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lunedì 9 dicembre 2024

CONCISTORO Tra berrette e koukoulion, abiti rossi e bianchi, l'omaggio del mondo ai nuovi cardinali (cronaca, foto, audio e video)

Tra berrette e koukoulion, abiti rossi e bianchi,
l'omaggio del mondo ai nuovi cardinali
 

Nel Palazzo Apostolico, divisi tra Aula delle Benedizioni e Galleria Lapidaria, i 21 porporati creati nel Concistoro di oggi dal Papa hanno ricevuto l'affetto di fedeli, parenti, amici, colleghi e conoscenti venuti da tutti i continenti per le visite di cortesia. Dall'arcivescovo di Teheran che lancia un appello per il Medio Oriente al cardinale ucraino che prega per il suo popolo, dal vicario di Roma impegnato per il Giubileo al pastore di Napoli "don Mimmo" alle prese con un folto gruppo


Zucchetti, berrette e koukoulion (il tradizionale copricapo dei monaci orientali). Mozzette rosse e abiti bianchi domenicani. Selfie e interviste. Abbracci e canti tradizionali. Bandiere e rosari, regali tipici e immaginette con motti e preghiere. Da sempre vetrina di riti e tradizioni di ogni parte del mondo, ancor più con la configurazione data da Francesco ai dieci Concistori del suo pontificato, anche quest’anno le visite di cortesia - meglio conosciute come “visite di calore” – ai 21 nuovi cardinali creati oggi, 7 dicembre, sono immagine plastica del volto universale della Chiesa.

Le visite di cortesia ai nuovi cardinali nel Palazzo Apostolico

Centinaia di persone tra Aula delle Benedizioni e Galleria Lapidaria

Dall’Algeria all’Iran, dall’Ucraina al Cile e al Brasile, dall’Argentina al Giappone, passando per Roma, Napoli e Torino, i fedeli di tutti i cinque continenti si sono riuniti nel pomeriggio in Vaticano per rendere omaggio alle nuove porpore. Solitamente divisi tra Palazzo Apostolico e Aula Paolo VI, a motivo del Concerto dei Poveri in corso in Aula Nervi si è scelto anche quest’anno di sistemare i nuovi cardinali tra le luci calde dell’Aula delle Benedizioni e la penombra della Galleria Lapidaria. Centinaia di fedeli hanno fatto il loro ingresso scaglionati passando dalla Scala Regia, con il naso e gli smartphone all’insù per ammirare arazzi, affreschi e dipinti. Accanto a loro, altri cardinali, vescovi, monsignori e poi ministri, ambasciatori, presidenti di movimenti e realtà ecclesiali, gruppi di pellegrini delle diocesi di appartenenza, famiglie con bambini e alcuni malati in sedia a rotelle. Tanti quelli venuti a dare il proprio saluto alle novelle “eminenze”. Anche se dalla folla si sentivano più urla di “don Mimmo”, “padre Fabio”, “monsignor George”, “don Baldo”.

Il cardinale ucraino Mykola Bychok

Un canto per il "giovanissimo" cardinale Bychok: "Nel cuore ho l'Ucraina"

I gruppi più numerosi chiaramente quelli al seguito dei cardinali italiani, a cominciare da quello di scalabriniani e scalabriniane venuti anche da Colombia e Guatemala per salutare padre Fabio Baggio, sottosegretario del Dicastero per il Servizio del Sviluppo umano integrale. Ma non sono da meno le persone strette intorno al giovanissimo, con i suoi 44 anni, neo cardinale Mykola Bychok, vescovo dell’Eparchia dei Santi Pietro e Paolo di Melbourne per i cattolici ucraini in Australia, Nuova Zelanda e Oceania. Un canto accoglie il suo arrivo, al quale lo stesso porporato, vestito con una mantella bordeaux tipica del monachesimo cristiano orientale, si unisce. “Non parlo italiano, mi spiace, l’ho detto che non ero pronto per essere cardinale!”, scherza con i media vaticani, dicendosi colpito dall’invito del Papa “ad essere più servitori che eminenze”. “Abbiamo un titolo speciale nella Chiesa, ma dobbiamo ricordare chi siamo: esseri umani, dipendenti da Dio”. Ai giornalisti intorno a lui, il cardinale originario di Ternopil mostra l’anello con l’effigie dei Santi Pietro e Paolo, patroni della sua Eparchia. Dice di sentire “un’enorme responsabilità per la Chiesa universale, così come per la Chiesa ucraina e anche per quella in Australia” e che, superato “lo shock” iniziale, ora è “totalmente in pace e nelle mani di Dio”. Non dimentica, Bychok, il suo Paese afflitto dalla guerra: “Sono vescovo in Australia, cardinale per la Chiesa universale, ma l’Ucraina è nel mio cuore”, afferma, assicurando incessanti preghiere per il suo popolo sofferente.

Dominique Joseph Mathieu, arcivescovo di Teheran - Ispahan

L'arcivescovo di Teheran e un appello per il Medio Oriente

Di sofferenze parla pure Dominique Joseph Mathieu, francescano conventuale belga, dal 2021 arcivescovo di Teheran-Ispahan. Barba lunga grigia, occhi di un azzurro acceso, confida di sentirsi “invitato dal Santo Padre” a impegnarsi di più “per la santificazione e per poter essere al servizio del popolo in cui mi ha mandato in Iran”, una chiesa “allo 0,000 %” di cristiani, in cui la priorità “è il dialogo interreligioso con i musulmani, poi il dialogo con tutto il Paese e le sue autorità”. “Il Papa me l’ha ripetuto anche oggi quanto è importante stare lì in Iran per il dialogo”, racconta Mathieu. Si indica poi la berretta rossa: “Il colore del martirio, il colore appropriato per il Paese”, sorride, dicendosi pronto anch'egli stesso per il martirio “perché si comincia dal cuore, sacrificandosi per il popolo nel quale sono stato mandato”.


Il cardinale, che ha partecipato al Sinodo sulla sinodalità e che nei prossimi mesi collaborerà con il governo italiano per la libertà religiosa e la pastorale carceraria (“Farò del mio meglio”), pensa di poter tornare a Roma per il Giubileo: “Spero di portare alcune persone”. Il suo permesso di uscita ora è stato prorogato fino al 15 dicembre: “Non mi sembra che ci siano state troppe difficoltà. È un segno positivo per la Chiesa, in un Paese in cui è molto importante che la Chiesa abbia delle porte aperte. Spesso si parla di una Chiesa che lascia l’Iran, invece noi facciamo di tutto con i fedeli perché questa porta sia lì e sia accogliente”.

Il neo cardinale attraverso i media vaticani vuole lanciare un appello in un momento di tensioni, violenze e lacerazioni in Medio Oriente: “L'appello a imparare a conoscere l’altro, a non vivere di stereotipi, vedere Est e Ovest, il Nord e il Sud, aprirsi gli uni agli altri. Assistiamo a tante sofferenze nel mondo, non possiamo giustificarle ma il Signore riesce sempre a raddrizzare le strade e far sì che attraverso tante sofferenze cambia il cuore della gente. Ci sono testimonianze di questo”. Certo, anche chi governa deve agire: “Loro devono fare la loro parte, noi dobbiamo tentare di aiutare la gente a cambiare il cuore”.

Una foto con il neo cardinale Vesco, metropolita di Algeri

Di corsa verso il cardinale maratoneta Vesco

Da una terra di minoranza cristiana proviene pure il cardinale Jean-Paul Vesco, metropolita di Algeri, sistemato in fondo alla Galleria Lapidaria. Una maratona per arrivare a salutare il cardinale maratoneta. “Eh sì, sono un atleta e un atleta viene premiato alla fine della sua corsa”, scherza lui in riferimento alla porpora concessagli dal Papa, “io non sono alla fine della mia corsa, quindi è per darmi maggiore forza!”.

Radcliffe e la scelta dell'abito bianco: "È stato un suggerimento del Papa!"

Vesco ha voluto mantenere il saio bianco, simbolo dell’ordine domenicano, a cui appartiene. Come lui il cardinale Timothy Radcliffe, il teologo inglese noto per la sua predicazione ma anche per il sense of humor che sfoggia con i giornalisti venuti per fotografarlo dinanzi ai quali si mette in posa con le braccia conserte. “L’abito bianco? È stata un’idea del Papa, mi ha suggerito di tenerlo perché sono un fratello (domenicano ndr) e devo rimanere per sempre un fratello”, racconta. Tra abbracci calorosi e strette di mano prolungate, padre Timothy non sa come proseguirà il suo servizio di predicatore: “Non ne ho idea!”. Invece sa per certo cosa auspica per l’imminente Giubileo: “La gioia! Senza gioia non c’è predicazione”.

L'arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia

In tantissimi a salutare "don Mimmo"

Qualche metro più indietro a Radcliffe, una lunga fila attende di salutare il cardinale Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, aggiunto dopo un mese alla lista annunciata ad ottobre da Francesco. Molti napoletani, tanti i calabresi (sua regione d’origine), tutti abbracciano “don Mimmo”. Un po’ stanco dalla giornata ma profondamente “felice”, il cardinale distribuisce carezze a malati e anziani e qualche affettuoso scappellotto a ragazzi e bambini. Non si nega a nessuna foto e accoglie i regali con un “oooh grazie!”.

Il vicario di Roma Baldo Reina

L'arcivescovo di Torino e il vicario di Roma: uno sguardo al Giubileo

Di fronte, con le mani giunte, invece, l’arcivescovo di Torino Roberto Repole guarda alla lunga coda di persone alla sua destra. Ai media vaticani spiega che di tutto l’intenso pomeriggio la cosa che più l’ha colpito è stata l’omelia del Papa, in particolare l’invito conclusivo “a camminare alla sequela del Signore, perché – dice - credo che qualunque servizio si faccia nella Chiesa, tutti camminiamo dietro il Signore”. Lo sguardo del neo cardinale è pure all’imminente Giubileo: “Un momento che si può vivere insieme alla Chiesa come occasione per ritrovare qualcosa di fondamentale oggi che è la speranza”.


Per l’Anno Santo il vicario della Diocesi di Roma, Baldo Reina, anche lui alle prese con una nutrita fila di persone davanti, in particolare dipendenti del Vicariato, si dice “sufficientemente impegnato e coinvolto”. “Ormai ci siamo e faremo la nostra parte – afferma -. Spero che la città di Roma sia accogliente, aperta e dopo due anni riesca ancora a raccontare il Vangelo di Gesù in tutta la sua bellezza”.

Il cardinale Frank Leo, arcivescovo di Toronto

Il cardinale di Toronto, figlio di emigrati italiani

In mezzo agli italiani ma arcivescovo di Toronto, anche se “ehi, pure io sono italiano. Ho origini calabresi, sono figlio di emigrati”, il cardinale Frank Leo dispensa a chiunque vada ad omaggiarlo un ampio sorriso e la benedizione “Dio t’accompagni”. Si dice felice, veramente felice, il porporato per questo momento di Chiesa vissuto insieme a confratelli, amici, parenti. “Sono commosso per la scelta del Santo Padre, indegnamente faccio parte di questo Collegio per servire il Signore. La vedo come una chiamata ad essere strumento di comunione ecclesiale, unità, testimonianza, appartenenza alla Chiesa con ogni battito del cuore e ogni goccia di sangue”.

Il cardinale George Koovakad

L'organizzatore dei viaggi papali Koovakad: "La porpora, una chiamata all'umiltà"

Emozionatissimo è pure il cardinale George Koovakad, il sacerdote indiano organizzatore dei viaggi papali. Accanto a lui ci sono i dipendenti dell’ufficio e diversi sacerdoti siro-malabaresi. Dopo tanti viaggi organizzati per il Papa ora è il Papa ad aver preparato per lui un nuovo “viaggio” con il cardinalato. Koovakad si schermisce e si dice soprattutto grato: “È un invito a seguire di più le vie del Signore. Mi sento molto più umile. Io non sono stato scelto per il mio servizio, vediamo altri cardinali che hanno avuto una vita pastorale più intensa della mia… ma mi sento chiamato a seguire la missione di Gesù, quella che ha compiuto sulla croce”.


I fedeli nell'Aula delle Benedizioni
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 07/12/2024)

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Vedi anche il post precedente: