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mercoledì 18 settembre 2024

Tonio dell'Olio È mancata la cattiveria

Tonio dell'Olio
È mancata la cattiveria

PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI IL 18 SETTEMBRE 2024


Non è soltanto la guerra, anzi "le" guerre a intossicare la nostra informazione giornaliera.

Ovvero non si tratta soltanto di notizie provenienti dai fronti di guerra, ma di una violenza pressoché palpabile che ritrovi nella cronaca dei giovani coi coltelli, negli omicidi domestici, nelle storie terribili di bambini soppressi. E poi la ritrovi nelle parole. Le parole dell'informazione sportiva, ad esempio, sono state ormai inguaribilmente contaminate da questo clima che si è sparso nell'aria come una nebbia invernale. "È mancata la cattiveria" ripete il commentatore della partita di calcio riferendosi alla squadra che è uscita sconfitta dal rettangolo di gioco e che non si è impegnata con passione. Lo si dice anche singolarmente di qualche calciatore che non ci ha messo la grinta giusta: "Non ha avuto la cattiveria giusta". Capite? "La cattiveria giusta". Esiste una cattiveria giusta? Si tratta di parole armate che lasciano circolare nel vento sociale un'idea di cattiveria (questa volta ci vuole!) impropria e inopportuna più che legittimata e giustificata: necessaria, pretesa, indispensabile. Se cominciassimo a purificare le parole considerando bestemmia ogni violenza – chissà, forse – riusciremmo a espellere dal nostro immaginario anche l'ipotesi di usare un coltello per uccidere qualcuno, di sopprimere un bambino appena partorito e pensare che solo la guerra sia la risposta utile e necessaria per porre ordine nel mondo.


Scuole Senza Frontiere, la sfida della salute globale nelle classi con Msf


Scuole Senza Frontiere, 
la sfida della salute globale nelle classi con Msf

Al via il nuovo progetto rivolto a studenti e docenti delle scuole secondarie in tutta Italia. “Il percorso, riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione, fornisce gli strumenti per approfondire il valore della cittadinanza attiva”

@Giuliano Del Gatto/Save the Children

Prende il via il nuovo progetto di Medici Senza Frontiere (MSF), Scuole Senza Frontiere, che coinvolgerà docenti e studenti delle scuole secondarie di secondo grado sul tema della salute globale, per non dare per scontato l'accesso alla salute e comprendere le implicazioni di un mondo in cui le persone non possono ricevere le cure di cui hanno bisogno.

Il percorso, riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione, fornisce alle classi gli strumenti per approfondire questo cruciale tema di attualità e il valore della cittadinanza attiva, intrecciando i nuclei tematici relativi all’apprendimento dell’educazione civica e degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. A complemento del programma, gli studenti si sfideranno in una challenge finale per ideare e promuovere una vera e propria campagna di sensibilizzazione sulla salute globale e i principi di Msf. Tutti i progetti saranno valutati da una giuria di esperti.

I docenti interessati a partecipare con le proprie classi, possono iscriversi al progetto visitando il sito Scuole Senza Frontiere. “L’accesso alle cure non deve essere considerato un lusso. Ad oggi, milioni di persone nel mondo hanno difficoltà a ricevere cure di base. Scuole Senza Frontiere è un progetto che ci permette di sensibilizzare le nuove generazioni su un tema molto delicato e far comprendere ai ragazzi e alle ragazze che parteciperanno, che garantire l’accesso alle cure a tutte le persone è qualcosa di molto vicino anche alla loro realtà quotidiana” dichiara Chiara Palombella, coordinatrice del programma scuole di Msf.

Il nuovo progetto Scuole Senza Frontiere è realizzato in collaborazione con Scuolattiva, onlus con oltre 20 anni di esperienza nei campi dell’educazione e della comunicazione. Partner del progetto anche l’agenzia di comunicazione Latte Creative e Beople prima azienda in Italia specializzata in Business Design.

“È per noi un piacere e un onore poter affiancare una realtà prestigiosa come Medici Senza Frontiere in ambito education con il progetto Scuole Senza Frontiere” dichiara Simona Frassone, presidente ScuolAttiva Onlus. “Riteniamo sostanziale affrontare temi, come la cura e la gratuità, soprattutto in un mondo complesso e denso di criticità, povertà e conflitti come quello di oggi. Troppo spesso argomenti così importanti e formativi non trovano spazio in classe”.

Per gli studenti: Scuole Senza Frontiere fa parte dei progetti riconosciuti nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento (Pcto) del Ministero della Pubblica Istruzione e consente di acquisire crediti e competenze in progettazione, problem solving, orientamento al risultato, creatività, empatia e comunicazione, in una sfida di sensibilizzazione sul tema della salute globale.

Per i docenti: utilizzando il kit didattico digitale "Scuole Senza Frontiere" e/o seguendo i corsi formativi su Sofia, potranno acquisire strumenti per guidare i propri studenti sui temi della salute globale e diventare interlocutori privilegiati di Msf nell’ambito delle attività di sensibilizzazione sul territorio italiano.
(fonte: Redattore Sociale 16/09/2024)

#Ospitalità di Gianfranco Ravasi

#Ospitalità
di Gianfranco Ravasi


Tutti vengono da Dio, gli ospiti e i poveri.
E un dono, anche piccolo, fatto a loro è caro agli dei.


A molti sorprenderà che questa lezione di umanità e solidarietà sia contenuta nell’Odissea (VI,207-8). È espressione di un filo d’oro di amore fraterno che percorre i secoli, giungendo fino a noi, quando esso annoda tra loro tanti rifugiati e i volontari che li accolgono. L’ospitalità, come è noto, era una legge sacra in quasi tutte le civiltà del passato. Vogliamo proporre solo due testimonianze di culture lontane tra loro e che possono risuonare come un appello valido ancor oggi, sia pure entro coordinate storiche e sociali diverse. Da un lato ecco una sentenza tratta da Kanakya, un testo sapienziale indiano: «Tutte le divinità si rallegrano, tutti i veggenti cantano, tutti gli antenati danzano, quando un ospite è accolto nella nostra casa».

D’altro lato, ecco la voce più potente, attuale e per molti inattesa della stessa Bibbia che nel libro sacro del Levitico lascia questa norma concreta: «Quando uno straniero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Lo straniero dimorante tra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi. Tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati stranieri in terra d’Egitto» (19,33-34).

Ogni commento è superfluo. Certo, l’irrompere di culture differenti, di usi e costumi estranei, di persone misere e ridotte al livello minimo dell’umanità genera paure, problemi, tentazioni di rigetto. Si allunga, così, fino a noi un filo nero che pervade alcuni di noi, che si rafforza in certe strutture o movimenti. Pur in mezzo alle difficoltà reali, non deve però spezzarsi mai l’altro filo, quello d’oro della carità, né deve spegnersi la voce delle fedi autentiche e della genuina cultura che fa riconoscere in ogni volto umano la verità di Omero: «Tutti vengono da Dio».

(Fonte: “Il Sole 24 Ore - Domenica” del 18 agosto 2024)

martedì 17 settembre 2024

17 settembre 1224/2024 - 800 anni fa san Francesco ricevette le stimmate Dalle ferite la vita nuova

17 settembre 1224/2024 
800 anni fa san Francesco ricevette le stimmate. 
Dalle ferite la vita nuova


Dalle ferite la vita nuova

L’anno 2024 è la ricorrenza dell’Ottavo Centenario delle Stimmate di San Francesco. Le antiche biografie raccontano che Francesco d’Assisi nell’estate del 1224 in un momento di crisi umana e spirituale si ritirò sul Monte della Verna nel casentino. L’esperienza delle Stimmate, esperienza di dolore e amore, è diventata per Francesco dono da custodire con responsabilità e umiltà, ma anche l’inizio di un “canto di lode” compiuto nella sua vita e raccontato nei celebri componimenti letterari delle Lodi di Dio Altissimo e Cantico delle Creature.

Il messaggio che scaturisce dall’esperienza della Verna è parola di guarigione e speranza per tutti gli uomini che può essere nuovamente consegnata a un mondo segnato da tensioni, divisioni e guerre ma anche da desiderio di vita e futuro.
(fonte: LA VERNA)

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LE STIMMATE DI SAN FRANCESCO
nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi


Dopo essersi occupato per anni della croce e avere sviluppato una sensibilità sempre più acuta verso quel dolore fino al punto da non saper trattenere le lacrime e piangere con singhiozzo convulso, in quel settembre si stava realizzando un avvenimento che mai si era verificato nella carne di un uomo: l’impressione delle Stimmate di Cristo crocifisso, “l’ultimo sigillo”, le definì Dante. Dell’apparizione del Serafino ci offre un’ampia descrizione il Celano: “Allorché dimorava nel romitorio che dal nome del luogo è chiamato Verna, due anni prima della sua morte, ebbe da Dio una visione.

Gli apparve un uomo, in forma di Serafino, con le ali, librato sopra di lui, con le mani distese ed i piedi uniti, confitto ad una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due coprivano tutto il corpo. A quell’apparizione il beato servo dell’Altissimo si sentì ripieno di una ammirazione infinita, ma non riusciva a capirne il significato.

Era invaso anche da una viva gioia e sovrabbondante allegrezza per lo sguardo bellissimo e dolce col quale il Serafino lo guardava, di una bellezza inimmaginabile; ma era contemporaneamente atterrito nel vederlo confitto in croce nell’acerbo dolore della passione. Si alzò, per così dire, triste e lieto, poiché gaudio e amarezza si alternavano nel suo spirito. Cercava con ardore di scoprire il senso della visione, e per questo il suo spirito era tutto agitato. Mentre era in questo stato di preoccupazione e di totale incertezza, ecco: nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso.

Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi, le cui teste erano visibili nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Quei segni poi erano rotondi dalla parte interna delle mani, e allungati nell’esterna, e formavano quasi una escrescenza carnosa, come fosse punta di chiodi ripiegata e ribattuta. Così pure nei piedi erano impressi i segni dei chiodi sporgenti sul resto della carne. Anche il lato destro era trafitto come da un colpo di lancia, con ampia cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande”.

Il celebre monaco Thomas Merton, così commenta: “L’aver Francesco ricevuto le Stimmate fu un segno divino che fra tutti i santi egli era il più somigliante a Cristo. Meglio di ogni altro era riuscito nell’opera di riprodurre nella sua vita la semplicità, la povertà e l’amore di Dio e degli uomini che caratterizzano la vita di Gesù. Conoscere semplicemente san Francesco vuol dire comprendere il Vangelo e seguirlo nel suo spirito sincero e integrale, è vivere il Vangelo in tutta la sua pienezza. San Francesco fu, come tutti i Santi devono cercare di essere, semplicemente un altro Cristo. Il Cristo risorto rivisse in modo perfetto in quel Santo, completamente posseduto e trasformato dallo Spirito della carità divina”.
(fonte: Assisi OFM 17/09/2024) 

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Cultura, 800 anni da stimmate San Francesco d’Assisi

Dante Alighieri le definì "l'ultimo sigillo" nell'XI capitolo del Paradiso


Dante Alighieri le definì “l’ultimo sigillo” nell’XI capitolo del Paradiso. Sono le stimmate di San Francesco d’Assisi. Mercoledì 17 settembre saranno 800 anni da quel 1224, da quel momento in cui sull’eremo de La Verna Francesco chiese a Dio di provare un po’ dell’amore e del dolore che Gesù Cristo sentì nei momenti della sua Pasqua di Morte e Risurrezione. Fu esaudito e, intorno alla Festa dell’esaltazione della Croce (14 Settembre, ndr), il suo corpo fu segnato delle stesse piaghe del Crocifisso più, nelle sue mani e nei suoi piedi si formarono come delle escrescenze a forma di chiodi.

Una prima volta nella storia della Chiesa che sancì la figura di Francesco come ‘l’alter Christus‘. Un evento attuale che è stato raccontato dall’arte e, in particolare, dall’affresco di Giotto nella Basilica del Sacro Convento di Assisi. “Quello che Giotto dipinge nella Basilica Superiore di Assisi non è un’opera arbitraria, ma lavora su commissione dei frati – dice a LaPresse fra Felice Autieri, storico del francescanesimo, esperto di iconografia francescana -. Giotto ha tradotto ciò che volevano i frati. In quella scena, che poi sarà un riferimento per gli altri artisti successivamente, Francesco è in atto di arrendersi a Gesù con le mani alzate. Le stimmate sono rappresentate come dei raggi laser e Gesù è rappresentato nelle sembianze da Serafino. Giotto racconta la docilità di Francesco rispetto al progetto che Dio ha su di lui”.

Nella scena Giotto rappresenta Francesco sul Monte de La Verna, si vede una piccola chiesa e c’è, all’angolo, anche la figura di frate Leone presente a quell’avvenimento. Frate Leone, però, è rappresentato quasi fosse in un altro mondo, immerso nella lettura di un libro. Quasi una contraddizione rispetto a quello che sarà un fatto epocale: “In realtà – spiega fra Autieri – ciò che sta avvenendo riguarda il rapporto intimo e personale di Francesco” e questo essere quasi in disparte di fra Leone rafforza il senso della scena. Leone amico di Francesco sempre presente nella buona come nella cattiva sorte, ma con discrezione”.

Giotto fonte d’ispirazione: “L’impressione delle stimmate sarà poi interpretata da altri artisti nel tempo a seconda dei gusti e delle mode dei vari secoli in due filoni: con colori più cupi e colori più chiari”. Per quanto riguarda l’attualità dell’episodio delle stimmate ci sono due filoni: “Uno è quello celebrativo – dice ancora fra Autieri -. L’altro consente di scoprire il percorso umano di Francesco che riceve questo dono prezioso in un momento non facile. Dalle stimmate in poi Francesco andrà incontro alla morte riconciliandosi e mettendosi alle spalle le incomprensioni con l’ordine, con gli uomini e con la storia. Le stimmate, insomma, simbolo delle difficoltà dell’uomo che nel caso del Patrono d’Italia sono sofferenza che segnano una liberazione”.
(fonte: LaPresse, articolo di Antonio Modaffari, 15/09/2024)


Dal 22 al 25 Settembre 2024 in presenza e in DIRETTA ON LINE - LECTIO DIVINA LE LETTERE AI COLOSSESSI, A FILEMONE E SECONDA DI PIETRO p. Pino Stancari sj

Dal 22 al 25 Settembre 2024 
in presenza e in DIRETTA ON LINE  

LECTIO DIVINA  LE LETTERE AI COLOSSESSI,  
A FILEMONE  E SECONDA DI PIETRO 
p. Pino Stancari sj 


promossa dalla
FRATERNITÀ CARMELITANA
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME)


21 (arrivi) - 26 (partenze) Settembre 2024


Carissime/mi.
Quest’anno la Settimana Biblica con l’amico p. Pino Stancari l’abbiamo programmata a settembre, per evitare il caldo afoso del mese di luglio, ma anche – a causa della particolare siccità di quest’anno – per l’incertezza riguardo l’approvvigionamento regolare dell’acqua, che, se razionalizzata, diventerebbe un grave disagio per gli ospiti residenti nel nostro convento.

Come ormai è stile della nostra fraternità, l’ospitalità è gratuita.

La partecipazione agli incontri prevede:
- la modalità in presenza: per gli ospiti che risiedono nel convento e per quelli del luogo;
- la modalità in diretta online: per coloro – sia dei fuori-sede che del luogo – che non possono essere presenti.
Vi ricordiamo di portare la Bibbia, gli effetti personali e le lenzuola.

Per seguire la diretta online, ecco il link della piattaforma “ZOOM” cui collegarsi:

https://us02web.zoom.us/j/82795163653?pwd=37XK54dKjPPGnvrXIs3CT6i4CtFape.1 

ID riunione: 827 9516 3653 
Codice d’accesso: 953482

Per collegarsi alla diretta, tenere presente che gli incontri della lectio con p. Pino saranno:
- al mattino: h. 9.00 (h. 9.30 solo domenica 22 settembre) - 11.30 (prevista la pausa);
- al pomeriggio: h. 16.30-18.30 (prevista la pausa).

Per ulteriori informazioni: tel 090 9762800.

FRATERNITÀ CARMELITANA DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO

Gmg, Francesco: preferisco la stanchezza di chi è in cammino alla noia di chi è fermo - MESSAGGIO PER LA XXXIX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (24 novembre 2024) "Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi" (commento e testo integrale)

Gmg, Francesco: preferisco la stanchezza di chi è in cammino alla noia di chi è fermo

Nel messaggio per la 39.ma Giornata mondiale della gioventù, il Papa parla delle nuove generazioni, che spesso pagano il prezzo più alto di guerre, ingiustizie sociali, povertà, sfruttamento dell’essere umano e del creato. L'invito, in vista del Giubileo, è a superare apatia e rifugio nelle trasgressioni: mettersi in viaggio non, però, da meri turisti, ma da pellegrini

L'entusiasmo dei giovani in una delle passate edizioni della GMG

È il versetto del profeta Isaia “Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi” ad aver ispirato il tema della XXXIX Giornata Mondiale della Gioventù che si celebra nelle Chiese particolari. Oggi, 17 settembre, viene diffuso il messaggio di Papa Francesco in vista di questo appuntamento che vede il Giubileo come contesto speciale. Il richiamo del Vescovo di Roma è a viverlo non come turisti a caccia di selfie, ma come veri pellegrini.

I giovani pagano il prezzo più alto di guerre e ingiustizie

Lo sguardo del Papa verso i giovani si conferma di apprensione affettuosa, di energico incoraggiamento soprattutto in un'epoca, quella attuale, carica di incertezze e di dolori che diventano planetari.

Viviamo tempi segnati da situazioni drammatiche, che generano disperazione e impediscono di guardare al futuro con animo sereno: la tragedia della guerra, le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, la fame, lo sfruttamento dell’essere umano e del creato. Spesso a pagare il prezzo più alto siete proprio voi giovani, che avvertite l’incertezza del futuro e non intravedete sbocchi certi per i vostri sogni, rischiando così di vivere senza speranza, prigionieri della noia e della malinconia, talvolta trascinati nell’illusione della trasgressione e di realtà distruttive.

Non guardare la vita "dal balcone"

Numerose volte il Papa ha ripetuto ai giovani di superare le pigrizie, non restando a guardare la vita "dal balcone". Lo fa anche in questo messaggio, ricordando che la vita è un pellegrinaggio verso la felicità, è camminare.

I traguardi, le conquiste e i successi lungo il percorso, se rimangono solo materiali, dopo un primo momento di soddisfazione ci lasciano ancora affamati, desiderosi di un senso più profondo; infatti non appagano del tutto la nostra anima, perché siamo stati creati da Colui che è infinito e, perciò, in noi abita il desiderio di trascendenza, la continua inquietudine verso il compimento delle aspirazioni più grandi, verso un “di più”.

In cammino, oltre ogni stanchezza e apatia

Pressioni sociali su studio, lavoro, vita personale possono, ne è consapevole il Papa, portare a uno stato cronico di stanchezza e di tristezza che si cerca di colmare con "un vuoto attivismo" con la conseguenza di uno "stato di apatia e di insoddisfazione di chi non si mette in cammino, non si decide, non sceglie, non rischia mai". È la condizione di chi vede e giudica il mondo "da dietro uno schermo, senza mai 'sporcarsi le mani' con i problemi, con gli altri, con la vita".

Questo tipo di stanchezza è come un cemento nel quale sono immersi i nostri piedi, che alla fine si indurisce, si appesantisce, ci paralizza e ci impedisce di andare avanti. Preferisco la stanchezza di chi è in cammino che la noia di chi rimane fermo e senza voglia di camminare!

La speranza fa avere lo "sguardo lungo"

Con una metafora sportiva, importata anche dall'apostolo Paolo, il Successore di Pietro sprona i giovani a camminare nella speranza, la quale "vince ogni stanchezza, ogni crisi e ogni ansia, dandoci una motivazione forte per andare avanti". A vivere, insomma, da protagonisti e non da spettatori.

La speranza è proprio una forza nuova, che Dio infonde in noi, che ci permette di perseverare nella corsa, che ci fa avere uno “sguardo lungo” che va oltre le difficoltà del presente e ci indirizza verso una meta certa: la comunione con Dio e la pienezza della vita eterna. Se c’è un traguardo bello, se la vita non va verso il nulla, se niente di quanto sogno, progetto e realizzo andrà perduto, allora vale la pena di camminare e di sudare, di sopportare gli ostacoli e affrontare la stanchezza, perché la ricompensa finale è meravigliosa!

Le crisi non sono tempi inutili

Francesco dà la carica, dunque, ma nella consapevolezza che anche la fragilità ha un suo senso e può essere guardata con occhi di misericordia e di comprensione, sempre nella convinzione che Dio è compagno, non abbandona, dà sollievo. Nelle stanchezze, sottolinea il messaggio, bisogna imparare "a riposare come Gesù e in Gesù". Così, il Papa invita a riscoprire il dono dell'Eucarestia, come lo fu per il beato Carlo Acutis, presto canonizzato, "un giovane che ha fatto dell’Eucaristia il suo appuntamento quotidiano più importante!".

Le crisi, però, non sono tempi persi o inutili, ma possono rivelarsi occasioni importanti di crescita. Sono i momenti di purificazione della speranza! Nelle crisi, infatti, vengono meno tante false “speranze”, quelle troppo piccole per il nostro cuore; esse vengono smascherate e, così, restiamo nudi con noi stessi e con le domande fondamentali della vita, oltre ogni illusione.

Instancabili missionari della gioia

Auspicando che molti siano i giovani che verranno a Roma durante il tempo giubilare per varcare le Porte Sante, il Pontefice indica i tre atteggiamenti necessari per vivere questo appuntamento da "instancabili missionari della gioia": ringraziamento, ricerca e pentimento. E invita, una volta giunti presso il colonnato del Bernini in piazza San Pietro, a sentire nel profondo, la bellezza dell'abbraccio del Signore. Con una avvertenza:

Mettetevi in viaggio non da meri turisti, ma da pellegrini. Il vostro camminare, cioè, non sia semplicemente un passare per i luoghi della vita in modo superficiale, senza cogliere la bellezza di ciò che incontrate, senza scoprire il senso delle strade percorse, catturando brevi momenti, esperienze fugaci da fissare in un selfie. Il turista fa così. Il pellegrino invece si immerge con tutto se stesso nei luoghi che incontra, li fa parlare, li fa diventare parte della sua ricerca di felicità.
(fonte: Vatican News, articolo di Antonella Palermo 17/09/2024)

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXXIX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 

24 novembre 2024

Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi (cfr Is 40,31)

Cari giovani!

L’anno scorso abbiamo cominciato a percorrere la via della speranza verso il Grande Giubileo riflettendo sull’espressione paolina «Lieti nella speranza» (Rm 12,12). Proprio per prepararci al pellegrinaggio giubilare del 2025, quest’anno ci lasciamo ispirare dal profeta Isaia, che afferma: «Quanti sperano nel Signore […] camminano senza stancarsi» (Is 40,31). Questa espressione è tratta dal cosiddetto Libro della consolazione (Is 40-55), nel quale viene annunciata la fine dell’esilio di Israele in Babilonia e l’inizio di una nuova fase di speranza e di rinascita per il popolo di Dio, che può ritornare in patria grazie a una nuova “via” che, nella storia, il Signore apre per i suoi figli (cfr Is 40,3).

Anche noi, oggi, viviamo tempi segnati da situazioni drammatiche, che generano disperazione e impediscono di guardare al futuro con animo sereno: la tragedia della guerra, le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, la fame, lo sfruttamento dell’essere umano e del creato. Spesso a pagare il prezzo più alto siete proprio voi giovani, che avvertite l’incertezza del futuro e non intravedete sbocchi certi per i vostri sogni, rischiando così di vivere senza speranza, prigionieri della noia e della malinconia, talvolta trascinati nell’illusione della trasgressione e di realtà distruttive (cfr Bolla Spes non confundit, 12). Per questo, carissimi, vorrei che, come accadde a Israele in Babilonia, anche a voi giungesse l’annuncio di speranza: ancora oggi il Signore apre davanti a voi una strada e vi invita a percorrerla con gioia e speranza.

1. Il pellegrinaggio della vita e le sue sfide

Isaia profetizza un “camminare senza stancarsi”. Riflettiamo allora su questi due aspetti: il camminare e la stanchezza.

La nostra vita è un pellegrinaggio, un viaggio che ci spinge oltre noi stessi, un cammino alla ricerca della felicità; e la vita cristiana, in particolare, è un pellegrinaggio verso Dio, nostra salvezza e pienezza di ogni bene. I traguardi, le conquiste e i successi lungo il percorso, se rimangono solo materiali, dopo un primo momento di soddisfazione ci lasciano ancora affamati, desiderosi di un senso più profondo; infatti non appagano del tutto la nostra anima, perché siamo stati creati da Colui che è infinito e, perciò, in noi abita il desiderio di trascendenza, la continua inquietudine verso il compimento delle aspirazioni più grandi, verso un “di più”. Per questo, come vi ho detto tante volte, “guardare la vita dal balcone” a voi giovani non può bastare.

Tuttavia, è normale che, pur iniziando i nostri percorsi con entusiasmo, prima o poi cominciamo ad avvertire la stanchezza. In alcuni casi, a provocare ansia e fatica interiore sono le pressioni sociali, che spingono a raggiungere certi standard di successo negli studi, nel lavoro, nella vita personale. Questo produce tristezza, mentre viviamo nell’affanno di un vuoto attivismo che ci porta a riempire le giornate di mille cose e, nonostante ciò, ad avere l’impressione di non riuscire a fare mai abbastanza e di non essere mai all’altezza. A questa stanchezza si unisce spesso la noia. Si tratta di quello stato di apatia e di insoddisfazione di chi non si mette in cammino, non si decide, non sceglie, non rischia mai, e preferisce rimanere nella propria comfort zone, chiuso in se stesso, vedendo e giudicando il mondo da dietro uno schermo, senza mai “sporcarsi le mani” con i problemi, con gli altri, con la vita. Questo tipo di stanchezza è come un cemento nel quale sono immersi i nostri piedi, che alla fine si indurisce, si appesantisce, ci paralizza e ci impedisce di andare avanti. Preferisco la stanchezza di chi è in cammino che la noia di chi rimane fermo e senza voglia di camminare!

La soluzione alla stanchezza, paradossalmente, non è restare fermi per riposare. È piuttosto mettersi in cammino e diventare pellegrini di speranza. Questo è il mio invito per voi: camminate nella speranza! La speranza vince ogni stanchezza, ogni crisi e ogni ansia, dandoci una motivazione forte per andare avanti, perché essa è un dono che riceviamo da Dio stesso: Egli riempie di senso il nostro tempo, ci illumina nel cammino, ci indica la direzione e la meta della vita. L’apostolo Paolo ha utilizzato l’immagine dell’atleta nello stadio che corre per ricevere il premio della vittoria (cfr 1 Cor 9,24). Chi di voi ha partecipato a una gara sportiva – non da spettatore ma da protagonista – conosce bene la forza interiore che serve per raggiungere il traguardo. La speranza è proprio una forza nuova, che Dio infonde in noi, che ci permette di perseverare nella corsa, che ci fa avere uno “sguardo lungo” che va oltre le difficoltà del presente e ci indirizza verso una meta certa: la comunione con Dio e la pienezza della vita eterna. Se c’è un traguardo bello, se la vita non va verso il nulla, se niente di quanto sogno, progetto e realizzo andrà perduto, allora vale la pena di camminare e di sudare, di sopportare gli ostacoli e affrontare la stanchezza, perché la ricompensa finale è meravigliosa!

2. Pellegrini nel deserto

Nel pellegrinaggio della vita ci saranno inevitabilmente sfide da affrontare. Anticamente, nei pellegrinaggi più lunghi, si doveva affrontare il cambiamento delle stagioni e il mutare del clima; attraversare piacevoli prati e freschi boschi, ma anche monti innevati e torridi deserti. Quindi, anche per chi è credente, il pellegrinaggio della vita e il cammino verso una meta lontana rimangono comunque faticosi, come lo fu per il popolo d’Israele il viaggio nel deserto verso la Terra promessa.

Così è per tutti voi. Anche per chi ha ricevuto il dono della fede, ci sono stati momenti felici in cui Dio è stato presente e lo avete sentito vicino, e altri momenti in cui avete sperimentato il deserto. Può succedere che all’entusiasmo iniziale nello studio o nel lavoro, oppure allo slancio di seguire Cristo – sia nel matrimonio, sia nel sacerdozio o nella vita consacrata – seguano momenti di crisi, che fanno sembrare la vita come un difficile cammino nel deserto. Questi tempi di crisi, però, non sono tempi persi o inutili, ma possono rivelarsi occasioni importanti di crescita. Sono i momenti di purificazione della speranza! Nelle crisi, infatti, vengono meno tante false “speranze”, quelle troppo piccole per il nostro cuore; esse vengono smascherate e, così, restiamo nudi con noi stessi e con le domande fondamentali della vita, oltre ogni illusione. E in quel momento, ciascuno di noi può chiedersi: su quali speranze appoggio la mia vita? Sono vere o sono illusioni?

In questi momenti, il Signore non ci abbandona; si fa vicino con la sua paternità e ci dona sempre il pane che rinvigorisce le nostre forze e ci rimette in cammino. Ricordiamo che al popolo nel deserto diede la manna (cfr Es 16) e al profeta Elia, stanco e scoraggiato, per due volte offrì una focaccia e dell’acqua perché potesse camminare per «quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb» (cfr 1Re 19,3-8). In queste storie bibliche, la fede della Chiesa ha visto delle prefigurazioni del dono prezioso dell’Eucaristia, vera manna e vero viatico, che Dio ci dona per sostenerci nel nostro cammino. Come diceva il beato Carlo Acutis, l’Eucaristia è l’autostrada per il cielo. Un giovane che ha fatto dell’Eucaristia il suo appuntamento quotidiano più importante! Così, intimamente uniti al Signore, si cammina senza stancarsi perché Lui cammina con noi (cfr Mt 28,20). Vi invito a riscoprire il grande dono dell’Eucaristia!

Nei momenti inevitabili di fatica del nostro pellegrinaggio in questo mondo, impariamo allora a riposare come Gesù e in Gesù. Egli, che raccomanda ai discepoli di riposare dopo essere ritornati dalla missione (cfr Mc 6,31), riconosce il vostro bisogno di riposo del corpo, di tempo per il vostro svago, per godere della compagnia degli amici, per fare sport e anche per dormire. Ma c’è un riposo più profondo, il riposo dell’anima, che molti cercano e pochi trovano, che si trova solo in Cristo. Sappiate che tutte le stanchezze interiori possono trovare sollievo nel Signore, che vi dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Quando la stanchezza del cammino vi appesantisce, tornate a Gesù, imparate a riposare in Lui e a rimanere in Lui, poiché «quanti sperano nel Signore […] camminano senza stancarsi» (Is 40,31).

3. Da turisti a pellegrini

Cari giovani, l’invito che vi rivolgo è quello di mettervi in cammino, alla scoperta della vita, sulle tracce dell’amore, alla ricerca del volto di Dio. Ma ciò che vi raccomando è questo: mettetevi in viaggio non da meri turisti, ma da pellegrini. Il vostro camminare, cioè, non sia semplicemente un passare per i luoghi della vita in modo superficiale, senza cogliere la bellezza di ciò che incontrate, senza scoprire il senso delle strade percorse, catturando brevi momenti, esperienze fugaci da fissare in un selfie. Il turista fa così. Il pellegrino invece si immerge con tutto se stesso nei luoghi che incontra, li fa parlare, li fa diventare parte della sua ricerca di felicità. Il pellegrinaggio giubilare, allora, vuole diventare il segno del viaggio interiore che tutti noi siamo chiamati a compiere, per giungere alla mèta finale.

Con questi atteggiamenti, ci prepariamo tutti all’Anno del Giubileo. Spero che per molti di voi sarà possibile venire a Roma in pellegrinaggio per varcare le Porte Sante. Per tutti, in ogni caso, ci sarà la possibilità di compiere questo pellegrinaggio anche nelle Chiese particolari, alla riscoperta dei tanti santuari locali che custodiscono la fede e la pietà del santo e fedele popolo di Dio. Ed è mio augurio che questo pellegrinaggio giubilare diventi per ciascuno di noi «un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “Porta di salvezza”» (Bolla Spes non confundit, 1). Vi esorto a viverlo con tre atteggiamenti fondamentali: il ringraziamento, perché il vostro cuore si apra alla lode per i doni ricevuti, primo fra tutti il dono della vita; la ricerca, perché il cammino esprima il desiderio costante di cercare il Signore e di non spegnere la sete del cuore; e, infine, il pentimento, che ci aiuta a guardare dentro di noi, a riconoscere le strade e le scelte sbagliate che a volte intraprendiamo e, così, poterci convertire al Signore e alla luce del suo Vangelo.

4. Pellegrini di speranza per la missione

Vi lascio ancora un’immagine suggestiva per il vostro percorso. Arrivando alla Basilica di San Pietro a Roma, si attraversa la piazza che è circondata dal colonnato realizzato dal grande architetto e scultore Gian Lorenzo Bernini. Il colonnato, nel suo insieme, appare come un grande abbraccio: sono le due braccia aperte della Chiesa, nostra madre, che accoglie tutti i suoi figli! In questo prossimo Anno Santo della Speranza, invito tutti voi a sperimentare l’abbraccio di Dio misericordioso, a sperimentare il suo perdono, la remissione di tutti i nostri “debiti interiori”, come era tradizione nei giubilei biblici. E così, accolti da Dio e rinati in Lui, diventate anche voi braccia aperte per tanti vostri amici e coetanei che hanno bisogno di sentire, attraverso la vostra accoglienza, l’amore di Dio Padre. Ognuno di voi doni «anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza» (ivi, 18), e così diventiate instancabili missionari della gioia.

Mentre camminiamo, alziamo lo sguardo, con gli occhi della fede, verso i santi che ci hanno preceduto nel cammino, che sono giunti alla meta e ci danno la loro incoraggiante testimonianza: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4,7-8). L’esempio dei santi e delle sante ci trascina e ci sostiene.

Coraggio! Vi porto tutti nel cuore e affido il cammino di ognuno di voi alla Vergine Maria, affinché sul suo esempio sappiate attendere con pazienza e fiducia ciò che sperate, restando in cammino come pellegrini di speranza e di amore.

Roma, San Giovanni in Laterano, 29 agosto 2024, Memoria del martirio di San Giovanni Battista.

FRANCESCO


Nell’anno dell’intelligenza artificiale gli auguri ed i consigli di un vescovo agli studenti: “Il link giusto per la scuola e la vita? Quello tra cervello, cuore, occhi e mani”

Nell’anno dell’intelligenza artificiale 
gli auguri ed i consigli di un vescovo agli studenti:
“Il link giusto per la scuola e la vita?
Quello tra cervello, cuore, occhi e mani”


Il messaggio del Vescovo di Lamezia agli studenti per l’avvio del nuovo anno scolastico 

Sarà l’anno dell’intelligenza artificiale, quello che i ragazzi si apprestano a vivere con il rintocco della prima campanella. Una tecnologia pervasiva che finirà inevitabilmente per mutare l’approccio allo studio e alla conoscenza. Una vera e propria rivoluzione a cui forse non siamo ancora pronti dal punto di vista antropologico e psicologico.

Ecco perché è importante mantenere fermo il timone dell’Humanum per evitare di perdersi tra le onde di un oceano vasto, sconosciuto e non privo di pericoli. È questo il senso della lettera che monsignor Serafino Parisi, vescovo di Lamezia Terme, ha rivolto agli studenti in apertura del nuovo anno scolastico. Un invito affinché fra i tanti link che i ragazzi utilizzeranno per videoconferenze, libri digitali, mail e servizi vari, non smarriscano quello più essenziale: il collegamento che connette cervello, cuore, occhi e mani. Quella “connessione interna – scrive il Vescovo ai ragazzi – che abita dentro ciascuno di Voi e che Vi garantisce, quando state bene, di restare vigili, lucidi, reattivi, proattivi e non resilienti, padroni della Vostra volontà e della capacità di autogovernarVi […]. Solo se questo sistema di connessione – o, per meglio dire, di ‘inter-connessione’ – resta funzionante, sarete in grado di fronteggiare altre connessioni e di raggiungere gli obiettivi prioritari, al netto di quelli che molto spesso sono orientati allo sfruttamento e al cumulo spietato del lucro di chi gestisce tali sistemi e potrete farlo senza restarne ‘stirati’, manipolati e violentati dal potenziale dirompente di questa tecnologia che, fra l’altro, rischia di favorire – se non proprio determinare – la privazione della interazione umana”.

Il Vescovo parla ai ragazzi con sollecitudine paterna delle nuove forme di schiavitù che le nuove frontiere del digitale finiscono inevitabilmente per costruire. Gli algoritmi sono efficaci ma non possono leggere il cuore dell’uomo e pertanto possono essere spietati.

Il riferimento è diretto alle nuove forme di lavoro che stanno caratterizzando la nostra epoca e che spesso vedono proprio i giovani vittime di un nuovo sistema di sfruttamento che qualcuno ha definito figlio del ‘tecnofeudalesimo’: “Pensate ai numerosi servizi come quelli che, ad esempio, ci fanno arrivare la pizza a casa, o altra merce ordinata: essi si servono di algoritmi che calcolano i tempi di consegna per i rider – ragazzi poco più grandi di voi – che con il motorino fanno le consegne a qualsiasi ora per guadagnare qualcosa. L’algoritmo non tiene conto dei bisogni più umani e scontati che anche tu, che mi leggi, hai. Ordina i ritmi e l’uso dei minuti trasformando i dipendenti in robot. A te chiedo come tu possa sentirti se omologato ad un robot. Ritieni ancora che un algoritmo possa prevedere, leggere il contesto e, per dirlo in breve, rispettare i bisogni più umani delle persone?”.

È da qui che muove l’invito di monsignor Parisi a saper leggere il contesto, quella capacità tipicamente umana che consente di sfuggire al determinismo degli algoritmi: “È importante restare lucidi e capaci di leggere sempre, fino al nostro ultimo respiro, il contesto – scrive agli studenti –. È la lettura del contesto il tratto prezioso e irripetibile che connota il sano fare degli uomini, che mette insieme la capacità di leggere dentro le cose, collegando cervello, cuore, occhi e mani”.

Il testo integrale del messaggio

Carissimi ragazzi e ragazze,

permettetemi di essere dei Vostri nel momento in cui prende vita questo nuovo anno scolastico.

Vi comunico subito il mio desiderio mentre vi raggiungo, ormai per il terzo anno consecutivo, con questo scritto: vorrei che le provocazioni che depongo nella Vostra cassetta degli attrezzi Vi servissero per l’esperienza scolastica ma soprattutto per la vita.

L’attrezzo che quest’anno vorrei consegnarvi è “immateriale”, non si tocca né si vede: è la connessione che vorrei aveste tra cervello, cuore, occhi e mani. Non come quella che maneggiate ogni giorno, in ogni ora, per restare connessi con “il mondo”. Penso invece, come dono, alla connessione interna che abita dentro ciascuno di Voi e che Vi garantisce, quando state bene, di restare vigili, lucidi, reattivi, proattivi e non resilienti (ma di questo ne parleremo), padroni della Vostra volontà e della capacità di autogovernarVi. Si tratta di un sofisticato sistema che non si vede, ma di cui si conoscono i suoi effetti, molti positivi ma tanti altri negativi.

Solo se questo sistema di connessione – o, per meglio dire, di “inter-connessione” – resta funzionante, sarete in grado di fronteggiare altre connessioni e di raggiungere gli obiettivi prioritari, al netto di quelli che molto spesso sono orientati allo sfruttamento e al cumulo spietato del lucro di chi gestisce tali sistemi e potrete farlo senza restarne “stirati”, manipolati e violentati dal potenziale dirompente di questa tecnologia che, fra l’altro, rischia di favorire – se non proprio determinare – la privazione della interazione umana.

Eccessivo questo mio dire? Pensate ai numerosi servizi come quelli che, ad esempio, ci fanno arrivare la pizza a casa, o altra merce ordinata: essi si servono di algoritmi che calcolano i tempi di consegna per i rider – ragazzi poco più grandi di voi – che con il motorino fanno le consegne a qualsiasi ora per guadagnare qualcosa. L’algoritmo non tiene conto dei bisogni più umani e scontati che anche tu, che mi leggi, hai. Ordina i ritmi e l’uso dei minuti trasformando i dipendenti in robot. A te chiedo come tu possa sentirti se omologato ad un robot. Ritieni ancora che un algoritmo possa prevedere, leggere il contesto e, per dirlo in breve, rispettare i bisogni più umani delle persone? Mettiamoci pure che tra i rilievi che possono essere mossi sugli algoritmi vi è quello che ci induce a riflettere sulla loro persistente capacità di farci vedere ciò verso cui abbiamo dimostrato interesse, rafforzandoci nelle nostre convinzioni (anche se errate) e non consentendoci di aprirci al confronto – in vista di un affrancamento, se necessario – e alla conseguente crescita come – detto con fermezza – solo lo studio può fare. In fondo la scuola è un viaggio e il viaggiare ci espone all’ignoto e quindi al rischio vantaggioso di mettere in discussione le nostre convinzioni.

A proposito delle questioni appena accennate, molto si parla, in particolar modo in ambienti accademici, di “determinismo algoritmico” di cui già subiamo le pesanti ricadute e gli innegabili vantaggi. La discussione proprio in queste ore è molto accesa su alcuni temi cruciali quali, ad esempio, la trasparenza e l’equità nella progettazione di queste tecnologie, la responsabilità nelle decisioni “autonome” delle macchine, la regolamentazione legale e le problematiche giuridiche e, sul piano religioso, la sfida circa i concetti di anima e di coscienza e, infine, la dimensione etica di un “ragionamento” – perché di questo si tratta – di per sé prevedibile in quanto pre-impostato e pre-disposto, e perciò per nulla creativo come deve essere una vera “intelligenza”.

Eppure la cosiddetta intelligenza artificiale, più brevemente e velocemente I.A., che anche tu guarderai con interesse crescente in questo nuovo anno scolastico, che della logica degli algoritmi fa la sua sostanza, è alla base di accadimenti come quello detto con l’esempio dei rider. A te voglio consegnare, proprio per tale motivo, la raccomandazione di tener sempre funzionante la connessione di cui parlavo all’inizio, per saper gestire tutte le altre connessioni, anche quelle che portano dritte all’I.A.

E infine un ricordo non guasta… Ricordi tu la frase iconica che hai sentito, sin da bambino, dai grandi di casa in varie situazioni: «Ma non lo vedi?». La frase risuonava per sottolineare l’ovvietà delle cose, delle situazioni che nella loro evidenza imponevano e impongono condotte consequenziali. Ad esempio, se tira vento, è chiaro che devi chiudere le finestre e se hai la tonsillite o la calcolosi renale non puoi andare alle Olimpiadi. Ma queste cose pur banali, sono chiare se ci vedi, ossia se funziona la tua connessione interna. Se sei appannato e spento, è quasi certo che il vento ti spingerà fuori dalla finestra e non potrai nemmeno dare un calcio al pallone nel campetto parrocchiale. È importante restare lucidi e capaci di leggere sempre, fino al nostro ultimo respiro, il contesto. È la lettura del contesto il tratto prezioso e irripetibile che connota il sano fare degli uomini, che mette insieme la capacità di leggere dentro le cose, collegando cervello, cuore, occhi e mani. Questo significa intelligenza. La lettura del contesto la fa solo l’uomo, nessun altro… nemmeno chi gestisce al meglio gli algoritmi che potrebbero, come bestie feroci, fagocitarlo. La persona e il suo cuore devono restare centrali nella considerazione attenta, critica e al tempo stesso speranzosa della complessa questione che, in definitiva, è antropologica.

A proposito di “maccheroniche” abbreviazioni: i latini – che già conoscevano l’espressione «omne ignotum pro magnifico» (“Tutto ciò che è ignoto è sublime”, cf. Tacito, Vita di Agricola, 30) – con la loro capacità sapienziale di «intelligere» (cioè “intus legere”, leggere dentro), suggerivano di accostarsi a tutte le situazioni, soprattutto quelle nuove, con un po’ di discernimento, «cum grano salis», appunto. Una raccomandazione per la vita che potrebbe servirci… per non soccombere.

A tutti coloro che gravitano intorno al mondo della scuola: studenti, docenti, dirigenti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario e a tutte le famiglie giungano i miei più cari auguri di buon anno e di buon lavoro.
Il Vostro vescovo
+ Serafino Parisi
(fonte: Diocesi di Lamezia Terme 15/09/2024)


Per una rifondazione dell'esperienza giovanile di Eraldo Affinati

Per una rifondazione dell'esperienza giovanile
di Eraldo Affinati



Ancora una volta l’inizio del nuovo anno scolastico segna la temperatura emotiva del Paese: i recenti fatti di cronaca nera, che hanno avuto come protagonisti adolescenti da tutti definiti irreprensibili, riportano alla nostra attenzione il tema della solitudine giovanile; non sociale, legata alle frequentazioni esterne, bensì interiore, esito della mancata risposta agli interrogativi sul senso medesimo della vita: e in quale altro luogo questa condizione di atrofia spirituale si può combattere se non nell’aula e nei suoi pressi? Per farlo abbiamo bisogno di una presa d’atto collettiva che non coinvolga solo i docenti, ai quali, lo sappiamo, non dovrebbe essere delegata ogni incombenza. In mancanza di un rapporto virtuoso fra il mondo della scuola e la società tutta, ogni iniziativa anche carismatica dei singoli maestri è destinata a fallire. Ma come possiamo uscire dalla cosiddetta “finzione pedagogica”, che ci impedisce di vedere il marcio dentro il frutto più bello, cercando un rapporto profondo coi ragazzi, specie quelli fragili e inquieti?

È necessario interessarsi alle loro vite elaborando strumenti che non si limitino all’accertamento dei contenuti. Nelle prossime settimane in tanti istituti gli scolari verranno sottoposti ai famosi test di orientamento che in teoria dovrebbero stabilire le loro competenze culturali, alle quali agganciarsi per svolgere i programmi e raggiungere gli obiettivi. È evidente che limitandoci a questo non potremo mai stabilire la stazione di partenza di ognuno: per identificarla sul serio e di conseguenza calibrare l’insegnamento dovremmo conoscere i nostri allievi, capire chi sono, a quali famiglie appartengono, come trascorrono i pomeriggi, cosa li interessa. La rivoluzione digitale se da una parte ha aperto nuove frontiere, consentendo a tutti noi un rapido accesso a fonti informative un tempo assai difficile da ottenere, dall’altra rischia paradossalmente di ostruire l’orizzonte mettendo in secondo piano le gerarchie di valore che dovrebbero distinguere, specialmente agli occhi dei più giovani, ciò che è importante da ciò che non lo è.

Se la scuola non risponde a tale imperativo, indirizzare e strutturare la conoscenza, senza occultare l’esercizio e la fatica indispensabili per praticarla, si riduce ad essere un puro e semplice ente certificatore di competenze che oggi ci sono, domani potrebbero venire facilmente dimenticate. 

Urge una rifondazione dell’esperienza giovanile, quello che tutti i grandi educatori ed educatrici, da John Dewey a Maria Montessori, da don Lorenzo Milani ad Alberto Manzi, per citarne solo qualcuno, hanno sempre sostenuto: organizzare gruppi di studio nei quali il docente si pone come guida autorevole, pronto a scomparire appena possibile per lasciar sviluppare l’autonomia dei ragazzi.

La solitudine è una caratteristica costitutiva dell’adolescenza, non la scopriamo certo ora, così come la natura potenzialmente ferina dei sedicenni: basti pensare ai ragazzi terribili di Jean Cocteau, ai giovani capi descritti da Mario Vargas Llosa, oppure ai bambini precipitati nell’isola disabitata nel romanzo Il signore delle mosche composto da William Golding. Farsi illusioni sui giovani equivale a credere alla favola dell’uomo buono corrotto dall’ambiente in cui vive. I condizionamenti sociali sono innegabili, basterebbe prendere un gruppo di ragazzini oxfordiani e trasferirli in una borgata romana o partenopea per notare la loro progressiva mutazione, tuttavia i casi più eclatanti degli ultimi anni, dalla strage di Novi Ligure a quella di Paderno, compiute da ragazze e ragazzi in apparenza modello, dimostrano che ciò non basta. In realtà ognuno di noi affronta un percorso, più o meno accidentato, dagli istinti ancestrali che lo governano all’acquisizione della maturità in grado di disciplinarli: orientare tale cammino è il grande compito educativo che nella nostra epoca sembra essere stato messo in crisi dalla deflagrazione del desiderio, foriera di una malintesa concezione della libertà come superamento dei limiti. Si tratta di una vecchia tesi novecentesca che, scalfita dai massacri dei totalitarismi, potrebbe riemergere attraverso un uso dissennato dell’intelligenza artificiale.

I ragazzi inquieti e problematici richiamano all’attenzione dei genitori e degli insegnanti i rischi che tutti corriamo: abbiamo bisogno di nuovi riferimenti etici, in grado di organizzare lo straordinario impulso tecnologico che sta cambiando l’esistenza degli esseri umani. L’istruzione non rappresenta un semplice passaggio di consegne da una generazione all’altra. È piuttosto un pane da spezzare e condividere insieme nella speranza di poter realizzare azioni sensate e pronunciare parole che siano legittimate dalla nostra vita

(Pubblicato su "Vita e Pensiero")

lunedì 16 settembre 2024

Andrea Tornielli: L’indimenticabile viaggio del Papa missionario ai confini del mondo

Andrea Tornielli

L’indimenticabile viaggio del Papa
missionario ai confini del mondo



Al termine del viaggio del Papa in Asia e Oceania — il più lungo del pontificato — ci sono alcune immagini destinate a rimanere nella mente e nel cuore. 
La prima è quella del “tunnel della fraternità” che Francesco ha benedetto accanto al grande Imam di Jakarta: in un tempo in cui i tunnel sono associati a immagini di guerra, terrorismo, violenza e morte, questo sottopasso che collega la grande moschea alla cattedrale cattolica è un segno e un seme di speranza. I gesti di amicizia e di affetto che il Vescovo di Roma e l’Imam si sono scambiati hanno colpito molti nel più grande Paese musulmano del mondo.

La seconda immagine è quella di Francesco che si imbarca sul C130 dell’aeronautica militare australiana per andare a Vanimo, nel nord ovest della Papua Nuova Guinea e far visita a tre missionari di origine argentina e alla loro gente portando con sé una tonnellata di aiuti e di regali. Il Papa che da giovane aveva sognato di fare il missionario in Giappone, aveva tanto desiderato questa trasferta nella periferia più periferica del mondo, dove è stato stretto dall’abbraccio di uomini e donne nei loro costumi coloratissimi. Essere missionari significa innanzitutto condividere la vita, i tanti problemi e le speranze di questo popolo che vive nella precarietà immerso in una natura prorompente. Significa testimoniare il volto di un Dio che è tenerezza e compassione.

La terza immagine è quella del presidente della Repubblica José Manuel Ramos-Horta, che al termine dei discorsi ufficiali nel palazzo presidenziale di Díli, a Timor Leste, si è chinato per aiutare il Papa a sistemare i piedi nelle pedane della sedia a rotelle. Nel Paese più cattolico del mondo, la fede è un elemento fortemente identitario e il ruolo della Chiesa è stato decisivo per il processo che ha portato all’indipendenza dall’Indonesia.

La quarta immagine è quella commovente dell’abbraccio del Papa ai bambini disabili accuditi dalle suore della scuola Irmãs Alma: gesti, sguardi, poche parole profondamente evangeliche per ricordare che questi bambini bisognosi di tutto lasciandosi accudire insegnano a noi a lasciarci accudire da Dio. La domanda sul perché i piccoli soffrano è una lama che ferisce, una piaga che non si rimargina. La risposta di Francesco è stata la vicinanza e l’abbraccio.

La quinta immagine è quella del popolo di Timor Leste che per ore e ore ha atteso sotto il sole cocente il Papa nella spianata di Taci Tolu. Erano presenti più di 600 mila persone, in pratica un timorese su due. Francesco è rimasto colpito da questa accoglienza e da questo calore, in un Paese che dopo aver conquistato a fatica la propria indipendenza dall’Indonesia sta lentamente costruendo il proprio futuro. Il 65 per cento della popolazione ha meno di 30 anni, e le strade percorse dall’auto papale erano straripanti di giovani uomini e donne con i loro bambini piccolissimi. Una speranza per la Chiesa. Una speranza per il mondo.

La sesta immagine è quella della skyline di Singapore, l’isola-Stato dai grattacieli altissimi e modernissimi. Un Paese sviluppato e ricco. Impossibile non pensare al contrasto con le strade polverose di Díli che il Papa aveva lasciato poche ore prima. Anche qui, dove il benessere è un’evidenza in ogni angolo, dove la vita è organizzata e i trasporti velocissimi, Francesco ha abbracciato tutti e ha indicato la via dell’amore, dell’armonia e della fratellanza.

Infine, l’ultima immagine, è quella del Papa stesso. C’era chi dubitava che avrebbe retto bene alla fatica di un viaggio così lungo, in Paesi dal clima tropicale. Al contrario è stato un crescendo: invece di stancarsi giorno dopo giorno, macinando chilometri, trasferte e voli, ha recuperato energia. Ha incontrato i giovani dei vari Paesi abbandonando il testo scritto e dialogando con loro, ritemprandosi nello spirito ma anche nel corpo. Giovane tra i giovani, nonostante gli ormai prossimi 88 anni, che compirà alla vigilia del Giubileo.
(fonte: L'Osservatore Romano 13/09/2024)

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Vedi il nostro Speciale


Papa Francesco: «È importante chiederci: io mi lascio scomodare, mi domando chi è Gesù per me e che posto occupa nella mia vita?» Angelus del 15 settembre 2024 (Testo e video)

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 15 settembre 2024


Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Il Vangelo della Liturgia odierna ci racconta che Gesù, dopo aver chiesto ai discepoli cosa pensava la gente di Lui, domanda direttamente a loro: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). Pietro risponde a nome di tutto il gruppo dicendo: «Tu sei il Cristo» (v. 30), cioè «tu sei il Messia». Tuttavia, quando Gesù comincia a parlare della sofferenza e della morte che lo aspettano, lo stesso Pietro si oppone, e Gesù lo rimprovera duramente: «Va’ dietro a me, Satana! – gli dice Satana – Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (v. 33).

Guardando all’atteggiamento dell’apostolo Pietro, possiamo anche noi interrogarci su che cosa significa davvero conoscere Gesù.

Infatti, da una parte Pietro risponde in maniera perfetta, dicendo a Gesù che Egli è il Cristo. Tuttavia, dietro a queste parole corrette c’è ancora un modo di pensare “secondo gli uomini”, una mentalità che immagina un Messia forte, un Messia vittorioso, che non può soffrire o morire. Dunque, le parole con cui Pietro risponde sono “giuste”, ma il suo modo di pensare non è cambiato. Egli deve ancora cambiare mentalità, egli deve ancora convertirsi.

E questo è un messaggio importante anche per noi. Infatti, anche noi abbiamo imparato qualcosa su Dio, conosciamo la dottrina, recitiamo le preghiere in modo corretto e, magari, alla domanda “chi è per te Gesù?” rispondiamo bene, con qualche formula che abbiamo appreso al catechismo. Ma siamo sicuri che questo significa conoscere davvero Gesù? In realtà, per conoscere il Signore non basta sapere qualcosa di Lui, ma occorre mettersi alla sua sequela, lasciarsi toccare e cambiare dal suo Vangelo. Si tratta cioè di avere con Lui una relazione, un incontro. Io posso conoscere tante cose su Gesù, ma se non l’ho incontrato, ancora non so chi è Gesù. Ci vuole questo incontro che cambia la vita: cambia il modo di essere, cambia il modo di pensare, cambia le relazioni che hai con i fratelli, la disponibilità ad accogliere e a perdonare, cambia le scelte che fai nella vita. Tutto cambia se davvero hai conosciuto Gesù! Tutto cambia.

Fratelli e sorelle, il teologo e pastore luterano Bonhoeffer, vittima del nazismo, ha scritto così: «Il problema che non mi lascia mai tranquillo è quello di sapere che cosa sia veramente per noi oggi il cristianesimo o anche chi sia Cristo» (Resistenza e Resa. Lettere e scritti dal carcere, Cinisello Balsamo 1996, 348). Purtroppo, tanti non si pongono più questa domanda e restano “tranquilli”, addormentati, anche lontano da Dio. È importante invece chiederci: io mi lascio scomodare, mi domando chi è Gesù per me e che posto occupa nella mia vita? Su questa domanda nostra madre Maria, che conosceva bene Gesù.

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Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle!

Esprimo la mia vicinanza alle popolazioni del Vietnam e del Myanmar, che soffrono a causa delle inondazioni provocate da un violento tifone. Prego per i defunti, per i feriti e gli sfollati. Dio sostenga quanti hanno perso i loro cari e la loro casa, e benedica quanti stanno portando aiuto.

Ieri, a Città del Messico, è stato beatificato Moisés Lira Serafín, sacerdote, fondatore della Congregazione delle Missionarie della Carità di Maria Immacolata, morto nel 1950, dopo una vita spesa ad aiutare le persone a progredire nella fede e nell’amore del Signore. Il suo zelo apostolico stimoli i sacerdoti a donarsi senza riserve per il bene spirituale del popolo santo di Dio. Un applauso al nuovo Beato! Vedo lì le bandiere messicane…

Oggi in Italia si celebra la Giornata dei malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Assicuro un ricordo nella preghiera per loro e per i familiari; incoraggio il lavoro di ricerca su questa patologia e le associazioni di volontariato.

E non dimentichiamo le guerre che insanguinano il mondo. Penso alla martoriata Ucraina, al Myanmar, penso al Medio Oriente. Quante vittime innocenti! Penso alle mamme che hanno perso figli in guerra. Quante giovani vite stroncate! Penso a Hersh Goldberg-Polin, trovato morto in settembre, insieme ad altri cinque ostaggi, a Gaza. Nel novembre dell’anno scorso, avevo incontrato la madre, Rachel, che mi ha colpito per la sua umanità. L’accompagno in questo momento. Prego per le vittime e continuo ad essere vicino a tutte le famiglie degli ostaggi. Cessi il conflitto in Palestina e Israele! Cessino le violenze, cessino gli odi! Si rilascino gli ostaggi, continuino i negoziati e si trovino soluzioni di pace.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini d’Italia e di tanti Paesi. In particolare, i fedeli della parrocchia Santa Edwige Regina in Radom (Polonia); il gruppo di sacerdoti gesuiti giunti a Roma per gli studi; gli studenti di Stade (Germania); e i partecipanti alla staffetta a piedi da Roma ad Assisi. E saluto i ragazzi dell’Immacolata, che hanno avuto tre ordinazioni in questi giorni, complimenti!

Auguro a tutti buona domenica. E per favore non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

Guarda il video


domenica 15 settembre 2024

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli


XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

15 settembre 2024 

Per chi presiede

Fratelli e sorelle, il Signore Gesù, con il suo interrogativo rivolto ad ogni suo discepolo, ci ha posti di fronte ad un discernimento fondamentale per quanto riguarda il nostro rapporto con Lui. Come Pietro anche la nostra fede in Lui si presenta nebulosa e resistente alla logica del dono di sé, alla sapienza della croce. Con umiltà e con cuore confidente innalziamo a Lui le nostre preghiere ed insieme diciamo:

R/   Signore, Pietà

  

Lettore


- Abbi pietà, Signore, della tua Chiesa per tutte quelle volte che essa è tentata di percorrere altre strade diverse dalla tua. Riempila del tuo Santo Spirito, perché la tua Chiesa sia pronta ogni giorno ad abbracciare la tua Parola e perché possa vivere nella logica del perdere e dello spendersi per un motivo di amore. Preghiamo.

- Guida, Signore, e rafforza i passi di papa Francesco perché la sua diaconia nella Chiesa intera porti frutti di rinnovamento e di conversione. Accompagna tutti vescovi e le Chiese affidate alla loro cura pastorale: fa’ che la loro parola e la loro vita aiutino le singole comunità a crescere nella conoscenza di Te e del tuo Vangelo. Preghiamo.

- Fa’ crescere, Signore, nei nostri Paesi, che continuano a dichiararsi cristiani, uomini e donne, che sappiano gridare le ragioni della pace contro un’opinione pubblica totalmente appiattita sulla necessità di aumentare la spesa militare e di credere che soltanto la guerra porti alla risoluzione dei conflitti. Fa che discenda la tua pace, Signore, sull’Ucraina e sulla Palestina e su tutti i Paesi, dove la vita è resa impossibile dalle armi o dai cambiamenti climatici. Preghiamo.

- Ti affidiamo, Signore, tutte le coppie, che quest’anno si sono accostate all’altare per impegnarsi sulla via del matrimonio. La luce del tuo Santo Spirito le aiuti a comprendere che l’amore può crescere se ogni partner sia disposto a mettere in croce il proprio egoismo e quel malsano istinto di imporre all’altra parte la propria volontà ad ogni costo. Preghiamo.

- Ti ricordiamo, o Signore, i nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ti ricordiamo anche le vittime della violenza sulle donne e sui minori, le vittime sul lavoro e sulle strade. Dona a tutti di partecipare alla comunione piena del tuo Regno. Preghiamo.



Per chi presiede

Signore Gesù, tu, con la forza del tuo Spirito, susciti sempre nell’umanità profeti e testimoni del tuo amore. Rendici ogni giorno sempre più consapevoli della missione che ci hai affidata di testimoniare il tuo Vangelo, non con la forza del potere, ma con stile umile, povero e fraterno. Te lo chiediamo perché tu sei il nostro Messia e Signore mite e umile di cuore, nei secoli dei secoliAMEN.


VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN ASIA E OCEANIA (2-13 settembre 2024) - Si conclude il viaggio di Papa Francesco con gli incontri con anziani e malati - giovani e leader religiosi (cronaca, testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN INDONESIA, PAPUA NUOVA GUINEA,
TIMOR-LESTE, SINGAPORE

(2-13 settembre 2024)


Venerdì, 13 settembre 2024

SINGAPORE - ROMA

9:15 VISITA AD UN GRUPPO DI ANZIANI E MALATI presso la Casa “Santa Teresa”
10:00 INCONTRO INTERRELIGIOSO CON I GIOVANI nel “Catholic Junior College”
11:20 CERIMONIA DI CONGEDO presso l’Aeroporto Internazionale di Singapore “Changi”
11:50 Partenza in aereo dall'Aeroporto Internazionale di Singapore “Changi” per Roma

18:25 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino


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Il Papa saluta anziani e malati di Singapore:
pregate per la Chiesa e l’umanità

Francesco in visita nella Saint Theresa’s Home, da 90 anni struttura di cura e accoglienza alla periferia della città, per salutare operatori e ospiti, tra cui l’arcivescovo emerito di Singapore Nicholas Chia Yeo Joo, alcuni anziani ultra centenari o affetti da gravi malattie. Il Pontefice ha assicurato la sua preghiera e il perdono e ha chiesto a tutti di pregare: “Grazie per la vostra pazienza”


Non ha voluto lasciare Singapore, Papa Francesco, prima di dare lui per primo un saluto e un abbraccio a malati e anziani a cui ha assicurato le sue preghiere, la sua vicinanza, il perdono dei peccati e ai quali ha chiesto pure di pregare per la Chiesa e l’umanità, perché “la preghiera vostra è molto importante”.

Luogo di cura e accoglienza

Sono quelle persone che ormai si avviano verso il tramonto della vita ma che, come ha ripetuto il Pontefice tante volte in questi giorni del 45.mo viaggio apostolico, sono la saggezza, la memoria, un tesoro da custodire e che meritano, quindi, rispetto e dignità, non emarginazione. Intorno alle 9.30 il Papa si è recato nella St. Theresa’s Home, casa di riposo istituita 90 anni fa dalle Piccole Sorelle dei Poveri nella periferia della “Città del Leone” e guidata dall’agenzia no-profit Catholic Welfare Services (CWS). Un luogo soprattutto di cura e accoglienza. Attualmente ospita 200 persone, residenti permanentemente, come i centenari Goh, Vincent, Low Joo, Bertha e l’irresistibile Khung Seok, 105 anni, che ha accolto il Papa con un ampio sorriso e in mano le bandierine della Città del Vaticano e di Singapore.

La visita, prima dell’incontro interreligioso con i giovani nel Catholic Junior College e la partenza per Roma, è durata meno di mezz’ora con il Papa che ha girato lungo tutto il quadrato del patio dove si affacciano le stanze di otto posti con i letti reclinabili, divisi dalle tende, e accanto tutto l’occorrente per garantire le cure ai diversi ospiti.

Papa Francesco n visita nella Saint Theresa’s Home

L’abbraccio del Papa

Sono uomini e donne affetti da demenza senile, ritardi, Alzheimer, Parkinson o dalle conseguenze di un ictus. O che, a causa dell’età avanzata, mostrano segni di debolezza e non riescono a ricevere il necessario supporto dalle famiglie. Questa mattina erano tutti disposti fuori dalle loro stanze, sulle sedie a rotelle dove era attaccata una targhetta con il loro nome. File e file di sorrisi sdentati, di sguardi vacui, di bocche aperte o serrate, di tubicini nel naso, di teste reclinate e piedi nudi o gambe in posizioni innaturali. Francesco ha posato il suo sguardo su ognuno, salutandoli e salutando pure gli operatori al loro fianco. Poi si è fermato nella cappellina al centro del patio, accanto alla clinica dentale: lì lo attendevano l’arcivescovo emerito di Singapore, Nicholas Chia Yeo Joo, 86 anni, una religiosa, un francescano e tre sacerdoti in sedia a rotelle.

L'incontro con i malati e gli anziani

Il saluto al missionario padre Anthony

Tra loro c'era padre Anthony Hutjes, missionario tedesco della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria ormai in pensione, da circa quarant’anni a Singapore dove è stato anche parroco della Blessed Sacrament Church. Figura nota a Singapore perché autore di una decina di libri su fede, matrimonio e vita familiare, father Antony ha consegnato al Papa un pacco con dentro i suoi libri, dicendosi– in inglese – contento di “poter trascorrere un po’ di tempo insieme”. Francesco gli ha stretto le mani e lo ha ringraziato per il regalo e ha risposto con una battuta dopo che il sacerdote riferiva del suo corpo cagionevole: “E la testa come va?”. “Bene!”.

“Pregare per la Chiesa e l’umanità”

Da lì il trasferimento nella chiesetta di Casa Santa Teresa con il saluto del direttore che ha indicato la struttura come un “luogo di speranza” e, illustrando rapidamente il lavoro svolto ogni giorno per anziani e malati, ha chiesto a Papa Francesco di “benedire la residenza”: “Ne abbiamo bisogno”.

A braccio Jorge Mario Bergoglio ha condiviso alcune parole con i presenti: diverse file di carrozzine con anziani provenienti pure da altre case di ricovero gestite dal CWS come la Saint Joseph’s Home e la Villa Francis Home, che gridavano “W Papa, W Papa”. Lo stesso facevano gli operatori della Casa all’esterno, disposti sui gradoni della cappella o sulle balconate. “Io saluto tutti voi che siete qui e vi chiedo di pregare per me, io prego per voi. Anche vi chiedo di pregare per la Chiesa e per l’umanità. La preghiera vostra è molto importante davanti a Dio”, ha detto Papa Francesco.

Il perdono del Signore

“Dio è contento di sentire la preghiera vostra. Grazie tante della vostra pazienza e della vostra preghiera”, ha aggiunto il Pontefice prima di dare la sua benedizione. Infine guardando il gruppo davanti ai suoi occhi, persone a cui resta poco tempo da vivere, ha voluto aggiungere un altro passaggio sempre a braccio: “Adesso con questa benedizione il Signore si manifesta vicino a voi. Il Signore perdona tutto sempre e io manifesto nel nome del Signore il perdono a tutti voi”.

L’incontro si è concluso con un’Ave Maria, il passaggio del Papa nel corridoio centrale con un saluto ai presenti e una foto di gruppo davanti alla facciata verde acqua e arancione con una statua della Madonna, insieme a chi lavora o è ospite nella Casa Santa Teresa. Francesco ha regalato una targa per il “Catholic Hub”, ovvero lo spazio in cui verrà riqualificata la Saint Theresa’s Home che, invece, si trasferirà in una struttura di assistenza più grande chiamata Saint Theresa’s Village. Il “Catholic Hub” ospiterà le principali organizzazioni dell’arcidiocesi di Singapore, un centro congressi e per ritiri, una casa per il clero anziano.

Papa Francesco nella casa di riposo istituita 90 anni fa dalle Piccole Sorelle dei Poveri

Applausi e cori

Applausi e di nuovo cori hanno accompagnato il passaggio dell’utilitaria bianca verso il cancello. In sottofondo, solo la voce tonante di Vincent che, in un italiano dal forte accento inglese, ha gridato: “Ciao Ciao Papa, arrivederci”, suscitando le risate e gli applausi di tutti.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 13/09/2024)

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Foto e video

 






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Il Papa ai giovani di Singapore:
siate coraggiosi, uscite dalle comfort zone

Francesco, come ultimo appuntamento del viaggio apostolico in Asia e Oceania, incontra i ragazzi di diverse fedi al Catholic Junior College. Chi sceglie di vivere in un modo confortevole è “un giovane che ingrassa la mente”. L’invito poi ad andare sempre avanti nell'incontro perché “ogni dittatura nella storia, la prima cosa che fa è tagliare il dialogo”


Francesco saluta Singapore e chiude il 45mo viaggio apostolico che lo ha portato in quattro Paesi dell’Asia e dell’Oceania, con un dialogo con i giovani riuniti al Catholic Junior College per l’incontro interreligioso. Un appuntamento atteso dai ragazzi che danno il benvenuto al Papa con applausi, canti e una danza eseguita da giovani con disabilità, un calore e un’accoglienza che fa lasciare il discorso previsto al Pontefice che sceglie di rispondere a braccio ai tre ragazzi un giovane indù, una giovane sikh e una giovane cattolica, che gli presentano testimonianze e domande, alla presenza anche di una decina di leader religiosi.

Il Papa con i ragazzi durante l'incontro

Critici da salotto e comfort zone

Raaj, Preet e Nicole parlano dei critici da salotto, chiedono come si possa uscire dalla zona di comfort, come si possa promuovere tra i giovani il dialogo interreligioso, come si possa superare la paura del giudizio, come si possano sfruttare le opportunità dell’intelligenza artificiale gestendo i rischi che questa comporta. Parole che toccano Francesco che parla guardando negli occhi i ragazzi seduti sul palco accanto a lui.

I giovani sono coraggiosi, dice, perché vanno verso la verità, perché camminano, perché sono creativi, ma la gioventù, avverte, deve stare attenta a non cadere nelle ‘critiche da salotto’. La critica, spiega, deve essere costruttiva, altrimenti, al contrario, diviene distruttiva, non percorre una strada nuova. Ci vuole il coraggio di criticare e quello di lasciarsi criticare dagli altri, e “questo è il dialogo sincero tra i giovani”

I giovani devono avere il coraggio di costruire di andare avanti, di uscire dalle zone confortevoli un giovane che sceglie di vivere sempre la sua vita in un modo confortevole è un giovane che ingrassa... ma non ingrassa la pancia, ingrassa la mente. Per questo io dico ai giovani rischiate, uscite, non avete paura, la paura è un atteggiamento dittatoriale, che ti paralizza.

I leader religiosi presenti all'incontro

Riconoscere gli errori

Ciò che è importante, prosegue Francesco, è rendersi conto, quando accade, di aver sbagliato, di aver fatto errori nel proprio cammino. La conseguente domanda di Francesco suscita la risposta di tutti i giovani: cosa è peggio, chiede, “sbagliare perché faccio un cammino o non sbagliare perché rimango chiuso a casa?”

Un giovane che non rischia che ha paura di sbagliare è un vecchio, capito?

I media non rendano schiavi

Francesco affronta un argomento a lui molto caro, sollevato dalle parole dei ragazzi, l’utilizzo dei media. Il Papa fa il ritratto di chi non li usa, che è un ragazzo “chiuso”, è invece “disperso” il giovane che ne è schiavo.

Tutti i giovani devono usare i media ma usare i media perché ci aiutino ad andare avanti non perché ci rendano schiavi, siete d’accordo o no?

Tutte le religioni portano a Dio

Francesco continua nel suo interrogare i giovani, ne loda la capacità di portare avanti il dialogo interreligioso, indica, incalzato dai ragazzi, che “tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio”, che nessuna è più importante di un’altra.

Sono come diverse lingue, diversi idiomi, per arrivare lì. Ma Dio è Dio per tutti. E come Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti figli di Dio.

L'incontro del Papa con i giovani

Il dialogo contro il bullismo

L’età giovanile è quella del coraggio, che assieme al rispetto è necessario per il dialogo al quale Francesco riconosce, come già fatto in passato, un ruolo fondamentale per affrontare il grave fenomeno del bullismo che, verbale o fisico che sia, resta un’aggressione, ma perpetrata da chi è più debole, spiega il Papa, che fa un esempio doloroso, quello del bullismo contro bambini con disabilità.

Come noi abbiamo le proprie disabilità dobbiamo rispettare le disabilità degli altri, questo è importante perché dico questo? Perché superare queste cose aiuta a quello che voi fate, il dialogo interreligioso, perché il dialogo interreligioso si costruisce con il rispetto degli altri, e questo è molto importante.

Le dittature tagliano il dialogo

Francesco si congeda invitando i giovani a seguire le parole di Raaj, a “fare tutto il possibile per mantenere un atteggiamento coraggioso e promuovere uno spazio in cui i giovani possono entrare e dialogare” perché il “vostro è un dialogo che fa cammino, fa strada”.

E se voi dialogate da giovani, dialogherete più da grandi, da adulti, dialogherete come cittadini, come politici. E vorrei dirvi una cosa storica: ogni dittatura nella storia, la prima cosa che fa è tagliare il dialogo.

Ai giovani di Singapore, “coraggiosi quasi sfacciati”, Francesco augura di andare avanti, “con un’illusione” e non di andare indietro

Rischiate! Al contrario cresce la pancia! God bless you and pray for me, I do for you. E adesso in silenzio facciamo una cosa, preghiamo gli uni per gli altri, in silenzio. Che Dio benedica tutti noi. E quando passa un po’ di tempo che voi già non sarete giovani, sarete grandi e anche sarete nonni, insegnate tutte queste cose ai bambini.
(fonte: Vatican News, articolo di Francesca Sabatinelli 13/09/2024)

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Foto e video













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Concluso il viaggio di Papa Francesco in Asia e Oceania

Il Pontefice è sul volo di rientro in Vaticano dopo 12 giorni di visita in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore. Previsto nel pomeriggio l’arrivo all’aeroporto di Roma Fiumicino


Il decollo del volo della Singapore Airlines alle ore 6.25 ora italiana, le 12.25 locali, segna la fine del 45.mo viaggio apostolico di Papa Francesco, il più lungo dall’inizio del suo Pontificato. Al Singapore Changi Airport, Francesco è stato accolto dal Ministro della Cultura, della Comunità̀ e della Gioventù̀ nella Sala “Dendrobium” dello scalo dove si è intrattenuto per un breve colloquio prima di imbarcarsi per il volo della durata di oltre 12 ore. Prima di entrare nell’aereo tante persone lo hanno salutato, alcuni gli hanno chiesto un selfie e altri gli hanno fatto dono di un libro. Come di consueto, nel corso del viaggio, risponderà alle domande dei giornalisti presenti sul volo.

Papa Francesco prima di salire sul volo per Roma

Il viaggio più lungo

L’ultimo appuntamento della sua giornata a Singapore è stato l’incontro interreligioso con i giovani nel Catholic Junior College. Da lì il trasferimento allo scalo della città-stato per il rientro in Vaticano. Dal 2 al 13 settembre Francesco ha visitato 4 Paesi: Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore, pronunciando 12 discorsi e 4 omelie, spostandosi con 7 voli aerei.

Telegrammi di sorvolo

“Profondo senso di gratitudine” è stato espresso dal Papa nel telegramma inviato al presidente della Repubblica di Singapore Tharman Shanmugaratnam, “per la calorosa accoglienza e la generosa ospitalità”. Francesco assicura le sue preghiere per la pace, l’unità e il benessere della nazione. Benedizioni e preghiere anche nel telegramma di sorvolo indirizzato ai sovrani della Malesia; auguri e doni di pace e benessere per la Thailandia nel testo inviato al re Maha Vajiralongkorn Rama X. Abbondati doni sull’India sono invocati dal Papa nel telegramma al presidente della Repubblica Droupadi Murmu, preghiere anche per il popolo pakistano nel saluto al presidente della Repubblica Islamica del Pakistan Asif Ali Zardari.

Doni di pace e benedizioni

Al suo omologo del Tagikistan, Emomali Rahmon, il Papa offre le sue preghiere affinché “la nazione sia graziata dal benessere e dalla pace”; benedizione divine per l’Uzbekistan sono invocate nel telegramma al presidente Shavkat Mirziyoyev, stesso augurio Francesco lo indirizza a Sedar Berdimuhamedov, presidente del Turkmenistan. Preghiere di unità e concordia per l’Azerbaigian nel telegramma al presidente della Repubblica Ilham Aliyev, preghiere e benedizioni sul popolo della Georgia nel testo inviato al presidente Salome Zourabichvili. “Prego che la nazione sia benedetta con i doni di pace e benessere”: scrive il Papa nel telegramma al presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan. Abbondanza di benedizioni per la Grecia le assicura Francesco nel testo indirizzato a Katerina Sakellaropoulou, presidente della Repubblica ellenica. Infine nel telegramma al capo di stato albanese Bajram Begaj, il Papa invia benedizioni di armonia e gioia.

“Popoli riconciliati”

Al presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, il Papa rivolge un affettuoso pensiero unito alla preghiera per il bene e il progresso del Paese. Nel telegramma esprime la sua gioia per aver incontrato “comunità cristiane radicate in una profonda fede, colme di fervore e di generosa dedizione al Vangelo”. Apprezzamento poi per la testimonianza di “popoli riconciliati e ancorati a salde tradizioni spirituali”. “Sono grato a Dio – scrive Francesco – per l’esperienza ecclesiale ed interreligiosa vissuta”.


(fonte: Vatican News, articolo di Benedetta Capelli 13/09/2024)

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