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giovedì 20 marzo 2025

Bruna Capparelli: Amore e bellezza

Bruna Capparelli*

Amore e bellezza


Ci innamoriamo e amiamo solo per la bellezza. Nessuno di noi ha desiderato avvicinarsi e conoscere qualcosa o qualcuno senza esserne prima sedotto. Questo principio di attrazione ha il suo fondamento ultimo qui: «Nessuno viene a me se non lo attrae il Padre». Tutte le volte che nell’ambito naturale (la grazia delle cose) o soprannaturale (la Grazia, dono di Dio a partecipare alla sua vita) la bellezza ci mette in movimento, sperimentiamo l’attrazione dell’Amore che ci trasforma, cioè vuole darci la sua forma, la sua essenza, per farsi tutto in tutti, pur mantenendo ciascuno la sua irripetibile identità.

Che ne sarebbe dell’abbraccio del padre che si china sul figlio sporco, ordinando anello, vestiti e banchetto di festa, se il figlio non fosse andato via e tornato, dopo aver sperperato tutto? La misericordia è una forma unica e ulteriore di bellezza, perché è la bellezza resa compatibile con il male, con la ferita, con la resistenza (forse solo Michelangelo è riuscito a scolpirla, quasi per errore, nella Pietà Rondanini). Si tratta di una bellezza che mostra le ferite (come accade con l’incredulo Tommaso) come credenziali di un’estetica nuova, in cui la vita ha attraversato e trasformato la morte, ma non per via immaginaria, perché ne porta i segni, producendo una meraviglia inedita rispetto a secoli di storia in cui il bello era soltanto armonia delle parti e il sangue doveva rimanere fuori dalla scena («osceno» appunto). Per ricordarselo, basterebbe fissare per qualche minuto la Pietà di Avignone che Enguerrand Quarton dipinse a metà del 1400: «Quando sarò elevato da terra attirerò tutti (o tutto) a me», la massima attrazione, fascinazione, bellezza, si dispiega proprio al massimo della sconfitta, la massima seduzione provocata dalla nostra più pervicace resistenza.

Tutte le volte che l’uomo si lancia a capofitto nella bellezza, in fondo a essa cerca Dio, anche le volte in cui quella bellezza anelata è frutto del cuore curvato su se stesso che, investendo di assoluto quel poco che gli resta da amare, lo fa diventare un’illusione di Dio: proprio allora, quel cuore deluso e spaccato, può aprirsi al Dio misericordioso. L’ubriaco ama la sua bottiglia perché in essa cerca Dio, il sensuale ama il suo piacere perché in esso cerca Dio, l’avaro ama il suo denaro perché in esso cerca Dio. Dio però non è «in» ma «oltre» la bottiglia, il piacere, il denaro. Che Dio? Il Dio misericordioso che lo seduce proprio lì, nell’ultimo tentativo auto-inventato dall’uomo per essere tutt’uno con ciò che ama, salvo poi esserne fatalmente e dolorosamente respinto per insufficienza di eternità di quella briciola di bellezza.

Forse proprio a quel capolinea abita Dio, per questo «pubblicani e prostitute» precedono chi si crede giusto, perché hanno toccato il fondo e oltre il fondo c’è il profondo, il sottosuolo teologico di Dostoevskij, cioè o la salvezza o la distruzione. C’è Dio, la cui regola è: «a chi molto viene perdonato, molto ama». In un attimo, con un paradossale «colpo di grazia» che dà vita e non morte, la nostra disperazione può trasformarsi in salvezza, fosse anche per il solo desiderio di avere una «vita nuova», come accadde a Dante, proprio mentre (in)seguiva Beatrice.

Non c’è bellezza piena senza ferita, come non c’è misericordia senza giustizia: non è venuto per i sani ma per i malati, che si riconoscono tali. Se il malato riconosce la ferita e la mostra a Dio, perché sa che altrimenti non potrebbe guarirne, la misericordia immediatamente lo raggiunge, anche di soppiatto, come quella donna che sapeva che le sarebbe bastato toccare la veste di Cristo per esser sanata, tanto da costringerlo al miracolo senza neanche chiederlo a voce, in mezzo alla folla che lo pressa. Egli, quasi che la guarigione gli sia scappata, chiede: «Chi mi ha toccato?». Toccare Dio con la propria ferita aperta è il segreto per sperimentarne la misericordia e vederne finalmente, senza più difese, la bellezza che tutto vince e avvince, bellezza antica e sempre nuova, che non è mai tardi per esserne sedotti, come accadde a un ladro e assassino, che ammise la sua colpa e si rivolse all’unico innocente della storia, e fu accolto in quel giorno stesso in Paradiso.

Non è il miracolo che fa la fiducia ma la fiducia che fa il miracolo. Infatti solo chi ha fiducia nella vita ne è curioso, aggettivo derivante da «cura»: chi ha cura del mondo non solo vede i miracoli, ma li fa. La fiducia non è un trucco, doping psicologico come il pensiero positivo, ma è una postura originaria di apertura alla realtà che dipende da quanto siamo amati: la fiducia deriva dalla forza dell’amore che ci genera in ogni istante, e consiste nel sapere, in ogni cellula, che questo amore c’è e mi vuole esistente.

L’uomo non è prodotto, come ci fa credere la tecnocrazia odierna, ma generato, e ri-generato quando fa esperienza di appartenere (essere amato), e può quindi sporgersi sulla vita senza essere paralizzato dalle vertigini che comporta. Questa appartenenza (legami liberanti, perché «assicurano» come quando si scala in montagna), effetto di ogni buona relazione, crea energia in questa sequenza: fiducia, coraggio, curiosità, scoperta, vocazione, creatività, gioia. Se l’appartenere a un amore che ci vuole esistenti non c’è o viene meno, si esaurisce l’energia vitale e la si deve elemosinare. Le dipendenze (legami bloccanti) sono contraffazioni dell’appartenere: poiché non si può non appartenere (essere in relazione) si accetta di dipendere, la schiavitù. Inoltre la fiducia è scalzata dal sospetto: distanza e paura di tutto. Il bambino non amato teme tutto, non è curioso ma insicuro, nessuno fa sicurezza alla sua esplorazione.

Meravigliarsi «stando fermi nelle nostre scarpe» (verso di una filastrocca di John Keats, 1818) è ciò di cui tutti abbiamo bisogno quotidianamente, perché se non troviamo bellezza almeno una volta al giorno perdiamo la capacità di abitare il mondo e amare la vita. La vera bellezza fa sentire a casa, anche quando ci mostra stanze oscure o chiuse. Come fa? Da un lato con la gratuità: ci regala la chiave della stanza senza che l’abbiamo cercata o meritata; dall’altro con l’armonia e la luce: ci assicura che ogni stanza è casa nostra, anche la più buia.

Il brutto ci priva della speranza che può salvarci: di contro chi è toccato dal bello, torna a sperare, perché riscopre che la sua vita ha ancora uno scopo. La bellezza non spiega quale sia lo scopo, ma assicura che ne esista uno. Lo sa bene il Matto del film La Strada di Fellini: «Tutto ha senso, anche questo sassetto. E se sapessi quale sarei il Padre Eterno. Ma se questo sassetto è inutile, allora tutto è inutile. Anche le stelle». Lo dice a Gelsomina in una scena indimenticabile in cui la donna è disperata perché la sua vita le sembra del tutto inutile. Il Matto è un artista ambulante, un acrobata-clown capace di trovare il sublime nel quotidiano, il bello stando nelle sue povere scarpe, e per questo non perde mai il buon umore e ridona la speranza a chi lo guarda. Consola il dolore di Gelsomina con la bellezza del creato, perché la bellezza, grazie alla gioia che provoca, fa sperimentare e sperare in una certa «salvezza».

Anche Modigliani cercava queste aperture sacre nei volti dei suoi ritratti e nei loro occhi, che spesso rappresentava vuoti, a volte uno vuoto e uno pieno, ma raramente li dipingeva entrambi. Che si trattasse della moglie Jeanne, di una poetessa come Anna Achmatova, di un mercante d’arte o di una bambina, Modigliani rendeva trasparenti il corpo o il volto dei suoi soggetti, perché manifestassero l’anima: per questo allungava i colli e deformava le fattezze, perché il corpo non fosse apparenza, ma evidenza della verità che spesso cerchiamo di nascondere, ma che è invece la nostra unicità. Se dipingeva un occhio solo era perché – diceva – era quello rivolto al mondo, mentre l’altro era impegnato con il proprio mistero. Aveva imparato dagli antichi, i quali credevano che l’anima risiedesse nell’occhio e per questo la chiamavano «pupilla», diminutivo di pupa (bambola, bambina): per loro l’anima era la piccola immagine riflessa al centro dell’occhio. I ritratti di Modigliani, mostrando un esterno che è in realtà un interno, ci ricordano che l’irripetibile bellezza di una persona risiede in ciò che la «anima» (dal greco anemos: soffio), il soffio della vita o di Dio che dà la vita, ragione ultima per cui bellezza e sacro spesso si identificano.

Senza bellezza, almeno una volta al giorno, smettiamo di abitare la vita, divenendo stranieri proprio a casa nostra, proprio nelle nostre scarpe.

*Bruna Capparelli è professoressa associata di Diritto e procedura penale presso l’Università Autonoma di Lisbona. È membro dell’Unione giuristi cattolici (UGC), sezione di Bologna.
(fonte: Settimana News 17/03/2025)


mercoledì 19 marzo 2025

«La vita eterna è un modo di vivere. Lo stile con cui il Papa affronta la malattia lo dimostra»

 
«La vita eterna è un modo di vivere. Lo stile con cui il Papa affronta la malattia lo dimostra»

Il predicatore della Casa Pontificia, padre Roberto Pasolini, ha tenuto gli Esercizi spirituali di Quaresima al Papa (collegato dal Gemelli) e alla Curia Romana: «È stata un’esperienza molto forte anche per me. La vita eterna è un diritto, oltre che un dovere, che noi potremmo prenderci il lusso di abbracciare già in questo mondo scegliendo l’umiltà del cuore e la semplicità, amando i nemici e perdonando»



«La vita eterna è un modo di vivere la nostra vita. Lo stile con cui il Papa vive la malattia e la vecchiaia lo dimostra. Anche se non era presente in Aula Paolo VI ho avvertito la responsabilità di dire una parola di speranza per la Chiesa nel momento in cui il suo pastore e capo soffre».

Padre Roberto Pasolini, predicatore della Casa Pontificia, dal 9 al 14 marzo ha tenuto in Vaticano gli Esercizi spirituali di Quaresima alla Curia Romana in comunione con il Papa che ha seguito le meditazioni (che si possono riascoltare a questo link) collegandosi dal Policlinico Gemelli dov’è ricoverato dal 14 febbraio.

Padre Pasolini, che esperienza è stata?

«Molto intensa. L’assenza del Santo Padre ha creato subito un'atmosfera molto particolare perché il grande protagonista verso cui c'era l'attenzione di tutti noi e di tutto il mondo non c'era e quindi, in qualche modo, la sua assenza è stata una presenza per certi versi con cui non potevamo non fare i conti. Personalmente è stato un momento molto forte in cui sentivo l'importanza di dover rivolgere delle parole di speranza anche per la Chiesa, mentre il suo capo sta soffrendo e attraversando un momento delicato e difficile. C'è stata davvero una comunione spirituale che ci fa capire come siamo uniti anche nella distanza: quando un membro della Chiesa soffre o è separato per vari motivi, come, in questo, la malattia e l'anzianità di papa Francesco».

Un’altra novità è che gli Esercizi di quest’anno, a differenza degli anni scorsi quando si svolgevano all’interno di un vero e proprio ritiro fuori dal Vaticano, sono stati trasmessi in diretta sui media vaticani. Ha pensato alle persone collegate?

«Gli Esercizi spirituali comunitari non si facevano più da qualche anno. Si era deciso di farli in Vaticano per permettere la partecipazione di tutte le persone che vivono e lavorano nella Santa Sede. Inizialmente la diffusione dei contenuti doveva avvenire soltanto a livello interno, poi si è valutata la possibilità di estendere a tutti l'opportunità di seguirli in diretta streaming perché arrivavano diverse richieste. C’è stato un ottimo riscontro. Anch’io sono stato raggiunto da tante persone da ogni parte del mondo per dirmi che erano in comunione spirituale con noi. È stata un'ulteriore opportunità di pregare, ascoltare la parola di Dio – perché pregare significa anche questo non solo recitare il Rosario – ma anche aprire i nostri cuori al contenuto della parola di Dio e alla speranza che c'è nella nostra fede, di cui la vita eterna è il punto centrale».

La vita eterna, appunto, è stato il tema scelto quest’anno. Perché, anche tra i credenti, la morte è vista sempre di più come la fine di tutto e un salto nel buio?

«Un po' perché così è e lo è stato anche per Gesù, mi verrebbe da dire. La morte ha un elemento che intercetta e alimenta le nostre paure perché, essendoci allontanati da Dio, non la avvertiamo più come un passaggio nelle sue braccia. Questa è un po' la conseguenza del peccato. Poi, però, c'è la conseguenza di un altro peccato, cioè aver perso come cristiani, come Chiesa, sicuramente qui in Occidente, un legame forte con il Battesimo, con l'esperienza della risurrezione, diciamo come atmosfera, come sensazione, come esperienza profonda del cuore già in questo mondo. Il cristianesimo si è allontanato da questo elemento centrale che nel primo cristianesimo invece era proprio l'esperienza del risorgere con Cristo, non nell'ultimo giorno, ma già adesso attraverso il perdono dei peccati, attraverso una vita rinnovata dalla Parola, dalla potenza del Vangelo e dal soffio dello Spirito. Questa esperienza così forte e incandescente è un po' sfiorita lungo i secoli, questo è il motivo per cui la vita eterna non è rimasta al centro della consapevolezza cristiana e quindi sono diventate più importanti altre cose: i valori, la morale, l'impegno, la carità, i documenti. Tutte cose importanti, senza dubbio, ma che sono collaterali a quello che è il cuore dell'esperienza cristiana: Cristo è risorto e in Lui anche noi possiamo risorgere a vita eterna già in questo mondo».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Antonio Sanfrancesco 15/03/2025)


Padre Roberto Pasolini durante la predicazione degli Esercizi spirituali alla Curia Romana (Ansa)

martedì 18 marzo 2025

Andrea Tornielli: Disarmo e nuova linfa per la diplomazia

Andrea Tornielli

Disarmo e nuova linfa per la diplomazia

Dal Gemelli Papa Francesco ribadisce l’assurdità della guerra mentre il mondo corre a riarmarsi

Sfollati a Gaza dopo gli ultimi bombardamenti (AFP or licensors)

Poche parole, ma significative, che purtroppo giungono nelle stesse ore in cui si riaccende la guerra in Medio Oriente con nuovi bombardamenti israeliani a Gaza. Dal Policlinico Gemelli, Papa Francesco vede ancora più chiaramente e lucidamente l’assurdità della guerra. E nella lettera al direttore del Corriere della Sera alza nuovamente la sua voce - così simile a quella del Battista che grida del deserto – per ribadire che la guerra devasta le comunità e l’ambiente.

Il mondo, Europa compresa, corre a riarmarsi, pronto a investire somme ingentissime per riempire gli arsenali che già traboccano di ordigni in grado di distruggere dieci volte l’intera umanità. Il Successore di Pietro, reso fragile e debole dalla malattia, non rinuncia a indicarci la strada per fermare la corsa verso il baratro della Terza Guerra Mondiale. Ci invita a disarmare innanzitutto le parole e le menti. Ci invita a disarmare la terra.

In un tempo in cui persino le trattative e gli incontri di vertice avvengono in mondovisione, e dove sembrano prevalere il linguaggio semplificato, la demonizzazione dell’avversario, la polarizzazione e le fake news, Francesco invita alla riflessione, alla pacatezza, al senso della complessità della realtà. E ci invita soprattutto a riscoprire la diplomazia in un mondo che sembra averla dimenticata, e a ridare linfa vitale e credibilità alle organizzazioni internazionali, che vanno rafforzate e non svuotate della loro forza.

Che la via sia quella del disarmo e non del riarmo, lo ha ricordato ieri anche il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, interpellato sul ReArm Europe a margine della prima edizione del Tavolo del Ramadan – Iftar organizzato dall’ambasciata del Marocco presso la Santa Sede: «Chi sceglie di riarmarsi, prima o poi deve affrontare la realtà che le armi, per quanto possano sembrare un deterrente, sono destinate a essere utilizzate. Bisogna insistere a livello internazionale perché ci sia un disarmo generale e controllato. E questa è stata una costante della politica della Santa Sede sin dai tempi della Prima guerra mondiale». Parolin, ha aggiunto: «Non si può quindi essere soddisfatti della direzione che stiamo prendendo, dove, al contrario, si assiste a un rafforzamento degli arsenali».
(fonte: Vatican News, editoriale 18/03/2025)

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Vedi anche i post:

La lettera di Papa Francesco al Corriere: «La malattia e la fragilità rendono più lucidi. Serve responsabilità, disarmiamo la Terra»

La lettera di Papa Francesco al Corriere:
«La malattia e la fragilità rendono più lucidi.
Serve responsabilità, disarmiamo la Terra»

Papa Francesco scrive al Corriere e affronta il tema della «fragilità umana», rispondendo a un messaggio di vicinanza del direttore Luciano Fontana


Questa è la lettera che Papa Francesco ha inviato dal policlinico Gemelli di Roma, dove è ricoverato dal 14 febbraio scorso, al direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, che gli aveva inviato un messaggio di vicinanza e di augurio per la sua salute. Nella missiva il direttore Fontana aveva chiesto al Pontefice se volesse intervenire con un suo appello in un momento così grave e delicato, ma anche importante, per la comunità internazionale e per le popolazioni ancora martoriate dalla guerra. E aveva sottolineato proprio le parole del Pontefice che più volte ha condannato gli «schemi di guerra», anziché gli «schemi di pace».
Dopo alcuni giorni di attesa, ieri è arrivata questa lettera, datata 14 marzo, nella quale papa Francesco parla delle proprie condizioni di salute, affronta il tema della fragilità umana e ribadisce il suo grido accorato affinché «ci si unisca in uno sforzo» per «riaccendere la speranza della pace».

Caro Direttore,
desidero ringraziarla per le parole di vicinanza con cui ha inteso farsi presente in questo momento di malattia nel quale, come ho avuto modo di dire, la guerra appare ancora più assurda. La fragilità umana, infatti, ha il potere di renderci più lucidi rispetto a ciò che dura e a ciò che passa, a ciò che fa vivere e a ciò che uccide. Forse per questo tendiamo così spesso a negare i limiti e a sfuggire le persone fragili e ferite: hanno il potere di mettere in discussione la direzione che abbiamo scelto, come singoli e come comunità.

Vorrei incoraggiare lei e tutti coloro che dedicano lavoro e intelligenza a informare, attraverso strumenti di comunicazione che ormai uniscono il nostro mondo in tempo reale: sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene. Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità.
Mentre la guerra non fa che devastare le comunità e l’ambiente, senza offrire soluzioni ai conflitti, la diplomazia e le organizzazioni internazionali hanno bisogno di nuova linfa e credibilità. Le religioni, inoltre, possono attingere alle spiritualità dei popoli per riaccendere il desiderio della fratellanza e della giustizia, la speranza della pace.
Tutto questo chiede impegno, lavoro, silenzio, parole. Sentiamoci uniti in questo sforzo, che la Grazia celeste non cesserà di ispirare e accompagnare.
Francesco


Riarmo e ombrello nucleare La parola a Francesco

«Come possiamo proporre la pace se usiamo continuamente l’intimidazione bellica nucleare come ricorso legittimo per la risoluzione dei conflitti?» 

Riarmo e ombrello nucleare
La parola a Francesco


di Andrea Tornielli

I venti di guerra, il riarmo con l’impiego di enormi investimenti, le proposte di rilancio delle armi atomiche... Fa davvero impressione il modo con cui, in Europa e nel mondo, viene presentata la corsa agli armamenti, quasi fosse una prospettiva inesorabilmente necessaria, l’unica percorribile.

Dopo anni in cui la diplomazia è rimasta silente e la capacità di negoziato assente, sembra che l’unica via percorribile sia quella del riarmo. Si scomodano padri fondatori come Alcide De Gasperi, che aveva sostenuto la creazione di un esercito comune europeo, per giustificare iniziative assai diverse, che non vedono protagonista l’Unione Europea ma i singoli Stati.

Si torna a parlare di “ombrello nucleare” e di “deterrenza”, che fa rivivere i peggiori scenari della Guerra Fredda ma in un clima di maggiore instabilità e incertezza rispetto al secolo scorso, con il baratro di una Terza Guerra Mondiale sempre più all’orizzonte.

In questi anni, con profetica lucidità, Papa Francesco ha visto avvicinarsi il pericolo. Le sue parole sono illuminanti per comprendere il momento che stiamo vivendo. Diamo voce a lui, che ricoverato al Policlinico Gemelli offre le sue sofferenze e le sue preghiere per la pace nel mondo.

«È un dato di fatto — aveva detto Francesco nel novembre 2017 — che la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani... Gli armamenti che hanno come effetto la distruzione del genere umano sono persino illogici sul piano militare».

Nel novembre 2019, da Nagasaki città martire dell’atomica, il Vescovo di Roma affermava: «Uno dei desideri più profondi del cuore umano è il desiderio di pace e stabilità. Il possesso di armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa non è la migliore risposta a questo desiderio; anzi, sembrano metterlo continuamente alla prova. Il nostro mondo vive la dicotomia perversa di voler difendere e garantire la stabilità e la pace sulla base di una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia, che finisce per avvelenare le relazioni tra i popoli e impedire ogni possibile dialogo».

E aggiungeva: «La pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale; sono possibili solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana di oggi e di domani».

Sempre nel novembre 2019, da Hiroshima, Francesco ricordava, facendo sue le parole di Papa Montini, che la vera pace può essere solo disarmata: «Di fatto, se realmente vogliamo costruire una società più giusta e sicura, dobbiamo lasciare che le armi cadano dalle nostre mani: “non si può amare con armi offensive in pugno” (S. Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965, 5). Quando ci consegniamo alla logica delle armi e ci allontaniamo dall’esercizio del dialogo, ci dimentichiamo tragicamente che le armi, ancor prima di causare vittime e distruzione, hanno la capacità di generare cattivi sogni, “esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli” (ibid., 5). Come possiamo proporre la pace se usiamo continuamente l’intimidazione bellica nucleare come ricorso legittimo per la risoluzione dei conflitti? Che questo abisso di dolore richiami i limiti che non si dovrebbero mai oltrepassare. La vera pace può essere solo una pace disarmata».

Quella del Successore di Pietro, continuava, è «la voce di coloro la cui voce non viene ascoltata e che guardano con inquietudine e con angoscia le crescenti tensioni che attraversano il nostro tempo, le inaccettabili disuguaglianze e ingiustizie che minacciano la convivenza umana, la grave incapacità di aver cura della nostra casa comune, il ricorso continuo e spasmodico alle armi, come se queste potessero garantire un futuro di pace».

Poi la condanna non soltanto dell’uso ma anche del possesso delle armi nucleari che ancora oggi riempiono gli arsenali del mondo con una potenza tale da essere in grado di distruggere decine di volte l’umanità intera: «Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati per questo».

Secondo la Federation of American Scientists, citata dal quotidiano «Domani», in Europa ci sono 290 testate atomiche sotto il controllo francese e 225 testate in Gran Bretagna. La quasi totalità delle testate atomiche — l’88% è negli arsenali di Stati Uniti e Russia, più di 5.000 testate ciascuno. In tutto sono 9 i Paesi ad avere bombe nucleari, oltre a quelli già citati ci sono Cina, India, Corea del Nord, Pakistan e Israele. Esistono oggi missili balistici in grado di scatenare una potenza distruttiva mille volte superiore a quella delle bombe sganciate a Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Viene da domandarsi: abbiamo davvero bisogno di ancora più armi? È davvero questa l’unica via per difenderci?

«La Chiesa Cattolica — aveva detto a Nagasaki sei anni fa Papa Francesco — è irrevocabilmente impegnata nella decisione di promuovere la pace tra i popoli e le nazioni: è un dovere per il quale si sente obbligata davanti a Dio e davanti a tutti gli uomini e le donne di questa terra… Nella convinzione che un mondo senza armi nucleari è possibile e necessario, chiedo ai leader politici di non dimenticare che queste non ci difendono dalle minacce alla sicurezza nazionale e internazionale del nostro tempo».

(fonte: L'Osservatore Romano 15/03/2025)


lunedì 17 marzo 2025

Tonio Dell'Olio: Stabile e duratura

Tonio Dell'Olio
 
Stabile e duratura

PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI  IL 17 MARZO 2025

Dai palchi e dai giornali, dai salotti delle tivù e dai social, tutti gridano che bisogna ottenere una pace stabile e duratura.

Nella Striscia di Gaza come in Cisgiordania e Israele, in Ucraina, in Congo, in Sudan… abbiamo bisogno di una pace stabile e duratura. Anche l’Europa si riarma a suon di miliardi di euro per ottenere o mantenere una pace stabile e duratura. Ma dobbiamo ammettere a noi stessi che se le parole hanno un significato allora dobbiamo valutarne il peso specifico. 
A quale pace facciamo riferimento? 
Perché se è quella prodotta dalle armi tutto può essere tranne che una pace stabile e duratura. Se vengono usate, allora diventa guerra (e non pace) destinata inevitabilmente a lasciare dietro di sé una scia di odi e rancori, oltre che morti, distruzione e dolori. 
Se invece servono – come si dice – come deterrenza, allora costituiscono una minaccia stabile e duratura per gli altri popoli. Diffondono paura e terrore, che è esattamente il contrario della pace stabile e duratura. 
Per fondare una pace con quelle caratteristiche nacquero le Nazioni Unite con apparati e organismi che dovessero essere in grado di prevenire i conflitti armati e diffondere un clima di cooperazione e fiducia. Tra gli effetti primari (e non secondari) della volontà di armarsi, vi è indiscutibilmente anche quello di indebolire l’ONU e il suo sogno, così come ogni altro tentativo di pervenire a una pace stabile e duratura tramite il dialogo, l’incontro, la diplomazia.

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Per approfondire alcuni dei nostri precedenti post:


Al Gemelli la carezza dei bambini a Papa Francesco

Al Gemelli la carezza dei bambini a Papa Francesco

Sono arrivati, grazie al comitato per la Giornata Mondiale dei Bambini, da diverse parti d'Italia, spinti dall'affetto per il Pontefice, per portare fiori, bigliettini, disegni e lettere nei quali esprimere il desiderio di vederlo guarire. Dopo la preghiera dell'Angelus, l'omaggio alla Vergine nella cappellina del Policlinico


"Torna da noi!", 'Torna da noi!".

Non è un libro, né tantomeno una PlayStation, come avevano suggerito qualche giorno fa i piccoli pazienti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Il dono che domenica 16 marzo, i bambini hanno scelto per Papa Francesco è una carezza. Un gesto tenero, eppure potente, portato dal soffio delle loro voci, quasi “urlato” – per essere certi che arrivi – dal piazzale del Policlinico Gemelli, dove il Pontefice è ricoverato dal 14 febbraio scorso. Si ribalta, quindi, la prospettiva, come nota una mamma presente per accompagnare le sue due figlie. Se un tempo fu Papa Giovanni XXIII, nel suo celebre “discorso della Luna”, a chiedere agli adulti di portare una carezza ai più piccoli, oggi sono proprio i bambini a offrirla. Con le loro mani fragili ma sicure, con quella gioia limpida che è “salute per l’anima”.

Un affetto coinvolgente

Alle 11:30, mezz’ora prima che le parole dell’Angelus vengano diffuse, un abbraccio di voci e colori avvolge il monumento dedicato a Giovanni Paolo II, intitolato “Non abbiate paura”. Ad animare la mattinata che alterna qualche goccia di pioggia ad un sole che fa capolino tra le nuvole – organizzata dal Pontificio Comitato per la Giornata Mondiale dei Bambini, guidato da padre Enzo Fortunato – è un mosaico di realtà che si stringe attorno al Pontefice: dalle Scuole della Pace della Comunità di Sant'Egidio ai piccoli delle scuole cattoliche della Fidae, dagli scout dell’associazione Castorini ai bambini dei buddisti italiani. Con loro, anche i piccoli della cooperativa Auxilium, le case famiglia legate all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, insieme a delegazioni dell’Unicef e dell’Order of Smile. "Il Papa aiuta tutti", "la scuola cattolica tifa per te", i cartelli portati al Gemelli.

La preghiera dei bambini

Mano nella mano

I piccoli protagonisti arrivano mano nella mano - saranno, alla fine, circa trecento - intrecciati come fili di una stessa storia. Bambini con i loro genitori, piccoli passi accanto a quelli più grandi. E poi ci sono i nonni, custodi di memoria e tenerezza, di quel legame che è “aria pulita”, respiro di fiducia, fatto di sguardi e piccoli gesti. Come quello di un bambino che stringe il suo disegno, e prima di deporlo ai piedi della statua di Papa Wojtyla, lo mostra alla nonna: lei sorride, alza il pollice in segno di approvazione. L’immagine di Francesco, con il braccio alto in segno di saluto e un sorriso ampio, quasi da cartone animato ma pur sempre autentico, si aggiunge a una lunga serie di disegni e letterine.

La "carezza" dei bambini per Papa Francesco al Gemelli

"Fai che Papa Francesco stia bene"
"Papa Francesco, Papa Francesco!"

È il coro di voci che si leva a mezzogiorno, quando padre Fortunato invita alla preghiera dell’Angelus. Tra un palloncino bianco che svolazza e uno d'oro che sfugge dalle mani e si innalza nel cielo, vengono letti i messaggi di affetto per il Pontefice. Poi, nel silenzio raccolto della preghiera risuonano le parole che il Papa ha voluto dedicare loro nel testo consegnato per l’occasione:

"Grazie, carissimi bambini! Il Papa vi vuole bene e aspetta sempre di incontrarvi."

Un’esplosione di gioia risponde, come un boato da stadio: non è una carezza, forse, ma è amore puro, spontaneo, il linguaggio schietto dell’infanzia. Infine, l’ultimo gesto: un gruppo di bambini, accompagnati da monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, depone un mazzo di fiori bianchi nella cappellina del Gemelli. Con esso, una letterina, tanto semplice quanto profonda, come solo un bambino saprebbe scriverla:

"Madonnina, fai che Papa Francesco stia bene."

La consegna del mazzo di fiori e dei disegni per Papa Francesco

"Santità, facciamo il tifo per te!"

L'affetto dimostrato dai più piccoli nei confronti del Papa ha toccato e, in alcuni casi, persino commosso i più grandi. A testimoniarlo è Virginia Kaladich, presidente nazionale della Fidae. I messaggi giunti in occasione della Giornata nazionale di preghiera a sostegno del Papa, indetta dall'associazione che dal 1945 raccoglie tutte le scuole cattoliche, sono stati numerosissimi. "La spontaneità e la delicatezza dei bambini ci hanno davvero colpiti e coinvolti", ha raccontato Kaladich ai media vaticani. "Vogliono il ritorno del Papa a San Pietro", ha aggiunto, riassumendo così il sentimento dei più piccoli per Francesco: "Come tu hai sempre pregato per noi, adesso noi siamo con te". Tra le docenti che hanno raccolto i messaggi c'è anche Martina Bonifazzi, insegnante di spagnolo presso la scuola primaria e secondaria di primo grado della Fondazione Sacro Cuore. "Gli alunni hanno empatizzato davvero tanto", ha raccontato. "Una dedica che mi è rimasta particolarmente nel cuore dice: 'Papa Francesco, grazie per ciò che stai facendo, per voler trasmettere, in questi tempi così bui e difficili, ancora una volta, seppur con forse poche forze, ma con grande nobiltà di spirito, quanto sia importante la preghiera per la terra la pace'".

La "carezza" dei bambini per Papa Francesco al Gemelli
(fonte: Vatican News, articolo di Edoardo Giribaldi 16/03/2025)


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domenica 16 marzo 2025

16/03/2025 Francesco: vicino ai malati, fragili come me. Grazie bambini, il Papa vi vuole bene + testo integrale dell'Angelus


Francesco: vicino ai malati, fragili come me.
Grazie bambini, il Papa vi vuole bene

Nel testo dell'Angelus preparato dal Pontefice, Francesco ricorda che nella malattia nulla può impedire di amare e pregare, esorta a guardare chi è accanto nella prova, riflesso della luce di Dio. Infine il ringraziamento ai bimbi andati al Gemelli per stargli vicino e il pensiero alla Chiesa sinodale sempre più in cammino. Nel suo cuore anche i Paesi sconvolti dalla guerra

I bambini al Gemelli  (AFP or licensors)

È la luce che trasforma, che abbaglia, che si fa carezza nel dolore a guidare i pensieri del Papa nell’Angelus, da lui preparato, in questa seconda domenica di Quaresima. È la luce della Trasfigurazione di Gesù che rende visibile ai discepoli che lo seguono sul monte una delle più grandi verità: “dietro i gesti – evidenzia Francesco - che Egli compie in mezzo a loro”, c’è “la luce del suo amore infinito”.

Il periodo di prova

Un amore che il Papa avverte “mentre sto affrontando – scrive - un periodo di prova, e mi unisco a tanti fratelli e sorelle malati: fragili, in questo momento, come me”.

Il nostro fisico è debole ma, anche così, niente può impedirci di amare, di pregare, di donare noi stessi, di essere l’uno per l’altro, nella fede, segni luminosi di speranza.

Raggi dell’amore di Gesù

Essere luce anche nei luoghi in cui alberga la sofferenza. È una luce – aggiunge il Pontefice - che si ritrova anche nelle persone che il Signore ci pone vicino.

Quanta luce risplende, in questo senso, negli ospedali e nei luoghi di cura! Quanta attenzione amorevole rischiara le stanze, i corridoi, gli ambulatori, i posti dove si svolgono i servizi più umili! Perciò vorrei invitarvi, oggi, a dare con me lode al Signore, che mai ci abbandona e che nei momenti di dolore ci mette accanto persone che riflettono un raggio del suo amore.

La preghiera dei bambini

E Francesco ringrazia chi lo assiste “con tanta dedizione”, sente accanto a sé un popolo che prega incessantemente per la sua salute; dai più piccoli ai più grandi.

So che pregano per me tanti bambini; alcuni di loro oggi sono venuti qui al “Gemelli” in segno di vicinanza. Grazie, carissimi bambini! Il Papa vi vuole bene e aspetta sempre di incontrarvi.

Il ricordo di Paesi feriti dai conflitti

Anche dal Policlinico Gemelli, ha nel cuore i Paesi “feriti dalla guerra: nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo”.

Una Chiesa sempre più sinodale

Infine, nel testo dell’Angelus, il Papa ricorda il percorso, da lui stesso approvato, per accompagnare le Chiese nell’attuazione del documento finale del Sinodo 2024 e per camminare verso un’Assemblea ecclesiale nel 2028.

E preghiamo per la Chiesa, chiamata a tradurre in scelte concrete il discernimento fatto nella recente Assemblea Sinodale. Ringrazio la Segreteria Generale del Sinodo, che nei prossimi tre anni accompagnerà le Chiese locali in questo impegno.

“La Vergine Maria – conclude il Papa - ci custodisca e ci aiuti ad essere, come Lei, portatori della luce e della pace di Cristo”.
(fonte: Vatican News, articolo di Benedetta Capelli 16/03/2025)

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PAPA FRANCESCO

ANGELUS

II Domenica di Quaresima, 16 marzo 2025


Testo preparato dal Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Oggi, seconda domenica di Quaresima, il Vangelo ci parla della Trasfigurazione di Gesù (Lc 9,28-36). Salito in cima a un monte con Pietro, Giacomo e Giovanni, Gesù si immerge nella preghiera e diventa raggiante di luce. Così mostra ai discepoli che cosa si cela dietro i gesti che Egli compie in mezzo a loro: la luce del suo amore infinito.

Condivido con voi questi pensieri mentre sto affrontando un periodo di prova, e mi unisco a tanti fratelli e sorelle malati: fragili, in questo momento, come me. Il nostro fisico è debole ma, anche così, niente può impedirci di amare, di pregare, di donare noi stessi, di essere l’uno per l’altro, nella fede, segni luminosi di speranza. Quanta luce risplende, in questo senso, negli ospedali e nei luoghi di cura! Quanta attenzione amorevole rischiara le stanze, i corridoi, gli ambulatori, i posti dove si svolgono i servizi più umili! Perciò vorrei invitarvi, oggi, a dare con me lode al Signore, che mai ci abbandona e che nei momenti di dolore ci mette accanto persone che riflettono un raggio del suo amore.

Vi ringrazio tutti per le vostre preghiere, e ringrazio coloro che mi assistono con tanta dedizione. So che pregano per me tanti bambini; alcuni di loro oggi sono venuti qui al “Gemelli” in segno di vicinanza. Grazie, carissimi bambini! Il Papa vi vuole bene e aspetta sempre di incontrarvi.

Continuiamo a pregare per la pace, specialmente nei Paesi feriti dalla guerra: nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo.

E preghiamo per la Chiesa, chiamata a tradurre in scelte concrete il discernimento fatto nella recente Assemblea Sinodale. Ringrazio la Segreteria Generale del Sinodo, che nei prossimi tre anni accompagnerà le Chiese locali in questo impegno.

La Vergine Maria ci custodisca e ci aiuti ad essere, come Lei, portatori della luce e della pace di Cristo.


Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - II DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C

Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli

II DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C
16 marzo 2025


Per chi presiede

Fratelli e sorelle, oggi siamo stati invitati a volgere lo sguardo sul Volto di Gesù. Si tratta di un volto e di una veste luminosa, che rivelano l’interiorità del suo cuore, aperto totalmente all’ascolto della voce del Padre. A Lui rivolgiamo con fiducia le nostre preghiere ed insieme diciamo:

R/   Donaci il tuo Spirito, Signore 

  

Lettore


- Porta in alto, Signore Gesù, la tua Chiesa e rendila partecipe della tua preghiera. Fa’ che la nube del tuo Spirito l’avvolga pienamente così come un giorno ha avvolto Maria, la Madre tua. Come lei, fa’ che anche la tua Chiesa si renda docile all’ascolto della tua Parola così da portare al mondo un frutto di amore, di giustizia e di pace. Preghiamo.

- Ti preghiamo ancora, Signore Gesù, per la salute fisica e spirituale di papa Francesco. Fa’ che il suo silenzio possa generare in tutto il popolo di Dio una capacità profetica, che sappia dire una parola di vita a tutti gli smarriti di oggi. Preghiamo.

- Dona saggezza e lungimiranza, Signore Gesù, ai governanti della comunità europea, rinchiusi nella logica oscura della guerra. Fa’ che possano rendersi conto che la loro scelta di riarmare i loro Paesi a tutti i costi è una scelta cieca e senza prospettive di futuro. Risveglia, con la forza del tuo Spirito e della tua Parola, tutti quei cristiani europei, che oppressi dal sonno, non sanno più annunciare il Vangelo della pace. Preghiamo.

- Ti affidiamo, Signore Gesù, i ragazzi e le ragazze di oggi, chiamati a vivere in questo tempo di profondi cambiamenti e di grandi incertezze. Ti affidiamo, in modo particolare, i volti di molti di loro, che portano i segni della droga e della violenza. Ricordati anche dei volti di uomini e di donne sfigurati dalla tortura e dalla disumanità altrui. Sii vicino al dolore senza fine dei palestinesi e degli ucraìni. Preghiamo.

- Volgi il tuo sguardo, Signore Gesù, sui nostri fratelli e sulle nostre sorelle, che sperimentano il buio della malattia. Fa’ che la tua presenza possa illuminare di senso anche questo momento di prova. Sii vicino ai familiari, che li assistono e a quanti, medici ed infermieri, si prendono cura di loro. Preghiamo.

- Davanti a te, Signore della vita, ci ricordiamo dei nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ci ricordiamo delle vittime della guerra in Ucraina, in Palestina, in Cisgiordania e in Siria. Dona a tutti di contemplare la luce del tuo Volto. Preghiamo.


Per chi presiede

Ascolta, Signore Gesù, la voce della tua Chiesa in preghiera. Avvolgi anche noi con la nube dello tuo Spirito, affinché nell’ascolto della tua Parola affiniamo il nostro sguardo per riconoscere nel tuo Volto i volti di tutta l’umanità. Te lo chiediamo perché tu sei il Figlio Amato del Padre, vivente nei secoli dei secoli.
AMEN.

"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 19 - 2024/2025 anno C

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


 II DOMENICA DI QUARESIMA ANNO C

Vangelo:

L'evangelista Luca situa l'episodio della Trasfigurazione di Gesù circa «otto giorni dopo» il primo annuncio della sua passione, morte e resurrezione, ed è ad esso strettamente collegato. La pericope ci mostra qual è il senso autentico della croce, non come termine ultimo della vita, bensì come mistero d'amore di Dio per l'uomo. E' l'anticipo dell' Ottavo Giorno, quello della resurrezione, in cui facciamo esperienza viva del Risorto, il Dies Dominicus, il giorno del Signore, l'Alfa e l'Omegail Principio e la Fine«Fons et Culmen» della vita della Chiesa. E' il giorno in cui la comunità dei credenti, rappresentata da Pietro, Giacomo e Giovanni, ha la possibilità di contemplare la Gloria del Padre sul volto del Figlio, nonostante non fosse ancora in grado di comprenderne il senso: «Pietro non sapeva quel che diceva». Insieme a Gesù, anche i discepoli vengono avvolti e "adombrati" dalla Nube della Presenza di un Dio che non uccide coloro che gli si accostano, ma li vivifica e li rende fecondi. E' il giorno del nuovo «Shemà Israel», giorno in cui siamo invitati all'ascolto dell' Agapetòs, il Figlio Amato, l'unica e sola Parola che siamo comandati di ascoltare, perché perfetto ascoltatore della Parola del Padre, Parola d'Amore compiuta e definitiva sulla storia dell'uomo.


sabato 15 marzo 2025

LECH LECHA’ Questa domenica della luce ci ricorda che abbiamo urgente bisogno di una trasfigurazione, di un cambiamento radicale. Di andare via da questi bassipiani per guardare le cose dall’alto. - II DOMENICA DI QUARESIMA ANNO C - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Maria Ronchi

LECH  LECHA’

Questa domenica della luce ci ricorda che abbiamo urgente bisogno di una trasfigurazione, di un cambiamento radicale.
Di andare via da questi bassipiani per guardare le cose dall’alto.


In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, (...) Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra(...). E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo (...). Lc 9,28b-36
 
LECH  LECHA’
 
Questa domenica della luce ci ricorda che abbiamo urgente bisogno di una trasfigurazione, di un cambiamento radicale. Di andare via da questi bassipiani per guardare le cose dall’alto.


E il Signore disse ad Abramo: vattene dalla tua terra e dalla casa di tuo padre. «Lech lechà», gli disse, “vai verso te stesso”:

Sei tu la meta, non casa, terra o patria.

A un bambino che nasce, cosa augureresti?

A un uomo, a una donna di oggi, con la terra che brucia, cosa diresti?

Le stesse parole di Dio ad Abramo, lech lechà, vattene da questa visione del mondo, sporca e bugiarda. Vattene da questa storia, dove ha ragione il più armato, il più violento, il più immorale. Vai a te stesso. Dentro di te non hai armi, non cercare di riempire i tuoi vuoti con la violenza. Ma non senti dentro che la pace è più umana che non uccidere?

E poi gli direi, come Dio ad Abramo: alza la testa, conta le stelle. Perditi con gli occhi nel cielo a fare quello che sembra impossibile.

L’immensità ti rende giudice davanti ad ogni dittatore. Guarda in altro modo, guarda da un altro punto di vista, non quello piccolo di casa, di patria, ma con l’ottica del grande, dell’infinito, dell’immenso, delle stelle e del loro mistero.

Questa domenica della luce ci ricorda che abbiamo urgente bisogno di una trasfigurazione, di un cambiamento radicale. Di andare via da questi bassipiani per guardare le cose dall’alto.

Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto. Pregare trasforma, contemplare ti cambia il cuore, e tu diventi ciò che contempli; diventi come Colui che preghi.

Guardano i tre, e sono storditi perché gettano lo sguardo sull’abisso di Dio.

“Che bello, Signore!” esclama Pietro. La mia fede per essere pane, sale, luce, lievito deve discendere da un “che bello” gridato a piena voce, da un innamoramento.

Dio è bellissimo. E ha un cuore di luce, come Gesù sul monte.

Che questa immagine resti viva nei tre discepoli, e in tutti noi; viva per i giorni in cui il volto di Gesù invece di luce gronderà sangue, come sarà nel Giardino degli Ulivi, come oggi accade nelle infinite guerre del mondo, nelle infinite croci dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Alza la testa, guarda la luce del Tabor, guarda le stelle e vai, ritorna al cuore.

Preghiamo non per convincere Dio, ma perché ci aiuti ad essere fedeli ai piccoli del mondo contro tutti i potenti: “tienili per mano, baciali in fronte”.

Ci aiuti a credere che, nonostante tutte le smentite, il filo rosso della storia è saldo fra le tue dita e che noi dobbiamo porre mano non al futuro del mondo ma al mondo del futuro, oltre il muro d’ombra delle cose e degli avvenimenti.

Per capire le linee di fondo su cui camminare abbiamo le ultime parole del Padre in quel giorno luminoso: “questi è mio figlio, ascoltatelo, ascoltate Lui”.


Tonio Dell'Olio: Scienziati contro il riarmo - APPELLO (testo integrale)

Tonio Dell'Olio

Scienziati contro il riarmo

PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI  IL 14 MARZO 2025

Gli scienziati si stanno unendo per esprimersi contro la recente proposta di riarmo dell'Unione Europea. Hanno pubblicato "Scienziati contro il riarmo – Un manifesto" e chiedono a scienziati, ingegneri, professionisti medici, matematici, studiosi e alla più ampia comunità scientifica di sostenere la loro posizione.

Carlo Rovelli e Flavio Del Santo sono i primi firmatari e, a guardare il sito dell’International Union of Scientists sono a 284 firme. Nell’appello si legge: “Come scienziati – molti di noi coinvolti in campi in cui viene sviluppata la tecnologia militare – come intellettuali, come cittadini consapevoli degli attuali rischi globali, crediamo che oggi sia obbligo morale e civico di qualsiasi persona di buona volontà alzare la voce contro la richiesta di una militarizzazione europea e sollecitare il dialogo, la tolleranza e la diplomazia. La brusca militarizzazione non preserva la pace; porta alla guerra. I nostri leader politici dicono di essere pronti a combattere per difendere i presunti valori occidentali che ritengono in gioco; sono pronti a difendere il valore universale della vita umana? I conflitti in tutto il mondo sono in aumento. Secondo le Nazioni Unite (2023), un quarto dell'umanità vive in aree colpite da conflitti armati. (…) Il "Doomsday Clock of the Bulletin of the Atomic Scientists", che quantifica i rischi di una catastrofe nucleare globale, non ha mai registrato un rischio così alto come oggi”.

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Scienziati europei contro il riarmo: un manifesto


Di Carlo Rovelli, Flavio Del Santo e gli scienziati sottoscritti, 13 marzo 2025

Come scienziati, molti di noi coinvolti in campi in cui si sviluppa la tecnologia militare, come intellettuali, come cittadini consapevoli degli attuali rischi globali, crediamo che oggi sia obbligo morale e civico di ogni persona di buona volontà alzare la voce contro la richiesta di una militarizzazione europea e sollecitare dialogo, tolleranza e diplomazia. La militarizzazione improvvisa non preserva la pace; conduce alla guerra.

I nostri leader politici dicono di essere pronti a combattere per difendere i presunti valori occidentali che ritengono in gioco; sono pronti a difendere il valore universale della vita umana? I conflitti in tutto il mondo sono in aumento. Secondo le Nazioni Unite (2023), un quarto dell'umanità vive in aree colpite da conflitti armati. La guerra tra Russia e Ucraina, sovvenzionata dai paesi della NATO con la giustificazione di "difendere i principi", sta lasciando dietro di sé circa un milione di vittime. Il rischio di genocidio dei palestinesi da parte dell'esercito israeliano sostenuto dall'Occidente globale è stato riconosciuto dalla Corte internazionale di giustizia. Guerre brutali si stanno svolgendo in Africa, come in Sudan o nella Repubblica Democratica del Congo, alimentate da interessi nelle risorse minerarie africane. Il "Doomsday Clock del Bulletin of the Atomic Scientists", che quantifica i rischi di una catastrofe nucleare globale, non ha mai registrato un rischio così alto come oggi.

Spaventata dall'attacco russo all'Ucraina e dal recente riposizionamento degli Stati Uniti, l'Europa si sente messa da parte e teme che la sua pace e prosperità possano essere a rischio. I politici stanno reagendo in modo miope con un appello a mobilitare, su scala continentale, una colossale quantità di risorse per produrre più strumenti di morte e distruzione. Il 4 marzo 2025, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha pubblicato il "Piano ReArm Europe", affermando che "l'Europa è pronta e in grado di agire con la velocità e l'ambizione necessarie. [...] Siamo in un'era di riarmo. E l'Europa è pronta ad aumentare massicciamente la sua spesa per la difesa". L'industria militare, che ha vaste risorse e una potente influenza sui politici e sui media, soffia sul fuoco di una narrazione apertamente belligerante. La "paura della Russia" viene agitata come un uomo nero, ignorando convenientemente che la Russia ha un PIL inferiore a quello della sola Italia. I politici affermano, in modo del tutto ingiustificato, che la Russia ha obiettivi espansionistici verso l'Europa, rappresentando una minaccia per Berlino, Parigi e Varsavia, quando ha appena dimostrato di non essere stata nemmeno in grado di prendere il suo ex satellite, Kiev. La propaganda di guerra è sempre alimentata dall'istigazione di una paura esagerata. Con la diplomazia, l'Europa può tornare alla sua pacifica coesistenza e collaborazione con la Russia che la maledetta vicenda ucraina ha interrotto.

L'idea che la pace dipenda dalla sopraffazione delle altre parti porta solo all'escalation, e l'escalation porta alla guerra. La Guerra Fredda non è diventata una guerra "calda" e i politici saggi di entrambe le parti sono stati in grado di superare le loro forti divergenze ideologiche e le rispettive "questioni di principio" e concordare su una drastica riduzione equilibrata dei rispettivi armamenti nucleari. I trattati nucleari START tra gli USA e l'Unione Sovietica hanno portato alla distruzione dell'80% dell'arsenale nucleare del pianeta. Scienziati e intellettuali di entrambe le parti hanno svolto un ruolo riconosciuto nello spingere i politici verso una de-escalation razionale. Nel 1955, uno dei più importanti filosofi del XX secolo, matematico e premio Nobel per la letteratura, Bertrand Russell e il premio Nobel per la fisica Albert Einstein hanno firmato un influente manifesto e la Conferenza Pugwash, ispirata da esso, ha riunito scienziati di entrambe le parti, facendo pressioni per la de-escalation. Quando a Russell, nel 20, fu chiesto di lasciare un messaggio per i posteri, rispose: "In questo mondo, che sta diventando sempre più interconnesso, dobbiamo imparare a tollerarci a vicenda, dobbiamo imparare a sopportare il fatto che alcune persone dicano cose che non ci piacciono. Possiamo vivere insieme solo in questo modo. Ma se vogliamo vivere insieme, e non morire insieme, dobbiamo imparare una sorta di carità e una sorta di tolleranza, che è assolutamente vitale per la continuazione della vita umana su questo pianeta". Dovremmo aggrapparci a questa saggia eredità intellettuale.

I conflitti più importanti sono sempre stati preceduti da massicci investimenti militari. Dal 2009, la spesa militare globale ha raggiunto ogni anno livelli record senza precedenti, con una spesa del 2024 che ha raggiunto il massimo storico di 2443 miliardi di dollari. Il "ReArm Europe Plan" impegna l'Europa a investire 800 miliardi di euro in spese militari. Sia l'attuale Presidente degli Stati Uniti che l'attuale Presidente della Russia hanno recentemente dichiarato di essere pronti ad avviare colloqui per la normalizzazione delle relazioni e per una riduzione militare equilibrata. Il Presidente della Cina chiede ripetutamente la de-escalation e il passaggio da una mentalità conflittuale a una mentalità collaborativa "win-win". Questa è la direzione da seguire. E ora l'Europa si prepara alla guerra, con nuove spese militari pianificate mai viste dalla Seconda guerra mondiale. L'Europa è ora disposta a scuotere le spade perché si sente esclusa?

L'umanità affronta enormi sfide globali: cambiamenti climatici, carestia nel Sud del mondo, la più grande disuguaglianza economica di sempre, crescenti rischi di pandemie, guerra nucleare. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno oggi è che il Vecchio Continente passi da un faro di stabilità e pace a diventare un nuovo signore della guerra.

Se vedi pacem per pacem—se vuoi la pace, costruisci la pace, non la guerra.

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Le persone di buona volontà, scienziati o meno, sono benvenute firma questa dichiarazione qui.

(fonte:WORLD BEYOND WAR 13/03/2025) 


LETTERA COLLETIVA: Una manifestazione per questa Europa? Noi non ci saremo

LETTERA COLLETIVA:
Una manifestazione per questa Europa?
Noi non ci saremo


Molte nuove adesioni in risposta all'appello di Michele Serra su Repubblica


“Dobbiamo riarmarci urgentemente”, ha detto Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. Non possiamo accettare un'Europa che alza il budget militare cancellando le vere conquiste europee. Ci siamo sempre battuti per l'Europa. Ma per un'Europa di pace, di diritti, di democrazia.



Una manifestazione per l'Europa? Per questa Europa?

Noi non ci saremo.

Ci siamo sempre battuti per l'Europa. Per un'Europa di pace, di diritti, di democrazia. Abbiamo creduto nell'Unione Europea come il più grande progetto di riconciliazione della storia contemporanea, nato dalle macerie della Seconda guerra mondiale per garantire che nessuna guerra fratricida insanguinasse mai più il nostro continente. Ma l'Europa che oggi si vuole portare in piazza non è più quell'Europa.

Non possiamo accettare un'Europa che alza il budget militare cancellando le vere conquiste europee: il primato dell'ambiente, la centralità della sanità, il finanziamento della cultura e della scuola, il welfare che difende i più deboli e che assiste i più fragili, gli anziani. Tutto questo sarà compromesso, se non cancellato, dal programma di riarmo che le istituzioni europee stanno promuovendo. Un riarmo che non serve all'Europa: già oggi, l'Unione Europea e il Regno Unito spendono in armi tre volte di più della Russia. Eppure si continua a spingere per aumentare gli stanziamenti militari, come se una corsa agli armamenti potesse portare sicurezza e non, invece, il rischio di una spirale senza fine.

Ancora più grave è la direzione politica presa dal Parlamento Europeo, che a maggioranza ha votato per colpire la Russia in profondità, un'escalation pericolosa che allontana ogni prospettiva di negoziato e moltiplica i rischi di un conflitto diretto e incontrollabile.

Abbiamo fortemente creduto negli ideali europei di pace portati avanti da Willy Brandt e Olof Palme. Ideali fatti propri da Enrico Berlinguer. Seminati con la fede di Giorgio La Pira e don Tonino Bello. Con il coraggio di Sandro Pertini. Ma oggi l'Europa calza l'elmetto per fare quella guerra in cui gli Stati Uniti non credono più.

Scendere in piazza per questa Europa con l'elmetto significherebbe rinnegare non solo i nostri ideali pacifisti ma anche quelli di uomini di pace come Picasso, Montessori, Chaplin, Russel, Einstein, Follereau, Brecht. Loro rimarrebbero oggi inorriditi nel vedere questo ritorno europeo all'antico motto "si vis pacem para bellum". Un ritornello ripetuto più volte e in varie forme da esponenti europei da cui ci saremmo aspettati ben altro.

Non possiamo scendere in piazza per sostenere un'Unione Europea che si allontana dai suoi valori fondanti e si piega alla logica del riarmo.

Continueremo a lottare per un'Europa della pace, della giustizia sociale, della cooperazione. Ma questa Europa del riarmo, no, non ci vedrà al suo fianco.

“Dobbiamo riarmarci urgentemente”, ha detto Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea.

Caro Michele Serra, abbiamo letto il tuo appello. Ma noi diserteremo.

Ecco il lnk: