SANTO STEFANO, PRIMO MARTIRE
APERTURA DELLA PORTA SANTA E SANTA MESSA
ALLA CASA CIRCONDARIALE DI REBIBBIA
Casa Circondariale di Rebibbia, Roma
Giovedì, 26 dicembre 2024
Papa Francesco ha aperto la Porta Santa al carcere di Rebibbia, un gesto simbolico voluto fortemente del Pontefice per coinvolgere tutta la popolazione carceraria del mondo nel Giubileo della speranza.
Ad accoglierlo al suo arrivo anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha poi partecipato alla Messa.
Il Papa ha varcato la Porta Santa a piedi (e non sulla sedia a rotelle come era accaduto nella basilica di San Pietro).
Accanto a lui il vescovo ausiliare di Roma mons. Benoni Ambarus.
Nella sua omelia, interamente pronunciata a braccio, Francesco ha invitato tutti a tenere "le finestre spalancate, le porte spalancate, soprattutto la porta del cuore".
Quindi ha ripetuto l'invito a tenere "sempre il cuore aperto". Riferendosi alla Porta Santa del carcere, il Papa ha spiegato: oggi "abbiamo spalancato questa", "questo è un segnale della porta del nostro cuore".
E, concludendo l'omelia, il pontefice ha detto: "Vi auguro un grande Giubileo, vi auguro molta pace, molta pace. E tutti i giorni prego per voi. Davvero eh.. non è un modo di dire. Penso a voi e prego per voi. E voi pregate per me".
Il Papa, al termine della messa a Rebibbia, ha salutato uno ad uno i presenti. Molti i sorrisi, il Pontefice ha avuto per ciascuno una parola e sembrava molto contento di questo evento che aveva fortemente voluto.
Le Porte Sante in questo Giubileo ordinario sono infatti solo quattro, quelle delle basiliche papali a Roma, ma Bergoglio ha voluto che fosse simbolicamente aperta una Porta Santa anche in un carcere.
Ad accompagnare il Papa c'era anche il pro prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, mons. Rino Fisichella. I presenti all'interno della cappella, tra detenuti, volontari e agenti della polizia penitenziaria, erano trecento. Altri trecento hanno seguito la cerimonia dall'esterno.
Tra le autorità che hanno salutato il Papa alla fine della messa c'era il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e il presidente del Cnel Renato Brunetta. Al termine della liturgia, Francesco ha ricevuto alcuni doni dai detenuti: dagli uomini del Nuovo Complesso, la riproduzione in miniatura della porta della Chiesa del Padre Nostro, creata all'interno del laboratorio "Metamorfosi" utilizzando i legni dei barconi dei migranti; dalle donne di Rebibbia femminile, un cesto contenente olio, biscotti, ceramiche e bavaglini, frutto del loro lavoro.
Anche l'Amministrazione Penitenziaria ha omaggiato il Papa con un quadro: un dipinto che raffigura un Cristo salvifico realizzato dall'artista Elio Lucente, ex poliziotto penitenziario.
Il pontefice ha salutato tutte le persone che erano all'interno e poi, prima di andare via, alcune all'esterno. All'uscita indossava una sciarpa che gli è stata donata alla fine della celebrazione a Rebibbia. Prima di andare via ha anche visitato il presepe realizzato dai detenuti nel quale è raffigurato un San Giuseppe che disegna il mondo.
Parlando con le tv, all'uscita del carcere, il Papa ha ricordato che "ogni volta che vengo in carcere la prima domanda che mi faccio è perché loro e non io...perché ognuno di noi può scivolare, l'importante è non perdere la speranza, aggrapparsi all'ancora della speranza e aprire, spalancare il cuore e aggrapparsi alla corda dell'ancora".
Poi, alla domanda se abbia parlato con il ministro della Giustizia Carlo Nordio di quei gesti di clemenza per i detenuti, chiesti nella Bolla di indizione del Giubileo, il Pontefice - secondo quanto riferisce Tv2000 - ha risposto: "No, di questo non abbiamo parlato. Ho parlato dei detenuti oggi". "Il giorno del giudizio saremo giudicati su questo: ero in carcere e mi hai visitato".
Infine una nota di colore. Alla domanda se in questi giorni avesse mangiato un po' di panettone, Papa Francesco ha risposto: "Sì, un pochettino".
Francesco è poi tornato in Vaticano.
L'intervista di Cristiana Caricato di Tv2000 a Papa Francesco nel giorno di Santo Stefano
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OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Care sorelle e cari fratelli, buongiorno e buon Natale!
Ho voluto spalancare la Porta, oggi, qui. La prima l’ho aperta a San Pietro, la seconda è vostra. È un bel gesto quello di spalancare, aprire: aprire le porte. Ma più importante è quello che significa: è aprire il cuore. Cuori aperti. E questo fa la fratellanza. I cuori chiusi, quelli duri, non aiutano a vivere. Per questo, la grazia di un Giubileo è spalancare, aprire e, soprattutto, aprire i cuori alla speranza. La speranza non delude (cfr Rm 5,5), mai! Pensate bene a questo. Anche io lo penso, perché nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, che non si risolve niente. Ma la speranza non delude mai.
A me piace pensare alla speranza come all’àncora che è sulla riva e noi con la corda stiamo lì, sicuri, perché la nostra speranza è come l’àncora sulla terraferma (cfr Eb 6,17-20). Non perdere la speranza. È questo il messaggio che voglio darvi; a tutti, a tutti noi. Io il primo. Tutti. Non perdere la speranza. La speranza mai delude. Mai. Delle volte la corda è dura e ci fa male alle mani … ma con la corda, sempre con la corda in mano, guardando la riva, l’àncora ci porta avanti. Sempre c’è qualcosa di buono, sempre c’è qualcosa che ci fa andare avanti.
La corda in mano e, secondo, le finestre spalancate, le porte spalancate. Soprattutto la porta del cuore. Quando il cuore è chiuso diventa duro come una pietra; si dimentica della tenerezza. Anche nelle situazioni più difficili – ognuno di noi ha la propria, più facile, più difficile, penso a voi – sempre il cuore aperto; il cuore, che è proprio quello che ci fa fratelli. Spalancate le porte del cuore. Ognuno sa come farlo. Ognuno sa dove la porta è chiusa o semichiusa. Ognuno sa.
Due cose vi dico. Primo: la corda in mano, con l’àncora della speranza. Secondo: spalancate le porte del cuore. Abbiamo spalancato questa, ma questo è un simbolo della porta del nostro cuore.
Vi auguro un grande Giubileo. Vi auguro molta pace, molta pace. E tutti i giorni prego per voi. Davvero. Non è un modo di dire. Penso a voi e prego per voi. E voi pregate per me. Grazie.
Parole a braccio dopo la Benedizione finale
Adesso non dimentichiamo due cose che dobbiamo fare con le mani. Primo: aggrapparsi alla corda della speranza, aggrapparsi all’àncora, alla corda. Mai lasciarla. Secondo: spalancare i cuori. Cuori aperti. Che il Signore ci aiuti in tutto questo. Grazie.
Parole a braccio pronunciate al termine della S. Messa
Prima di finire, faccio gli auguri di un buon anno a tutti. Che il prossimo anno sia migliore di questo. Ogni anno deve essere migliore. Poi, da qui, voglio salutare i detenuti che sono rimasti in cella, che non sono potuti venire. Un saluto a tutti e a ognuno di voi.
E non dimenticate: aggrapparsi all’àncora. Le mani aggrappate. Non dimenticatevene. Buon anno a tutti. Grazie.
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