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mercoledì 31 luglio 2013

"Etica cristiana e misericordia nelle parole di Bergoglio" di Enzo Bianchi

Dicevano i rabbini che Dio ha una capacità che noi umani non abbiamo: quella di dimenticare i peccati che commettiamo, dimenticarli perché cancellati e, dunque, considerati come non commessi. Noi possiamo perdonare, ma non dimenticare; Dio invece, quando perdona i peccati, li dimentica. È dunque nella tradizione sia ebraica che cristiana proclamare che la misericordia di Dio è infinita, che Dio condanna il peccato, il male commesso, ma non vuole né la morte né la condanna del peccatore. Anche Gesù di Nazareth – secondo un brano evangelico che ora troviamo al capitolo 8 del Vangelo di Giovanni, ma che nella chiesa antica ha faticato a trovare una collocazione certa e documentata, a causa del messaggio scandaloso che conteneva – di fronte a una donna sorpresa in flagrante adulterio disse: “Donna, nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno! Va’ e non peccare più!” (Gv 8, 10-11). È in fedeltà a questa “buona notizia” che papa Giovanni, nell’enciclica Pacem in terris cinquant’anni fa affermava che non bisogna “mai confondere l’errore con l’errante” e che “l’errante è sempre e anzitutto un essere umano e conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona” e va quindi trattato con misericordia e compassione.
Da quando ha assunto il ministero petrino, papa Francesco proclama la buona notizia cristiana per eccellenza, il vangelo che è molto semplice: Dio è amore universale infinito, il suo amore non necessita di essere meritato, la sua misericordia vuole raggiungere tutti gli uomini, tutti peccatori, cioè responsabili di un cattivo vivere e operare. Perché questo messaggio di papa Francesco sorprende, scandalizza, turba e intriga? Dobbiamo ammetterlo: perché abbiamo alle spalle decenni di intransigenza cattolica e, negli ultimi tempi, un’alzata di tono e un moltiplicarsi di voci nella chiesa cariche di severità, esigenti, tese a un ministero di condanna che sembrava assorbire in sé tutto il messaggio cristiano..In verità non c’è alcun mutamento sostanziale nel magistero papale: Giovanni Paolo II ha esaltato la misericordia attraverso un’enciclica e addirittura l’istituzione di una “domenica della misericordia” e Benedetto XVI sempre ha messo al centro della sua predicazione questo amore-carità che è l’ultima definizione del Dio narrato da Gesù Cristo...

Mi sia permesso di confessare che chi come me, come tanti monaci, dedicano la maggior parte del loro tempo all’ascolto degli altri, se ascoltano veramente anche Dio, avvertono la responsabilità di annunciare l’amore di Dio che non deve mai essere meritato, la responsabilità di essere misericordiosi come lo è il loro Padre che è nei cieli. Chi non giudica non sarà giudicato, chi fa misericordia otterrà misericordia: queste sono parole di Gesù, non del papa. 
È in questa comprensione del vangelo che papa Francesco ha detto all’episcopato brasiliano: “serve una chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia non è possibile inserirsi in un mondo di ‘feriti’ che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore”.