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martedì 30 novembre 2021

Intenzione di preghiera per il mese di Dicembre 2021: Preghiamo insieme per i catechisti.

Intenzione di preghiera per il mese di Dicembre 2021

Preghiamo per i catechisti, affinché siano testimoni della Parola di Dio
con coraggio e creatività,  con la forza dello Spirito Santo,
con gioia e con molta pace.


Nell’ultimo video del 2021 con le intenzioni di preghiera per il mese di dicembre, il Papa ricorda che quello del catechista non è un lavoro, ma un modo di essere, è una missione da svolgere non “strombazzando” l’annuncio, ma  facendolo con la testimonianza della propria vita attraverso un linguaggio nuovo e gioioso.

Il testo in italiano del videomessaggio del Papa

I catechisti hanno una missione insostituibile nella trasmissione e nell'approfondimento della fede. Il ministero laicale del catechista è una vocazione, è una missione.

Essere catechisti significa che una persona “è catechista”, non che “lavora come catechista”.
È tutto un modo di essere, e servono buoni catechisti 
che siano allo stesso tempo accompagnatori e pedagoghi.

C’è bisogno di persone creative che annuncino il Vangelo, 
ma che lo annuncino non dico in sordina, ma nemmeno strombazzandolo:
lo annuncino piuttosto con la loro vita, con mitezza,
con un linguaggio nuovo e aprendo strade nuove.

In tante diocesi, in tanti continenti, l'evangelizzazione è 
fondamentalmente nelle mani di un catechista. 
Rendiamo grazie ai catechisti, alle catechiste, 
per l'entusiasmo interiore con cui vivono questa missione al servizio della Chiesa. 

Preghiamo insieme per i catechisti, chiamati ad annunciare la Parola di Dio,
affinché ne siano testimoni con coraggio e creatività, 
con la forza dello Spirito Santo, con gioia e con molta pace.

Guarda il video

Anche nel mese di Dicembre 2021 è con un tweet che viene diffuso il video con l'intenzione di preghiera.



Vangelo della Festa di SANT'ANDREA con il commento di Papa Francesco - "Ogni vocazione vera comincia con un incontro con Gesù che ci dona una gioia e una speranza nuova"

In questo periodo di Avvento vi proponiamo l'ascolto del Vangelo di ogni giorno con il commento di Papa Francesco.

Festa di SANT'ANDREA
Vangelo Mt 4,18-22

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

****

Come si scopre la propria vocazione in questo mondo?... 
Il primo indicatore è la gioia dell'incontro con Gesù ...
Ogni vocazione vera comincia con un incontro con Gesù che ci dona una gioia e una speranza nuova ...

Guarda il video
(prodotto da Vangelo di Vita)


AVVENTO: UN PASSO INDIETRO Messaggio di Avvento - Don Mimmo Battaglia, Arcivescovo di Napoli

AVVENTO:
UN PASSO INDIETRO
Messaggio di Avvento
Don Mimmo Battaglia,
Arcivescovo di Napoli






“Mia cara Angela,

è trascorso qualche giorno dal nostro ultimo incontro e porto dentro di me quel tuo sguardo così profondo, quei tuoi occhi che sembrano racchiudere le profondità del mare e che in questo tempo si ritrovano in balìa delle onde in cerca di un appiglio per tornare a riva, al sicuro sulla terraferma.

Ti penso. Penso a quanto ci siamo detti e, soprattutto, al silenzio delle lacrime che scorrevano lungo il tuo viso che si contrapponeva al coraggio di quel tuo sorriso che sembrava dire che ce l’avresti fatta anche questa volta, che questa notte così buia, questo mare così burrascoso, non ti avrebbe impedito di continuare a sognare, di scorgere quella stella luminosa che continua a custodire la tua vita indicandole nuove rotte da seguire. L’ignoto fa sempre un po’ paura, come fa paura il pensiero di dover fare un passo indietro: nella vita, in una relazione, nel passato che abbiamo chiuso e proviamo a dimenticare.

Ma tu non avere paura. Non avere paura di quel passo indietro, Angela. Fermati. Punta il naso verso la tua stella e non avere paura. Prova a metterti in ascolto della tua vita, ad andare aldilà del dolore misto alla rabbia che senti in questo momento. Scendi fin dentro al tuo cuore. Impara a scorgere quegli orizzonti infiniti nascosti dietro i limiti apparenti che ci risaltano agli occhi impedendoci di vedere oltre.

Vai oltre; vai oltre, Angela. Mettiti in ascolto della tua vita. Sii presente al tuo presente, qui e ora. E non sentirti sola, afferra la mano di chi è accanto e lascia che cammini con te, che provi ad uscire dalla tempesta insieme a te. E, nella mano di chi ti è accanto, impara a sentire la mano di Dio, impara a vedere Dio che si fa prossimo alla tua vita. Tante volte mi hai confidato che non riesci a vederlo, che non lo senti. Ma questo, Angela, è il tempo dell’attesa, il Tempo di Avvento, nel quale ci è chiesto di saperci fermare, anzi, di fare un passo indietro nelle nostre convinzioni, nelle nostre sicurezze, nei nostri punti di approdo, per fare spazio a Gesù che viene, per lasciare che sia lui a dare senso al nostro vuoto, luce al nostro buio, sicurezza al nostro viaggio. Gesù viene. E non verrà sulle nubi ma nei piccoli gesti puri dei cuori assetati di pace e verità. Non su un trono, ma nella delicatezza improvvisa di chi ti è vicino, nella gentilezza immeritata di un fratello o di uno sconosciuto. È sempre Dio che ti viene incontro, si carica della distanza, si fa carico di tutti i passi. Ricuce i lembi della lontananza. Dio di tenerezza infinita.

Fai un passo indietro e sii attenta. Sai bene cosa comporta una vita distratta: fare una cosa e pensare ad altro, incontrare qualcuno ma stare con la testa altrove, salutare chi incontri e non ricordare il colore dei suoi occhi, vederlo ma non guardarlo realmente. Gesti senz’anima, parole senza cuore. Il rischio è proprio quello di non accorgersi di ciò che sta accadendo, di non cogliere il significato del tempo presente. Sii attenta alle persone, alle loro parole, ai loro sguardi, ai loro silenzi, alle domande mute e alla ricchezza dei loro doni. Prova a pensare a quanta ricchezza di doni sprecata attorno a noi che, purtroppo, distratti, non sappiamo più cogliere. Prigionieri delle abitudini. Per questo, Angela, ti chiedo di essere attenta alla bellezza di questo mondo, ma anche alle sue lacrime; al dolore che senti nel cuore ma anche a tutta la vita che ti esplode dentro. Attenta alle piccole cose di ogni giorno, a ciò che accade nella profondità del tuo essere. Guarda avanti per scrutare la notte e spiare le luci dell’alba. La speranza rinasce dall’incrociarsi del cammino di Dio con quello tuo. La speranza nasce dall’incrociarsi dell’argilla con le mani di Dio. È questo il tempo. Lasciati plasmare. Cogli l’attimo. Non lasciarlo passare, senza avergli prima prestato attenzione, senza averlo accolto, amato, abitato.

Prova a fare un passo indietro, Angela. È quello che chiedo a te ma che chiedo anche a me e a tutta la nostra Chiesa prendendo in prestito le parole di un vescovo santo.

Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano. Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni. Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio. Niente di ciò che noi facciamo è completo. Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi. Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire. Nessuna preghiera esprime completamente la fede. Nessun credo porta la perfezione. Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni. Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa. Nessuna meta né obiettivo raggiunge la completezza. Di questo si tratta: Noi piantiamo semi che un giorno nasceranno. Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno. Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà. Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità. Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo. Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene. Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino. Una opportunità perché la grazia di Dio entri e faccia il resto. Può darsi che mai vedremo il suo compimento, ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale. Siamo manovali, non capomastri, servitori, non messia. Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.” (Oscar A. Romero, Profeti di un futuro non nostro)

Che il nuovo Anno Liturgico sia davvero un nuovo inizio. Allora, non avere paura di fare un passo indietro. Fai un passo indietro e stai in piedi, per incarnare la tenerezza di quel Dio che riscalda il cuore e porta luce. Come fai senza saperlo quando ti incanti nel fotografare un tramonto, quando ascolti la tua canzone preferita, quando ti perdi nello sguardo di chi ami. Nella tenerezza e nella luminosità di quello sguardo sento tutto il calore e la luce che Dio dona alla tua vita. La tua unica arma sia la luminosità del tuo sguardo.

È tempo di provare ad aprire gli occhi ed il cuore per accorgerci della luce dentro e fuori di noi. È tempo di essere attenti, di rendere profondo ogni momento e accorgersi di quanta luce c’è, di quanto Dio vive in ognuno.

Lo scrivevo qualche tempo fa ma sento che quelle parole sono vere anche oggi, anche qui…

Vivere l’Avvento, prepararsi al Natale è riscoprirsi persona di frontiera, persona attraversata, abitata, sollevata, terra di approdo e molo di partenza e ali che sollevano, e compassione e tenerezza cha sanno prendersi cura, e parola che viene da altrove. Prendersi cura della vita, per guarire la vita. Custodire la vita con la nostra vita; custodire l’amore con il nostro amore. Ognuno di noi vorrebbe custodire l’amore, proteggerlo dalle sofferenze e dalle rughe che segnano ogni conflitto. Niccolò Fabi mi stana quando canta:

“Ah si vivesse solo di inizi

di eccitazioni da prima volta

quando tutto ti sorprende

e nulla ti appartiene ancora.”

Gesù ci suggerisce che la vita non è fatta solo di inizi ma anche di piccole morti, giorno dopo giorno. Di crocifissioni che ogni volta generano il desiderio di nuovi inizi. Perché, continua Fabi:

“Nel mezzo c’è tutto il resto

e tutto il resto è giorno dopo giorno

e giorno dopo giorno

è silenziosamente costruire”…

Avvento: tempo di attesa, di passi indietro, di fondamenta gettate nel silenzioso costruire del presente. Angela, in questo nuovo inizio ti sia amica e madre Maria di Nazareth che di attesa e di passi indietro è maestra esperta. La sua attenzione delicata e i desideri di bene e di amore che la abitavano hanno consentito quel “si” che dà senso ad ogni passo indietro, ad ogni gesto capace di custodire il vuoto del cuore, senza riempirlo totalmente del proprio io, lasciando in esso una porta aperta e uno spazio accogliente per Dio, per gli altri. Così il vuoto del suo grembo è diventato presenza, il suo passo indietro un passo avanti, i suoi sogni le fondamenta di cui Dio si è servito per realizzare il suo sogno, in Gesù.

Angela, che sia Maria a prenderti per mano, che ti conduca per i sentieri dell’attesa, quelli che conducono all’incontro con Dio, quelli che diramano ogni tenebra con l’alba luminosa di Cristo. 
Verso quest’alba, con la speranza nel cuore, riparti. 
E scoprirai che la luce che cercavi era già nel tuo cuore.

Buon Avvento!”

† don Mimmo, arcivescovo

Guarda anche:
- La canzone "Costruire" di Niccolò Fabi


lunedì 29 novembre 2021

Vangelo del Lunedì della I settimana di Avvento con il commento di Papa Francesco - "Il nostro è il Dio delle sorprese..."

In questo periodo di Avvento vi proponiamo l'ascolto del Vangelo di ogni giorno con il commento di Papa Francesco.

Lunedì della I settimana di Avvento

Vangelo Mt 8,5-11

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

****

Il Signore va sempre oltre... non si stanca di cercarci... il nostro è il Dio delle sorprese...
Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro al tuo Cristo con le buone opere...
Ricordiamo la grazia che abbiamo chiesto nella preghiera con la vigilanza nella preghiera, l'operosità nella carità esultanti nella lode  e così incontreremo il Signore e avremo una bellissima sorpresa...

Guarda il video
(prodotto da Vangelo di Vita)



Riccardo Cristiano 100 mesi senza Paolo Dall’Oglio


Riccardo Cristiano
100 mesi senza Paolo Dall’Oglio

Il 29 luglio 2013 veniva rapito a Raqqa, in Siria, il padre gesuita Paolo Dall’Oglio. Da allora di lui non si è più avuta notizia certa. A cento mesi da quel giorno, Riccardo Cristiano ricostruisce il fatto e la tempra cristiana della figura.


Cento mesi sono tanti. Credo sia importante ricordarsene, anche perché, da allora, tantissime sono le cose che sono accadute in Medio Oriente e che ci riportano a quanto lui aveva già visto, detto, scritto.

Sino ad allora, soprattutto nei mesi precedenti, padre Paolo ci aveva parlato della tragedia dei deportati siriani e del dramma dei curdi di quelle terre a cavallo tra Siria ed Iraq. Non originano forse da quei tempi e da quelle parti il mare di profughi comparsi in Europa lungo la rotta balcanica nel 2015, il drammatico uso di altri profughi, in gran parte siriani, al confine tra la Turchia e la Grecia nel 2020, l’orrore che infiamma ora il confine tra la Bielorussia e la Polonia?

La rimozione

Dal 2015 un dramma rimosso tormenta la storia contemporanea senza che venga adeguatamente citato, capito, affrontato. La maniera giusta per farlo c’è. Gli aspetti da evocare sono diversi: bisogna avere il coraggio di elencarli tutti, con chiarezza, senza ipocrisie. Per questo è fondamentale fare riferimento a Paolo Dall’Oglio.

Della sua vicenda sempre colpisce che venga citata per l’esito e non per la causa, ossia se sia morto − e quindi chi lo abbia eventualmente ucciso −, piuttosto del perché sia stato sequestrato. È certo. Padre Paolo è stato sequestrato il 29 luglio 2013 a Raqqa, dai jihadisti dell’Isis. Un anno prima era stato espulso dal regime di Assad.

La sua espulsione era stata accompagnata da straordinari raduni di protesta in Siria, persino da parte di militanti dei Fratelli Musulmani. Sappiamo: lui ha voluto rientrare da clandestino in quello che considerava il suo Paese: una prima volta per andare a pregare sulle fosse comuni disseminate dal regime nella valle dell’Oronte, da cui sono stati deportati milioni di siriani; una seconda volta per recarsi a Raqqa.

A Raqqa Paolo è stato sequestrato − per quanto ci è dato sapere − in modo anomalo. Non è stato preso con la forza, prelevato da una casa o da un’auto. No. Sappiamo che si è recato lui, con le sue gambe e più volte, al quartier generale dell’Isis, dove non lo volevano ricevere. Solo dopo il tentativo del 29 luglio, in tarda mattinata, si sono perse le sue tracce: questo affermano coloro che lo compagnavano in quei giorni. Dunque, si è trattato − sì − di un sequestro, ma di un sequestro assai anomalo.

A lungo si è detto che lui volesse chiedere il rilascio di alcuni ostaggi. La tesi, molto accreditata, mi ha sempre sorpreso. Perché quelli dell’Isis avrebbero dovuto ascoltarlo? Solo perché era apprezzato da molti nelle comunità islamiche del posto?

Questa tesi avevo compreso dentro di me, perché Paolo, poche ore prima di partire dalla Turchia − ove si era recato dal convento di Sulaymaniah nel Kurdistan iracheno per poi raggiungere Raqqa − aveva scritto a me e ad altri amici di aver «accettato» di andare a Raqqa. Solo in seguito ho riflettuto meglio sul verbo e sulla sua coniugazione usata: ha scritto proprio «accettato».

Le ragioni

La persona che lo accompagnava il giorno del sequestro − un caro amico di padre Paolo − sostiene una tesi importante, altresì diversa dalla versione che qui ho ricordato. Ho saputo infatti da altri amici che quella persona, inascoltata dai più, su Facebook, da tempo sostiene che padre Paolo stava portando con sé una lettera dei vertici del Kurdistan iracheno indirizzata ai capi dell’Isis. Si stava giocando un conflitto che ha portato, come è noto, all’espulsione di migliaia di cristiani, al genocidio degli yazidi, alla feroce guerra tra l’Isis e i curdi.

Il racconto dell’accompagnatore fa quindi pensare che i capi del Kurdistan iracheno avessero scelto Paolo ritenendolo, con ogni probabilità, uno dei pochi in grado di accettare e compiere quella assai rischiosa azione: recapitare in segretezza la missiva. Dunque, gli sarebbe stato consegnato quel documento. E lui? Non sapeva forse che sarebbe stato molto pericoloso andare a consegnarlo in una sede ove nessun estraneo avrebbe potuto entrare di propria iniziativa? Certo che lo sapeva! Ha perciò lasciato ai suoi amici le seguenti parole: «Se non torno entro tre giorni date l’allarme!».

I fatti così cominciano ad acquisire in me un loro senso. Mi viene anche ora da pensare che quel limite temporale indicato in «tre giorni», non fosse casuale e che quindi non escludesse una certa lettura da parte dei destinatari della missiva. Paolo sapeva che quella lettera non era altro che la debole ricerca di scongiurare una mattanza: una delle pagine più oscene della storia recente. Non poteva desistere.

E infatti non ha desistito. Molti in quei giorni hanno desistito. Molti in quei giorni sono tornati nel sicuro del proprio spazio di protezione o in qualche spazio − non proprio − a farsi proteggere. Molti hanno chiuso porte e finestre, hanno alzato palizzate, abbassato tapparelle. Paolo, no.

La testimonianza

Più passa il tempo, più mi convinco che l’autentica «essenza» del caso Dall’Oglio sia in ciò che ora meglio ricostruisco o che questa ne sia, comunque, un importante tassello. È davvero importante capire sino in fondo.

Cento mesi dopo, infatti, non mi interessa tanto sapere cosa potessero suggerire i vertici del Kurdistan iracheno, bensì capire le ragioni della sua accettazione dell’incarico: perché?

Perché in questo modo Paolo Dall’Oglio ha testimoniato ad ogni cristiano − soprattutto ad ogni cristiano siriano, ma anche iracheno e non solo − la risposta alla domanda che lui stesso rivolgeva con insistenza: «Perché Dio ci ha voluto qui?».

Tra le ombre di quelle palizzate che salivano, di quelle tapparelle che scendevano, di quelle sagome che si voltavano, la sua risposta è risultata così chiara, trasparente, a differenza di tutto ciò che di poco chiaro − o decisamente oscuro − ancora non ci consente di conoscere la sua sorte.

Mi chiedo e chiedo un po’ a tutti, oggi, se la risposta alla domanda sul senso della presenza cristiana in quelle terre non fosse altra che di essere lì per tutti, nessuno escluso: altrimenti quale sarebbe?


"Risollevarci e alzare il capo perché proprio nei momenti in cui tutto sembra finito il Signore viene a salvarci" Papa Francesco - Angelus 28/11/2021 (Testo e video)

"Risollevarci e alzare il capo
 perché proprio nei momenti in cui tutto sembra finito
 il Signore viene a salvarci" 
Papa Francesco 
Angelus del 28.11.2021
Prima Domenica di Avvento - Anno C
(Testo e video)


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo della Liturgia di oggi, prima domenica di Avvento, cioè la prima domenica di preparazione al Natale, ci parla della venuta del Signore alla fine dei tempi. Gesù annuncia eventi desolanti e tribolazioni, ma proprio a questo punto ci invita a non avere paura. Perché? Perché andrà tutto bene? No, ma perché Egli verrà. Gesù tornerà, Gesù verrà, lo ha promesso. Dice così: «Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,28). È bello ascoltare questa Parola di incoraggiamento: risollevarci e alzare il capo perché proprio nei momenti in cui tutto sembra finito il Signore viene a salvarci; attenderlo con gioia anche nel cuore delle tribolazioni, nelle crisi della vita e nei drammi della storia. Attendere il Signore. Ma come si fa ad alzare il capo, a non farci assorbire dalle difficoltà, dalle sofferenze, dalle sconfitte? Gesù ci indica la via con un richiamo forte: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano […]. Vegliate in ogni momento pregando» (vv. 34.36).

“Vegliate”, la vigilanza. Fermiamoci su questo aspetto importante della vita cristiana. Dalle parole di Cristo vediamo che la vigilanza è legata all’attenzione: state attenti, vigilate, non distraetevi, cioè restate svegli! Vigilare significa questo: non permettere che il cuore si impigrisca e che la vita spirituale si ammorbidisca nella mediocrità. Fare attenzione perché si può essere “cristiani addormentati” – e noi sappiamo: ce ne sono tanti di cristiani addormentati, cristiani anestetizzati dalle mondanità spirituali – cristiani senza slancio spirituale, senza ardore nel pregare – pregano come dei pappagalli – senza entusiasmo per la missione, senza passione per il Vangelo. Cristiani che guardano sempre dentro, incapaci di guardare all’orizzonte. E questo porta a “sonnecchiare”: tirare avanti le cose per inerzia, a cadere nell’apatia, indifferenti a tutto tranne che a quello che ci fa comodo. E questa è una vita triste, andare avanti così… non c’è felicità lì.

Abbiamo bisogno di vigilare per non trascinare le giornate nell’abitudine, per non farci appesantire – dice Gesù – dagli affanni della vita (cfr v. 34). Gli affanni della vita ci appesantiscono. Oggi, dunque, è una buona occasione per chiederci: che cosa appesantisce il mio cuore? Che cosa appesantisce il mio spirito? Che cosa mi fa accomodare sulla poltrona della pigrizia? È triste vedere i cristiani “in poltrona”! Quali sono le mediocrità che mi paralizzano, i vizi, quali sono i vizi che mi schiacciano a terra e mi impediscono di alzare il capo? E riguardo ai pesi che gravano sulle spalle dei fratelli, sono attento o indifferente? Queste domande ci fanno bene, perché aiutano a custodire il cuore dall’accidia. Ma, padre, ci dica: cosa è l’accidia? È un grande nemico della vita spirituale, anche della vita cristiana. L’accidia è quella pigrizia che fa precipitare, scivolare nella tristezza, che toglie il gusto di vivere e la voglia di fare. È uno spirito negativo, è uno spirito cattivo che inchioda l’anima nel torpore, rubandole la gioia. Si incomincia con quella tristezza, si scivola, si scivola, e niente gioia. Il Libro dei Proverbi dice: «Custodisci il tuo cuore, perché da esso sgorga la vita» (Pr 4,23). Custodire il cuore: questo significa vigilare, vegliare! Siate svegli, custodisci il tuo cuore.

E aggiungiamo un ingrediente essenziale: il segreto per essere vigilanti è la preghiera. Gesù infatti dice: «Vegliate in ogni momento pregando» (Lc 21,36). È la preghiera che tiene accesa la lampada del cuore. Specialmente quando sentiamo che l’entusiasmo si raffredda, la preghiera lo riaccende, perché ci riporta a Dio, al centro delle cose. La preghiera risveglia l’anima dal sonno e la focalizza su quello che conta, sul fine dell’esistenza. Anche nelle giornate più piene, non tralasciamo la preghiera. Adesso stavo vedendo, nel programma “A sua immagine”, una bella riflessione sulla preghiera: ci aiuterà, guardarla ci farà bene. Può esserci di aiuto la preghiera del cuore, ripetere spesso brevi invocazioni. In Avvento, abituarci a dire, ad esempio: “Vieni, Signore Gesù”. Soltanto questo, ma dirlo: “Vieni, Signore Gesù”. Questo tempo di preparazione al Natale è bello: pensiamo al presepio, pensiamo al Natale, e diciamo dal cuore: “Vieni, Signore Gesù, vieni”. Ripetiamo questa preghiera lungo tutta la giornata, e l’animo resterà vigile! “Vieni, Signore Gesù”: è una preghiera che possiamo dire tre volte, tutti insieme. “Vieni, Signore Gesù”, “Vieni, Signore Gesù”, “Vieni, Signore Gesù”.

E ora preghiamo la Madonna: lei, che ha atteso il Signore con cuore vigilante, ci accompagni nel cammino dell’Avvento.

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Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

Ieri ho incontrato i membri di associazioni e gruppi di migranti e di persone che, in spirito di fraternità, ne condividono il cammino. Sono qui in Piazza, con quella bandiera così grossa! Benvenuti! Ma quanti migranti – pensiamo questo – quanti migranti sono esposti, anche in questi giorni, a pericoli gravissimi, e quanti perdono la vita alle nostre frontiere! Sento dolore per le notizie sulla situazione in cui si trovano tanti di loro: di quelli che sono morti nel Canale della Manica; di quelli ai confini della Bielorussia, molti dei quali sono bambini; di quelli che annegano nel Mediterraneo. Tanto dolore pensando a loro. Di quelli che sono rimpatriati, a Nord dell’Africa, sono catturati dai trafficanti, che li trasformano in schiavi: vendono le donne, torturano gli uomini… Di quelli che, anche in questa settimana, hanno tentato di attraversare il Mediterraneo cercando una terra di benessere e trovandovi, invece, una tomba; e tanti altri. Ai migranti che si trovano in queste situazioni di crisi assicuro la mia preghiera, e anche il mio cuore: sappiate che vi sono sempre vicino. Pregare e fare. Ringrazio tutte le istituzioni sia della Chiesa Cattolica sia di altrove, specialmente le Caritas nazionali e tutti coloro che sono impegnati ad alleviare le loro sofferenze. Rinnovo l’appello accorato a coloro che possono contribuire alla risoluzione di questi problemi, in particolare alle Autorità civili e militari, affinché la comprensione e il dialogo prevalgano finalmente su ogni tipo di strumentalizzazione e orientino le volontà e gli sforzi verso soluzioni che rispettino l’umanità di queste persone. Pensiamo ai migranti, alle loro sofferenze, e preghiamo in silenzio… [momento di silenzio]

Saluto tutti voi, pellegrini venuti dall’Italia e da diversi Paesi: ci sono tante bandiere di Paesi diversi. Saluto le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni. In particolare, saluto i fedeli provenienti da Timor Est – vedo la bandiera lì – dalla Polonia e da Lisbona; come pure quelli di Tivoli.

A tutti auguro una buona domenica e un buon cammino di Avvento, un buon cammino verso il Natale, verso il Signore. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. 
Buon pranzo e arrivederci!


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Servizio TG3 RAI


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Angelus integrale

domenica 28 novembre 2021

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)



Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli

  I DOMENICA DI AVVENTO
(ANNO C)
28 novembre 2021 


Per chi presiede 

Fratelli e sorelle, Dio ha visitato la nostra storia umana in Gesù, suo Figlio. Nel prepararci a celebrare la memoria della sua venuta tra noi nella debolezza della carne, vogliamo guardare in avanti per poter cogliere, nella confusione degli eventi, i segni della sua venuta nella Gloria della sua Resurrezione. Con questo atteggiamento, sostenuto dalla vigilanza e dalla preghiera, innalziamo al Signore le nostre intenzioni ed insieme diciamo:

R/ Marana tha, Vieni Signore Gesù


Lettore

- Ti affidiamo, Signore, tutta la tua Chiesa dispersa in mezzo ai popoli. Falle dono della tua forza, del tuo Spirito, perché essa possa restare vigilante, attenta ai segni del tuo venire nella storia dei nostri giorni. Falle comprendere che i privilegi, il potere e i soldi l’addormentano e non le lasciano annunziare la gloria del tuo Regno. Preghiamo.

- Il vento del tuo Santo Spirito, Signore, sospinga questo mondo globalizzato, ma profondamente ingiusto, verso quei sentieri che portano alla pace e la cooperazione. Fa’ che crolli ogni progetto di egemonia e di predomino di un popolo sugli altri, e inspira nei governanti un rispetto profondo della grande dignità di ogni persona umana. Preghiamo.

- Ti preghiamo, Signore, per il nostro Paese e per tutta l’Europa, che continuano a dirsi cristiani e che si preparano a celebrare la tua venuta in mezzo a noi. Fa’ che tutti noi, cristiani di Europa, comprendiamo che il modo vero di celebrare il tuo Natale è saper accogliere le nuove visite e non alzare muri e filo spinato o lasciare che annegano nel mare. Preghiamo.

- Sii vicino, Signore, a tutte quelle famiglie che non riescono più a dialogare, a provare tenerezza l’uno per l’altro. Dona forza e coraggio a tutte le donne che subiscono violenza all’interno delle loro case. Sostieni tutte quelle iniziative volte a trarre fuori dalla schiavitù le donne costrette a prostituirsi e si tratta in grande maggioranza di donne nigeriane. Preghiamo.

- Nel silenzio orante della nostra intercessione, ti affidiamo, o Signore, i nostri parenti e amici defunti e le vittime del corona-virus [pausa di silenzio, e poi riprendere a leggere →]; ti affidiamo anche tutti coloro che sono morti nella solitudine e nella disperazione, nell’angoscia e nella paura. Tutti accogli, o Signore, nel tuo Regno di pace e di fraternità. Preghiamo.

Per chi presiede
Vieni, Signore Gesù, e volgi il tuo sguardo di misericordia alla tua Chiesa che ti attende come Crocifisso Risorto con i segni del costato trafitto e dei chiodi che parlano del tuo amore appassionato per questo mondo. Sostieni con amore la tua Chiesa che è in cammino verso di Te, ed esaudisci le nostre preghiere, se le trovi conformi alla tua volontà. Te lo chiediamo perché sei il Signore Veniente, Benedetto nei secoli dei secoli. AMEN.

"Un cuore che ascolta lev shomea" - n. 1/2021-2022 anno C

 "Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


I DOMENICA DI AVVENTO ANNO C

Vangelo:


La venuta del 'Figlio dell'Uomo' è il cuore stesso del 'Discorso Escatologico', che non racconta di eventi terribili e catastrofici, bensì del compimento dell'anelito di ogni credente: l'incontro con il Signore. Sole, luna e stelle sono solo delle immagini, simboli di divinità pagane e dei potenti di questo mondo che aspirano alla divinità, idoli di morte attorno ai quali ruota la vita dell'uomo. Tutti sono inesorabilmente destinati a crollare davanti alla manifestazione della gloria del Figlio dell'Uomo, davanti al suo amore crocifisso. Vuoti, come vasi d'argilla, si frantumeranno come la statua di 'Dagon' davanti alla Gloria dell'Arca del Signore (1Sam 5). Se, per quanti non credono, tutto questo è causa di terrore e di angoscia, per coloro che appartengono al Signore è giunto il 'Kairòs', il tempo propizio di rimettersi in piedi e sollevare lo sguardo, come figli liberi riscattati dal male e dalla morte. Attenti perciò alla menzogna dell'idolo, a non lasciarci anestetizzare dal suo mortale veleno, che promette libertà e vita, ma che invece ci rende schiavi e ci dà la morte. E' fondamentale allora conoscere non tanto la fine, quanto piuttosto il fine della storia dell'uomo, poiché «l'uomo non è ciò che è, ma ciò che diviene, e diviene ciò verso cui va e va verso ciò che ama» (cit.). Egli è 'viator': ha il suo centro fuori di sé verso cui tende, e alla fine sarà ciò che attende, perché attende ciò che ama. «Beati saranno quei servi che, venendo, il Signore troverà vigilanti» (Lc 12,37)


sabato 27 novembre 2021

IL TEMPO DELLE DONNE - Così vede i discepoli, il Vangelo. Gente dalla vita verticale, creature con gli occhi già dentro il futuro. - I Avvento / C Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

IL TEMPO DELLE DONNE
 

Così vede i discepoli, il Vangelo. 
Gente dalla vita verticale, 
creature con gli occhi già dentro il futuro.
 

I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
  • il primo per gli amici dei social
  • il secondo pubblicato su Avvenire

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. (...).Luca 21,25-28.34-36

per i social

IL TEMPO DELLE DONNE

Così vede i discepoli, il Vangelo. Gente dalla vita verticale, creature con gli occhi già dentro il futuro.

Il vangelo sempre nuovo e antico di Luca, non racconta la fine del mondo, ma il suo mistero. Ci prende per mano e ci porta fuori dalla porta di casa, a guardare in alto, a percepire il cosmo pulsare attorno a noi. Immensa vita che patisce, soffre e si contorce come tutte le nostre gravide vite, per produrre altra vita.

L'Avvento è il tempo che prepara nascite, il tempo di Maria nell'attesa del parto. E’ il tempo delle donne, solo le donne sanno cosa significhi davvero la fremente pazienza di attendere. Cosa sia avere occhi già dentro il futuro.

Il dono dell'Avvento è un cuore leggero come la speranza; non la leggerezza della piuma sbattuta dalla brezza, ma quella dell'uccello che fende l'aria per andare più lontano. La certezza che nel caos della storia e nelle tempeste della vita, il vento di Dio è stabile sopra la mia piccola barca.

In Avvento irrompe la profezia. E, da subito, il primo oracolo disegna il volto di Dio: «Io sono Colui che realizza le promesse di bene». Quali promesse? Non mi convince un Dio leale solo a se stesso. Questo lo fanno già in molti, non occorreva un altro profeta per una così piccola rivelazione. Io ho bisogno di un Dio fedele a parole di bene sull'uomo, a promesse di bene per me; di un amore che non troverà il suo sabato di riposo finché io non abbia raggiunto il suo abbraccio. Mi commuove questo Dio affidabile, lo sento mio.

Ma state attenti a voi stessi, che il cuore non vi diventi pesante come un laccio all’improvviso!

Verrà inevitabilmente il giorno in cui ci sentiremo col cuore pesante.

Ho sentito anch'io il morso crudele dello sconforto, ma non gli permetto più di farmi compagnia, non gli faccio posto nel trono del mio cuore. Perché fin dentro i muscoli e le ossa io so che non ci sarà disperazione finché ricor­do perché sono venuto sulla terra, di chi sono al servizio, chi mi ha mandato qui. Finché custodisco la testarda idea che la storia è, nonostante tutte le smentite, un processo di salvezza. Perché so che ad ogni descrizione drammatica seguirà una rottura; e uno squarcio, uno sfondamento di speranza aprirà l'orizzonte, a cambiare tutto.

Allora voi risollevatevi, la liberazione è vicina! Vivete con trepidazione, attenti alle piccole enormi cose della vita: questo mondo, dalla superficialità apparente, ne porta un altro dentro sé; è un vivo, piccolo, sogno da plasmare, che va protetto. Un mondo che contiene Lui! Che viene, che è qui, che cresce dentro. Non ve ne accorgete?

Scrive Etty Hillesum dal lager: «Esisterà pur sempre anche qui un pezzetto di cielo da guardare, e abbastanza spazio dentro di me per poter congiungere le mani in preghiera».

Allora uomini e donne in piedi! A testa alta, occhi elevati e liberi!

Così vede i discepoli, il Vangelo. Gente dalla vita verticale, creature con gli occhi già dentro il futuro.


per Avvenire


Se non alzi il tuo capo non vedrai l'arcobaleno 
(...)



Perdono e nonviolenza: affrontare i conflitti - Riflessione sul cap. 7 di Fratelli tutti - Gregorio Battaglia, ocarm (VIDEO INTEGRALE)

Perdono e nonviolenza: 
affrontare i conflitti 
Riflessione sul cap. 7 di Fratelli tutti 
Gregorio Battaglia, ocarm

(VIDEO INTEGRALE)

Settimo dei Mercoledì della Spiritualità 2021
tenuto il 24 novembre 2021
e promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto

RISCOPRIRE IL VOLTO FRATERNO DELL’UMANITÀ
A confronto con la “Fratelli tutti” di papa Francesco


1. Si richiedono “artigiani di pace”

    Per poter tracciare questi percorsi, che conducono ad un nuovo modo di incontrarsi nella pace, dice l’inizio del cap. VII: «c’è bisogno di artigiani di pace, disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia» (n. 225). L’attenzione del Papa è rivolta in modo particolare a tutte quelle situazioni di contrasti violenti e distruttivi, che hanno reso impossibile una pur labile condizione di convivenza. Egli, però, è ben fiducioso nella capacità umana di saper uscire dalle catastrofi, se ci sono uomini e donne ben disposti a saper proporre veri processi di pace nella giustizia e nella verità.

     La follia della violenza mette in moto una spirale, che risucchia sempre più in basso, perché violenza chiama altra violenza. Da questo corto circuito si può uscire soltanto se si ha il coraggio di abbandonare il piano dei risentimenti, del ricorso alla forza distruttiva per sollevarsi a quello dell’incontro e del dialogo con l’altro. Afferma la Fratelli Tutti: «Il processo di pace è un impegno che dura nel tempo. E’ un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, ad una speranza comune, più forte della vendetta» (n. 226). In un altro passaggio è detto: «la pace sociale è laboriosa, artigianale. (…) Quello che conta è avviare processi di incontro, processi che possono costruire un popolo capace di raccogliere le differenze» (n. 217).

    Per spezzare l’assurda spirale della violenza e della vendetta si richiedono persone capaci di lavorare con arte sul terreno della pace. Gesù nella proclamazione delle otto beatitudini parla dei “poeti” della pace, perché essa richiede l’invenzione creativa, la disponibilità a lasciarsi guidare ed ispirare dal soffio dello Spirito.

  Questa insistenza, da parte di papa Francesco, sull’aspetto “artigianale” della pace ci porta a concludere che non è sufficiente il semplice desiderio della pace, ma essa presuppone una vera conversione del cuore, che consenta uno sguardo diverso sull’altro, anche se nemico o semplice oppositore. In conseguenza di questo cambio di sguardo dovrebbe mettersi in moto un vero percorso di apprendistato per poter proporre con sapienza e tenacia vie nuove, che permettano di affrontare e superare conflitti o di risanare ferite traumatiche.

   Si può ben dire che l’incipit di questo capitolo VII sembra dirci che non siamo alla semplice conclusione di una lunga riflessione sulla fraternità, ma ci troviamo di fronte all’apertura di un vero cantiere della pace, dal quale nessuno può sentirsi esonerato. La fraternità, se da una parte richiede la presa di coscienza di una comune appartenenza, dall’altra necessita di una volontà di imparare a gestire e superare i conflitti, rifuggendo da qualsiasi tentativo di dominare l’altro o di escluderlo da qualsiasi possibilità di relazione e, quindi, di incontro.
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- "ADAMO, DOVE SEI? SIAMO FRATELLI IN UMANITÀ"
Riflessione biblica introduttiva - don Carmelo Russo (VIDEO)


- “LE OMBRE DI UN MONDO CHIUSO”: LA FRATERNITÀ TRADITA
Riflessioni sulla Fratelli tutti, cap. 1 - Tindaro Bellinvia (VIDEO)


- Gesù, Buon Samaritano, ci rivela la vera umanità. Riflessione sul cap. 2 di Fratelli tutti - Alberto Neglia, ocarm (VIDEO)

- Valori che “aprono” il mondo. Riflessione sui capitoli 3-4 di Fratelli tutti (Vittorio Rocca)

- “La politica di cui c’è bisogno”. Riflessione sul cap. 5 di Fratelli tutti - Prof.ssa Maria Grazia Recupero

- “Una nuova cultura dell’incontro”. Riflessione sul cap. 6 di Fratelli tutti (Marcello Badalamenti) - VIDEO INTEGRALE

Enzo Bianchi La solidarietà al posto dei muri

Enzo Bianchi 

La solidarietà al posto dei muri 


La Repubblica - 22 novembre 2021

Provo sentimenti di riluttanza, di stanchezza e di profonda tristezza nello scrivere queste righe che, ancora una volta, riguardano uomini, donne e bambini non riconosciuti nella loro dignità di “umani” e nella loro condizione di disperati, bisognosi, nella fame e nel freddo.

Da più di vent’anni intervengo, interrogo, denuncio e cerco di condividere un faticoso pensare su questi migranti, che dalle loro terre segnate da guerre, violenze, carestie, e dunque dalla fame, vengono a cercare pane dove una società, la più sazia e tutelata del mondo, appare per loro un sogno e una speranza. Eppure, lo constatiamo tutti, la situazione è sempre più grave perché il rifiuto dell’altro, il respingimento dello straniero e la non considerazione del povero si sono accresciuti fino ad avvelenare i rapporti tra stati e le relazioni tra i cittadini della nostra Europa. Questa terra verso la quale convergono il continente africano e quello asiatico è ormai segnata da frontiere e confini che diventano muri, barriere di filo spinato, sorvegliate da eserciti schierati con il mandato di impedire non l’assalto di orde armate, ma di poveri affamati, straccioni inermi che chiedono asilo. È veramente scandaloso: continuano a risuonare solenni affermazioni di solidarietà, dell’urgenza di un riconoscimento dei diritti fondamentali degli “umani”, e contemporaneamente si organizza il loro respingimento, si moltiplicano le barriere invalicabili, e non ci si vergogna dell’evidente incoerenza e della colpevole ipocrisia. Eppure, nell’agosto scorso era stata forte ed estesa la commozione per la fuga dall’Afghanistan di queste vittime delle persecuzioni e della guerra.

Il vescovo di Ferrara, Giancarlo Perego, che conosce direttamente i problemi dei migranti, ha denunciato con forza e chiarezza la deriva dell’Europa: “Questa è una sconfitta dell’umanesimo su cui si fonda l’Europa, una sconfitta della democrazia e dei valori forgiati dal nostro continente. L’Europa dei muri è un’Europa che dimostra di cedere alla paura, un’Europa in difesa da un mondo che cammina e non può permettersi la contrapposizione tra i popoli”.

Eppure abbiamo fatto cadere il muro di Berlino… ma da allora abbiamo costruito più di mille chilometri di muri e recinzioni, e ormai si è deciso di innalzare alte muraglie in Lettonia e Polonia, altre barriere nei Balcani, richiedono cospicui investimenti come anche le azioni di respingimento ai confini o in mare. Nella chiara consapevolezza che gli strumenti di cui ci dotiamo comportano spese importanti nelle agende del comparto difesa e un impiego di militari con un costo enorme per la sorveglianza, siamo coscienti che tutto questo non potrà comunque interrompere il flusso dei disperati che cercano semplicemente condizioni per vivere da umani?

E poi bisogna anche dire una verità che non vogliamo sentire: continuiamo a lamentarci e a inveire contro gli altri paesi dell’Unione che non ci aiutano in questa emergenza umanitaria, ma perché non prendiamo atto della realtà? Che in Italia su mille residenti si accolgono solo tre o quattro persone tra rifugiati e richiedenti asilo, quando in Germania, in Svezia e in altri paesi se ne accolgono più di dieci? Chiediamo una redistribuzione più equa dei richiedenti asilo, ma se questo si concretizzasse dovremmo accoglierne di più! Non vogliamo capirlo, ma il nostro futuro dipende soprattutto dalla nostra capacità di inclusione dei migranti.


venerdì 26 novembre 2021

Un nuovo Motu proprio di Papa Francesco per verificare l'applicazione della riforma del processo di nullità matrimoniale in Italia dopo quasi sei anni dall’entrata in vigore del Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus (testo integrale)

Un nuovo Motu proprio di Papa Francesco 
per verificare l'applicazione della riforma del processo di nullità matrimoniale in Italia dopo quasi sei anni dall’entrata in vigore del Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus


A quasi sei anni di distanza dalla pubblicazione del Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, con il quale è stato riformato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, questa mattina Papa Francesco ha promulgato un altro Motu proprio con cui istituisce la Commissione Pontificia di verifica e applicazione del Mitis Iudex nelle Chiese d’Italia.

L’obiettivo – spiega il Papa – è quello di “sostenere direttamente le Chiese che sono in Italia nella ricezione della riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio”

Di seguito il testo integrale


LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»

DEL SOMMO PONTEFICE

FRANCESCO

CON LA QUALE IL SANTO PADRE
ISTITUISCE LA COMMISSIONE PONTIFICIA DI VERIFICA E APPLICAZIONE
DEL M. P. MITIS IUDEX NELLE CHIESE D'ITALIA



Essendo trascorsi quasi sei anni dall’entrata in vigore del Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, con il quale ho riformato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio;

avendo presente che il principio cardine teologico-giuridico della riforma è che “il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati” (Mitis Iudex, III);

volendo sostenere direttamente le Chiese che sono in Italia nella ricezione della riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, dando nuovo impulso all’applicazione del Motu proprio Mitis Iudex;

tenuto conto che:

1. con la consacrazione episcopale il Vescovo diventa tra l’altro, iudex natus (cf. can. 375, § 2). Egli riceve la potestas iudicandi per guidare il Popolo di Dio persino quando occorre risolvere le controversie, dichiarare i fatti giuridici, punire i delitti (cf. can. 1400, § 1), d’altro canto “la dimensione pastorale del Vescovo comprende ed esige anche la sua funzione personale di giudice” (Discorso alla CEI, 20 maggio 2019, n. 2), fermo restando il principio che il Vescovo diocesano può esercitare la potestà giudiziale non solo personalmente, ma anche per mezzo di altri, a norma del diritto (can. 1673, § 1);

2. il ministero giudiziale del Vescovo per natura sua postula la vicinanza fra il giudice e i fedeli, il che a sua volta fa sorgere almeno un’aspettativa da parte dei fedeli di adire il tribunale del proprio Vescovo secondo il principio della prossimità (cf. Mitis Iudex, VI);

3. sebbene il can 1673, § 2, permetta al Vescovo diocesano di accedere ad altri tribunali, tale facoltà dev’essere intesa come eccezione e, pertanto, ogni Vescovo, che non ha ancora il proprio tribunale ecclesiastico, deve cercare di erigerlo o almeno di adoperarsi affinché ciò diventi possibile (cf. Mitis Iudex, III);

4. dal tribunale di prima istanza ordinariamente si appella al tribunale metropolitano di seconda istanza (can. 1673, §6). Nella determinazione dei tribunali di appello previsti dai cann. 1438-1439 deve essere tenuto presente il principio di prossimità. Resta comunque inalterato il diritto di appello al Tribunale ordinario della Sede Apostolica, cioè alla Rota Romana (cf Mitis Iudex, VII);

5. la Conferenza Episcopale Italiana, distribuendo equamente alle Diocesi le risorse umane ed economiche per l’esercizio della potestà giudiziale, sarà di stimolo e di aiuto ai singoli Vescovi affinché mettano in pratica la riforma del processo matrimoniale (cf. Mitis Iudex, VI);

6. la spinta riformatrice del processo matrimoniale canonico – caratterizzata dalla prossimità, celerità e gratuità delle procedure – passa necessariamente attraverso una conversione delle strutture e delle persone (cf. Discorso alla CEI, cit., n. 2);

costituisco

presso il Tribunale della Rota Romana la seguente Commissione Pontificia ad inquirendum et adiuvandum tutte e singole le Chiese particolari in Italia, presieduta da S.E. Mons Alejandro Arellano Cedillo, Decano del Tribunale della Rota Romana, e formata dai Rev.mi Mons. Vito Angelo Todisco e Davide Salvatori, Giudici del medesimo Tribunale Apostolico, nonché da S.E. Rev.ma Mons. Vincenzo Pisanello, Vescovo di Oria e membro della Conferenza Episcopale Italiana.

Compito della Commissione sarà constatare e verificare la piena ed immediata applicazione della riforma del processo di nullità matrimoniale nelle summenzionate Chiese particolari, nonché suggerire alle Stesse quanto si ritenga opportuno e necessario per sostenere e aiutare il proficuo prosieguo della riforma, di modo che le Chiese, che sono in Italia, si mostrino ai fedeli madri generose, in una materia strettamente legata alla salvezza delle anime, così come è stato sollecitato dalla maggioranza dei miei Fratelli nell’Episcopato nel Sinodo straordinario sulla Famiglia (cf. Relatio Synodi, n. 48).

Al termine del suo ufficio, la Commissione elaborerà una dettagliata relazione circa il suo operato e su quanto riscontrato nell’applicazione del Motu proprio Mitis Iudex.

Dato a Roma, presso San Giovanni in Laterano, il giorno 17 novembre dell’anno 2021, nono del mio pontificato.

FRANCESCO



Vedi anche:


LE BEATITUDINI, PROGETTO DI VITA - HOREB 90 - N. 3 del 2021

LE BEATITUDINI, 
PROGETTO DI VITA

HOREB 90 - N. 3 del 2021

TRACCE DI SPIRITUALITÀ
A CURA DEI CARMELITANI



Gesù, ci racconta l’evangelista Matteo, sale sul monte della rivelazione per offrire all’umanità con il “discorso della montagna” (cf. Mt 5,1-7,28) la proposta – che la tradizione della Chiesa ha definito come la “Magna Charta” del cristiano – di un cammino di liberazione che conduce all’esperienza di una vita bella, felice e riuscita. La proposta si apre con le Beatitudini, che sono il racconto di ciò che Gesù sta vivendo, trasparenza della sua vita donata, offerta a tutti nella gratuità assoluta e per questo bella, felice e beata. Le Beatitudini, quindi, rivelano il volto di Gesù, Figlio di Dio, che si fa nostro fratello ed offre a noi il suo spirito e il suo vissuto “felice fino alla pienezza di senso”. Chi accoglie questo vissuto di Gesù, così come Egli lo propone nelle beatitudini e lo fa suo, si ritrova, piano piano persona, comunità e popolo in cammino, coinvolti a partecipare della stessa felicità di Dio, così come si è manifestata nel Figlio suo Gesù. Le beatitudini sono otto, la nona è un commento-chiarificazione dell’ottava. Ebbene, sia i poveri in spirito, sia i perseguitati a causa della giustizia, la prima e l’ottava beatitudine, sono detti beati «perché di essi è il regno dei cieli». Poco prima Gesù aveva aperto il suo ministero ammonendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17), adesso, sia dopo la prima beatitudine che dopo l’ottava, che hanno valenza inclusiva, cioè le includono tutte, Gesù ci dice che lì dove si vivono le beatitudini il regno di Dio inizia a germogliare. E quando egli ci parla del regno dei cieli, dice che esso è come un seme, è simile ad una rete, è simile ad una perla preziosa, a un tesoro nascosto in un campo… Metafore, dalle quali si evince che il regno dei cieli, per Gesù, non è un luogo, uno spazio di conquista, ma rivelazione nel mondo, nella storia e nella quotidianità della presenza efficace della paternità-maternità di Dio, che Lui, il Figlio ce la rende vicina con il suo stile di vita, con il suo modo di essere e di agire. Il regno dei cieli è quindi la presenza di Dio che ci genera come figli e ci educa a vivere come fratelli; è una presenza relazionale senza confini, dove Dio non governa gli uomini imponendo loro delle leggi da osservare, ma comunicando la sua stessa forza vitale d’amore. Un regno che non domina gli altri popoli, ma che si pone a loro servizio (cf. Mc 10,42-43). Ebbene Gesù ci sta dicendo che chi si lascia abitare dalla sua presenza, chi si lascia animare dal suo spirito, vive le beatitudini, cresce come figlio di Dio, riconosce gli altri come fratelli e rende presente, attraverso i suoi piccoli gesti quotidiani, la misericordia di Dio, la presenza relazionale efficace del Suo regno. Per questo, i destinatari-interlocutori delle Beatitudini non sono soltanto persone singole, ma i discepoli in quanto popolo di Dio, che, accogliendo e assimilando la buona notizia delle Beatitudini, diventa il “popolo delle Beatitudini”, impegnato quotidianamente ad ascoltare e interpretare le vicende della vita e della storia alla luce della Parola di Dio, lasciandosi coinvolgere – anche a caro prezzo – in scelte coraggiose e coerenti. È in questo orizzonte che si colloca la presente monografia.
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Comunicazione per i lettori 

   Cari amici e amiche, che ci siete stati vicini attraverso la lettura di Horeb (per 30 anni!) e precedentemente attraverso la lettura di “Presenza del Carmelo” (per 5 anni), desideriamo ringraziarvi per l’attenzione che avete mostrato verso i contenuti della Rivista e per i suggerimenti che alcuni di voi ci hanno offerto. 
     Adesso vi comunichiamo che, a partire dal nuovo anno (2022), cambierà la direzione e in parte anche la redazione della Rivista. Essa continuerà ad essere espressione del Carmelo italiano, ma avrà la nuova sede della direzione e della redazione a Roma, composta in parte da confratelli che già da parecchi anni hanno fatto parte dell’attuale redazione uscente. In questo modo è assicurata una continuità sostanziale della Rivista e nel contempo una creatività che la rende sempre più attenta ai segni dei tempi. 
    Nel fare questa consegna, auguriamo un buon lavoro al nuovo gruppo redazionale e desideriamo esprimere il nostro ringraziamento agli amici/che collaboratori/trici che in questi lunghi anni, con i loro preziosi articoli, ci hanno consentito di offrire a tutti spunti per riflettere e per vivere con maggiore consapevolezza la freschezza evangelica nel quotidiano e nella temperie storica e culturale odierna.
      In particolare desideriamo ringraziare i collaboratori che annualmente si sono fermati con noi per alcuni giorni, al fine di programmare insieme le varie monografie che in questi anni abbiamo proposto. 
Ringraziamo, infine, gli amici della Tipografia Lombardo di Milazzo (ME) che, con competenza e professionalità, in questi lunghi anni ci hanno offerto puntualmente un prodotto di qualità.
      Grazie a tutti.
     Col prossimo anno, la sede redazionale della Rivista sarà: viale del Monte Oppio, 28 – 00184 Roma (info@horeb.it). Per rinnovare l’abbonamento, seguire le indicazioni nell’ultima pagina della Rivista. 

Un caro e fraterno saluto a tutti.
La Redazione.