CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI
Basilica Vaticana
Sabato, 7 dicembre 2024
Papa Francesco è arrivato puntuale nella basilica di San Pietro per il suo decimo Concistoro, in cui ha creato 21 nuovi cardinali, di cui uno solo non entrerà in Conclave. Si tratta dell’ex nunzio apostolico Angelo Acerbi, 99 anni, il più anziano cardinale non elettore di sempre. Il più giovane dei cardinali che ricevono ricevono la porpora dalle mani del Pontefice è invece mons. Mykola Bychok, 54 anni, australiano. Con questo Concistoro il Collegio dei cardinali è formato da 253 cardinali, di cui 140 elettori e 113 non elettori. Per quanto riguarda la provenienza geografica, 115 cardinali provengono dall’Europa, 37 dall’Africa, 32 dall’America meridionale, 29 dall’Africa, 28 dall’America del Nord, 8 dall’America centrale, 4 dall’Oceania. Sono quattro i cardinali elettori italiani in questo Concistoro: mons. Baldassarre Reina, vicario generale della diocesi di Roma, Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, Roberto Repole, arcivescovo di Torino, padre Fabio Baggio, sottosegretario del Dicastero per lo sviluppo umano integrale.
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OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Pensiamo un po’ a questa narrazione: Gesù sta salendo verso Gerusalemme. La sua non è un’ascesa alla gloria di questo mondo, ma alla gloria di Dio, che comporta la discesa negli abissi della morte. Nella Città santa, infatti, Egli morirà sulla croce, per ridare la vita a noi. Eppure, Giacomo e Giovanni, che immaginano invece un destino diverso per il loro Maestro, avanzano la loro richiesta e gli chiedono due posti d’onore: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10,37).
Il Vangelo mette in luce questo drammatico contrasto: mentre Gesù sta facendo una strada faticosa e in salita che lo porterà al Calvario, i discepoli pensano alla strada spianata e in discesa del Messia vincitore. E non dobbiamo scandalizzarci di questo, ma prendere umilmente coscienza che – per dirlo col Manzoni – «così è fatto questo guazzabuglio del cuore umano» (I promessi sposi, cap. 10). Così è fatto.
Questo può succedere anche a noi: che il nostro cuore perda la strada, lasciandosi abbagliare dal fascino del prestigio, dalla seduzione del potere, da un entusiasmo troppo umano per il nostro Signore. Per questo è importante guardarci dentro, metterci con umiltà davanti a Dio e con onestà davanti a noi stessi, e chiederci: dove sta andando il mio cuore? Dove sta andando il mio cuore oggi? In quale direzione si muove? Forse sto sbagliando strada? Così ci ammonisce Sant’Agostino: «Perché vi mettete su strade deserte? Rientrate dal vostro vagabondaggio che vi ha portato fuori strada; ritornate! Dove? Al Signore. Ma è ancora presto: prima ritorna al tuo cuore […]. Torna, torna al cuore, […] perché lì si trova l’immagine di Dio; nell’interiorità dell’uomo abita Cristo, nella tua interiorità tu vieni rinnovato secondo l’immagine di Dio» (Commento al Vangelo di Giovanni, 18, 10).
Tornare al cuore per rimettersi sulla stessa strada di Gesù, di questo abbiamo bisogno. E oggi, in particolare a voi, cari Fratelli che ricevete il cardinalato, vorrei dire: badate bene a fare la strada di Gesù. E cosa significa questo?
Fare la strada di Gesù significa anzitutto ritornare a Lui e rimettere Lui al centro di tutto. Nella vita spirituale come in quella pastorale, rischiamo a volte di concentrarci sui contorni, dimenticando l’essenziale. Troppo spesso le cose secondarie prendono il posto di ciò che è necessario, le esteriorità prevalgono su quello che conta davvero, ci tuffiamo in attività che riteniamo urgenti, senza arrivare al cuore. E, invece, abbiamo sempre bisogno di ritornare al centro, di recuperare il fondamento, di spogliarci di ciò che è superfluo per rivestirci di Cristo (cfr Rm 13,14). Anche la parola “cardine” ci richiama a questo, indicando il perno su cui viene inserito il battente di una porta: è un punto fermo di appoggio, di sostegno. Ecco, cari fratelli: Gesù è il punto d’appoggio fondamentale, il centro di gravità del nostro servizio, il “punto cardinale” che orienta tutta la nostra vita.
Fare la strada di Gesù significa anche coltivare la passione dell’incontro. Gesù non fa mai la strada da solo; il suo legame con il Padre non lo isola dalle vicende e dal dolore del mondo. Al contrario, proprio per curare le ferite dell’uomo e alleggerire i pesi del suo cuore, per rimuovere i macigni del peccato e spezzare le catene della schiavitù, proprio per questo Egli è venuto. E, così, lungo la strada, il Signore incontra i volti delle persone segnate dalla sofferenza, si fa vicino a coloro che hanno perduto la speranza, solleva quanti sono caduti, guarisce chi è nella malattia. Le strade di Gesù sono popolate di volti e di storie e, mentre passa, Egli asciuga le lacrime di coloro che piangono, «risana i cuori affranti e fascia le loro ferite» (Sal 147,3).
L’avventura della strada, la gioia dell’incontro con gli altri, la cura verso i più fragili: questo deve animare il vostro servizio di cardinali. L’avventura della strada, la gioia dell’incontro con gli altri e la cura verso i più fragili. Diceva un grande del clero italiano, don Primo Mazzolari: «Lungo la strada è incominciata la Chiesa; lungo le strade del mondo la Chiesa continua. Non occorre per entrarvi né battere alla porta, né fare anticamera. Camminate e la troverete; camminate e vi sarà accanto; camminate e sarete nella Chiesa» (Tempo di credere, Bologna 2010, 80-81). Non dimentichiamo che stare fermi rovina il cuore e l’acqua ferma è la prima a corrompersi.
Fare la strada di Gesù significa, infine, essere costruttori di comunione e di unità. Mentre nel gruppo dei discepoli il tarlo della competizione distrugge l’unità, la strada che Gesù percorre lo porta sul Calvario. E sulla croce Egli compie la missione che gli è stata affidata: che nessuno vada perduto (cfr Gv 6,39), che venga finalmente abbattuto il muro dell’inimicizia (cfr Ef 2,14) e tutti possiamo scoprirci figli dello stesso Padre e fratelli tra di noi. Per questo, posando il suo sguardo su di voi, che provenite da storie e culture diverse e rappresentate la cattolicità della Chiesa, il Signore vi chiama a essere testimoni di fraternità, artigiani di comunione e costruttori di unità. Questa è la vostra missione!
Proprio parlando a un gruppo di neo cardinali, il grande San Paolo VI disse che noi, come i discepoli, a volte cediamo alla tentazione di dividerci; invece, «è nell’ardore posto nella ricerca dell’unità che si riconoscono i veri discepoli del Cristo». E aggiungeva il Santo Papa: «Desideriamo che tutti si sentano a proprio agio nella famiglia ecclesiale, senza preclusioni o isolamenti nocivi all’unità nella carità, e che non si cerchi il prevalere di alcuni a detrimento di altri. […] Dobbiamo lavorare, pregare, soffrire, lottare per dare testimonianza a Cristo Risorto» (Discorso in occasione del Concistoro, 27 giugno 1977).
Animati da questo spirito, cari Fratelli, voi farete la differenza; secondo le parole di Gesù che, parlando della competizione corrosiva di questo mondo, dice ai discepoli: «Tra voi però non è così» (Mc 10,43). Ed è come se dicesse: venite dietro a me, sulla mia strada, e sarete diversi; venite dietro a me e sarete un segno luminoso in una società ossessionata dall’apparenza e dalla ricerca dei primi posti. “Tra voi non sia così”, ripete Gesù: amatevi l’un l’altro con amore fraterno e siate servi gli uni degli altri, servi del Vangelo.
Cari fratelli, sulla strada di Gesù, camminiamo insieme; e camminiamo con umiltà, camminiamo con stupore, camminiamo con gioia.
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