Il Natale nelle aree di crisi
Regali che non hanno prezzo
Il regalo di Natale, nelle tante aree di crisi che intristiscono il mondo, non si compra nei negozi illuminati a festa o nei mercatini addobbati. Non ha un prezzo. È un cessate-il-fuoco, una tregua alle violenze, il sorriso di un orfano di guerra, il riscatto di un bambino-soldato, l’abbraccio su una linea di confine. Lo porta la pietà, la misericordia, una ritrovata saggezza umana.
E se il dolore per un lutto, per un’ingiustizia, se la fame e la sete, rischiano di offuscare la gioia per la celebrazione della nascita di Gesù, arrivano in soccorso la speranza cristiana, la carità, la preghiera, per recuperare la forza di andare avanti tra le case devastate dalle bombe o nella miseria di un campo profughi. Accade proprio in Terra Santa, ma anche nel resto del Medio Oriente, in Ucraina, in Sud Sudan, in Myanmar, a Cipro come ad Haiti, e in altri luoghi ancora, purtroppo sempre più numerosi.
Conflitti da anni sulle prime pagine dei giornali, altri dimenticati ma non dalla Chiesa, a volte da sola o comunque in prima fila a invocare pace, a salvare vite, a difendere diritti, affiancata dai volontari delle associazioni.
In questa gigantesca opera di consolazione e solidarietà il multiforme appello di vescovi, sacerdoti, suore, religiosi e laici impegnati sul campo è rivolto specialmente alla comunità internazionale e a chi occupa posti di responsabilità politica: non essere lasciati soli, ammorbidire i cuori, non restare indifferenti, mantenere le promesse, non abbandonare chi soffre anche a Natale.
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Giovanni Zavatta 20/12/2024)
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