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domenica 31 dicembre 2023

«La capacità di stupore è un segreto per andare avanti bene in famiglia. Non abituarsi all’ordinarietà delle cose. ... Chiediamo oggi la grazia dello stupore.» Papa Francesco Angelus 31/12/2023 (testo e video)

FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 31 dicembre 2023


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi celebriamo la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Il Vangelo ce la mostra al tempio di Gerusalemme, per la presentazione del Bambino al Signore (cfr Lc 2,22-40).

Arriva al tempio e lì porta in dono l’offerta più umile e semplice tra quelle previste, a testimonianza della sua povertà. Infine, Maria riceve una profezia: «A te una spada trafiggerà l’anima» (v. 35). Arrivano nella povertà e ripartono con un carico di sofferenza. Ciò desta sorpresa: ma come, la Famiglia di Gesù, l’unica famiglia della storia che può vantare in se stessa la presenza di Dio in carne e ossa, anziché essere ricca è povera! Anziché essere agevolata, sembra ostacolata! Anziché essere priva di fatiche, è immersa in grandi dolori!

Che cosa dice questo alle nostre famiglie, questo modo di vivere, la storia della Santa Famiglia, povera, ostacolata, con grandi dolori? Ci dice una cosa molto bella: Dio, che spesso immaginiamo stia al di là dei problemi, è venuto ad abitare la nostra vita con i suoi problemi. Lui ci ha salvato così: non è venuto già adulto, ma piccolissimo; ha vissuto in famiglia, figlio di una mamma e di un papà; lì ha trascorso la maggior parte del suo tempo, crescendo, imparando, in una vita fatta di quotidianità, nascondimento e silenzio. E non ha evitato le difficoltà, anzi, scegliendo una famiglia, una famiglia “esperta nel soffrire”, e dice alle nostre famiglie: “Se vi trovate in difficoltà, io so che cosa provate, l’ho vissuto: io, mia madre e mio padre l’abbiamo provato per dire anche alla vostra famiglia: non siete soli!”.

Giuseppe e Maria “si stupivano delle cose che si dicevano di Gesù” (cfr Lc 2,33), perché non pensavano che ci fossero il vecchio Simeone e la profetessa Anna a dire queste cose. Si stupivano. E voglio fermarmi su questo oggi: sulla capacità di stupore. La capacità di stupore è un segreto per andare avanti bene in famiglia. Non abituarsi all’ordinarietà delle cose. Sapersi anzitutto stupire di Dio, che ci accompagna. E poi, stupirsi in famiglia. Penso che è bene nella coppia sapersi stupire del proprio coniuge, ad esempio prendendolo per mano e guardandolo negli occhi alla sera per qualche istante, con tenerezza: lo stupore ti porta alla tenerezza, sempre. È bella la tenerezza nel matrimonio. E poi stupirsi del miracolo della vita, dei figli, trovando il tempo per giocare con loro e per ascoltarli. Domando a voi, padri e madri: trovate del tempo per giocare con i figli? Per portarli a passeggiare? Ieri ho sentito al telefono una persona e le ho chiesto: “Dove sei?” – “Sono in piazza, ho portato a passeggiare i miei figli”. È una bella paternità e maternità, questa. E poi, stupirsi della saggezza dei nonni. Tante volte, noi i nonni li tiriamo fuori dalla vita. No, i nonni sono fonti di saggezza. Impariamo a stupirci della saggezza dei nonni, della loro storia. I nonni che riportano la vita all’essenziale. E stupirsi, infine, della propria storia d’amore – ognuno di noi ha la propria: il Signore ci ha fatto camminare con amore, stupirsi di questo. La nostra vita ha sicuramente degli aspetti negativi, ma stupirsi anche della bontà di Dio di camminare con noi, anche se noi siamo così inesperti.

Maria, Regina della famiglia, ci aiuti a stupirci: chiediamo oggi la grazia dello stupore. La Madonna ci aiuti a stupirci ogni giorno del bene e a sapere insegnare agli altri la bellezza dello stupore.

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Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle!

Purtroppo la celebrazione del Natale in Nigeria è stata segnata da gravi violenze nello Stato di Plateau, con molte vittime. Prego per loro e per le loro famiglie. Che Dio liberi la Nigeria da questi orrori! E prego anche per quanti hanno perso la vita nell’esplosione di un camion-cisterna in Liberia.

Continuiamo a pregare per i popoli che soffrono a causa delle guerre: il martoriato popolo ucraino, i popoli palestinese e israeliano, il popolo sudanese e tanti altri. Al termine di un anno, si abbia il coraggio di chiedersi: quante vite umane sono state spezzate dai conflitti armati? Quanti morti? E quante distruzioni, quanta sofferenza, quanta povertà? Chi ha interessi in questi conflitti, ascolti la voce della coscienza. E non dimentichiamo i martoriati Rohingya!

Un anno fa Papa Benedetto XVI concludeva il suo cammino terreno, dopo aver servito con amore e sapienza la Chiesa. Sentiamo per lui tanto affetto, tanta gratitudine, tanta ammirazione. Dal Cielo ci benedica e ci accompagni. Un applauso a Benedetto XVI!

Saluto tutti i romani, i pellegrini, i gruppi parrocchiali, le associazioni e i giovani. Oggi rivolgo un saluto speciale alle famiglie qui presenti e a quelle collegate mediante la televisione e gli altri mezzi di comunicazione. Non dimentichiamo che la famiglia è la cellula fondamentale della società: bisogna sempre difenderla e sostenerla, sempre!

Saluto la squadra nazionale italiana maschile di pallavolo under 18; e saluto i figuranti del Presepe vivente di Marcellano, in Umbria.

E a tutti auguro una buona domenica. Una benedizione alle vostre famiglie! E auguro anche un fine anno sereno. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

Guarda il video


Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE - ANNO B

Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli


SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE ANNO B

31 Dicembre 2023 

Per chi presiede

Fratelli e sorelle, assumendo la nostra condizione umana, Gesù ci ha narrato il volto del Padre. Restando uniti a Lui, il Figlio in cui il Padre si compiace, anche noi possiamo sentirci figli e con libertà innalzare a Dio le nostre preghiere, invocando insieme:

R/  Gloria a te, Signore

  

Lettore

- Si rafforzi, o Padre, la fede della tua Chiesa, di tutto il popolo di Dio. La luce del tuo Santo Spirito la guidi per i sentieri tortuosi e tenebrosi della storia umana ed allo stesso tempo le faccia comprendere che la perdita di sicurezza, di privilegi non è necessariamente la fine della Chiesa, ma che forse può essere l’inizio di una vita più radicata nel Vangelo. Per questo ti invochiamo.

- Sii vicino, o Padre, a tutte le comunità cristiane, che in varie parti del mondo conoscono la sofferenza, la persecuzione, l’abbandono della propria terra a motivo della loro fede nel tuo Figlio Gesù. Dona loro perseveranza per continuare ad amare e a sognare un’umanità, che sappia ritrovare la via del dialogo e dell’accoglienza reciproca. Per questo ti invochiamo.

- Ti affidiamo, o Padre, la vita, i sogni, le sofferenze sofferte dai tanti migranti, uomini, donne e bambini, che si ritrovano ad essere facile preda dei vari trafficanti di esseri umani. Ti affidiamo, inoltre, le famiglie dell’Ucraina e della Palestina sconvolte dalla guerra. Sii Tu il loro protettore. Per questo ti invochiamo.

- Sostieni, o Padre, le nostre famiglie, perché come chiesa domestica, sappiano costruire un’autentica comunità nell’ascolto della Parola, nella preghiera, nella fede, nell’amore e nel rispetto reciproco, ed essere segno di luce e di speranza nei quartieri in cui abitano. Per questo ti invochiamo.

- Ti affidiamo, o Padre, le famiglie che vivono in difficoltà economiche e quelle che vivono relazioni difficili e conflittuali: possano trovare aiuto e solidarietà, consigli sapienti, speranza e misericordia. Per questo ti invochiamo.

- Davanti a te, o Padre, ricordiamo i nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ricordiamo anche le vittime della violenza nelle famiglie, come pure le famiglie distrutte dalla guerra, dal terrorismo e dalla mafia. Tutti possano trovare consolazione e pace nella contemplazione del tuo Volto di Luce. Per questo ti invochiamo.


Per chi presiede

O Dio, che in Gesù, Giuseppe e Maria ci hai donato una viva immagine della tua eterna comunione d’amore, rinnova in ogni comunità cristiana e in ogni famiglia le meraviglie del tuo Spirito, perché tutti possano essere testimoni del tuo legame d’amore sponsale con l’umanità. Per Cristo nostro Signore. AMEN.



FEMMINICIDIO È LA PAROLA DELL'ANNO: L'IMPORTANZA DI DARE UN NOME ALLE COSE

FEMMINICIDIO È LA PAROLA DELL'ANNO:
L'IMPORTANZA DI DARE UN NOME ALLE COSE

La storia dei vocaboli, che entrano nell'uso, spesso dà un'idea di come sta funzionando la realtà. Ecco perché l'affermarsi di "femminicidio" nell'uso corrente potrebbe essere un segnale positivo che conferma l'attenzione un tema reso attualissimo dalla mobilitazione seguita alla morte di Giulia Cecchettin e dal successo del film di Paola Cortellesi, personaggio dell'anno di Famiglia Cristiana


Le parole valgono, le parole pesano. Sono pietre anche, a volte miliari. Servono per segnare, anziché per lapidare. Per questo l’Istituto della Enciclopedia italiana ha selezionato “femminicidio” come parola dell’anno 2023 che ha visto le sue ultime settimane movimentate dalla reazione civile collettiva all'omicidio di Giulia Cecchettin e dal successo del film C'è ancora domani, prima prova registica di Paola Cortellesi, personaggio dell'anno di Famiglia Cristiana, proprio per il suo impegno nell'accendere un riflettore contro la violenza sulle donne.

«Come Osservatorio della lingua italiana – spiega Valeria Della Valle, direttrice scientifica, con Giuseppe Patota, del Vocabolario Treccani – non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola femminicidio in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere. Il termine, perfettamente congruente con i meccanismi che regolano la formazione delle parole in italiano, ha fatto la sua comparsa nella nostra lingua nel 2001 (e fu registrata nei Neologismi Treccani del 2008): da allora si è esteso a macchia d’olio quanto il crimine che ne è il referente».

La definizione che ne dà il vocabolario Treccani online è: «Uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica di una donna in quanto tale, espressione di una cultura plurisecolare maschilista e patriarcale che, penetrata nel senso comune anche attraverso la lingua, ha impresso sulla concezione della donna il marchio di una presunta, e sempre infondata, inferiorità e subordinazione rispetto all'uomo».

E le parole si diceva, pesano, perché dare i nomi alle cose, serve a farle emergere, a riconoscerle, a distinguerne le sfumature. Femminicidio si è affermata - indipendentemente dalla volontà di chi chiede alla lingua di correre in avanti forzando usi ancora oscillanti per dare un segnale di progresso o da quella contraria di chi fa da “remora” e cerca di resistere in nome della tradizione alle novità che l’uso afferma – perché c’era bisogno di dare un nome a una cosa che tra noi purtroppo c’è: siamo uno dei Paesi avanzati con la più bassa percentuale di omicidi volontari in rapporto alla popolazione, complessivamente intesi, circa 300 l’anno, ma un terzo di questi colpiscono le donne e la gran parte avviene in contesti relazionali e familiari. La parola che si afferma nell’uso è il segno che si sentiva nel sentimento del tempo il bisogno per brevità ed efficacia di dare un nome immediatamente evidente alla particolarità di questo tipo di assassinio.

«La nozione giuridica di “femminicidio”», spiegava di recente a un incontro pubblico, Fabio Roia, uno dei magistrati più esperti sul tema, «nel codice penale italiano non c’è, è attinta dalla Risoluzione del Parlamento europeo 28/11/2019 e significa “uccisione di donna in quanto appartenente al genere femminile”. L’uso corrente della precede dunque la cristallizzazione nei codici. L’esperienza insegna che parole, leggi e società viaggiano a velocità diverse: non basta dare un nome alle storture perché la cultura sottesa e la società che le esprime le contrasti nel profondo, non basta scrivere le leggi nei codici perché la mentalità corrente cambi al loro stesso passo, sono processi lenti: ci sono voluti almeno dieci anni perché la parola femminicidio e con essa il suo concetto si affermassero in italiano nell’uso, ce ne sono voluti di più perché la parità scritta nell’articolo 3 della Costituzione trovasse leggi conseguenti. Fiino al 1968 l’adulterio era punito dalla legge penale ma in modo diverso per uomini e donne (nella relazione tra Fausto Coppi e Giulia Occhini, la “Dama bianca”, extraconiugale per entrambi, solo lei venne arrestata); fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975 il matrimonio assegnava al marito il ruolo di capofamiglia e e metteva la donna in posizione subordinata nella coppia; fino al 1981 il codice penale ha contemplato il delitto d’onore: in soldoni uno sconto di pena per l’’uomo che uccidesse la moglie o il neonato (vero o presunto figlio di relazione clandestina) per salvare il proprio onore; fino al 1996 la violenza sessuale è stata un delitto «Contro la moralità pubblica e il buon costume», non contro la persona, quasi che la vittima che la subiva fosse un dettaglio ininfluente. Il retaggio di tutto questo in qualche modo sopravvive dentro la nostra società che intanto si complica facendosi plurale, portando a coesistere spinte e controspinte che convivono, non senza tensioni, in sensibilità diverse.

Forse però l’imporsi spontaneo della parola “femminicidio” insieme con la sua nozione alla coscienza collettiva, fino ad essere riconosciuta come parola dell’anno 2023, è davvero un buon segno: potrebbe indicare che si sta facendo un passo avanti nella consapevolezza sociale, anche se la strada sarà lunga.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Elisa Chiari 29/12/2023)

"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 6 - 2023/2024 anno B

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO B) 

Vangelo:


Dopo essersi manifestato ai pastori e ai poveri, Gesù, il Pastore, è presentato al tempio, come prescrive la Torah. Il patto di alleanza tra Dio e il suo popolo ha il suo segno visibile nella circoncisione che ancora oggi ne segna l'appartenenza. Il bambino è accolto fra le braccia di un vecchio di nome Simeone (Dio ha ascoltato), figura dell'Israele rimasto fedele al Signore che attende la sua consolazione senza perdere la speranza. Simeone è l'uomo sempre in ascolto della Parola, e il suo Cantico, che la Liturgia delle Ore ci fa pregare a compieta, rappresenta «il grido pacato e incontenibile che viene fuori da tutta l'umanità come fiume impetuoso che rompe gli argini e dilaga» (cit.). Solo ora possiamo chiamare per nome l'ineffabile Nome che mai nessuno ha potuto pronunciare: Gesù, Salvezza di Dio per ogni carne. «Poter pronunciare il Nome di Dio vuol dire ritrovare le proprie radici in quel Nome che sta all'origine di ogni altro nome» (cit.). Solo ora siamo in grado di chiamare Dio per nome, perché il Creatore si è lasciato concepire dalla sua creatura e si è donato a ognuno di noi realizzando così il più grande desiderio dell'uomo.


sabato 30 dicembre 2023

LE TRE PAROLE - Rovina, risurrezione, contraddizione. Tre parole profetiche scolpite nell’anima, che però fanno respirare la vita, perché il dolore non vuole spiegazioni, ma condivisione. - SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE ANNO B - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

LE TRE PAROLE
 

Rovina, risurrezione, contraddizione. 
Tre parole profetiche scolpite nell’anima, che però fanno respirare la vita, perché il dolore non vuole spiegazioni, ma condivisione.


I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
  • il primo per gli amici dei social
  • il secondo pubblicato su Avvenire
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore. (...) Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio. (...) Luca 2,22-40

per i social

LE TRE PAROLE
 
Rovina, risurrezione, contraddizione. Tre parole profetiche scolpite nell’anima, che però fanno respirare la vita, perché il dolore non vuole spiegazioni, ma condivisione.


Portarono il bambino a Gerusalemme, per offrirlo al Signore. Il figlio è loro, eppure non lo è.

Il figlio è dato ma subito è offerto ad un altro sogno, ad un'altra strada; perché i figli non sono nostri, appartengono a Dio, al cosmo, alla storia; alla loro vocazione che noi non conosciamo. Devono realizzare non i nostri sogni, ma quelli di Dio. Questa è la santità della famiglia.

Nel tempio la coppia incontra due anziani carichi d'anni, ma vivi come bambini; non chiusi custodi di ricordi, essi si rivelano profeti di futuro: Simeone guarda oltre, Anna parla agli altri. Vecchiaia aperta e sapiente, che vede ciò che altri non vedono ancora.

L’inverno del mondo abbraccia l'eterna giovinezza di Dio. E la liturgia che si compie, in quel cortile aperto a tutti, è semplice, naturale e perciò divina. Prendendo in braccio Gesù, e benedicendo Dio, Simeone compie un autentico gesto sacerdotale, possibile a tutti. E dice tre parole immense a Maria, per spiegarle chi è suo Figlio: egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti, segno di contraddizione.

Egli è qui, adesso, in mezzo a noi, rovina, risurrezione, contraddizione. E come potrebbe non esserlo? Piccolo gioiello di Dio, stella di carne scesa a scaldare quella stessa Betlemme che oggi si ritrova vuota e buia, fredda e senza stelle, senza più un Gesù piccolo che la faccia sognare, che la spinga come i pastori ad alzare gli occhi a scrutare gli angeli.

E’ questa la contraddizione suprema dell’uomo che, nei fatti, si crede Dio onnipotente.

Sii per me rovina e risurrezione, Signore. Non lasciarmi nell'indifferenza e nella falsa pace. Contraddici i miei pensieri con i tuoi, e annega le sicurezze del Narciso che è in me. Contraddici l'immagine distorta che ho di te, e questa guerra del mondo e del cuore. Sii mia risurrezione, quando ho il vuoto dentro e il buio davanti agli occhi. Sii risurrezione, vita che si dirama dopo il fallimento facile, dopo una fedeltà mancata, dopo un'umiliazione bruciante. E poi risorgi con le cose che credevo finite.

Rovina, risurrezione, contraddizione. Tre parole profetiche scolpite nell’anima, che però fanno respirare la vita. Contraddizione nel cuore della logica umana, rovina di idoli e illusioni, risurrezione dei germi vitali ai quali non riusciamo a dare terreno.

Anche a te una spada, Maria: Simeone lega Maria non solo alla croce del figlio, ma a tutta la messe di lacrime e di contraddizioni del Vangelo e dell'esistenza.

Anche a te, Maria. Non sei esente. La fede non produce l'anestesia del vivere. La fede e la santità non sono, per lei come per noi, un'assicurazione contro la sofferenza o i lutti. Anche a te, una spada. Il dolore ti legherà a tanti, a tutti i tuoi figli trafitti dalla spada del fratello, perché il dolore non vuole spiegazioni, ma condivisione.
  
per Avvenire 

L’abbraccio di Anna e Simeone a Gesù  (...)

Leggi su Avvenire


Il presepe di Papa Francesco - Nel Natale, Dio si è schierato con l’uomo

Il presepe di Papa Francesco

Nel Natale, Dio
si è schierato con l’uomo



La ragione della nostra speranza è questa: Dio è con noi e Dio si fida ancora di noi! 

Ma pensate bene a questo: Dio è con noi e Dio si fida ancora di noi. È generoso questo Dio Padre! Egli viene ad abitare con gli uomini, sceglie la terra come sua dimora per stare insieme all’uomo e farsi trovare là dove l’uomo trascorre i suoi giorni nella gioia o nel dolore. Pertanto, la terra non è più soltanto una “valle di lacrime”, ma è il luogo dove Dio stesso ha posto la sua tenda, è il luogo dell’incontro di Dio con l’uomo, della solidarietà di Dio con gli uomini. 

Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù, che è vero uomo e vero Dio. Ma c’è qualcosa di ancora più sorprendente. La presenza di Dio in mezzo all’umanità non si è attuata in un mondo ideale, idilliaco, ma in questo mondo reale, segnato da tante cose buone e cattive, segnato da divisioni, malvagità, povertà, prepotenze e guerre. Egli ha scelto di abitare la nostra storia così com’è, con tutto il peso dei suoi limiti e dei suoi drammi. Così facendo ha dimostrato in modo insuperabile la sua inclinazione misericordiosa e ricolma di amore verso le creature umane. 

Egli è il Dio-con-noi; Gesù è Dio-con-noi. Credete questo voi? 
Facciamo insieme questa professione: Gesù è Dio-con-noi! Gesù è Dio-con noi da sempre e per sempre con noi nelle sofferenze e nei dolori della storia. Il Natale di Gesù è la manifestazione che Dio si è “schierato” una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati. 

Da qui viene il grande “regalo” del Bambino di Betlemme: Lui ci porta un’energia spirituale, un’energia che ci aiuta a non sprofondare nelle nostre fatiche, nelle nostre disperazioni, nelle nostre tristezze, perché è un’energia che riscalda e trasforma il cuore. La nascita di Gesù, infatti, ci porta la bella notizia che siamo amati immensamente e singolarmente da Dio, e questo amore non solo ce lo fa conoscere, ma ce lo dona, ce lo comunica! 

Dalla contemplazione gioiosa del mistero del Figlio di Dio nato per noi, possiamo ricavare due considerazioni. La prima è che se nel Natale Dio si rivela non come uno che sta in alto e che domina l’universo, ma come Colui che si abbassa, discende sulla terra piccolo e povero, significa che per essere simili a Lui noi non dobbiamo metterci al di sopra degli altri, ma anzi abbassarci, metterci al servizio, farci piccoli con i piccoli e poveri con i poveri. Ma è una cosa brutta quando si vede un cristiano che non vuole abbassarsi, che non vuole servire. Un cristiano che si pavoneggia dappertutto, è brutto: quello non è cristiano, quello è pagano. Il cristiano serve, si abbassa. Facciamo in modo che questi nostri fratelli e sorelle non si sentano mai soli! 
La seconda conseguenza: se Dio, per mezzo di Gesù, si è coinvolto con l’uomo al punto da diventare come uno di noi, vuol dire che qualunque cosa avremo fatto a un fratello o a una sorella l’avremo fatta a Lui. Ce lo ha ricordato lo stesso Gesù: chi avrà nutrito, accolto, visitato, amato uno dei più piccoli e dei più poveri tra gli uomini, avrà fatto ciò al Figlio di Dio.
(fonte: L'Osservatore Romano 23/12/2023)

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Vedi anche i post precedenti:

Un discorso di Natale CHI ERA GESÙ di Raniero La Valle (Testo e video)

Un discorso di Natale
CHI ERA GESÙ
di Raniero La Valle

Fuggito a una strage di bambini innocenti come quelli di Gaza, ha dato a ciascuno secondo il suo bisogno ed ha fatto l’esegesi di un Dio senza vendetta, che è solo misericordia, e non sceglie nessun “eletto” contro le altre religioni e gli altri popoli



Riflessione per piattaforma mediatica “Servizio Pubblico” di Michele Santoro da Raniero La Valle


Contro Chi era Gesù? Parliamo oggi di lui perché arriva il suo Natale che è un po’ anche il nostro visto che tutti lo celebrano, senza sapere molto di lui, come fa l’informazione che parla di molte cose senza veramente saperle.

Gesù era di certo una persona straordinaria, altrimenti non si spiegherebbe perché ancora ne parliamo dopo 2000 anni. Di lui è stata raccontata la vita da molti autori, i più importanti dei quali sono stati chiamati evangelisti, Però le loro non sono delle vere biografie, molti avvenimenti non sono stati raccontati come fossero fatti di cronaca, ma piuttosto per il loro significato, per far capire altre cose più importanti, ma in modo che difficilmente si può pensare che veramente siano in tal modo accaduti.

Allora per capire Gesù ricordiamo alcuni di questi fatti, il cui racconto è stato tramandato di padre in figlio, di generazione in generazione. Se ne possono raccontare solo alcuni perché, come dice l’evangelista Giovanni alla fine del suo vangelo, se si volessero raccontare tutte le cose compiute da Gesù, con tutti i loro significati, il mondo intero non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Gesù era un ebreo di Galilea, nato a Betlemme, la piccola città che come tutti sanno sta vicino a Gerusalemme. E qui c’è il primo racconto incredibile, ma è incredibile per quel tempo di allora, purtroppo non è incredibile per il tempo di oggi, per le cronache di oggi.

Il racconto incredibile è che egli appena nato, sia sfuggito a una strage in cui furono uccisi tutti i bambini di Betlemme e del territorio circostante. E ciò avvenne perché il re del tempo, che si chiamava Erode, pensava che uno di quei bambini, crescendo, avrebbe potuto contendergli il regno, mettere in gioco il suo potere; e allora pensò bene di premunirsi uccidendoli prima, per difendersi da ciò che qualcuno di loro avrebbe potuto fare da grande; e non sapendo chi sarebbe stato, decise di farli uccidere tutti. Ed è proprio quello che in questi giorni è successo a Gaza, dove non uno, non due, non cento, ma 5000 bambini sono stati uccisi fin nelle incubatrici, fin nel ventre delle madri perché se crescevano, chissà, potevano finire con Hamas, e in ogni caso erano palestinesi, e lì non ci devono stare. E quanto ai grandi, se non sono tutti di Hamas, sono abbattuti perché fanno scudo ad Hamas, anche se sono ebrei con la bandiera bianca o sono lì perché funzionari dell’ONU.

Ora, mentre questo oggi è veramente avvenuto, non c’è nessun testo storico che parli di una strage di bambini innocenti nella Palestina di allora; si tratta invece di un racconto midrashico, che è un genere letterario simbolico per dire un’altra cosa; e ciò che voleva dire quel racconto è che la vita di quel bambino nato tra i pastori era così importante, così preziosa, che assolutamente si doveva salvare perché potesse essere poi ragione di bene per gli altri. E anche oggi la vita di ogni bambino è preziosa, anzi, come ha detto la senatrice Liliana Segre, esprimendo il suo dolore per i bambini ebrei e palestinesi uccisi negli eccidi di Gaza, la vita di ogni bambino è sacra.

Per fortuna Gesù fu salvato dal padre e dalla madre che fuggirono in Egitto, ma anche questo non sarebbe possibile oggi, perché è vero che tutti sono obbligati a fuggire da Gaza, però trovano le frontiere chiuse e l’Egitto non li fa entrare.

Poi c’è un altro episodio che si può raccontare, ed è la prima uscita pubblica di Gesù riferita da Giovanni, anzi non era tanto pubblica quanto privata, perché si trattava di un pranzo di nozze a cui Gesù e sua madre erano stati invitati per festeggiare gli sposi. Ora, che cosa c’è di più importante in un pranzo di nozze se non il vino? Qualcuno può dire che è più importante il vestito della sposa, o i discorsi che si fanno per gli auguri, o i brindisi. Ma senza vino è la festa che se ne va, e se finisce perché era troppo poco gli sposi si mortificano e invece di gioire si rattristano. Gesù se ne accorge, perché glielo dice la madre, e che fa? Non fa una predica per dire che ci sono cose più importanti del vino, dell’allegria, e che bisogna accettare le contrarietà e i dolori, no, fa una cosa più semplice e più piena di amore, cambia l’acqua in vino, e anzi per non far fare agli sposi una brutta figura, sceglie il vino più buono. Che vero miracolo! Anche questo non sappiamo se sia veramente avvenuto, ma perbacco quale lezione! Se vuoi bene a qualcuno, non devi fare quello che tu decidi essere il suo bene, ma devi fare il bene che vuole lui, fare ciò di cui in quel momento ha bisogno lui, e se è il vino gli dai il vino, se ha sete gli dai l’acqua, se ha fame gli dai il pane, e magari in forza del tuo amore riesci perfino a moltiplicare i pani, e perfino i pesci, e se è nudo lo vesti, e se è malato e lasciato solo a morire lo vai a visitare e lo conforti, e se ha camminato e fatto male ai piedi gli lavi i piedi, e se è imprigionato cerchi di liberarlo e non gli dai il 41 bis, e se è preso come vittima, offerto in sacrificio mandato a morire ti fai mettere in croce al posto suo, per affermare che nessuno deve essere ucciso dal Pilato di turno, che il tempo dei sacrifici, dei capri espiatori, della vendetta, della guerra, è finito, allora e per sempre.

E poi c’è un altro episodio, un altro evento. Ma questo non è simbolico, di certo è avvenuto davvero, perché se anche Gesù avesse fatto solo questo, avrebbe fatto la cosa più importante della sua vita, proprio ciò per cui era venuto. Di che si tratta?

Siccome Gesù era ebreo, frequentava la Sinagoga ed era usanza che qualcuno dell’assemblea prendesse il rotolo della Scrittura, cioè quello che allora era il libro della Legge e dei Profeti, e ne leggesse per tutti i fedeli una pagina.

Gesù dunque entra nella Sinagoga di Nazaret e siccome era un maschio adulto, gli danno da leggere il libro. E lui svolge il rotolo, e arriva fino al cap. 61 del Profeta Isaia. E che cosa c’era scritto in quel punto?

Dice il profeta Isaia:

Isaia, 61

1 Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
2 a promulgare l’anno di grazia del Signore,
il giorno di vendetta del nostro Dio,



E che cosa legge Gesù?

Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
19 a proclamare l’anno di grazia del Signore .



E a quel punto si ferma, riavvolge il rotolo e lo riconsegna a chi glielo aveva dato. E perché non ha letto l’ultima riga? Dove è finita la vendetta di Dio? Dove sta il giorno della vendetta?

La vendetta non c’è più. Il Dio che annuncia Gesù, quello stesso Dio di Israele che era invocato nella Sinagoga è un Dio che è solo misericordia, non è più un Dio che punisce, che si vendica, non è un Dio buono con i buoni e cattivo con i cattivi, che dà il bene per il bene e il male per il male. È un Dio, che arriva prima, che “primerea” come dice papa Francesco, prima ancora che gli uomini lo cerchino.

Ma con quale autorità Gesù dice una cosa così sconvolgente, che cambia il modo in cui gli Ebrei si rappresentavano Dio, anzi la concezione che ne avevano tutti i popoli giunti alla fede monoteistica? È la stessa domanda che gli fanno i suoi compaesani di Nazaret. Con che autorità tu fai questo? Non sei il figlio del falegname? E perché tutto restasse com’era, già allora cercano di uccidere Gesù, di gettarlo dalla rupe.

Sì, è il figlio del falegname, è un uomo come gli altri, ma come poi diranno i suoi discepoli e la sua Chiesa, Dio stesso gli ha dato l’autorità, anzi il compito di rivelare il suo vero volto, il vero rapporto di Dio con gli uomini, di farne l’esegesi, cioè di interpretarlo correttamente. Questo dice l’evangelista Giovanni, che lo riconosce come figlio dell’uomo e insieme figlio di Dio, incarnazione di lui. E proprio questa è la buona notizia che Gesù dà ai suoi fratelli ebrei e a tutti gli uomini: Dio è per tutti, non si mette alla testa di un esercito contro un altro esercito, di un popolo contro altri popoli, perché ama tutti, e vuole che tutti siano salvi. Certo è una rivoluzione della fede, della teologia, delle stesse pagine meno ispirate della Bibbia, e invece, proprio come dice la Bibbia, è un Dio che ama gli uomini e perfino gli animali, e si pente del male che secondo i falsi profeti avrebbe promesso di fare, e non lo fa.

Però quella immagine del Dio tremendo e affascinante, assolutamente altro e assolutamente altrove, onnipotente e spietato, è dura a morire, e neanche Gesù ce la fa a cambiarla, e per questo ci rimette la vita, e finisce sulla croce. Ma l’umanità si porterà dietro per secoli quell’immagine travisata di Dio, e canterà il Dies Irae, scriverà la Divina Commedia, dipingerà il Giudizio Universale con i condannati a testa in giù, e dirà che l’inferno non è quello che facciamo noi sulla terra, ma quello che Dio avrebbe allestito nei cieli, al di là della terra, legittimando la violenza e perfino lo sterminio, la vendetta, e la rappresaglia, fino al cento per uno. È rimasto nella cultura comune un Dio impietoso, che se fosse senza misericordia, non sarebbe nemmeno un Dio, come dice papa Francesco. Ed è per questo che i bigotti, i primatisti, i guerrafondai non lo possono vedere e ce l’hanno con lui.

Ma alla fine quel Dio è morto. È morto nei campi di sterminio, è morto a Hiroshima, è morto nei barconi dei migranti: troppo grande è la violenza umana perchè sia verosimile quella divina. E infatti Hans Jonas, un grande filosofo ebreo, ha scritto che è cambiato il concetto di Dio dopo Auschwitz, e un altro nel lager nazista ha detto che Dio non era tra i potenti, ma era appeso alla forca anche lui con quel ragazzo ebreo impiccato dagli aguzzini, e un grande cristiano, Dietrich

Bonhoeffer, dirà che Dio non è un tappabuchi delle debolezze umane, e papa Giovanni dirà che la guerra è fuori della ragione umana, figuriamoci di quella di Dio.

Perciò finalmente possiamo credere che se Dio esiste, non è quello di chi dice, uccidendo, “Dio è con noi”, ma è il Dio di Gesù che è il Dio della pace.

Per cui la domanda oggi non è più: “quale concetto di Dio dopo Auschwitz?” ma “quale concetto di Dio durante Gaza?”: e la risposta è che forse è un Dio che ispiri le genti a piangere su Gerusalemme e su Gaza, Hamas a non uccidere Ebrei, Israele a fermarsi sul ciglio dell’abisso, a non trafiggerne mille per uno, noi tutti a rimettere in comunione la Terra e la dignità di tutte le creature.

GUARDA IL VIDEO


(Fonte: Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri)

venerdì 29 dicembre 2023

Renato Sacco - Quanti bambini vittime innocenti di tanti re Erode

Renato Sacco (*)
Quanti bambini vittime innocenti di tanti re Erode

Erode è un mix di potere e paura. Per questo senza scrupoli ordina la strage degli innocenti. E oggi quanti martiri innocenti? Nelle varie guerre: da Gaza all’Ucraina. Come è possibile tollerare quanto succede a Gaza? E non sentirsi dentro il grido di Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata. Ma è quanto succede in ogni violenza: sulle donne, sui bambini, sugli anziani… Quanti bambini cancellati dalla faccia della terra per il capriccio di qualche Erode?

(Foto archivio)

“Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi”. È quanto leggiamo nel Vangelo di Matteo, oggi, festa dei Santi Innocenti Martiri. Tutti noi, fin da bambini, siamo stati colpiti da questa pagina evangelica, la “strage degli innocenti”. Dipinti, opere d’arte ne hanno reso ancora più forte l’impatto emotivo. Al Sacro Monte a Varallo Sesia (Vc), la cappella che evoca questa scena è una delle più famose, (sec. XVI), e gli studiosi fanno notare come i personaggi sono raffigurati non tanto con abiti dell’epoca di Cristo quanto piuttosto come uomini e donne del ‘500. Quindi già allora si voleva far accostare il visitatore non a qualcosa che è relegato nel passato, ma a qualcosa che sta avvenendo.

Siamo chiamati a farlo anche oggi, nel 2023. Quanti bambini vittime innocenti, oggi, di tanti Re Erode, che si chiamano con altri nomi, certo. Sta a noi riconoscerli, magari dietro volti e apparenze gentili. In fondo anche Erode si era dimostrato gentile e cortese con i Magi. “Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: ‘Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo'”. (Mt, 2,7). Un atteggiamento ineccepibile, il suo. Dichiaratamente e ipocritamente disposto ad ostentare il suo volere “adorare” il Bambino. Forse dobbiamo prendere le distanze da una falsa religiosità, ostentata, ma che non esita a cancellare vittime innocenti. Erode si “infuria” quando si accorge che i Magi si sono presi gioco di lui! Il potere non tollera la presa in giro. E chi è potente non si cura della vita delle persone, tantomeno degli innocenti. 
Anche oggi.

Erode è un mix di potere e paura. Per questo senza scrupoli ordina la strage degli innocenti. E oggi quanti martiri innocenti? Nelle varie guerre: da Gaza all’Ucraina. Come è possibile tollerare quanto succede a Gaza? E non sentirsi dentro il grido di Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata. Ma è quanto succede in ogni violenza: sulle donne, sui bambini, sugli anziani… Quanti bambini cancellati dalla faccia della terra per il capriccio di qualche Erode? Erode che progetta sempre nuovi armamenti, sempre più precisi e sofisticati, per la guerra “viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse… quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti!” (Papa Francesco, Angelus Natale 2023).

E come non ricordare i bambini soldato!
Oppure i bambini costretti a lavorare. Non basta commuoverci o scandalizzarci guardando le loro manine che scavano, nella Repubblica Democratica del Congo, per raccogliere il Coltan guadagnando meno di 1 euro al giorno se va bene, per un minerale che vale intorno ai 18.000 euro al Kg. Ma poi il nostro telefonino lo teniamo tranquillamente in mano, anche se realizzato con “minerali insanguinati”. 

Ecco i volti di Erode oggi! E delle tante vittime innocenti.
E come tacere davanti al Mediterraneo, diventato un grande cimitero? Quante vite innocenti in questo mare nostrum… mostrum. Rischiamo di non commuoverci neanche più. In fondo sono ‘carichi residuali’ così come le vittime delle guerre in Iraq o in Afghanistan definite ‘effetti collaterali’. Ci si abitua a tutto, anche alle stragi degli innocenti.
In fondo in fondo, Erode non è poi così cattivo. Aveva anche lui le sue ragioni. Non ci si può permettere di disobbedire al potente di turno.
Per questo la festa di oggi ci chiede di scegliere da che parte stare. Se vogliamo stare dalla parte delle vittime, non possiamo stare con Erode! Ma con i Magi, che disubbidiscono a Erode e “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”.

(*) consigliere nazionale di Pax Christi
(fonte: Sir 28 Dicembre 2023)

Nadia Terranova - Messi in viaggio per non morire, ma qualche volta muoiono lo stesso - La frontiera dei bambini

Nadia Terranova
Messi in viaggio per non morire, ma qualche volta muoiono lo stesso
La frontiera dei bambini


Qualche anno fa mi sono occupata di adattare La frontiera, un bellissimo libro del 2015 di Alessandro Leogrande sulle migrazioni, riscrivendolo in un’edizione fruibile dalle scuole, dai ragazzi di età leggermente inferiore a quelli che costituivano già il pubblico naturale del libro. Leogrande, scrittore e giornalista, era morto prematuramente due anni dopo l’uscita della Frontiera – testo curioso, tra saggio e reportage che segnava un punto di svolta nella riflessione sulle migrazioni, da cui sarebbe poi stato difficile tornare indietro, almeno letterariamente visto che le scelte politiche appaiono sorde a ogni urlo.

Nel poco tempo che aveva avuto a disposizione, Leogrande aveva girato tantissimo per le scuole superiori, dove La frontiera era stato adottato, letto, sviscerato, e dove i ragazzi lo accoglievano tempestandolo di domande e curiosità che svelavano il bisogno di conoscere meglio alcuni loro coetanei: chi erano i bambini, gli adolescenti costretti a partire per salvarsi la vita? Alcuni erano vicini, a volte compagni di classe, ma anche quelli che sembravano lontanissimi all’improvviso non lo erano più, grazie alla scrittura calda, fortemente empatica di quelle pagine. Mettendo al centro le storie delle persone, le loro vite, prescindendo quasi completamente dai numeri, usandoli cioè solo come il sostrato torrentizio di ciò che accade e di fronte a cui non possiamo fare finta di niente, Leogrande umanizzava la cronaca, la rendeva letteratura quotidiana, narrabile e viva. Mettere le mani su quel testo non era facile, era già perfetto di per sé, ma la madre di Alessandro e la sua casa editrice pensavano fosse un peccato tagliare i bambini fuori da un discorso che li riguardava. Così, armata di umiltà, mi sono messa a rileggere. E a riscrivere.

Oggi La frontiera raccontata ai ragazzi che sognano un mondo senza frontiere è un libro a parte, che ha fatto la sua strada e continua a farla. L’ipotesi era concreta, si è rivelata reale: i bambini della scuola primaria, o secondaria di primo grado, hanno fame di quelle storie. Vogliono sapere quali sono le regole dei viaggi, cosa succede a chi si mette in cammino, vogliono risposte alle domande che non sempre sanno fare: cosa si rischia davvero ad attraversare il Mediterraneo? È normale farlo pur sapendo che il rischio è quello di morire? I genitori che accompagnano i loro figli o li mandano da soli sono sconsiderati, non li amano abbastanza? Che forme prende l’amore quando si tratta di salvare qualcuno che non può scegliere per sé?

A volte le insegnanti e gli insegnanti mi chiamano a rispondere a domande del genere insieme ai ragazzi, dopo che hanno letto il libro. Accetto, anche se non sono brava come Alessandro a indicare le ragioni, a scavare nel sostrato dei sentimenti, nel modo in cui cambiano con le necessità. Ci provo, anche se non ho ascoltato le tante storie che lui ha ascoltato, registrato e poi sbobinato. Mi fido di ciò che ho letto nel suo libro, e ho poi cercato di riprodurre nell’edizione abbreviata. Guardo le facce dei ragazzi, le facce di chi leggendo ha capito qualcosa di più del mondo, o di sé, ha messo a fuoco la fortuna di essere nato nel posto giusto, nonostante tutto. O nel posto sbagliato, cioè in quella parte di mondo che permette il massacro e non trova soluzioni per impedirlo. Mi dico che bisogna accogliere le domande, che il compito dei buoni libri è quello di lasciare interrogativi, ma non è vero – non sempre, non in questo caso. Ci sono volte in cui gli interrogativi sono voragini di colpe e responsabilità, e non sentirsi chiamati a rispondere è una diserzione imperdonabile.

Perché i bambini vengono messi in viaggio per non morire, e qualche volta muoiono lo stesso?

Alessandro Leogrande aveva le ragioni, ma non le risposte. Eppure non ha mai smesso di porre la domanda, di vergognarsi per tutti noi ogni volta che veniva fuori, e di combattere con la scrittura la vergogna del silenzio.
(fonte: Donne Chiesa Mondo - Dicembre 2023)

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giovedì 28 dicembre 2023

Il cardinale Konrad Krajewski: il mondo torni a inchinarsi a Dio e fiorirà la pace



Il cardinale Konrad Krajewski:
 il mondo torni a inchinarsi a Dio 
e fiorirà la pace

Di ritorno dalla sua missione in Terra Santa, su mandato di Papa Francesco, l’elemosiniere si sofferma sull'esperienza vissuta ai confini della guerra a Gaza: nel Padre Nostro Gesù, dice “Sia fatta la tua volontà” e "Venga il tuo regno", quando l'uomo segue solo la sua volontà e i suoi obiettivi spesso nascono sofferenze e conflitti

Donne che piangono davanti alle rovine di un edificio a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza
(AFP or licensors)

Sono andato in Terra Santa con la fede e la preghiera, in questi posti dove imperversa la guerra, dove c’è odio, c’è vendetta, dove l’uno uccide l’altro, dove manca l’acqua, il cibo, dove non c’è corrente elettrica. Anche durante il Natale, i giorni più sacri per noi, non hanno smesso di combattere, di uccidere, in Ucraina come nella Striscia di Gaza.

Sono arrivato in questa terra con le armi più sofisticate del mondo cioè la fede e la preghiera, che sempre possono spostare le montagne e quindi mettere fine ai conflitti… Ma perché non è così? Sono stato in tutti i posti dove ha vissuto Gesù. Sono stato a Nazareth, a Betlemme, sono stato nel luogo dove è stato crocifisso, ucciso e poi dove è risorto, mi chiedo allora: “Signore perché non c'è la pace? Tu vuoi la pace”. Ho pensato sempre a questa preghiera: “Liberaci, Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni”… Allora perché non concedi la pace ai nostri giorni?

Ho riflettuto tanto sul fatto che quando entriamo nel Santo Sepolcro bisogna chinarsi, quasi ci si spezza la schiena per poter entrare. In tante chiese, anche a Betlemme, bisogna inchinarsi, bisogna inchinarsi davanti al mistero. Allora penso che forse il mondo ha smesso di inchinarsi davanti a Dio, che ha smesso di vivere secondo la logica del Vangelo perché assuefatto alla logica del mondo. Noi uomini ci siamo messi forse al posto di Dio e vogliamo comandare, condannare ma lo facciamo senza misericordia, senza l’amore. Forse per questo non c'è la pace, perché non ci inchiniamo più davanti a Dio, davanti al mistero.

Ieri era la festa di san Giovanni Apostolo, lui è arrivato presso la tomba di Gesù si è inchinato per poter entrare, per poter vedere che mancava il suo corpo, che era risorto. Ma noi oggi non ci inchiniamo più, anche se le porte qui nella Terra Santa ci dicono che bisogna farlo per comprendere il mistero di Dio, per comprendere il suo amore, la sua misericordia, per vivere secondo la logica degli insegnamenti di Gesù, secondo la logica del Vangelo.

Ringrazio il Signore per aver vissuto questi giorni in Terra Santa e per iniziare a comprendere il mistero di Dio. La preghiera del Padre nostro, la preghiera che ci ha insegnato Gesù, dice “Sia fatta la tua volontà, Signore”, non la mia, perché quando c'è la mia volontà ci sono le guerre, ci sono tanti morti. “Venga il tuo regno”, non il nostro, il nostro è il regno della distruzione. “Sia santificato il tuo nome”, non il mio, quando si santifica il mio nome sono pericoloso per gli altri. Dopo il Padre nostro, il sacerdote dice: “Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni”. La mia speranza è che davvero fiorisca la pace nel cuore degli uomini.
(fonte: Vatican News 28/12/2023)

«Con il diavolo, cari fratelli e sorelle, non si dialoga. Mai! ... Il diavolo è astuto, è intelligente. ... E noi dobbiamo chiedere questa grazia di imparare a custodire il cuore.» Papa Francesco Udienza 27/12/2023 (foto, testo e video)

PAPA FRANCESCO

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 27 dicembre 2023











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Catechesi. I vizi e le virtù. 1. Introduzione: custodire il cuore


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi vorrei introdurre un ciclo di catechesi sul tema dei vizi e delle virtù. E possiamo partire proprio dall’inizio della Bibbia, là dove il libro della Genesi, attraverso il racconto dei progenitori, presenta la dinamica del male e della tentazione. Pensiamo al Paradiso terreste. Nel quadro idilliaco rappresentato dal giardino dell’Eden, compare un personaggio che diventa il simbolo della tentazione: il serpente, questo personaggio che seduce. Il serpente è un animale insidioso: si muove lentamente, strisciando sul terreno, e qualche volta non ti accorgi nemmeno della sua presenza – è silenzioso -, perché riesce a mimetizzarsi bene con l’ambiente e soprattutto, questo è pericoloso.

Quando comincia a dialogare con Adamo ed Eva dimostra di essere anche un dialettico raffinato. Incomincia come si fa nei pettegolezzi cattivi, con una domanda maliziosa: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?» (Gen 3,1). La frase è falsa: Dio, in realtà, ha offerto all’uomo e alla donna tutti i frutti del giardino, tranne quelli di un albero preciso: l’albero della conoscenza del bene e del male. Questa proibizione non vuole interdire all’uomo l’uso della ragione, come talvolta mal si interpreta, ma è una misura di sapienza. Come a dire: riconosci il limite, non sentirti padrone di tutto, perché la superbia è l’inizio di tutti i mali. E così, la storia, ci dice che Dio pone i progenitori come signori e custodi del creato, ma vuole preservarli dalla presunzione di onnipotenza, di farsi padroni del bene e del male, che è una tentazione. una brutta tentazione anche adesso. Questa è l’insidia più pericolosa per il cuore umano.

Come sappiamo, Adamo ed Eva non riuscirono ad opporsi alla tentazione del serpente. L’idea di un Dio non proprio buono, che voleva tenerli sottomessi, si insinuò nella loro mente: da qui il crollo di tutto.

Con questi racconti, la Bibbia ci spiega che il male non inizia nell’uomo in modo clamoroso, quando un atto è ormai manifesto, ma il male incomincia molto prima, quando si comincia a intrattenersi con esso, a cullarlo nell’immaginazione, pensieri, finendo con l’essere irretiti dalle sue lusinghe. L’omicidio di Abele non è cominciato con una pietra scagliata, ma con il rancore che Caino ha sciaguratamente custodito, facendolo diventare un mostro dentro di sé. Anche in questo caso, a nulla valgono le raccomandazioni di Dio.

Con il diavolo, cari fratelli e sorelle, non si dialoga. Mai! Non si deve discutere mai. Gesù mai ha dialogato con il diavolo; lo ha cacciato via. E nel deserto, durante le tentazioni, non ha risposto con il dialogo; semplicemente ha risposto con le parole della Sacra Scrittura, con la Parola di Dio. State attenti: il diavolo è un seduttore. Mai dialogare con lui, perché lui è più furbo di tutti noi e ce la farà pagare. Quando viene una tentazione, mai dialogare. Chiudere la porta, chiudere la finestra, chiudere il cuore. E così, ci difendiamo da questa seduzione, perché il diavolo è astuto, è intelligente. Ha cercato di tentare Gesù con le citazioni bibliche, presentandosi come grande teologo. State attenti. Con il diavolo non si dialoga e con la tentazione non dobbiamo intrattenerci, non si dialoga. Viene la tentazione: chiudiamo la porta, custodiamo il cuore.

Bisogna essere custodi del proprio cuore. E per questo non dialoghiamo con il diavolo. È la raccomandazione – custodire il cuore - che troviamo in diversi padri, i santi. E noi dobbiamo chiedere questa grazia di imparare a custodire il cuore. È una saggezza quella di saper custodire il cuore. Che il Signore ci aiuti in questo lavoro. Ma chi custodisce il proprio cuore, custodisce un tesoro. Fratelli e sorelle, impariamo a custodire il cuore.

Guarda il video della catechesi

Saluti
...

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. ...

Il mio saluto va infine ai giovani, ai malati, agli sposi novelli e agli anziani. Il Bambino di Betlemme doni la sua luce a tutti voi, perché possiate ispirare al Vangelo le vostre azioni quotidiane del Nuovo Anno.

E per favore non dimentichiamo di pregare per quanti soffrono le conseguenze terribili della violenza e della guerra, specialmente preghiamo per la martoriata Ucraina e per le popolazioni di Palestina e Israele. La guerra è un male. Preghiamo per la fine delle guerre.

A tutti la mia Benedizione!

Guarda il video della integrale