondo. Per quanto riguarda l’Argentina, paese del Sudamerica, sappiamo bene la situazione, una situazione segnata dalla povertà materiale, ma molto forte nella spiritualità religiosa popolare; per il capo di Leuca si può affermare la stessa cosa, un pezzo d’Italia, il profondo sud della penisola, che in passato ha dovuto fare i conti con la povertà materiale, ma molto radicata nella fede cristiana, una fede che, ancora oggi si manifesta anche nella pietà popolare che alimenta il cuore del popolo del Sud, e in modo particolare del Salento.
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Da questa origine “finibus terrae” scaturisce l’amore dei due per la povertà, per la sobrietà, per i poveri. E da qui scaturisce ogni loro azione pastorale. Anche la scelta di indossare la croce in legno per don Tonino, o continuare ad indossare la croce pettorale usata da vescovo per Papa Bergoglio.
Questo induce ad una revisione di vita. A volte basta un semplice titolo accademico o professionale per modificare un certo stile di vita. Mons. Bello e Papa Francesco ci fanno comprendere che non è affatto così. Soprattutto per chi ha fatto una scelta come quella della consacrazione religiosa e/o sacerdotale. Chi ama Gesù Cristo, continua ad amarlo anche quando magari si procede per altre vie nella vita, vie che umanamente onorano. Ci vuole soltanto convinzione nella fede, audacia nella speranza, forza nell’amore.
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Ci accompagnino la testimonianza e la preghiera del Servo di Dio don Tonino Bello e l’esempio di Papa Francesco.
... Non è azzardato, oggi, definire il vescovo salentino anticipatore dello stile di papa Francesco. Soprattutto nel linguaggio con il quale ha ridato nuova linfa all’insegnamento del Vangelo e al dialogo con i lontani. Lo stile di comunicazione di Bergoglio attinge a un linguaggio simbolico che entra immediatamente nell’immaginario collettivo. Tutti ricordano espressioni come “Chiesa ospedale da campo”, “periferie esistenziali”, “l’odore delle pecore”, “il sudario non ha tasche”, “Dio spray”, “globalizzazione dell’indifferenza” o la Chiesa “che non deve essere una baby sitter”.
Don Tonino, con la libertà profonda e la genialità dei profeti, usava espressioni analoghe per comunicare con i fedeli. Coniò la celebre espressione sulla "Chiesa del grembiule" per indicare che il potere nella Chiesa è servizio...
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Il 14 Novembre 2013 la mattina... a pochi giorni dalla chiusura della fase diocesana del processo di canonizzazione di don Tonino (fissata per il 30 novembre 2013) il Papa ha voluto incontrare Marcello e Trifone Bello. E con loro in Vaticano è stato ricevuto anche Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello.
Un incontro speciale e commovente. Alle ore 7 Papa Francesco ha celebrato la messa in Santa Marta, davanti ai tre ospiti arrivati dal Salento. Quindi li ha ricevuti nella foresteria di Casa Santa Marta e in quell'occasione Marcello e Trifone Bello hanno donato al pontefice la croce di don Tonino e il santo padre ha assicurato: «La indosserò»