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sabato 28 dicembre 2024

Enzo Bianchi Il vero messaggio di Natale

Enzo Bianchi
Il vero messaggio di Natale


La Repubblica - 23 dicembre 2024

Siamo alla vigilia della festa del Natale, da sempre sentita come festa capace di suscitare incontri, festa in cui si condivide la tavola, si sta insieme a quelli che si amano. Eppure, va anche riconosciuto, è festa sempre meno cristiana, per pochi è ancora memoria di un Dio che ha voluto diventare uomo nascendo da una donna in una capanna nella campagna di Betlemme. Sono i cristiani stessi che l’hanno paganizzata, permettendo che le si associassero contenuti anche buoni provenienti dalla mondanità, perché la loro fede è sempre più debole: così si è lasciato posto al sentimentalismo, al folklore, alla favola.

I bambini crescono senza un’educazione a cogliere nell’evento natalizio la povertà, la debolezza di un Dio che vuole stare con noi, Immanu-el; piuttosto il Natale è diventato l’occasione per scambiarsi doni, esporre luci scintillanti nelle case e per le strade, fare vacanze in montagna.

E comunque pochi sentono la contraddizione tra ciò che si celebra e la verità di quello che stiamo vivendo nell’attuale momento storico: una guerra che continua nell’Europa orientale tra due popoli fratelli; una carneficina che si consuma e pesa, con donne e bambini innocenti inconsapevoli del perché di tanta barbarie scatenata da Israele; una endemica sepoltura di corpi di migranti nel centro del Mediterraneo.

Che sguardo abbiamo su questa realtà? Perché ci voltiamo dall’altra parte per non sentirci disturbati da un’azione mortifera nella quale noi occidentali siamo implicati responsabilmente?

Eppure il messaggio di questa festa è chiaro: una famiglia irregolare e anomala, Maria che risulta come una ragazza madre che aspetta un bambino nella speranza che il suo sposo, Giuseppe, lo riconosca come figlio secondo la legge. Non trovano posto nel caravanserraglio mentre sono in viaggio alla volta di Betlemme, e così in una grotta, come una partoriente clandestina, Maria dà alla luce il neonato in una mangiatoia. Questo bambino nasce come ciascuno di noi è nato: non fa miracoli, né si compiono eventi straordinari attorno a lui. Grida, piange, si attacca al seno di sua madre. E qui il vero cristiano fa silenzio e adora perché è convinto che quel bambino è Dio, il suo Dio, il nostro Dio che si è fatto umanissimo per camminare con noi, piangere con noi, soffrire con noi senza mai abbandonarci, neanche nell’ora della morte, quando ci prenderà tra le sue braccia. Questa è la fede scandalosa, come sarà scandalosa la morte in croce di questo Gesù appeso al legno, nudo, maledetto da Dio e dagli uomini, compagno di chi scende all’inferno.

Celebrare il Natale è una cosa seria e sarebbe l’occasione per i veri cristiani, senza sentirsi migliori e senza prendere le distanze dagli altri, di mostrare la differenza cristiana, che consiste semplicemente nella speranza che questo uomo nato a Betlemme e morto a Gerusalemme ci farà transitare oltre la morte.

Ma chi si dice cristiano, e lo proclama (e sarebbe meglio non dirlo mai a voce alta o in campagne pubblicitarie), e non ha capito che questa festa ci impegna alla compassione umana, alla pietà, alla responsabilità verso chi è nel bisogno o addirittura soccombe e muore, costui anche se è assolto dalla giustizia umana deve ricordare che Natale è un giudizio divino su ciascuno di noi e sulle nostre scelte di oggi. Non si può andare al presepe, chiedere che si faccia anche in luoghi pubblici e alzare barriere, muri che escludono. Questa è cattiveria che il messaggio di Natale giudica!
(fonte: blog dell'autore)