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sabato 30 settembre 2023

30/09/2023 Concistoro ordinario pubblico per la creazione di ventuno nuovi cardinali - Papa Francesco: "Il Collegio Cardinalizio è chiamato ad assomigliare a un’orchestra sinfonica, che rappresenta la sinfonicità e la sinodalità della Chiesa." (cronaca, foto, testi e video)

Sul sagrato della basilica di San Pietro il Pontefice ha tenuto il Concistoro ordinario pubblico per la creazione di ventuno nuovi cardinali

Immagine della sinfonicità
e della sinodalità della Chiesa


Il Collegio cardinalizio è simile a «un’orchestra sinfonica che rappresenta la sinfonicità e la sinodalità della Chiesa». Lo ha detto il Papa nell’allocuzione pronunciata durante il Concistoro ordinario pubblico per la creazione di ventuno nuovi cardinali svoltosi nella mattina di oggi, sabato 30 settembre, sul sagrato della basilica di San Pietro. Nel ricordare che «siamo evangelizzatori nella misura in cui conserviamo nel cuore lo stupore e la gratitudine di essere stati evangelizzati», il Pontefice si è rivolto ai neo-porporati sottolineando che «la diversità è necessaria, è indispensabile», ma «ogni suono deve concorrere al disegno comune». E per questo «è fondamentale l’ascolto reciproco». Del resto, ha aggiunto, «abbiamo come maestro lo Spirito Santo: maestro interiore di ognuno e maestro del camminare insieme. Lui crea la varietà e l’unità, Lui è la stessa armonia».
(fonte: L'Osservatore Romano 30/09/2023)

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CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro
Sabato, 30 settembre 2023



Pensando a questa celebrazione e in particolare a voi, cari fratelli, che sareste diventati Cardinali, mi è venuto in mente questo testo degli Atti degli Apostoli (cfr 2,1-11). È un testo fondamentale: il racconto della Pentecoste, il battesimo della Chiesa… Ma in realtà il mio pensiero era attratto da una cosa particolare: da quell’espressione uscita dalla bocca dei Giudei che «abitavano allora a Gerusalemme» (v. 5). Essi dicono: «Siamo Parti, Medi, Elamiti…» (v. 9) e così via. Questo lungo elenco di popoli mi ha fatto pensare ai Cardinali, che grazie a Dio sono di tutte le parti del mondo, delle nazioni più diverse. Ecco il motivo per cui ho scelto questo brano biblico.

Meditando poi su di esso, mi sono accorto di una specie di “sorpresa” che era nascosta in questa associazione d’idee, una sorpresa nella quale, con gioia, mi è sembrato di riconoscere, per così dire, l’umorismo dello Spirito Santo, scusatemi l’espressione.

Che cos’è questa “sorpresa”? Essa consiste nel fatto che normalmente noi pastori, quando leggiamo il racconto della Pentecoste, ci identifichiamo con gli Apostoli. È naturale che sia così. Invece quei “Parti, Medi, Elamiti” eccetera, che nella mia mente avevo associato ai Cardinali, non appartengono al gruppo dei discepoli, sono fuori dal cenacolo, sono parte di quella «folla» che «si radunò» sentendo il rumore provocato dal vento impetuoso (cfr v. 6). Gli Apostoli erano “tutti Galilei” (cfr v. 7), mentre la gente che si era radunata era «di ogni nazione che è sotto il cielo» (v. 5), proprio come sono i Vescovi e i Cardinali nel nostro tempo.

Questa specie di inversione di ruoli fa riflettere e, a guardarla bene, rivela una prospettiva interessante, che vorrei condividere con voi. Si tratta di applicare a noi – mi ci metto anch’io per primo – l’esperienza di quei Giudei che per un dono di Dio si trovarono ad essere protagonisti dell’evento della Pentecoste, cioè del “battesimo” dello Spirito Santo che fece nascere la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Riassumerei così questa prospettiva: riscoprire con stupore il dono di aver ricevuto il Vangelo «nelle nostre lingue» (v. 11), come dice quella gente. Ripensare con gratitudine al dono di essere stati evangelizzati e di essere stati tratti da popoli che, ciascuno a suo tempo, hanno ricevuto il Kerygma, l’annuncio del mistero di salvezza, e accogliendolo sono stati battezzati nello Spirito Santo e sono entrati a far parte della Chiesa. La Chiesa Madre, che parla in tutte le lingue, che è una ed è cattolica.

Ecco, questa Parola del Libro degli Atti ci fa pensare che, prima di essere “apostoli”, prima di essere sacerdoti, vescovi, cardinali, siamo “Parti, Medi, Elamiti” eccetera eccetera. E questo dovrebbe risvegliare in noi lo stupore e la riconoscenza per aver ricevuto la grazia del Vangelo nei nostri rispettivi popoli di origine. Ritengo che ciò sia molto importante e da non dimenticare. Perché lì, nella storia del nostro popolo, direi nella “carne” del nostro popolo, lo Spirito Santo ha operato il prodigio della comunicazione del mistero di Gesù Cristo morto e risorto. Ed è arrivato a noi “nelle nostre lingue”, sulle labbra e nei gesti dei nostri nonni e dei nostri genitori, dei catechisti, dei sacerdoti, dei religiosi… Ognuno di noi può ricordare voci e volti concreti. La fede viene trasmessa “in dialetto”. Non dimenticatevi questo: la fede viene trasmessa in dialetto, dalle mamme e dalle nonne.

In effetti, siamo evangelizzatori nella misura in cui conserviamo nel cuore lo stupore e la gratitudine di essere stati evangelizzati. Anzi, di essere evangelizzati, perché in realtà si tratta di un dono sempre attuale, che chiede di essere continuamente rinnovato nella memoria e nella fede. Evangelizzatori evangelizzati, e non funzionari.

Fratelli e sorelle, carissimi Cardinali, la Pentecoste – come il Battesimo di ciascuno di noi – non è un fatto del passato, è un atto creativo che Dio rinnova continuamente. La Chiesa – e ogni suo membro – vive di questo mistero sempre attuale. Non vive “di rendita”, no, e tanto meno di un patrimonio archeologico, per quanto prezioso e nobile. La Chiesa, e ogni battezzato, vive dell’oggi di Dio, per l’azione dello Spirito Santo. Anche l’atto che stiamo compiendo qui adesso, ha senso se lo viviamo in questa prospettiva di fede. E oggi, alla luce della Parola, possiamo cogliere questa realtà: voi neo-Cardinali siete venuti da diverse parti del mondo e lo stesso Spirito che fecondò l’evangelizzazione dei vostri popoli, ora rinnova in voi la vostra vocazione e missione nella Chiesa e per la Chiesa.

Da questa riflessione, ricavata da una “sorpresa” feconda, vorrei trarre semplicemente una conseguenza per voi, fratelli Cardinali, e per il vostro Collegio. E vorrei esprimerla con un’immagine, quella dell’orchestra: il Collegio Cardinalizio è chiamato ad assomigliare a un’orchestra sinfonica, che rappresenta la sinfonicità e la sinodalità della Chiesa. Dico anche la “sinodalità”, non solo perché siamo alla vigilia della prima Assemblea del Sinodo che ha proprio questo tema, ma perché mi pare che la metafora dell’orchestra possa illuminare bene il carattere sinodale della Chiesa.

Una sinfonia vive della sapiente composizione dei timbri dei diversi strumenti: ognuno dà il suo apporto, a volte da solo, a volte unito a qualcun altro, a volte con tutto l’insieme. La diversità è necessaria, è indispensabile. Ma ogni suono deve concorrere al disegno comune. E per questo è fondamentale l’ascolto reciproco: ogni musicista deve ascoltare gli altri. Se uno ascoltasse solo se stesso, per quanto sublime possa essere il suo suono, non gioverà alla sinfonia; e lo stesso avverrebbe se una sezione dell’orchestra non ascoltasse le altre, ma suonasse come se fosse da sola, come se fosse il tutto. E il direttore dell’orchestra è al servizio di questa specie di miracolo che ogni volta è l’esecuzione di una sinfonia. Egli deve ascoltare più di tutti gli altri, e nello stesso tempo il suo compito è aiutare ciascuno e tutta l’orchestra a sviluppare al massimo la fedeltà creativa, fedeltà all’opera che si sta eseguendo, ma creativa, capace di dare un’anima a quello spartito, di farlo risuonare nel qui e ora in maniera unica.

Cari fratelli e sorelle, ci fa bene rispecchiarci nell’immagine dell’orchestra, per imparare sempre meglio ad essere Chiesa sinfonica e sinodale. La propongo in particolare a voi, membri del Collegio Cardinalizio, nella consolante fiducia che abbiamo come maestro lo Spirito Santo – Lui è il protagonista –: maestro interiore di ognuno e maestro del camminare insieme. Lui crea la varietà e l’unità, Lui è la stessa armonia. San Basilio cerca una sintesi quando dice: “Ipse harmonia est”, Lui è la stessa armonia. Alla sua guida dolce e forte ci affidiamo, e alla custodia premurosa della Vergine Maria.


Guarda il video dell'omelia


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Guarda il video integrale



PERSONA O PERSONAGGIO? Cristiani di facciata o di sostanza? Quando passeremo da credenti a cristiani finalmente credibili? - XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

PERSONA O PERSONAGGIO?
 

Cristiani di facciata o di sostanza? 
Quando passeremo da credenti a cristiani finalmente credibili?


I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
  • il primo per gli amici dei social
  • il secondo pubblicato su Avvenire

«In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».» Matteo 21,28-32


per i social

PERSONA O PERSONAGGIO?

La giustizia umana è dare a ciascuno il suo, quella di Dio è dare a ciascuno il meglio.


Un uomo aveva due cuori, in conflitto tra loro. I due figli della parabola sono il nostro cuore diviso, un cuore che dice sì e uno che dice no. Quale dei due ascoltare?
In uno dei suoi salmi più intensi, re Davide chiede a Dio: Signore, dammi un cuore integro, unifica il mio cuore, donami un cuore unificato (Sl 101).
È l’eterno contrasto tra persona e personaggio.

Il secondo figlio, quello che dice sì e poi non fa, agisce in nome delle apparenze, fa il personaggio. Così sono io: dico sì, uso il nome di Dio, e poi non mi spendo per questa vigna di uve aspre che è il mondo; uso il nome di Dio e mi giro dall'altra parte davanti all’ingiustizia.
Il primo figlio, è invece persona, cambia idea e va nella vigna anche se nessuno lo vedrà.

Personaggio siamo noi quando agiamo per la scena, per l'applauso, quando le cose da fare non valgono per sé ma per l’approvazione degli altri.
Persona invece siamo noi quando agiamo per gli stessi valori, sia in pubblico che in privato, di fronte o alle spalle, nel dire e nel fare. Il lavoro sui nostri due cuori consiste nel convertirli da personaggio a persona.
Per possedere, anzi per fare viva la tua vita (Ez 18,27).

Al centro del racconto, una domanda: chi ha compiuto la volontà del padre?

Ma cos’è, in fondo, la sua volontà? Avere figli obbedienti?

No, il suo sogno di padre è una casa abitata da figli liberi e adulti, alleati con lui per la fecondità della terra, che è la grande morale evangelica, quella dei frutti buoni, dei grappoli gonfi di mosto: “volontà del Padre è che voi portiate molto frutto, e che questo frutto rimanga”, che duri, come può durare solo ciò che vale.

Gesù prosegue con una delle sue parole più aspre e consolanti: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio. Perché hanno detto “no” ad una vita senza frutti, e l’hanno abbandonata.
Mi è consolante questa parola, perché in Dio non c'è ombra di condanna, solo la promessa di una vita rinnovata per tutti.
Dio non rinchiude nessuno nei suoi ergastoli passati, nessuno; ha fiducia sempre, in ogni uomo.

Molti sono i credenti che dicono “sì” a parole, “io credo”, ma nella pratica non agiscono secondo quello che dicono.
Cristiani di facciata o di sostanza? Quando passeremo da credenti a cristiani finalmente credibili?

Volontà del padre è trasformare ogni orto abbandonato in vigna rigogliosa. Che ogni figlio passi da una vita inutilmente sterile a una vita fruttuosa di opere buone: morale non del divieto ma della fecondità, del seme che diventa albero, della prostituta che ridiventa donna, del cuore che diventa uno.
Volontà di Dio è l'uomo finalmente promosso a uomo, liberi figli che hanno raggiunto fioritura d’umano e maturazione di frutti.

Se agisci così, dice Ezechiele nella prima lettura, “fai viva la tua vita”!
E il vangelo porterà frutto a partire da tante piccole vigne nascoste, dove un credente rende meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore.

per Avvenire 

La guerra del cuore per renderlo unificato (...)

Leggi su Avvenire



Il tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: Intelligenza artificiale e sapienza del cuore

Il tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

Intelligenza artificiale
e sapienza del cuore


«Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana» è il tema scelto da Papa Francesco per la 58ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebrerà nel 2024. Lo ha reso noto la Sala stampa della Santa Sede.

«L’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale — spiega il comunicato — rende sempre più naturale comunicare attraverso e con le macchine, in modo che è diventato sempre più difficile distinguere il calcolo dal pensiero, il linguaggio prodotto da una macchina da quello generato dagli esseri umani». E, «come tutte le rivoluzioni anche questa basata sull’intelligenza artificiale, pone nuove sfide affinché le macchine non contribuiscano a diffondere un sistema di disinformazione a larga scala e non aumentino anche la solitudine di chi già è solo, privandoci di quel calore che solo la comunicazione tra persone può dare».

In questa prospettiva, prosegue la nota, «è importante guidare l’intelligenza artificiale e gli algoritmi, perché vi sia in ognuno una consapevolezza responsabile nell’uso e nello sviluppo di queste forme differenti di comunicazione che si vanno ad affiancare a quelle dei social media e di internet. È necessario che la comunicazione sia orientata a una vita più piena della persona umana».
(fonte: L'Osservatore Romano 29 settembre 2023)


venerdì 29 settembre 2023

Intenzione di preghiera per il mese di Ottobre 2023 Preghiamo per il sinodo (commento, testo e video)

Intenzione di preghiera per il mese di Ottobre 2023 
Preghiamo per il sinodo



Papa Francesco esorta ad abbracciare l’ascolto e il dialogo attraverso il Sinodo: “Coinvolgere tutti, senza escludere nessuno”. 
  • Il Video del Papa di ottobre è un invito a pregare per il Sinodo, che celebra la sua Assemblea Generale Ordinaria in un mese caratterizzato anche dalla Giornata Missionaria Mondiale.
  • Il cammino del Sinodo, sottolinea Francesco, si basa sulla preghiera e sul discernimento, e la dimensione sinodale è strettamente legata alla vocazione missionaria, perché “la missione è nel cuore della Chiesa”.
  • Il Papa prega perché la Chiesa si lasci “guidare dalla forza dello Spirito Santo verso le periferie del mondo”, raggiungendo tutti, “senza escludere nessuno”.
  • Il video sarà proiettato durante la preparazione della Veglia di Preghiera Ecumenica in Piazza San Pietro, sabato 30 settembre.
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Guarda il video


Il testo in italiano del videomessaggio del Papa

La missione è nel cuore della Chiesa. 
E ancora di più. Quando una Chiesa è in Sinodo, questa dinamica sinodale è alimentata soltanto dalla vocazione missionaria. 
Ossia, la risposta al comando di Gesù di annunciare il Vangelo.

Vorrei ricordarvi che qui non si conclude nulla, ma che qui continua un cammino ecclesiale.
È un cammino che percorriamo, come i discepoli di Emmaus, ascoltando il Signore che viene sempre in mezzo a noi.

È il Signore della sorpresa.

Attraverso la preghiera e il discernimento, lo Spirito Santo ci aiuta a realizzare l'"apostolato dell'orecchio", 
cioè ad ascoltare con le orecchie di Dio per poter parlare con la parola di Dio.

E così ci avviciniamo al cuore di Cristo, da cui nasce la nostra missione e la voce che ci attira a Lui.
Una voce che ci rivela il centro della missione, che è raggiungere tutti, cercare tutti, accogliere tutti, coinvolgere tutti, senza escludere nessuno.

Preghiamo per la Chiesa, perché adotti l’ascolto e il dialogo come stile di vita a ogni livello, lasciandosi guidare dalla forza dello Spirito Santo verso le periferie del mondo.


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Ascolto e discernimento in un cammino che continua

Il messaggio del video di questo mese – che ha avuto il sostegno e la collaborazione delle Pontificie Opere Missionarie degli Stati Uniti e del Sinodo sulla Sinodalità – è un invito a porsi davanti al Signore in un atteggiamento di ascolto e dialogo. E il concetto della Chiesa “in cammino”, e della sua vocazione missionaria, è rappresentato nella scelta delle immagini sotto forma di un road movie: attraverso il finestrino di un’automobile si vedono luoghi e persone di vari Paesi – dal Vaticano alla Cambogia, passando per l’Africa, il Medio Oriente, l’America del nord – ripresi in scene di vita quotidiana. Quell’automobile rappresenta appunto la Chiesa; il suo carburante è “la forza dello Spirito Santo”, che – per dirla con le parole di Francesco – deve guidarla “verso le periferie del mondo”.

Lasciarsi guidare dallo Spirito Santo significa ascoltare insieme. Per questo motivo, il Papa chiarisce anche che in questa Assemblea Ordinaria del Sinodo “non si conclude nulla, ma che qui continua un cammino ecclesiale“, dal quale si possono raccogliere i frutti dell’ascolto reciproco, tra fratelli e sorelle, tutti insieme al servizio della missione di Cristo. Francesco evoca l’esempio dei discepoli di Emmaus e, come loro, ci chiede di camminare “ascoltando il Signore che viene sempre in mezzo a noi”.

Che cos’è il Sinodo sulla sinodalità?

Il 10 ottobre 2021, Papa Francesco ha convocato il Sinodo sulla sinodalità per affrontare il tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione“. Il Sinodo dei vescovi è un organo consultivo che chiede ai vescovi di tutto il mondo di partecipare al governo della Chiesa, consigliando il Papa su questioni che riguardano la Chiesa universale. La parola “sinodo” deriva dal greco ed esprime l’idea di “camminare insieme”.

Con una durata prevista di tre anni (da ottobre 2021 a ottobre 2024), il Sinodo sulla sinodalità ha attraversato diverse fasi di ascolto e discernimento. Francesco vuole che tutta la Chiesa rifletta sulla sinodalità: che tutto il popolo di Dio – vescovi, sacerdoti, religiosi, laici, uomini, donne, adulti, giovani – si confronti per capire se e come stiamo camminando insieme.

Il 4 ottobre si apre la prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria, dove i vescovi e gli altri partecipanti si riuniscono per raccogliere i frutti dei precedenti processi di ascolto. In questo Sinodo, l’Assemblea si terrà in due sessioni a distanza di un anno l’una dall’altra: dal 4 al 29 ottobre 2023 e nell’ottobre 2024.

La celebrazione della prima sessione dell’Assemblea Ordinaria coincide anche con la 97ª Giornata Missionaria Mondiale. A questo proposito, monsignor Kieran Harrington, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie degli Stati Uniti, ha dichiarato: “Papa Francesco, riecheggiando lo spirito di San Francesco Saverio, sottolinea il cammino della Chiesa verso i margini della società. Nel riorganizzare gli sforzi della Chiesa per dare priorità agli emarginati e ai poveri, ci ricorda il ministero di Cristo incentrato sulla condivisione della Buona Novella con i dimenticati e i trascurati. Questo è il compito principale delle Pontificie Opere Missionarie a livello globale: 120 uffici nazionali lavorano insieme per sostenere migliaia di missionari che portano il messaggio del Vangelo a tutti. Riflettendo sull’intenzione di preghiera del Papa di questo mese, siamo chiamati ad adottare uno stile di vita di ascolto e dialogo, muovendoci verso le periferie, guidati dallo Spirito Santo”.

Apertura alla missione

Padre Frédéric Fornos S.J., direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, commenta questo momento importante per la Chiesa: “In questa terza fase del Sinodo, Francesco ci invita a pregare affinché ‘l’ascolto e il dialogo’ siano lo ‘stile di vita a ogni livello’ della Chiesa, perché sono una grazia. Solo così possiamo ascoltare lo Spirito Santo e lasciarci guidare da lui, il che comporta preghiera e discernimento. ‘Lasciarsi guidare dallo Spirito Santo’, aveva detto precedentemente, significa ascoltare insieme: ‘non è il risultato di strategie e programmi, ma si edifica nell’ascolto reciproco tra fratelli e sorelle’. È lo Spirito del Signore che ci apre nuove strade. È lui che ci aiuta a riconoscere la missione di Cristo oggi e ci conduce nelle periferie del mondo: ‘raggiungere tutti, cercare tutti, accogliere tutti, coinvolgere tutti, senza escludere nessuno’”.

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Anche nel mese di Ottobre l'intenzione di preghiera del Papa è stata resa nota con un tweet


Minori, “no a misure emergenziali”. Relazione al Parlamento dell'Autorità Garante

Minori, “no a misure emergenziali”.
Relazione al Parlamento dell'Autorità Garante

Garlatti: “Inaccettabile chiedere ai minori stranieri non accompagnati di dimostrare la loro età: rischiamo di consegnarli alla criminalità. No ad accoglienza in strutture per migranti adulti, seppur temporanea”. Contro violenza, “prevenzione e giustizia riparativa. Il carcere non fa bene ai minori, lo scontro politico neanche”


“Riaffermo con forza un principio: lo scontro politico non fa bene ai diritti dei minori”: l'Autorità Garante dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, Carla Garlatti, ha aperto così la presentazione della sua Relazione annuale al Parlamento. Una presentazione che avviene “proprio nei giorni in cui si parla tanto di minori”, ha osservato, facendo riferimento, in particolare, a due questioni di grande attualità, oggetto di recenti e imminenti decreti: da un lato la criminalità minorile, dall'altro l'immigrazione dei minori stranieri non accompagnati. E proprio su questi due temi cruciali l'Autorità garante ha assunto una posizione ferma e precisa, mettendo al centro, appunto, la tutela dei diritti, al di là di quello “scontro politico” che a questi diritti non fa bene. Innanzitutto, “le politiche per l'infanzia e l'adolescenza sono troppo spesso affrontate con azioni emergenziali. Ma nell'emergenza si arriva, per definizione, in ritardo. Serve invece un approccio sistemico e strutturale, soprattutto quando parliamo di questioni come la dispersione scolastica, la criminalità o l'immigrazione minorile. E' indispensabile che, accanto al sistema sanzionatorio, sia sempre valorizzata la funzione educativa e rieducativa. Se parliamo di criminalità, nello specifico, questa funzione deve essere esercitata tramite misure di giustizia riparativa, grazie a cui l'autore del reato prende consapevolezza di aver agito contro qualcuno e non contro qualcosa. E si accende un faro sulla vittima, che troppo spesso viene dimenticata e rischia così di essere vittima due volte. Il 12 ottobre – ha annunciato a tal proposito Garlatti – presenteremo uno studio proprio sulla giustizia riparativa”.

I minori stranieri non accompagnati

Ciò premesso, Garlatti ha fatto riferimento alle nuove misure contenute nel cosiddetto decreto Migranti, circolato in bozza e atteso per domani in Consiglio dei Ministri: “Parliamo sempre di numeri, ma i minori stranieri non sono numeri, sono ragazzi con paure, speranze e desideri. Ne ho incontrati alcuni, durante le mie recenti visite nei centri Sai (di cui abbiamo parlato giorni fa su queste pagine, ndr): ho avuto la conferma del fatto che si debba affrontare la questione in modo sistemico e non emergenziale, accelerando il primo colloqui, nominando subito il tutore volontario e presumendo sempre la minore età. Non è accettabile – ha detto Garlatti – che il minore della dimostrare di essere tale: pretendere questo è pazzesco. Nella maggior parte dei casi, non ha la possibilità di farlo, perché non può accedere ai documenti necessari. Non solo: in questo modo, si dà una mano alla criminalità organizzata – ha denunciato Garlatti – che già obbliga le ragazze a dichiarare la maggiore età, per sottrarle alle tutele previste per i minori e immetterle nella rete della prostituzione”.

Sempre a proposito di minori stranieri non accompagnati, non è assolutamente opportuno che i minori siano accolti, seppur temporaneamente, nelle stesse strutture degli adulti (come prevede la bozza del decreto Migranti, ndr). Mi è stato riferito che questo, in caso di emergenza, di fatto già avviene: non bisogna assolutamente legittimarlo, perché questa contaminazione è molto pericolosa”.

Criminalità minorile

Riguardo la criminalità e la violenza minorile, “la prevenzione è fondamentale e ci stiamo impegnando ad assicurarla, tramite diverse iniziative di questa Autorità garante”. Alla domanda specifica sul decreto Caivano, Garlatti ha dichiarato che “va bene per quanto riguarda la lotta alla dispersione scolastica e gli investimenti nella rieducazione, mentre non va assolutamente bene il carcere in fase cautelare: ai minori il carcere non fa bene – ha detto – I ragazzi sono sempre recuperabili e dobbiamo impegnarci per aiutarli a comprendere i propri errori, superando quell'indifferenza verso la sofferenza della vittima, che è l'aspetto che mi preoccupa maggiormente nei nuovi drammatici casi di cronaca”.

Partecipazione, ascolto, misurazione dell'impatto

Carla Garlatti si è poi soffermata sulle attività svolte nel corso del 2022, facendo riferimenti alla consultazione “Il futuro che vorrei”, presentata prima dell'estate e frutto dell'attenzione che l'Autorità Garante riserva proprio all'ascolto delle ragazze e dei ragazzi, tramite soprattutto l'organo della Consulta, oggi presente a Montecitorio e spesso al fianco dell'Autorità nei diversi contesti istituzionali nazionali e internazionali. Sono proprio i ragazzi e le ragazze della Consulta ad aver elaborato le domande di questo e di altri questionari realizzati dalla stessa Autorità.

Proprio alla luce della centralità dell'ascolto e della partecipazione dei giovani, Garlatti ha rilanciato oggi una proposta che le sta particolarmente a cuore e che sollecita con forza a realizzare tramite una norma dedicata: la consultazione dei ragazzi stessi ogni volta che siano in discussione leggi che li riguardano e”la misurazione, prima e dopo, dell'impatto che qualsiasi legge potrà avere sui minori. In Europa questo già avviene: non capisco perché non si possa fare anche in Italia”, ha detto.

Altro tema caldo è quello dei Livelli essenziali delle prestazioni, fondamentali per colmare quel divario territoriale che esiste, appunto, nei servizi e nelle prestazioni: “Sono gli stessi ragazzi a riferirci quanto le opportunità siano differenti a seconda del contesto territoriale in cui si vive. Questa consapevolezza dovrebbe farci riflettere e agire”, ha detto Garlatti. C'è poi la questione dei dati sui minori, che non sono disponibili, per cui “stiamo continuando a raccoglierli in modo autonomo”, ha aggiunto. Altre attività cui ha fatto riferimento sono quelle relative alla salute mentale, “perché i ragazzi e le ragazze non stanno bene, come ci sta svelando lo studio che stiamo conducendo con l'Iss”. Sempre per la tutela dei diritti dei minori, Garlatti ha “messo intorno a un tavolo le diverse organizzazioni che si occupano di raccolta fondi, per garantire che la pubblicità finalizzata alle donazioni non leda mai la dignità del minore”.

L'Autorità garante ha più volte auspicato la massima collaborazione e sinergia con le diverse istituzioni coinvolte nella difesa dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Era presente il presidente della Camera Lorenzo Fontana, che ha sottolineato “l'importanza di intervenire già sulla prima infanzia, investendo risorse che permettano di contrastare la povertà assoluta, in cui si trovano, secondo l'Istat, 1,4 milioni di bambini italiani. Dobbiamo agire per ridurre le diseguaglianze territoriali e favorire la partecipazione dei minori alle scelte politiche che li riguardano”.

L'incontro si è concluso con la lettura di “La bambola di pezza”, di Maurizio di Giovanni, da parte dell'attore Vincenzo Ferrera.
(fonte: Redattore Sociale, articolo di Chiara Ludovisi 27/09/2023)

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Vedi anche i nostri post precedenti:

giovedì 28 settembre 2023

"La pesca" uno spot pubblicitario che sta facendo discutere - Le riflessioni di uno psicologo (Alberto Pellai) e di un teologo (Andrea Grillo)

"La pesca" uno spot pubblicitario che sta facendo discutere
Le riflessioni di uno psicologo (Alberto Pellai) 
e di un teologo (Andrea Grillo)


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Alberto Pellai
LO SPOT ESSELUNGA CI RACCONTA UNA VERITÀ

È un filmato che colpisce dritto al cuore. A molti non piace perché costringe gli adulti a riconoscere che nessun bambino è felice quando due genitori si separano e, anche nelle migliori situazioni, c’è sempre un dolore profondo che abita il suo mondo interiore. Il gesto di donare la pesca racconta questa sofferenza inespressa e il desiderio di riallineare l’intesa tra due genitori che non sono più coniugi


All’ipermercato, la mamma perde di vista la bambina di circa 10 anni. La ritrova al reparto ortofrutta: stava cercando una pesca. “Se vuoi una pesca me lo dici”: la mamma fa capire alla figlia che non si scompare dalla vista e dal controllo genitoriale in un luogo dispersivo e affollato.

Le emozioni della mamma sono tutte visibili e anche ben esplicitate dalle sue parole. Quelle della bambina restano invisibili. Quel gesto apparentemente trasgressivo e fuori dalle regole, nasconde un bisogno che la bambina non sa raccontare a parole. Mamma e papà infatti sono separati. Lei vuole donare quella pesca a papà, quando lui la verrà a prendere e dirgli che è stata la mamma a sceglierla per lui e a volergliela far avere tramite la consegna da parte sua.

La pesca racconta un bisogno grande della bambina che lei non sa o non può raccontare a parole. Simboleggia il desiderio di riallineare l’intesa tra due genitori che non possono essere più coniugi. E’ un simbolo di mediazione famigliare, quella che dovrebbero fare i genitori a favore dei figli, ma che spesso vede i figli impegnati in un compito che ai loro genitori riesce difficile. Non sappiamo quasi nulla di questa famiglia, nel breve tempo di questo spot.

Vediamo una storia che ci tocca il cuore perché ci fa capire quante cose ci sono nei gesti e nei silenzi dei bambini e dei figli. E’ decisamente una narrazione “perturbante” quella proposta da questa pubblicità. Non permette agli adulti di rimanere in una finta “comfort zone”, non nasconde verità che – chi lavora con coppie che si separano – conosce benissimo e maneggia nella propria pratica professionale ogni giorno. Potremmo dire che il messaggio dello spot colpisce al centro del cuore: c’è un dolore profondo che abita il mondo interiore di un bambino quando mamma e papà si separano.

E’ un dolore che viene attraversato e gestito attraverso fantasie di riappacificazione, gesti maldestri che vorrebbero rimettere insieme ciò che il principio di realtà ha diviso. Non è colpa dei bambini faticare a comprendere i motivi per cui due genitori si lasciano. E’ una conseguenza inevitabile dovuta al frantumarsi di quel senso di protezione e sicurezza che ogni separazione coniugale porta con sé nella vita dei figli, quando essi sono presenti e coinvolti dalla fine della storia d’amore di chi li ha messi al mondo.

SPOT ESSELUNGA "LA PESCA", PERCHÉ SE NE DISCUTE

Questo spot è stato molto criticato. Alcuni dicono che colpevolizza i genitori che si separano. Che narra qualcosa che ha il potere di aggiungere dolore ad un dolore che già c’è e che quindi non ha bisogno di essere amplificato. Io invece penso che questo spot ci dia fastidio perché ci obbliga a comprendere che quella libertà che giustamente noi adulti possiamo agire e gestire nella nostra vita ha inevitabilmente della conseguenze sulle vite di coloro che dipendono da noi.

Non c’è separazione di coppia che non porti dolore nella vita di un figlio. Quel dolore lì, ovvero quello dei figli, molti genitori preferirebbero non vederlo. Addirittura non pensarlo. “Dottore noi ci separeremo, ma non faremo soffrire i nostri figli”. Accade spesso, nello studio del terapeuta, che una coppia che sta dividendo dica questa frase. In questi casi, noi terapeuti dobbiamo aiutare quei due adulti a riformulare questa frase in un modo completamente diverso: «Vi separerete e la vostra separazione porterà molto dolore nella vita della vostra famiglia.

Ma se manterrete alta l’alleanza genitoriale e lavorerete in squadra, insegnerete ai vostri figli che alcuni dolori nella vita non si possono evitare. Però si possono attraversare, elaborare e superare. Non è un’impresa facile e voi dovrete essere capitani coraggiosi dentro una tempesta che dovrete imparare ad addomesticare». Anche nelle migliori separazioni, i figli fanno vivere ai genitori attimi di tempesta.

La pesca che la bambina dona al suo papà, dicendo che gliel’ha data la mamma, è un’onda che arriva e travolge noi adulti perché ci mostra che nessun bambino è mai felice quando due genitori si separano. E questa è l’unica verità di cui dobbiamo diventare consapevoli. Questo spot ce la racconta. E ce la racconta bene. Non stigmatizza, non condanna, non colpevolizza. al contrario fa ciò di cui tutti i bambini hanno bisogno quando due genitori si separano: responsabilizza gli adulti. Forse per questo è così divisiva e perturbante.
(fonte: Famiglia Cristiana 27/09/2023)

Guarda il video dello spot "La pesca"


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Andrea Grillo
Pesca simbolica, pesca diabolica


Fa discutere uno spot pubblicitario in cui una bambina, in compagnia della mamma, compra una pesca in un supermercato, poi la nasconde nel suo zaino e quando il papà (evidentemente separato dalla mamma) va a prenderla a casa della mamma, la piccola dona al papà la pesca, presentandola come un regalo della mamma.
Lo spot è girato con grande finezza e si presenta in una versione lunga e in una più breve. È chiaro che si tratta dell’inizio di una campagna pubblicitaria, allo scopo di promuovere il buon nome della catena di supermercati. Cerchiamo di capire bene le due funzioni simboliche che stanno al centro del racconto.

La finzione simbolica visibile: la pesca donata

La pesca intorno a cui ruota il racconto è l’oggetto di una elaborazione simbolica della bambina che vive la separazione tra il papà e la mamma. Va a comprare la pesca insieme alla mamma, ma poi la dona al papà come regalo che attribuisce alla mamma. La bambina ricostruisce la relazione tra genitori assumendo la pesca come forma e orizzonte di riconciliazione. Una unione tra i genitori torna ad essere possibile nella pesca donata, che riapre il rapporto di dono tra la mamma e il papà. Il modo con cui è presentata la storia è tutto nel gioco di sguardi tra la bambina, la pesca, la madre e il padre: piccolo capolavoro di regia cinematografica. Il desiderio della bambina trasforma la pesca nel simbolo della famiglia ferita che aspira alla riconciliazione e la realizza nella pesca donata. È la finzione simbolica visibile.

La finzione diabolica invisibile: la dipendenza affettiva della fidelizzazione al supermercato

Uno spot pubblicitario non contiene mai soltanto una dimensione comunicativa, ma sempre almeno due: la finzione simbolica invisibile è quella che associa tutta la scena ad una catena di supermercati e che sostituisce la relazione desiderata e irresistibile con un bene o con un servizio. Questo modo di comunicare crea un livello nascosto di comunicazione, che funziona diabolicamente, ossia separa il soggetto dalla propria identità, creando una identificazione fittizia. Mentre la finzione simbolica costruisce relazioni reali, dà forma a speranze fondate, la finzione diabolica separa dalle relazioni reali e costruisce mondi fittizi, divisi e in conflitto. Lo spot pubblicitario si fonda su questo doppio livello di comunicazione e genera per lo più identità distorte, perché scambia ad arte l’interesse con il disinteresse, il profitto con la gratuità. Con lo spot pubblicitario si vende la famiglia felice come un biscotto o come una pasta, si vende il fascino personale come uno shampoo, si vende il riscatto come una gomma da masticare, si vende la salute dell’anima e il perdono del peccato come un’acqua minerale.

Come difendersi dall’uso diabolico dei simboli?

L’unico modo per “difendersi” da questo uso distorto dei valori più alti, in contesti che sono soltanto commerciali, è di “smascherare” il simbolo diabolico nascosto. Se riesci a portare a coscienza a quale scopo la storia toccante ti viene raccontata, ti salvi dalla “dipendenza di fidelizzazione” e forse non metti più piede in quel supermercato, che usa violentemente un simbolo delicato di desiderio, di sofferenza e di speranza, solo per far soldi.

Nel suo viaggio negli Stati Uniti papa Francesco, incontrando il vescovi nel seminario San Carlo di Filadelfia, ha fatto un paragone tra il negozietto di quartiere e i centri commerciali, come “mondi diversi”, basati su relazioni o su assenza di relazioni, nei quali è possibile essere spirituali. La pesca si può simbolizzare tanto nel negozietto quanto nel centro commerciale. Certo potrebbe sorprenderci il fatto che la spersonalizzazione, che attenta ai legami, tipica di un supermercato, possa capovolgersi nella ricerca della riconciliazione e nella ripresa dei legami. La nostalgia dei legami forti, spacciata come verità di uno dei luoghi di più alta spersonalizzazione, come il supermercato! La pesca simbolica ci libera alla vita buona; la pesca diabolica ci illude che sia un supermercato a garantirci la libertà, e così ci rende schiavi. Forse imparando a guardare con occhio lungimirante la storia di questa bambina ci prenderemo a cuore le forme di vita, ma capiremo anche a quale livello di cinismo può arrivare la logica del profitto. Forse ne trarremo la conseguenza di non mettere mai più piede in quel supermercato, che usa i migliori sentimenti per attirare soltanto il portafoglio delle persone. Solo così una pesca matura, come la slitta Rosebud, resiste alla cattura potente da parte della macchina senza cuore della comunicazione commerciale.
(fonte: Come se non 27/09/2023)


Enzo Bianchi - Il mare del dialogo

Enzo Bianchi
Il mare del dialogo
 

La Repubblica - 25 Settembre 2023

Avendo vissuto nella mia giovinezza con grande passione e impegno una stagione politica nella quale era una figura ispiratrice Giorgio La Pira, di cui ero discepolo e si può dire amico, ho sempre sofferto per la mancanza di una visione politica e culturale che sentisse il Mediterraneo come luogo decisivo per il futuro dell’Europa. Il Mediterraneo, mare tra le terre, mare nostrum perché radicalmente appartenente a una pluralità di genti e di culture, mare con la vocazione a essere ponte, e non invece frontiera di opposizioni e di guerra, questo mare che ho solcato centinaia di volte per conoscere e incontrare “l’altro”, è il mare che è “nostro”, altrimenti non è. La mia generazione ha imparato ad amare questo mare che è stato lo spazio di uscita dalla propria terra. Aiutati da Fernand Braudel lo abbiamo scoperto come luogo di incontro tra religioni e soprattutto tra pensiero greco, giudaico, latino e arabo. E così siamo stati all’Acropoli, siamo entrati a Santa Sofia, siamo diventati viandanti su rotte e cammini che ci mostravano passaggi diversi nei quali sempre erano presenti la vita, e l’altro e il pane. È nelle lunghe e dense conversazioni con Predrag Matvejević che è nato il suo Breviario Mediterraneo.

Per questo mi sono rallegrato quando la chiesa italiana ha progettato e poi realizzato i colloqui del Mediterraneo prima a Bari e poi a Firenze. Purtroppo molti all’interno della chiesa non hanno compreso questa iniziativa finendo per ridurla solamente a un rinnovato appello all’accoglienza dei migranti.

Sì, perché questo mare è diventato un cimitero dove migliaia di poveri disperati che vorrebbero solcarlo perché aspirano alla liberazione trovano solo la morte, e a quei pochi che approdano viene rifiutata l’accoglienza: una smentita dell’humanitas generata nel Mediterraneo lungo i secoli della sua storia. Ma ora questo mare non è solo un cimitero ma è il palcoscenico di veri e propri crimini contro l’umanità!

Papa Francesco dieci anni fa, all’inizio del suo pontificato, si è recato a Lampedusa, sulla frontiera, per riconoscere le responsabilità dell’Europa e far sentire il grido dei poveri che vengono a cercare pane dove il pane c’è! E tutto è stato progettato e voluto perché a Marsiglia non si guardasse al Papa ma al Mediterraneo. Ma è vero che è e resta urgente uno sguardo che tenga conto delle terre che costeggiano il mare nostrum. Non c’è Mediterraneo senza Europa e non c’è Europa senza Mediterraneo! Il mare nostrum non è responsabile dell’Europa, ma è l’Europa responsabile di questo mare e ne fa uno spazio di pace e di dialogo oppure uno spazio di guerra e violenza. E il cristianesimo continua da secoli proprio in Europa a nascere e rinascere, continua a generare “pensiero”, continua a voler essere un cammino di umanizzazione.

Le nostre antiche chiese sono forse stanche, sono vecchie come la chiesa nella visione del Pastore di Erma, ma hanno questa capacità di ricominciare ancora dopo ogni crisi e dopo ogni ora di tenebra. E la chiesa di Francia, nonostante le difficoltà che sta vivendo, mostra di essere una chiesa che custodisce la fede e dunque, come ha ridetto più volte il profetico cardinale Jean Marc Aveline arcivescovo di Marsiglia, sa portare speranza all’umanità.

Marsiglia, città cosmopolita, munita di una forte coscienza del mosaico della culture mediterranee, già negli anni Ottanta per impulso del suo vescovo, il visionario cardinale Roger Etchegaray, creato l’Università Cattolica del Mediterraneo e il Centro di ricerche per il dialogo tra le religioni. È una città capace di mantenere viva ed efficace questa urgenza sempre generata dal pensare europeo.
(fonte: blog dell'autore)


mercoledì 27 settembre 2023

«Il Mediterraneo deve essere un messaggio di speranza... e di fraternità» Papa Francesco Udienza Generale 27/09/2023 (testo, foto e video)

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 settembre 2023















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Catechesi. Il viaggio apostolico a Marsiglia in occasione dei “Rencontres Méditerranéennes”

Cari fratelli e sorelle!

Alla fine della scorsa settimana mi sono recato a Marsiglia per partecipare alla conclusione dei Rencontres Méditerranéennes, che hanno coinvolto Vescovi e Sindaci dell’area mediterranea, insieme con numerosi giovani, perché lo sguardo fosse aperto al futuro. In effetti, l’evento di Marsiglia era intitolato “Mosaico di speranza”. Questo è il sogno, questa è la sfida: che il Mediterraneo recuperi la sua vocazione, di essere laboratorio di civiltà e di pace.

Il Mediterraneo, lo sappiamo, è culla di civiltà, e una culla è per la vita! Non è tollerabile che diventi una tomba, e nemmeno un luogo di conflitto. Il Mare Mediterraneo è quanto di più opposto ci sia allo scontro tra civiltà, alla guerra, alla tratta di esseri umani. È l’esatto opposto, perché il Mediterraneo mette in comunicazione l’Africa, l’Asia e l’Europa; il nord e il sud, l’oriente e l’occidente; le persone e le culture, i popoli e le lingue, le filosofie e le religioni. Certo, il mare è sempre in qualche modo un abisso da superare, e può anche diventare pericoloso. Ma le sue acque custodiscono tesori di vita, le sue onde e i suoi venti portano imbarcazioni di ogni tipo.

Dalla sua sponda orientale, duemila anni fa, è partito il Vangelo di Gesù Cristo.

[Il suo annuncio] naturalmente non avviene per magia e non si realizza una volta per tutte. È il frutto di un cammino in cui ogni generazione è chiamata a percorrere un tratto, leggendo i segni dei tempi in cui vive.

L’incontro di Marsiglia è venuto dopo quelli simili svoltisi a Bari nel 2020 e a Firenze l’anno scorso. Non è stato un evento isolato, ma il passo in avanti di un itinerario, che ebbe i suoi inizi nei “Colloqui Mediterranei” organizzati dal Sindaco Giorgio La Pira, a Firenze, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. Un passo avanti per rispondere, oggi, all’appello lanciato da San Paolo VI nella sua Enciclica Populorum progressio, a promuovere «un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri» (n. 44).

Dall’evento di Marsiglia che cosa è uscito? È uscito uno sguardo sul Mediterraneo che definirei semplicemente umano, non ideologico, non strategico, non politicamente corretto né strumentale, umano, cioè capace di riferire ogni cosa al valore primario della persona umana e della sua inviolabile dignità. Poi nello stesso tempo è uscito uno sguardo di speranza. Questo è oggi molto sorprendente: quando ascolti i testimoni che hanno attraversato situazioni disumane o che le hanno condivise, e proprio da loro ricevi una “professione di speranza”. E anche è uno sguardo di fraternità.

Fratelli e sorelle, questa speranza, questa fraternità, non deve “volatilizzarsi”, no, al contrario deve organizzarsi, concretizzarsi in azioni a lungo, medio e breve termine. Perché le persone, in piena dignità, possano scegliere di emigrare o di non emigrare. Il Mediterraneo deve essere un messaggio di speranza.

Ma c’è un altro aspetto complementare: occorre ridare speranza alle nostre società europee, specialmente alle nuove generazioni. Infatti, come possiamo accogliere altri, se non abbiamo noi per primi un orizzonte aperto al futuro? Dei giovani poveri di speranza, chiusi nel privato, preoccupati di gestire la loro precarietà, come possono aprirsi all’incontro e alla condivisione? Le nostre società tante volte ammalate di individualismo, di consumismo e di vuote evasioni hanno bisogno di aprirsi, di ossigenare l’anima e lo spirito, e allora potranno leggere la crisi come opportunità e affrontarla in maniera positiva.

L’Europa ha bisogno di ritrovare passione ed entusiasmo, e a Marsiglia posso dire che li ho trovati: nel suo Pastore, il Cardinale Aveline, nei preti e nei consacrati, nei fedeli laici impegnati nella carità, nell’educazione, nel popolo di Dio che ha dimostrato grande calore nella Messa allo Stadio Vélodrome. Ringrazio tutti loro e il Presidente della Repubblica, che con la sua presenza ha testimoniato l’attenzione della Francia intera all’evento di Marsiglia. Possa la Madonna, che i marsigliesi venerano come Notre Dame de la Garde, accompagnare il cammino dei popoli del Mediterraneo, perché questa regione diventi ciò che da sempre è chiamata a essere: un mosaico di civiltà e di speranza.

Guarda il video della catechesi


Saluti
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto gli alunni dell’Istituto Visconti-Gonzaga di Palermo, i fedeli di Petronà e di Siracusa.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. L’odierna memoria liturgica di San Vincenzo de’ Paoli ci ricorda la centralità dell’amore del prossimo. Esorto ciascuno a coltivare l’atteggiamento di attenzione agli altri e di apertura a quanti hanno bisogno di voi.

A tutti la mia Benedizione.


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