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lunedì 29 aprile 2024

Papa Francesco a Venezia 28 aprile 2024 - Incontro con i giovani: "Alzati, innamorati e vai! Esci, cammina con gli altri, cerca chi è solo, colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita." (cronaca, foto, testo e video)

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A VENEZIA 

Domenica, 28 aprile 2024


9:30 Il Santo Padre lascia l’Isola della Giudecca e raggiunge in motovedetta la Basilica di Santa Maria della Salute.
10:00 Piazzale antistante la Basilica della Salute:
- INCONTRO CON I GIOVANI
Discorso del Santo Padre
Sono presenti giovani di Venezia e delle Diocesi del Veneto.

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Il Papa ai giovani: creatori di novità, 
non professionisti del digitare compulsivo

Nel suggestivo piazzale antistante la Basilica della Salute affacciato sulla laguna veneta, incontrando il mondo giovanile, Francesco esorta le nuove generazioni ad andare controcorrente, a fidarsi di Dio “che sempre risolleva e perdona”. E mentre “oggi si vive di emozioni veloci, di sensazioni momentanee", il Pontefice invita i ragazzi di oggi a non isolarsi. "Esci, cammina con gli altri, cerca chi è solo, colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita”

Papa Francesco a Venezia all'incontro con i giovani davanti alla Basilica della Salute

Usa parole semplici ma efficaci, Francesco, rivolgendosi ai giovani delle 15 diocesi del Triveneto. Li incoraggia a mettersi in gioco, ad andare controcorrente, a dare meno spazio ai social, a spegnere la tv e aprire il Vangelo, lasciare il cellulare e incontrare le persone, "alzati e vai" ripete loro più volte, tanto da farne un motto che riecheggia nelle voci dei 1.500 ragazzi che lo ascoltano. Nel piazzale antistante la Basilica della Salute, lambito dalle acque del Canal Grande, il Papa giunge, dopo aver lasciato l’isola della Giudecca a bordo di un motoscafo, accolto dall'inno della Gmg del 2000 "Emmanuel", poi, su una miniauto elettrica passa lungo i viali creati dalle aree transennate riservate a quanti partecipano all'incontro. Nello spettacolare scenario della laguna di Venezia, “città della bellezza”, Francesco esorta a riscoprire un’altra bellezza: l’essere “figli di Dio amati”. E a rallegrarsi - “nel nome di Gesù, Dio giovane che ama i giovani" e che sempre sorprende e ci riserva sorprese per cui occorre stare preparati -, di essere tali e “chiamati a realizzare il sogno del Signore: testimoniare e vivere la sua gioia”. Un dono di cui spesso non si ha consapevolezza.

Viviamo immersi in prodotti fatti dall’uomo, che ci fanno perdere lo stupore per la bellezza che ci circonda, eppure il creato ci invita a essere a nostra volta creatori di bellezza, per favore, non dimenticate questo: essere creatori di bellezza e fare qualcosa che prima non c’era.

Il Pontefice offre l'esempio della genitorialità, il mettere al mondo "un figlio, una figlia", questo è fare "una cosa che prima non c'era". Pensare ai figli che si avranno è qualcosa di bello, rimarca, "e questo deve tirare avanti", ribadisce raccomandando di dedicare più tempo alla socialità.

Non siate professionisti del digitare compulsivo, ma creatori di novità!

L'omaggio dei gondolieri al Papa durante la traversata del Papa nella laguna veneta per raggiungere la Basilica della Salute

Imitare lo stile di Dio fatto di gratuità e creatività

Basta “imitare lo stile di Dio”, è il suggerimento del Papa, “creare”, fare una preghiera col cuore, realizzare un sogno o compiere “un gesto d’amore per qualcuno che non può ricambiare”. In pratica “è lo stile della gratuità, che fa uscire dalla logica nichilista del ‘faccio per avere’ e ‘lavoro per guadagnare’", che sì, va fatto, ma non deve essere il centro della propria vita, "il centro è la gratuità". E allora bisogna essere “creativi con gratuità”, insiste il Pontefice, dar “vita a una sinfonia di gratuità in un mondo che cerca l’utile”, perché in questo modo si può essere “rivoluzionari”.

Andate, donatevi senza paura! Giovane che vuoi prendere in mano la tua vita, alzati, alzati! Apri il cuore a Dio, ringrazialo, abbraccia la bellezza che sei; innamorati della tua vita. E poi vai! Alzati, innamorati e vai. Esci, cammina con gli altri, cerca chi è solo, colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita. Per favore, dipingi di Vangelo le strade della vita. Alzati e vai.

Francesco su un motoscafo verso la Basilica della Salute

Alzarsi e andare come Maria

Ma come ripartire dopo “un bel momento di incontro”, una volta tornati a casa “e poi domani e nei giorni a venire?

Vi suggerisco due verbi, pratici perché materni: due verbi di movimento che animavano il cuore giovane di Maria, Madre di Dio e nostra. Lei, per diffondere la gioia del Signore e aiutare chi era nel bisogno, “si alzò e andò”. Alzarsi e andare. Non dimenticare questi due verbi che la Madonna ha fatto prima di noi.

Il Papa su una minicar mentre saluta i giovani

La prima cosa da fare al mattino

Occorre, anzitutto, “alzarsi da terra, perché siamo fatti per il Cielo”, spiega il Papa, che incoraggia anche ad “alzarsi dalle tristezze per levare lo sguardo in alto”, a “stare in piedi di fronte alla vita, non seduti sul divano” - "e ci sono divani diversi che ci prendono e non ci lasciano alzare" - a “dire ‘eccomi!’ al Signore, che crede in noi”, ad “accogliere il dono che siamo, per riconoscere, prima di ogni altra cosa, che siamo preziosi e insostituibili”, perchè "ognuno di noi è bello" e "ha un tesoro dentro di sé, un bel tesoro per condividere e dare agli altri". Dunque, nella vita quotidiana, la prima cosa da fare, al mattino, appena svegli, è accogliersi “in dono”, è la ricetta di Francesco, ringraziare Dio per la vita, e poi confidare a Dio le proprie emozioni, come quando ci si innamora, chiedergli aiuto, pregare il Padre Nostro e riconoscersi figli amati, ricordarsi che per Dio non siamo “un profilo digitale”, ma figli, e siamo figli del cielo perché abbiamo un Padre nei cieli. Tutto questo non è "troppo romantico", dice il Pontefice, no, è la realtà da scoprire nella nostra vita.

Eppure spesso ci si trova a lottare contro una forza di gravità negativa che butta giù, un’inerzia opprimente che vuole farci vedere tutto grigio. Delle volte ci succede questo e come fare? Per alzarci – non dimentichiamolo – anzitutto bisogna lasciarci rialzare: farci prendere per mano dal Signore, che non delude mai chi confida in Lui, che sempre risolleva e perdona.

Francesco mentre parla ai giovani

Dio ci vede come figli da rialzare, non malfattori da punire

E se ci si sente fragili, deboli e si cade spesso, il rimedio è non guardarsi con i propri occhi, continua il Papa, ma pensare “allo sguardo di Dio”, che quando cadiamo ci è vicino, ci prende per mano, ci risolleva, ci aiuta e "con le nostre fragilità fa meraviglie". E poi leggere il Vangelo, da tenere sempre con sè, tascabile, per poterlo aprire in qualunque momento.

Dio sa che, oltre a essere belli, siamo fragili, e le due cose vanno insieme: un po’ come Venezia, che è splendida e delicata al tempo stesso. Cioè è bella e delicata, ha qualche fragilità che deve essere curata. Dio non si lega al dito i nostri errori - hai fatto così, hai fatto ... -. Lui non si lega a questo, ma ci tende la mano.

Il piazzale antistante la Basilica della Salute

Il segreto della costanza

A noi tocca “restare in piedi” e “rimanere quando viene voglia di sedersi, di lasciarsi andare, di lasciar perdere”, cosa non facile, riconosce Francesco, ma “il segreto” è “la costanza”. Mentre “oggi si vive di emozioni veloci, di sensazioni momentanee, di istinti che durano istanti”, che non consentono di andare lontano, “i campioni dello sport, come pure gli artisti, gli scienziati, mostrano che i grandi traguardi non si raggiungono in un attimo, non si raggiungono tutto e subito”, e lo stesso vale per ciò che più conta nella vita: l'amore, la fede. Proprio per crescere nella fede e nell'amore occorre "avere costanza", prosegue il Pontefice, "e andare avanti sempre".

Qui il rischio è lasciare tutto all’improvvisazione: prego se mi va, vado a Messa quando ho voglia, faccio del bene se me la sento… Questo non dà risultati: occorre perseverare, giorno dopo giorno. E farlo insieme. Perchè l'insieme ci si aiuta, sempre andare avanti. Insieme: il “fai da te” nelle grandi cose non funziona. Per questo vi dico: non isolatevi, non isolatevi, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi.

Alcuni giovani presenti all'incontro con il Papa

Andare controcorrente

Andare controcorrente, senza paura: questo l’invito del Papa ai giovani, anche quando gli altri “stanno tutti per conto loro con il cellulare, attaccati ai social e ai videogiochi”, prendere “la vita tra le mani”.

Il cellulare è molto utile per comunicarsi, è utile ma state attenti quando il cellulare ti impedisce di incontrare le persone. Usa il cellulare, va bene, ma incontra le persone! Sai cosa è un abbraccio, un bacio, una stretta di mano: le persone. Non dimenticare questo: usa il cellulare ma incontra le persone.

Non è facile andare controcorrente, ammette Francesco, ma “solo remando con costanza si va lontano”, perché “la costanza premia, anche se costa fatica”.

Un momento dell'incontro con i giovani

Farsi dono

Dopo essersi lasciati “prendere per mano da Dio per camminare insieme”, occorre poi “andare”, cioè “farsi dono”, conclude il Papa, che termina il suo discorso invitando ancora i giovani ad alzarsi, ad andare per le strade del mondo camminando nel solco del Vangelo.
(fonte: Vatican News, articolo di Tiziana Campisi 28/04/2024)

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DISCORSO DEL SANTO PADRE

Piazzale antistante la Basilica di Santa Maria della Salute (Venezia)


Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Anche il sole sorride!

È bello vedervi! Trovarci insieme ci permette di condividere, anche solo attraverso una preghiera, uno sguardo e un sorriso, la meraviglia che siamo. Infatti tutti noi abbiamo ricevuto un dono grande, quello di essere figli di Dio amati, e siamo chiamati a realizzare il sogno del Signore: testimoniare e vivere la sua gioia. Non c’è cosa più bella. Non so se vi è capitato di vivere alcune esperienze così belle da non riuscire a tenerle per voi, ma da sentire il bisogno di condividerle. Tutti noi abbiamo questa esperienza, una esperienza tanto bella che uno sente il bisogno di condividerla. Noi siamo qui oggi per questo: per riscoprire nel Signore la bellezza che siamo e rallegrarci nel nome di Gesù, Dio giovane che ama i giovani e che sempre sorprende. Il nostro Dio ci sorprende sempre. Avete capito questo? È molto importante, essere preparati alle sorprese di Dio!

Amici, qui a Venezia, città della bellezza, viviamo insieme un bel momento di incontro, ma stasera, quando ciascuno sarà a casa, e poi domani e nei giorni a venire, da dove ripartire per accogliere la bellezza che siamo e alimentare, da dove ripartiamo per cogliere questa bellezza? Vi suggerisco due verbi, per ripartire, due verbi pratici perché materni: due verbi di movimento che animavano il cuore giovane di Maria, Madre di Dio e nostra. Lei, per diffondere la gioia del Signore e aiutare chi era nel bisogno, «si alzò e andò» (Lc 1,39). Alzarsi e andare. Non dimenticare questi due verbi che la Madonna ha vissuto prima di noi.

Prima di tutto, alzarsi. Alzarsi da terra, perché siamo fatti per il Cielo. Alzarsi dalle tristezze per levare lo sguardo in alto. Alzarsi per stare in piedi di fronte alla vita, non seduti sul divano. Avete pensato, immaginato, cos’è un giovane per tutta la vita seduto sul divano? L’avete immaginato questo? Immaginate questo; e ci sono divani diversi che ci prendono e non ci lasciano alzare. Alzarsi per dire “eccomi!” al Signore, che crede in noi. Alzarsi per accogliere il dono che siamo, per riconoscere, prima di ogni altra cosa, che siamo preziosi e insostituibili. “Ma padre, Papa o signor Papa, no, non è vero, io sono brutto, io sono brutta…”. No, no, nessuno è brutto e ognuno di noi è bello, è bella e ha un tesoro dentro di sé, un bel tesoro da condividere e dare agli altri. Siete d’accordo su questo o no? Sì? E questo, sentite bene, non è autostima, no, è realtà! Riconoscere questo è il primo passo da fare al mattino quando ti svegli: scendi dal letto e ti accogli in dono. Ti alzi e, prima di tuffarti nelle cose da fare, riconosci chi sei ringraziando il Signore. Gli puoi dire: “Mio Dio, grazie per la vita. Mio Dio, fammi innamorare della mia vita”. Riconosci chi sei tu e ringrazi il Signore. Gli puoi dire: “Mio Dio, grazie per la vita. Mio Dio, fammi innamorare della vita, della mia vita. Mio Dio, Tu sei la mia vita. Mio Dio, aiutami oggi per questo, per quest’altro… Tu sai, mio Dio, sono innamorata, sono innamorato, aiutami, aiutami a far crescere questo amore e poi finire in una coppia felice”. Tante cose belle si possono dire sempre al Signore. Poi preghi il Padre Nostro, dove la prima parola è la chiave della gioia: dici “Padre” e ti riconosci figlio amato, figlia amata. Ti ricordi che per Dio non sei un profilo digitale, ma un figlio, che hai un Padre nei cieli e che dunque sei figlio del cielo. “Ma, padre, questo è troppo romantico!”. No, è la realtà, caro o cara, ma dobbiamo scoprirla nella nostra vita, non nei libri, nella vita, la vita nostra.

Eppure spesso ci si trova a lottare contro una forza di gravità negativa che butta giù, un’inerzia opprimente che vuole farci vedere tutto grigio. A volte ci succede questo. Come fare? Per alzarci – non dimentichiamolo – anzitutto bisogna lasciarci rialzare: farci prendere per mano dal Signore, che non delude mai chi confida in Lui, che sempre risolleva e perdona. “Ma io – potresti dire – non sono all’altezza: mi percepisco fragile, debole, peccatore, cado spesso!”. Ma quando ti senti così, per favore, cambia “inquadratura”: non guardarti con i tuoi occhi, ma pensa allo sguardo con cui ti guarda Dio. Quando sbagli e cadi, Lui cosa fa? Sta lì, accanto a te e ti sorride, pronto a prenderti per mano e alzarti. Questa è una cosa molto bella: sempre sta lì per alzarti.

Vi dirò una cosa che questo mi suggerisce. È bello guardare una persona dall’alto in basso? È bello o non è bello? No, non è bello. Ma quando si può guardare una persona dall’alto in basso, quando? Per aiutarla a sollevarsi. L’unica volta che noi possiamo guardare una persona dall’alto in basso con bellezza è quando la aiutiamo a sollevarsi. E così fa Gesù con noi, quando siamo caduti. Ci guarda dall’alto in basso. Questo è bello. Non ci credi? Apri il Vangelo e guarda cos’ha fatto con Pietro, con Maria Maddalena, con Zaccheo, con tanti altri: meraviglie con le loro fragilità. Il Signore con la nostra fragilità fa delle meraviglie.

E un po’ en passant: voi leggete il Vangelo? Vi do un consiglio. Avete un piccolo Vangelo tascabile? Portatelo sempre con voi e, in qualsiasi momento, apritelo e leggete un piccolo brano. Sempre con voi il piccolo Vangelo tascabile. D’accordo? [rispondono: “Sì!”] Avanti, coraggio!

Dio sa che, oltre a essere belli, siamo fragili, e le due cose vanno insieme: un po’ come Venezia, che è splendida e delicata al tempo stesso. È bella e delicata, ha qualche fragilità che dev’essere curata. Dio non si lega al dito i nostri errori: “Hai fatto così, hai fatto…”. Lui non si lega a questo ma ci tende la mano. “Ma, padre, io ne ho tanti, tante cose di cui mi vergogno”. Ma non guardare te, guarda la mano che Dio ti tende per alzarti! Non dimenticare questo: se tu ti senti con il peso della coscienza, guarda il Signore e lasciati prendere per mano da Lui. Quando siamo a terra, Lui vede figli da rialzare, non malfattori da punire. Per favore, fidiamoci del Signore! Sta diventando un po’ lungo questo, vi siete annoiati? [rispondono: “No!”] Siete educati, va bene!

E, una volta rialzati, tocca a noi restare in piedi. Prima rialzarsi poi stare in piedi, “rimanere” quando viene voglia di sedersi, di lasciarsi andare, di lasciar perdere. Non è facile, ma è il segreto. Sì, il segreto di grandi conquiste è la costanza. È vero che a volte c’è questa fragilità che ti tira giù, ma la costanza è quello che ti porta avanti, è il segreto. Oggi si vive di emozioni veloci, di sensazioni momentanee, di istinti che durano istanti. Ma così non si va lontano. I campioni dello sport, come pure gli artisti, gli scienziati, mostrano che i grandi traguardi non si raggiungono in un attimo, tutto e subito. E se questo vale per lo sport, l’arte e la cultura, vale a maggior ragione per ciò che più conta nella vita. Che cosa conta nella vita? L’amore, la fede. E per crescere nella fede e nell’amore dobbiamo avere costanza e andare avanti sempre. Invece qui il rischio è lasciare tutto all’improvvisazione: prego se mi va, vado a Messa quando ho voglia, faccio del bene se me la sento… Questo non dà risultati: occorre perseverare, giorno dopo giorno. E farlo insieme, perché l’insieme ci aiuta sempre ad andare avanti. Insieme: il “fai da te” nelle grandi cose non funziona. Per questo vi dico: non isolatevi, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi. Tu potresti dire: “Ma attorno a me stanno tutti per conto loro con il cellulare, attaccati ai social e ai videogiochi”. E tu senza paura vai controcorrente: prendi la vita tra le mani, mettiti in gioco; spegni la tv e apri il Vangelo – è troppo questo? –, lascia il cellulare e incontra le persone! Il cellulare è molto utile, per comunicare, è utile, ma state attenti quando il cellulare ti impedisce di incontrare le persone. Usa il cellulare, va bene, ma incontra le persone! Sai cos’è un abbraccio, un bacio, una stretta di mano: le persone. Non dimenticare questo: usa il cellulare, ma incontra le persone.

Mi sembra di sentire la vostra obiezione: “Non è facile, padre, sembra di andare controcorrente!”. Ma voi non potete dire questo qui a Venezia, perché Venezia ci dice che solo remando con costanza si va lontano. Se voi siete cittadini veneziani, imparate a remare con costanza per andare lontano! Certo, per remare occorre regolarità; ma la costanza premia, anche se costa fatica. Dunque, ragazzi e ragazze, questo è alzarsi: lasciarsi prendere per mano da Dio per camminare insieme!

E dopo l’alzarsi, andare. Andare è farsi dono, donarsi agli altri, capacità di innamorarsi; e questa è una cosa bella: una giovane, un giovane che non sente la capacità di innamorarsi o di essere amorevole con gli altri, qualcosa gli manca. Andare incontro, camminare, andare avanti.

Cari fratelli, care sorelle, sto finendo, state tranquilli!

Pensiamo al nostro Padre, che ha creato tutto per noi, Dio ci ha dato tutto: e noi che siamo suoi figli, per chi creiamo qualcosa di bello? Viviamo immersi in prodotti fatti dall’uomo, che ci fanno perdere lo stupore per la bellezza che ci circonda, eppure il creato ci invita a essere a nostra volta creatori di bellezza. Per favore, non dimenticate questo: essere creatori di bellezza, e fare qualcosa che prima non c’era. Questo è bello! E quando voi sarete sposati e avrete un figlio, una figlia, avrete fatto una cosa che prima non c’era! E questa è la bellezza della gioventù, quando diventa maternità o paternità: fare una cosa che prima non c’era. È bello questo. Pensate dentro di voi ai figli che avrete, e questo deve spingerci in avanti, non siate professionisti del digitare compulsivo, ma creatori di novità! Una preghiera fatta col cuore, una pagina che scrivi, un sogno che realizzi, un gesto d’amore per qualcuno che non può ricambiare: questo è creare, imitare lo stile di Dio che crea. È lo stile della gratuità, che fa uscire dalla logica nichilista del “faccio per avere” e “lavoro per guadagnare”. Questo si deve fare – faccio per avere e lavoro per guadagnare –, ma non dev’essere il centro della tua vita. Il centro è la gratuità: date vita a una sinfonia di gratuità in un mondo che cerca l’utile! Allora sarete rivoluzionari. Andate, donatevi senza paura!

Giovane che vuoi prendere in mano la tua vita, alzati! Apri il cuore a Dio, ringrazialo, abbraccia la bellezza che sei; innamorati della tua vita. E poi vai! Alzati, innamorati e vai! Esci, cammina con gli altri, cerca chi è solo, colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita. Per favore, dipingi di Vangelo le strade della vita! Alzati e vai. Lo diciamo tutti insieme, gli uni per gli altri! [ripetono: “Alzati e vai!”] Non ho sentito… [ripetono forte: “Alzati e vai!”] Mi piace! Gesù ti rivolge quest’invito. Lui, a tante persone che aiutava e guariva, diceva: “Alzati e vai” (cfr Lc 17,19). Ascolta questa chiamata, ripetila dentro di te, custodiscila nel cuore. E com’era la cosa? [ripetono: “Alzati e vai!”] Grazie!

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Guarda il video

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Finito il discorso, alcuni giovani portano al Papa un dono.

Sacerdote:

La mia voce, Santo Padre, credo sia ben poca cosa confronto all’emozione di questi giovani…

Papa Francesco

Grazie! E, ho dimenticato: com’era la cosa?

Giovani:

Alzati e vai!

Papa Francesco

Bravi!

Sacerdote

Lei ci chiede sempre di pregare per Lei, Santo Padre. Questi giovani hanno chiesto di farlo per Lei anche quest’oggi, e quindi chiediamo quel tempo per chiedere a Dio Padre di benedire la Sua vita, il Suo ministero di padre e di lasciare che noi possiamo essere pecore docili alla Sua guida. Per l’intercessione della Vergine che custodisce questa nostra diocesi e che Lei ci insegna a pregare, questo minuto di silenzio.

[Ave Maria]
[Benedizione]

Sacerdote

Il gesto che Le viene porto è questa forcola, un elemento fondamentale per un’imbarcazione a remi: è la congiunzione tra la barca e il remo, vuole simboleggiare i nostri giovani, la dinamicità di guidare, di mettere la loro energia, la loro forza, ma anche di lasciarsi guidare da Lei. Sono una rappresentanza di tutte le diocesi.

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Papa Francesco a Venezia 28 aprile 2024 - Incontro con gli artisti: "da qui vorrei mandare a tutti questo messaggio: il mondo ha bisogno di artisti." (cronaca, foto, testo e video)

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A VENEZIA 

Domenica, 28 aprile 2024


8:45 Terminato l’incontro con le detenute nel Cortile, il Santo Padre raggiunge la chiesa della Maddalena (Cappella del Carcere), dove è accolto dall’Em.mo Card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, Curatore del Padiglione della Santa Sede alla Biennale d’Arte di Venezia.
9:00 Chiesa della Maddalena:
- INCONTRO CON GLI ARTISTI
Saluto del Cardinale José Tolentino de Mendonça
Discorso del Santo Padre
Il Santo Padre saluta le Autorità e gli Artisti che partecipano all’Esposizione.
9:30 Il Santo Padre lascia l’Isola della Giudecca e raggiunge in motovedetta la Basilica di Santa Maria della Salute.

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Il Papa: il mondo ha bisogno dell’arte, città rifugio per tutti

Francesco incontra gli artisti della Biennale d’Arte di Venezia nella chiesa della Maddalena, ovvero la cappella del Carcere nell’Isola della Giudecca: “accanto a voi mi sento a casa. L’arte disobbedisce a forme al regime di violenza e discriminazione per includere e abbracciare tutti, a cominciare dagli ultimi”. Il Pontefice mette in luce “il rischio che il mercato rubi l’innocenza” e auspica che l’arte aiuti a valorizzare il contributo delle donne


Una “città rifugio” per liberare il mondo dall’egoismo e dal rifiuto dell’altro. Nel suo incontro con gli artisti della Biennale d’Arte di Venezia nella chiesa della Maddalena, Francesco definisce così l’arte.

Creare riconciliazione

L’immagine della “città rifugio”, spiega il Vescovo di Roma, è tratta dal codice deuteronomico: sono un’istituzione biblica “destinata a prevenire lo spargimento di sangue innocente e a moderare il cieco desiderio di vendetta, per garantire la tutela dei diritti umani e cercare forme di riconciliazione”

Sarebbe importante se le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa “fobia dei poveri”.


Disobbedire alla violenza e alla discriminazione

È l’egoismo, prosegue il Papa, “che ci fa funzionarie come isole solitarie invece che come arcipelaghi collaborativi”. L’arte è chiamata ad essere una città che “disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti”:

Immaginate città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo. È per questo che quando diciamo “stranieri ovunque”, stiamo proponendo “fratelli ovunque”.


Un incontro a casa, tra amici

“Accanto a voi non mi sento uno straniero, mi sento a casa” dice il Pontefice agli artisti ai quali confida di aver desiderato incontrarli alla Biennale per “contraccambiare una visita, com’è buona abitudine tra amici”. Il riferimento è all’incontro in Cappella Sistina dello scorso 23 giugno: “ora sono io a venire a casa vostra, per sentirmi ancora più vicino a voi e ringraziarvi di quello che siete e che fate”.


Lo sguardo contemplativo dell'arte

Francesco riflette sul titolo del padiglione: Con i miei occhi. “Tutti – osserva – abbiamo bisogno di essere guardati e di osare guardare noi stessi. Gesù è il Maestro che guarda tutti con l’intensità di un amore che non giudica, ma sa essere vicino e incoraggiare”.

L’arte ci educa a questo tipo di sguardo, non possessivo, non oggettivante, ma nemmeno indifferente, superficiale; ci educa a uno sguardo contemplativo.


Il mercato che vampirizza la creatività

Quindi il Papa rivolge un appello urgente agli artisti “chiamati ad andare oltre” e chiede loro di distinguere l’arte dal mercato:

Certo, il mercato promuove e canonizza, ma c’è sempre il rischio che “vampirizzi” la creatività, rubi l’innocenza e, infine, istruisca freddamente sul da farsi.


In ascolto del femminile

Infine dalla Cappella carcere femminile della Giudecca decorata decorata con l’installazione di sculture in tessuto sospese, il Santo Padre menziona artiste donne come Frida Khalo, Corita Kent o Louise Bourgeois: “nessuno ha il monopolio del dolore umano, ma ci sono una gioia e una sofferenza”, constata Francesco, “che si uniscono nel femminile in una forma unica e di cui dobbiamo metterci in ascolto, perché hanno qualcosa di importante da insegnarci”:

Mi auguro con tutto il cuore che l’arte contemporanea possa aprire il nostro sguardo, aiutandoci a valorizzare adeguatamente il contributo delle donne, come coprotagoniste dell’avventura umana.

Agli artisti il Pontefice consegna una “domanda che ci spinge verso il futuro”, da conservare nel cuore. È l’interrogativo indirizzato da Gesù alle folle, a proposito di Giovanni Battista: Cosa siete andati a vedere nel deserto? (Mt 11, 7-8).

Il saluto del cardinale Tolentino

A salutare il Papa al suo arrivo nella Cappella del Carcere, il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione e curatore del Padiglione della Santa Sede alla Biennale d’Arte di Venezia: “La sua visita”, ha detto il porporato riferendosi a quello che è stato definito come un divorzio tra arte e Chiesa in epoca contemporanea, "inaugura una nuova era nel rapporto tra la Chiesa e le arti" e “rende evidente la volontà di mettere in atto uno stile nuovo, in cui le convergenze plurali siano intessute nella libertà e la porzione di cammino autentico che possiamo fare insieme sia più apprezzata dell'affermazione ossessiva del potere”.

Inquilini, non padroni di casa

“Questo padiglione – ha proseguito Tolentino de Mendonça - ne è la testimonianza. Non abbiamo cercato gli artisti più comodi. Non abbiamo voluto costruire una trincea o isolarci in una visione. Al contrario, l'invito è che tutti vedano con i propri occhi. In questo senso, abbiamo scelto di essere inquilini e vicini, piuttosto che padroni di casa”.
(fonte: Vatican News, articolo di Paolo Ondarza 28/04/2024)

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DISCORSO DEL SANTO PADRE

Chiesa della Maddalena (Isola della Giudecca)


Signor Cardinale, Eccellenze,
Signor Ministro,
Signor Presidente,
Illustri Curatori,
Care Artiste e cari Artisti!

Ho molto desiderato venire alla Biennale d’Arte di Venezia per contraccambiare una visita, com’è buona abitudine tra amici. Nel giugno scorso, infatti, ho avuto la gioia di accogliere un folto gruppo di artisti nella Cappella Sistina. Ora sono io a venire “a casa vostra” per incontrarvi personalmente, per sentirmi ancora più vicino a voi e, in questo modo, ringraziarvi di quello che siete e che fate. E nello stesso tempo da qui vorrei mandare a tutti questo messaggio: il mondo ha bisogno di artisti. Lo dimostra la moltitudine di persone di ogni età che frequentano luoghi ed eventi d’arte; mi piace ricordare tra questi le Vatican Chapels, primo Padiglione della Santa Sede realizzato sei anni fa sull’Isola di San Giorgio, in collaborazione con la Fondazione Cini, nell’ambito della Biennale di Architettura.

Vi confesso che accanto a voi non mi sento un estraneo: mi sento a casa. E penso che in realtà questo valga per ogni essere umano, perché, a tutti gli effetti, l’arte riveste lo statuto di “città rifugio”, un’entità che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi.

Le città rifugio sono un’istituzione biblica, menzionata già nel codice deuteronomico (cfr Dt 4,41), destinata a prevenire lo spargimento di sangue innocente e a moderare il cieco desiderio di vendetta, per garantire la tutela dei diritti umani e cercare forme di riconciliazione. Sarebbe importante se le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa “fobia dei poveri”. Dietro a queste antinomie c’è sempre il rifiuto dell’altro. C’è l’egoismo che ci fa funzionare come isole solitarie invece che come arcipelaghi collaborativi. Vi imploro, amici artisti, immaginate città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo. È per questo che quando diciamo “stranieri ovunque”, stiamo proponendo “fratelli ovunque”.

Il titolo del padiglione in cui ci troviamo è “Con i miei occhi”. Abbiamo tutti bisogno di essere guardati e di osare guardare noi stessi. In questo, Gesù è il Maestro perenne: Egli guarda tutti con l’intensità di un amore che non giudica, ma sa essere vicino e incoraggiare. E direi che l’arte ci educa a questo tipo di sguardo, non possessivo, non oggettivante, ma nemmeno indifferente, superficiale; ci educa a uno sguardo contemplativo. Gli artisti sono nel mondo, ma sono chiamati ad andare oltre. Ad esempio, oggi più che mai è urgente che sappiano distinguere chiaramente l’arte dal mercato. Certo, il mercato promuove e canonizza, ma c’è sempre il rischio che “vampirizzi” la creatività, rubi l’innocenza e, infine, istruisca freddamente sul da farsi.

Oggi abbiamo scelto di ritrovarci tutti insieme qui, nel carcere femminile della Giudecca. È vero che nessuno ha il monopolio del dolore umano. Ma ci sono una gioia e una sofferenza che si uniscono nel femminile in una forma unica e di cui dobbiamo metterci in ascolto, perché hanno qualcosa di importante da insegnarci. Penso ad artiste come Frida Khalo, Corita Kent o Louise Bourgeois e tante altre. Mi auguro con tutto il cuore che l’arte contemporanea possa aprire il nostro sguardo, aiutandoci a valorizzare adeguatamente il contributo delle donne, come coprotagoniste dell’avventura umana.

Care Artiste e cari Artisti, ricordo l’interrogativo indirizzato da Gesù alle folle, a proposito di Giovanni il Battista: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere?» (Mt 11,7-8). Conserviamo questa domanda nel cuore, nel nostro cuore. Essa ci spinge verso il futuro.

Grazie! Vi porto nella preghiera. E per favore, pregate per me. Grazie.

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A3 NEWS Treviso 28/04/2024 - VENEZIA - 
A Santa Maria Maddalena delle Convertite, sempre alla Giudecca, l'incontro con gli artisti e i vertici della Biennale d'Arte. E' la prima volta che un pontefice visita il padiglione della Santa Sede. «Il mondo - ha detto papa Francesco - ha bisogno degli artisti». || "Con i miei occhi" è il titolo del Padiglione della Santa Sede alla 60esima Biennale d'arte di Venezia, visitato per la prima volta da un pontefice. Papa Francesco parla agli artisti nella chiesa di Santa Maria Maddalena delle Convertite, alla Giudecca, ricambiando un incontro dei mesi scorsi alla Cappella Sistina. Arte che può superare gli egoismi, creare arcipelaghi di collaborazione, contrastare la tendenza al rifiuto dell'altro, la paura del povero. Ad ascoltare le sue parole, le istituzioni, gli artisti stessi, i vertici della Biennale. - Intervistati CARD. JOSE' TOLENTINO (Prefetto Dicastero Cultura Vaticano), CARLO NORDIO (Ministro della Giustizia), LUCA ZAIA (Presidente Regione Veneto) (Servizio di Lina Paronetto)

Guarda il video

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Vedi anche il post precedente:


Papa Francesco a Venezia 28 aprile 2024 - Incontro con le detenute (cronaca, foto, testo e video)

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A VENEZIA 

Domenica, 28 aprile 2024


6:30 Decollo dall’eliporto del Vaticano.
8:00 Atterraggio nel Piazzale interno della Casa di Reclusione Donne Venezia, all’Isola della Giudecca.
Il Santo Padre è accolto da:
- S.E. Mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia
- Maria Milano Franco D’Aragona, Provveditore
- Mariagrazia Felicita Bregoli, Direttore
- Lara Boco, Comandante della Polizia Penitenziaria
8:15 Cortile interno della Casa di Reclusione:
INCONTRO CON LE DETENUTE
Sono presenti anche: Personale amministrativo, Agenti della Polizia Penitenziaria, Volontari.
Il Santo Padre saluta personalmente le Detenute (80 circa).

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Il Papa nella Giudecca:
tanta sofferenza in carcere, mai isolare la dignità

Nell'istituto femminile che ospita il Padiglione della Santa Sede per la Biennale prende il via la visita a Venezia. L’elicottero del Pontefice atterrato nel cortile. Dopo il saluto ad autorità e operatori della struttura, il Papa ‘abbraccia’ le recluse: “Avete un posto speciale nel mio cuore”. La denuncia di sovraffollamento, violenza, sofferenze ma anche un messaggio di speranza: “La permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo”

Incontro con le detenute del carcere femminile della Giudecca

Giulia, coi capelli rossi, tre piercing a naso, bocca e sopracciglio, lo sguardo penetrante quanto i versi che ama scrivere nella sua cella. Fanta, di origine africana, lunghe treccine ad ornare un volto quasi infantile che mai si direbbe sia quella di una mamma di un 16enne. Antonella, la più anziana, capelli a caschetto, nonna di due nipotini. Sono tre delle 80 detenute della Giudecca condannate in via definitiva che danno il benvenuto oggi, 28 aprile, a Francesco nel carcere femminile, prima tappa della visita del Papa a Venezia. Hanno accompagnato nei giorni scorsi i visitatori tra le mura fatiscenti e i corridoi in mattone del penitenziario, il quarto istituto femminile in Italia, divenuto dallo scorso 19 aprile, su ispirazione del Pontefice, sede del Padiglione della Santa Sede per la 60.ma edizione della Biennale d’Arte. Le tre “donne”, come preferiscono chiamarsi le detenute qui alla Giudecca, hanno condotto i piccoli gruppi tra i quadri della suora pop artist Corita Kent inneggianti ai diritti umani, tra le placche di lava smaltata recanti disegni e parti di poesie composte dalle stesse recluse della pittrice siriana Simone Fattal, sotto l’installazione di sculture in tessuto sospese tra i balconcini teatrali e i confessionali della Cappella della Maddalena – dove il Papa incontra subito dopo gli artisti – realizzata dalla visual artist brasiliana Sonia Gomes in onore a tutte le donne (tutte, dalle prostitute alle casalinghe) per dire che ognuna è unica e speciale.


La gratitudine al Papa delle detenute

Questa mattina, poco prima delle 8, quando la Laguna è ancora avvolta da un cielo grigio che sembra creare un tutt’uno con l’acqua, Giulia, Fanta e Antonella insieme alle loro compagne accolgono il visitatore più importante, Papa Francesco, a cui da giorni desiderano esprimergli la gratitudine per l’intuizione di installare “in questo inferno mascherato di giustizia”, come recita uno dei versi più ferenti di Giulia, il Padiglione vaticano rendendole così “protagoniste” e permettendogli di respirare “un’aria nuova”.


Da queste donne, segnate dalla vita e dai suoi incidenti di percorso, che tra i muri di quello che nei secoli scorsi era il Convento delle Convertite imparano a stirare, cucire, coltivare l’orto e produrre cibi biologici utili pure a prodotti cosmetici, il Papa ha voluto avviare il percorso in terra veneziana che comprende più tardi l’incontro con gli artisti della Biennale, i giovani e i fedeli per la Messa in Piazza San Marco.


Non una visita ufficiale, ma "un incontro"

Per il Papa non è una “visita ufficiale” quella nella Giudecca, bensì “un incontro” in cui “ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno”.

Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile - forse chi uscirà più ricco sarò io - e il bene che ci scambieremo sarà prezioso

Lo dice Francesco stesso nel suo saluto - continuamente interrotto dagli applausi delle donne e dai loro "grazie" - pronunciato nel giardino interno al carcere, una zona di verde con panchine, altalene, scivoli e altri giochi per bambini. L'elicottero del Papa era atterrato invece nel cortile dove campeggia l’opera di Claire Fontaine, la scritta “Siamo con voi nella notte”, che di sera illumina questo spazio spoglio in cui le donne possono uscire un’ora e mezza la mattina e due ore il pomeriggio (“Ci fa uscire dal buio”, spiegano). Finestre sbarrate con appesi stendini, scarpe e indumenti, un pozzo abbellito per l'occasione e a un albero con due uova da cui nasceranno due cuccioli di gabbiano (“La mamma, un’artista anche lei”, scherza Antonella), è stato lo scenario che ha accolto il Vescovo di Roma. In questo enorme spazio, Papa Francesco è stato accolto dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dal presidente del Veneto, Luca Zaia, e dalle autorità del penitenziario. Subito però si è voluto dirigere da loro, le detenute, 42 italiane, 36 straniere di 14 nazionalità differenti. E a loro ha portato un messaggio: “Avete un posto speciale nel mio cuore”. Insieme a questo, parole di speranza che, anche se dietro le sbarre, qualcosa di nuovo può rinascere, ricominciare, riandare avanti.


Il carcere può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è ‘messa in isolamento’, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia


Tanta sofferenza

La delicatezza delle parole di Francesco fa da contraltare alla “realtà dura” che si vive alla Giudecca, così come in tante carceri d’Italia: sovraffollamento, carenza di strutture e di risorse, episodi di violenza. Tanti elementi, tanti fattori, “tanta sofferenza”. Eppure, consola il Papa, “è il Signore che ci vuole insieme in questo momento, arrivati per vie diverse, alcune molto dolorose, anche a causa di errori di cui, in vari modi, ogni persona porta ferite e cicatrici”.

Dio ci vuole insieme perché sa che ognuno di noi, qui, oggi, ha qualcosa di unico da dare e da ricevere, e che tutti ne abbiamo bisogno


La riscoperta della bellezza

Le detenute ascoltano commosse quello che il Papa stesso definisce un paradosso: “La permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo, attraverso la riscoperta di bellezze insospettate in noi e negli altri”. L’evento artistico della Biennale che la Giudecca ospita e al cui progetto le recluse hanno contribuito “attivamente”, ne è la dimostrazione. Il carcere può diventare allora “un cantiere di ricostruzione”, insiste il Papa, in cui “guardare e valutare con coraggio la propria vita, rimuoverne ciò che non serve, che è di ingombro, dannoso o pericoloso, elaborare un progetto”

E poi ripartire scavando fondamenta e tornando, alla luce delle esperienze fatte, a mettere mattone su mattone, insieme, con determinazione


Nuove possibilità

Per questo, scandisce ancora Francesco, è fondamentale che “anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento”.

Non “isolare la dignità”, ma dare nuove possibilità!


"Perdonati che portano perdono"

Sulla stessa scia, guardando alle donne lì davanti ai suoi occhi, Jorge Mario Bergoglio ribadisce le parole che sempre ha rivolto nelle sue quattordici visite in questi undici anni a chi vive in condizioni di restrizione, in Italia, all’estero o nelle Messe in Coena Domini del Giovedì Santo: cioè quello di essere tutti peccatori, ma al contempo tutti perdonati da Dio. “Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita”.


Le parole con cui iniziare la giornata

Francesco si congeda dal penitenziario. Fuori lo attende una motovedetta che lo trasporterà nella Basilica di Santa Maria della Salute per l’incontro con 1.600 giovani del Triveneto. Prima però lascia alle donne della Giudecca un suggerimento pratico, delle frasi con cui iniziare ogni giornata:

“Oggi è il momento adatto”, “oggi è il giorno giusto”, “oggi ricomincio”, sempre, per tutta la vita!

Il dono

Tra battute ("Ora mi cacciano via"), applausi e ringraziamenti continui, il Papa ha consegnato al penitenziario una icona della Madonna: "È la tenerezza della mamma e questa tenerezza Maria ce l’ha con tutti noi".
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 28/04/2024)

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INCONTRO CON LE DETENUTE

SALUTO DEL SANTO PADRE

Cortile interno della Casa di Reclusione Donne Venezia, all’Isola della Giudecca 
V Domenica del Tempo di Pasqua, 28 aprile 2024



Care sorelle, cari fratelli! Tutti siamo fratelli, tutti, e nessuno può rinnegare l’altro, nessuno!

Saluto con affetto tutti, e specialmente voi sorelle, detenute della Casa di Reclusione della Giudecca. Ho desiderato incontrarvi all’inizio della mia visita a Venezia per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore.

Vorrei, perciò, che vivessimo questo momento non tanto come una “visita ufficiale”, quanto come un incontro in cui, per grazia di Dio, ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno. Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile – forse chi uscirà più ricco sarò io –, e il bene che ci scambieremo sarà prezioso.

È il Signore che ci vuole insieme in questo momento, arrivati per vie diverse, alcune molto dolorose, anche a causa di errori di cui, in vari modi, ogni persona porta ferite e cicatrici, ogni persona porta delle cicatrici. E Dio ci vuole insieme perché sa che ognuno di noi, qui, oggi, ha qualcosa di unico da dare e da ricevere, e che tutti ne abbiamo bisogno. Ognuno di noi ha la propria singolarità, ha un dono e questo è per offrirlo, per condividerlo.

Il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza. Però può anche diventare un luogo di rinascita, rinascita morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è “messa in isolamento”, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia. Nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!

Allora, paradossalmente, la permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo, attraverso la riscoperta di bellezze insospettate in noi e negli altri, come simboleggia l’evento artistico che state ospitando e al cui progetto contribuite attivamente; può diventare come un cantiere di ricostruzione, in cui guardare e valutare con coraggio la propria vita, rimuoverne ciò che non serve, che è di ingombro, dannoso o pericoloso, elaborare un progetto, e poi ripartire scavando fondamenta e tornando, alla luce delle esperienze fatte, a mettere mattone su mattone, insieme, con determinazione. Per questo è fondamentale che anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, di crescita spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento. Per favore, non “isolare la dignità”, non isolare la dignità ma dare nuove possibilità!

Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita.

Cari amici e amiche, rinnoviamo oggi, io e voi, insieme, la nostra fiducia nel futuro: non chiudere la finestra, per favore, sempre guardare l’orizzonte, sempre guardare il futuro, con la speranza. A me piace pensare la speranza come un’ancora, sai, che è ancorata nel futuro, e noi abbiamo nelle mani la corda e andiamo avanti con la corda ancorata nel futuro. Proponiamoci di cominciare ogni giornata dicendo: “oggi è il momento adatto”, oggi, “oggi è il giorno giusto”, oggi (cfr 2Cor 6,2), “oggi ricomincio”, sempre, per tutta la vita!

Vi ringrazio di questo incontro e vi assicuro la mia preghiera per ognuna di voi. E voi, pregate per me, ma a favore non contro!

E questo è il dono che vi lascio. Guardate, è un po’ la tenerezza della mamma, e questa tenerezza Maria l’ha con tutti noi, con tutti noi, è la madre della tenerezza. Grazie.

[scambio doni e saluti detenute]

E adesso mi cacciano via! Grazie, grazie tante, vi ricorderò! E avanti e coraggio, non mollare, coraggio e avanti!


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