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giovedì 10 luglio 2025

Leone XIV "Beato chi non ha perduto la sua speranza" Messaggio per la V Giornata mondiale dei nonni e degli anziani 27 luglio 2025 (articoli e testo integrale)


Il messaggio di Leone XIV per la prossima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani

Beato chi non ha perduto
la sua speranza


«Un cambio di passo, che testimoni un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la Chiesa» verso la terza età. «Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato». Lo chiede Leone XIV nel suo primo messaggio per la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, di cui domenica 27 luglio sarà celebrata la quinta edizione. 

Diffuso oggi il messaggio che ha per tema «Beato chi non ha perduto la sua speranza (Sir 14,2)»: lo aveva scelto il predecessore Francesco, inserendolo nel contesto dell’Anno Santo 2025, e Papa Prevost esorta in proposito «guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare... a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono. Questo anno è il momento propizio per realizzarla», spiega, aggiungendo l’invito ad «abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società... si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine» — visto «che il numero di quelli che sono avanti negli anni» è «oggi in aumento» — «venga tenuta ai margini e dimenticata». In proposito il Pontefice rende noto che per «quanti non potranno venire a Roma in pellegrinaggio» sarà possibile «conseguire l’Indulgenza giubilare» recandosi in visita «agli anziani in solitudine».
(fonte: L'Osservatore Romano 10/07/2025)

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Messaggio del Papa per la V Giornata mondiale dei nonni e degli anziani 
che sarà celebrata il 27 luglio

Beato chi non ha perduto la sua speranza


Indulgenza giubilare per quanti non potranno venire in pellegrinaggio a Roma ma si recheranno a visitare persone anziane in solitudine

«Beato chi non ha perduto la sua speranza». Prende spunto dal libro biblico del Siracide (cfr 14, 2) il messaggio di Leone XIV per la quinta Giornata mondiale dei nonni e degli anziani che si celebra nella quarta domenica di luglio, quest’anno il 27. Diffuso oggi, giovedì 10, il testo pontificio richiede «un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la Chiesa. Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale — scrive il Papa — è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato».
(fonte: L'Osservatore Romano 10/07/2025)

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE LEONE XIV
PER LA V GIORNATA MONDIALE DEI NONNI E DEGLI ANZIANI

[27 luglio 2025]

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Beato chi non ha perduto la sua speranza (cfr Sir 14,2)

Cari fratelli e sorelle,

il Giubileo che stiamo vivendo ci aiuta a scoprire che la speranza è fonte di gioia sempre, ad ogni età. Quando, poi, essa è temprata dal fuoco di una lunga esistenza, diventa fonte di una beatitudine piena.

La Sacra Scrittura presenta diversi casi di uomini e donne già avanti negli anni, che il Signore coinvolge nei suoi disegni di salvezza. Pensiamo ad Abramo e Sara: ormai anziani, restano increduli davanti alla parola di Dio, che promette loro un figlio. L’impossibilità di generare sembrava aver chiuso il loro sguardo di speranza sul futuro.

Non diversa è la reazione di Zaccaria all’annuncio della nascita di Giovanni il Battista: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni» (Lc 1,18). Vecchiaia, sterilità, declino sembrano spegnere le speranze di vita e di fecondità di tutti questi uomini e donne. E anche la domanda che Nicodemo pone a Gesù, quando il Maestro gli parla di una “nuova nascita”, sembra puramente retorica: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?» (Gv 3,4). Eppure ogni volta, davanti a una risposta apparentemente scontata, il Signore sorprende i suoi interlocutori con un intervento di salvezza.

Gli anziani, segni di speranza

Nella Bibbia, Dio più volte mostra la sua provvidenza rivolgendosi a persone avanti negli anni. Così avviene, oltre che per Abramo, Sara, Zaccaria ed Elisabetta, pure per Mosè, chiamato a liberare il suo popolo quando aveva ben ottant’anni (cfr Es 7,7). Con queste scelte, ci insegna che ai suoi occhi la vecchiaia è un tempo di benedizione e di grazia e che gli anziani, per Lui, sono i primi testimoni di speranza. «Cos’è mai questo tempo della vecchiaia? – si domanda al riguardo Sant’Agostino – Ti risponde qui Dio: “Oh, venga meno per davvero la tua forza, affinché in te resti la forza mia e tu possa dire con l’Apostolo: Quando sono debole, allora sono forte”» (Super Ps. 70, 11). Il fatto che il numero di quelli che sono avanti negli anni sia oggi in aumento diventa allora per noi un segno dei tempi che siamo chiamati a discernere, per leggere bene la storia che viviamo.

La vita della Chiesa e del mondo, infatti, si comprende solo nel susseguirsi delle generazioni, e abbracciare un anziano ci aiuta a capire che la storia non si esaurisce nel presente, né si consuma tra incontri veloci e relazioni frammentarie, ma si snoda verso il futuro. Nel libro della Genesi troviamo il commovente episodio della benedizione data da Giacobbe, ormai vecchio, ai suoi nipoti, i figli di Giuseppe: le sue parole li spronano a guardare con speranza al futuro, come al tempo delle promesse di Dio (cfr Gen 48,8-20). Se dunque è vero che la fragilità degli anziani necessita del vigore dei giovani, è altrettanto vero che l’inesperienza dei giovani ha bisogno della testimonianza degli anziani per progettare con saggezza l’avvenire. Quanto spesso i nostri nonni sono stati per noi esempio di fede e di devozione, di virtù civiche e impegno sociale, di memoria e di perseveranza nelle prove! Questa bella eredità, che ci hanno consegnato con speranza e amore, non sarà mai abbastanza, per noi, motivo di gratitudine e di coerenza.

Segni di speranza per gli anziani

Il Giubileo, fin dalle sue origini bibliche, ha rappresentato un tempo di liberazione: gli schiavi venivano affrancati, i debiti condonati, le terre restituite ai proprietari originari. Era un momento di restaurazione dell’ordine sociale voluto da Dio, in cui si sanavano le disuguaglianze e le oppressioni accumulate negli anni. Gesù rinnova questi eventi di liberazione quando, nella sinagoga di Nazaret, proclama il lieto annuncio ai poveri, la vista dei ciechi, la liberazione dei prigionieri e il ritorno alla libertà per gli oppressi (cfr Lc 4,16-21).

Guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare, anche noi siamo chiamati a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono. Questo anno è il momento propizio per realizzarla: la fedeltà di Dio alle sue promesse ci insegna che c’è una beatitudine nella vecchiaia, una gioia autenticamente evangelica, che ci chiede di abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società, ad ogni latitudine, si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine venga tenuta ai margini e dimenticata.

Davanti a questa situazione, è necessario un cambio di passo, che testimoni un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la Chiesa. Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato. La speranza cristiana ci spinge sempre a osare di più, a pensare in grande, a non accontentarci dello status quo. Nella fattispecie, a lavorare per un cambiamento che restituisca agli anziani stima e affetto.

Per questo, Papa Francesco ha voluto che la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani si celebrasse anzitutto incontrando chi è solo. E per la medesima ragione, si è deciso che quanti non potranno venire a Roma, quest’anno, in pellegrinaggio, possano «conseguire l’Indulgenza giubilare se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo agli anziani in solitudine, […] quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr Mt 25, 34-36)» (Penitenzieria Apostolica, Norme sulla Concessione dell’Indulgenza Giubilare, III). Visitare un anziano è un modo per incontrare Gesù, che ci libera dall’indifferenza e dalla solitudine.

Da anziani si può sperare

Il libro del Siracide afferma che la beatitudine è di coloro che non hanno perso la propria speranza (cfr 14,2), lasciando intendere che nella nostra vita – specie se lunga – possono esserci tanti motivi per volgersi con lo sguardo indietro, piuttosto che al futuro. Eppure, come scrisse Papa Francesco durante il suo ultimo ricovero in ospedale, «il nostro fisico è debole ma, anche così, niente può impedirci di amare, di pregare, di donare noi stessi, di essere l’uno per l’altro, nella fede, segni luminosi di speranza» (Angelus, 16 marzo 2025). Abbiamo una libertà che nessuna difficoltà può toglierci: quella di amare e di pregare. Tutti, sempre, possiamo amare e pregare.

Il bene che vogliamo ai nostri cari – al coniuge col quale abbiamo passato gran parte della vita, ai figli, ai nipoti che rallegrano le nostre giornate – non si spegne quando le forze svaniscono. Anzi, spesso è proprio il loro affetto a risvegliare le nostre energie, portandoci speranza e conforto.

Questi segni di vitalità dell’amore, che hanno la loro radice in Dio stesso, ci danno coraggio e ci ricordano che «se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno» (2Cor 4,16). Soprattutto da anziani, dunque, perseveriamo fiduciosi nel Signore. Lasciamoci rinnovare ogni giorno dall’incontro con Lui, nella preghiera e nella santa Messa. Trasmettiamo con amore la fede che abbiamo vissuto per tanti anni, in famiglia e negli incontri quotidiani: lodiamo sempre Dio per la sua benevolenza, coltiviamo l’unità con i nostri cari, allarghiamo il nostro cuore a chi è più lontano e, in particolare, a chi vive nel bisogno. Saremo segni di speranza, ad ogni età.

Dal Vaticano, 26 giugno 2025

LEONE PP. XIV




Papa Leone XIV: conversione e audacia per opporsi alle forze che distruggono il Creato

Conversione e audacia
per opporsi alle forze
che distruggono il Creato
Papa Leone XIV

08.07.2025 - Il Papa celebra la prima Messa per la Custodia della creazione nel Giardino della Madonnina del “Borgo Laudato si’” di Castel Gandolfo ed esorta ad ascoltare “il grido della terra” e “dei poveri” e a mobilitare le “intelligenze” e gli “sforzi, perché il male sia volto in bene, l’ingiustizia in giustizia, l’avidità in comunione”. “Solo uno sguardo contemplativo può cambiare la nostra relazione con le cose create e farci uscire dalla crisi ecologica”


In questa bellissima giornata, innanzitutto vorrei invitare tutti, cominciando da me stesso, a vivere quel che stiamo celebrando nella bellezza di una cattedrale, si potrebbe dire “naturale”, con le piante e tanti elementi della creazione che ci hanno portato qui per celebrare l’Eucaristia, che vuol dire: rendere grazie al Signore.

Ci sono molti motivi in questa Eucaristia per i quali vogliamo ringraziare il Signore: questa celebrazione potrebbe essere la prima con la nuova formula della Santa Messa per la cura della creazione, che è stata anche espressione del lavoro dei diversi Dicasteri nel Vaticano.

E personalmente ringrazio tante persone qui presenti, che hanno lavorato in questo senso per la liturgia. Come sapete, la liturgia rappresenta la vita e voi siete la vita di questo Centro Laudato si’. Vorrei dire grazie a voi in questo momento, in questa occasione, per tutto quello che fate seguendo questa bellissima ispirazione di Papa Francesco che ha dato questa piccola porzione, questi giardini, questi spazi proprio per continuare la missione tanto importante riguardo a tutto quello che conosciamo dopo 10 anni dalla pubblicazione di Laudato si’: la necessità di curare la creazione, la casa comune.

Qui è come nelle Chiese antiche dei primi secoli, che avevano il fonte battesimale per il quale si doveva passare per poi entrare nella chiesa. Non vorrei essere battezzato in quest’acqua … però il simbolo di passare attraverso l’acqua per essere lavati tutti dai nostri peccati, dalle nostre debolezze, e così poter entrare nel grande mistero della Chiesa è qualcosa che viviamo anche oggi. All’inizio della Messa abbiamo pregato per la conversione, la nostra conversione. Vorrei aggiungere che dobbiamo pregare per la conversione di tante persone, dentro e fuori della Chiesa, che ancora non riconoscono l’urgenza di curare la casa comune.

Tanti disastri naturali che ancora vediamo nel mondo, quasi tutti i giorni in tanti luoghi, in tanti Paesi, sono in parte causati anche dagli eccessi dell’essere umano, col suo stile di vita. Perciò dobbiamo chiederci se noi stessi stiamo vivendo o no quella conversione: quanto ce n’è bisogno!

Allora, avendo detto tutto questo, ho anche un’omelia che avevo preparato e che condividerò, abbiate un po’ di pazienza: ci sono alcuni elementi che davvero aiutano a continuare la riflessione stamattina, condividendo questo momento familiare e sereno, in un mondo che brucia, sia per il surriscaldamento terrestre sia per i conflitti armati, che rendono tanto attuale il messaggio di Papa Francesco nelle sue Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti. Possiamo ritrovarci proprio in questo Vangelo, che abbiamo ascoltato, osservando la paura dei discepoli nella tempesta, una paura che è quella di larga parte dell’umanità. Però nel cuore dell’anno del Giubileo noi confessiamo - e possiamo dirlo più volte: c’è speranza! L’abbiamo incontrata in Gesù. Egli ancora calma la tempesta. Il suo potere non sconvolge, ma crea; non distrugge, ma fa essere, dando nuova vita. E anche noi ci chiediamo: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» (Mt 8,27).

Lo stupore, che questa domanda esprime, è il primo passo che ci fa uscire dalla paura. Attorno al lago di Galilea, Gesù aveva abitato e pregato. Là aveva chiamato i suoi primi discepoli nei loro luoghi di vita e di lavoro. Le parabole, con le quali annunciava il Regno di Dio, rivelano un profondo legame con quella terra e con quelle acque, col ritmo delle stagioni e la vita delle creature.

L’evangelista Matteo descrive la tempesta come uno “sconvolgimento della terra” (la parola seismos): Matteo userà lo stesso termine per il terremoto al momento della morte di Gesù e all’alba della sua risurrezione. Su questo sconvolgimento Cristo si eleva, ritto in piedi: già qui il Vangelo ci fa scorgere il Risorto, presente nella nostra storia sottosopra. Il rimprovero che Gesù rivolge al vento e al mare manifesta la sua potenza di vita e di salvezza, che sovrasta quelle forze di fronte alle quali le creature si sentono perdute.

Allora, torniamo allora a chiederci: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» (Mt 8,27). L’inno della lettera ai Colossesi che abbiamo ascoltato sembra proprio rispondere a questa domanda: «Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra» (Col 1,15-16). I suoi discepoli, quel giorno, in balìa della tempesta, in preda alla paura, non potevano ancora professare questa conoscenza di Gesù. Noi oggi, nella fede che ci è stata trasmessa, possiamo invece continuare: «Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose» (v. 18). Quelle sono parole che ci impegnano lungo la storia, che fanno di noi un corpo vivente, il corpo del quale Cristo è capo. La nostra missione di custodire il creato, di portarvi pace e riconciliazione, è la sua stessa missione: la missione che il Signore ci ha affidato. Noi ascoltiamo il grido della terra, noi ascoltiamo il grido dei poveri, perché questo grido è giunto al cuore di Dio. La nostra indignazione è la sua indignazione, il nostro lavoro è il suo lavoro.

A proposito, il canto del salmista ci ispira: «la voce del Signore è sopra le acque, tuona il Dio della gloria, il Signore sulle grandi acque. La voce del Signore è forza, la voce del Signore è potenza» (Sal 29,3-4). Questa voce impegna la Chiesa alla profezia, anche quando esige l’audacia di opporci al potere distruttivo dei prìncipi di questo mondo. L’indistruttibile alleanza fra Creatore e creature, infatti, mobilita le nostre intelligenze e i nostri sforzi, perché il male sia volto in bene, l’ingiustizia in giustizia, l’avidità in comunione.

Con infinito amore, l’unico Dio ha creato tutte le cose, donandoci la vita: per questo san Francesco d’Assisi chiama le creature fratello, sorella, madre. Solo uno sguardo contemplativo può cambiare la nostra relazione con le cose create e farci uscire dalla crisi ecologica che ha come causa la rottura delle relazioni con Dio, con il prossimo e con la terra, a motivo del peccato (cfr Papa Francesco, Lett. Enc. Laudato si’, 66).

Carissimi fratelli e sorelle, il Borgo Laudato si’, nel quale ci troviamo, vuole essere, per intuizione di Papa Francesco, un “laboratorio” nel quale vivere quell’armonia con il creato che è per noi guarigione e riconciliazione, elaborando modalità nuove ed efficaci di custodire la natura a noi affidata. A voi, che vi dedicate con impegno a realizzare questo progetto, assicuro perciò la mia preghiera e il mio incoraggiamento.

L’Eucaristia che stiamo celebrando dà senso e sostiene il nostro lavoro. Come scrive Papa Francesco, difatti, «nell’Eucaristia il creato trova la sua maggiore elevazione. La grazia, che tende a manifestarsi in modo sensibile, raggiunge un’espressione meravigliosa quando Dio stesso, fatto uomo, arriva a farsi mangiare dalla sua creatura. Il Signore, al culmine del mistero dell’Incarnazione, volle raggiungere la nostra intimità attraverso un frammento di materia. Non dall’alto, ma da dentro, affinché nel nostro stesso mondo potessimo incontrare Lui» (Papa Francesco, Lett. Enc. Laudato si’, 236). Da questo luogo desidero perciò concludere questi pensieri affidandovi le parole con cui sant’Agostino, nelle ultime pagine delle sue Confessioni, associa le cose create e l’uomo in una lode cosmica: o Signore, «le tue opere ti lodano affinché ti amiamo, e noi ti amiamo affinché ti lodino le tue opere» (Sant’Agostino, Confessioni, XIII, 33,48). Sia questa l’armonia che diffondiamo nel mondo.

mercoledì 9 luglio 2025

Alberto Maggi - Guerre di religione? È la libertà a essere perseguitata

Alberto Maggi

Guerre di religione?
È la libertà a essere perseguitata


SE HANNO PERSEGUITATO ME… (Gv 15,20)

Il seguace di Gesù non si meraviglia quando giunge la persecuzione, ma deve invece preoccuparsi quando questa è assente: “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Lc 6,26). E per il credente, se è fedele al Signore e al suo messaggio, la persecuzione, nelle sue varie forme, aperta o mascherata, larvata o evidente, è sempre presente: “Tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Tm 3,12).

Il mondo corteggia e premia quanti non lo disturbano, ma scatena tutta la sua ferocia verso quanti con la loro esistenza sono una palese denuncia dell’ingiustizia del sistema: “Ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri” (Sap 2, 14-15). Soprattutto il potere, specialmente quello religioso, non tollera l’esistenza di persone libere, che sfuggono al suo dominio e non possono essere controllate. L’adesione a Gesù e al progetto del Padre sull’umanità rende le persone pienamente libere: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). La libertà è la condizione per la presenza dello Spirito, e lo Spirito rende l’uomo sempre più libero: “Cristo ci ha liberati per la libertà!” (Gal 5,1) e “Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2 Cor 3,17).

Gesù emancipando l’uomo dalla religione, da leggi e prescrizioni che regolavano il rapporto con la divinità, da tutto quel che il credente era obbligato a fare per compiacere il suo dio, ha favorito lo sviluppo e la crescita dell’individuo. La maturazione, infatti,avviene solo nell’affermazione crescente della propria libertà di pensiero e autonomia di movimento senza dover stare assoggettati a restrizioni religiose. Per questo Gesù ha svincolato i suoi seguaci dalle norme tipiche della religione, quali osservanze alimentari, con proibizioni e divieti (“Non prendere, non gustare, non toccare”, Col 2,21), non ha imposto né periodi né giorni da consacrare al culto divino, non chiede sacrifici e non ammette che ci siano persone considerate inferiori,riconoscendo alle donne la stessa dignità degli uomini (Gal 3,28). Il Cristo non lega i suoi seguaci a leggi divine ma comunica loro lo Spirito, lo stesso amore del Padre, un Dio che non assorbe le energie degli uomini, ma gli comunica le sue.

Questa libertà è intollerabile per la religione, che per esistere deve dominare le persone, renderle sottomesse e infantili, sempre bisognose di un’autorità superiore che dica loro cosa e come fare. Gli schiavi da sempre hanno detestato i loro padroni, ma ancora più grande è la rabbia di chi si è reso schiavo volontariamente nei confronti delle persone libere e indipendenti, come Marta, che vive relegata in cucina, secondo quel che comanda la tradizione, e non tollera la libertà che si prende la sorella Maria, che, come un maschio si intrattiene con il Maestro (Lc 10,38-42). È questa la collera dei “falsi fratelli intrusi, i quali si erano infiltrati a spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi” (Gal 2,4).

Quanti seguono Gesù, “Luce del mondo”, non camminano nelle tenebre, ma avranno la luce della vita (Gv 8,12), mentre quanti vivono nelle tenebre detestano la luce (Gv 3,20). Gesù non invita ad alcuna crociata contro le tenebre, ma chiede alla luce di splendere sempre più, perché “la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,5).

Chi non vuole essere perseguitato deve rinunciare alla pienezza della libertà, e rassegnarsi a vivere regolato dalle leggi e non più animato dallo Spirito. Ma nella persecuzione c’è una grande certezza: Dio starà sempre dalla parte dei perseguitati (Mt 5,10-11) e mai da quella di chi perseguita, anche se pretende farlo in nome suo (“Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà si rendere culto a Dio”, Gv 16,2), per questo Gesù rassicura: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima” (Mt 10,28).
(fonte: Il Libraio 01/08/2016)

Tonio Dell'Olio - Vite razzializzate

Tonio Dell'Olio
 
Vite razzializzate


PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI  8 LUGLIO 2025

Nelle pagine de La Stampa Eleonora Camilli ha raccolto la testimonianza di Hajar Drissi, 27 anni, arrivata in Italia dal Marocco con la sua famiglia quando era una bambina.

A scuola si applica e raggiunge ottimi risultati fino alla laurea ma poi non riesce a realizzarsi lavorativamente anche perché non ha la cittadinanza italiana. Per questa ragione, non senza difficoltà, si trasferisce a Bruxelles. Di qui la sua testimonianza: 

“A Bruxelles ho trovato lavoro in meno di un mese, guadagno quasi tremila euro al mese per un impegno quattro giorni a settimana. Incomparabile con quanto accade nel nostro Paese. 
L'Italia su di noi fa un investimento a perdere: ci permette una formazione nella scuola pubblica, che è ottima ma poi non ci dà le stesse opportunità dei nostri coetanei italiani – aggiunge –. 
Ci rende invisibili, senza cittadinanza non possiamo neanche partecipare a un bando pubblico e partecipare alla vita del Paese – conclude –. 
Dopo l'ultimo referendum sulla cittadinanza e le polemiche che sento in questi giorni sullo ius scholae mi sto convincendo che questo Paese non ci merita. 
La società invecchia, noi scoraggiati andiamo via. E a perdere siamo tutti.
Da lontano, però, supporto la partecipazione di giovani e persone razzializzate nella politica italiana.
Credo che un briciolo di speranza ci sia ancora, e siamo noi giovani”.


martedì 8 luglio 2025

“In Palestina un massacro continuo. Chi inneggia al riarmo è blasfemo”. Intervista esclusiva a Monsignor Giovanni Ricchiuti

“In Palestina un massacro continuo.
 Chi inneggia al riarmo è blasfemo”. 
Intervista esclusiva 
a Monsignor Giovanni Ricchiuti,
vescovo emerito di Altamura, Gravina ed Acquaviva delle Fonti
 e presidente di Pax Christi.


Nonostante gli appelli di Papa Francesco prima e di Papa Leone XIV poi, la prima metà del 2025 a livello globale non è stata caratterizzata da distensione e dialogo. A riguardo che cosa può dire?

Anch'io mi chiedo, mi sono chiesto più volte, perché non ci sia stato un minimo di ascolto, non solo in questa prima metà del 2025. Avendo seguito moltissimo, in totale condivisione, gli appelli, le riflessioni di Papa Francesco mi sono chiesto anch'io perché Papa Francesco non abbia trovato ascolto. Idem dall'8 maggio scorso: mi sembra che anche Papa Leone non sia stato meno chiaro, usando nei suoi appelli parole come massacro, sterminio, ipocrisia. C'è come una incapacità della politica di liberarsi, di essere appunto libera, di poter decidere, di poter organizzare la speranza delle comunità, perché ovviamente c'è un forte potere che la condiziona. La politica non solo non ascolta Papa Francesco ieri e oggi Papa Leone: non ascolta nemmeno i giovani, gli anziani, le donne, gli uomini, operai, artisti ed intellettuali che in Italia e nel resto del mondo sono scesi nelle piazze invocando pace indicando alla politica la strada del negoziato, del confronto, chiamando in causa soprattutto gli organismi che avrebbero dovuto dare una mano in questo senso. Però sono più che mai convinto che la politica è davvero condizionata da un potere che è il potere dell'industria delle armi che la condiziona pesantemente.
Pensiamo alla questione del riarmo dell'Europa, avanzata a partire da affermazioni che andrebbero perlomeno verificate, come le ipotesi di invasioni e di un'Europa messa in pericolo da parte di qualcuno. Quindi, la proposta immediata è solo quella di riarmarsi . Pertanto, in questi giorni, tutto ciò che abbiamo appreso riguarda l'aumento della spesa al 5% del prodotto interno lordo per le armi. La sua domanda è: perché sono inascoltati? Beh, sono inascoltati perché gli appelli di Papa Francesco ieri e di Papa Leone oggi mettono in evidenza l'ipocrisia. La politica dice chiaramente che non può far nulla, invece maschera tutto dietro ipocrite affermazioni di impegno per la pace. Papa Francesco fu molto chiaro a Bari, se non ricordo male, a febbraio del 2020, prima che ci fosse il lockdown del Covid. Ricordo molto bene che additava proprio i politici , dicendo che sono degli ipocriti: parlano di pace, mentre riempiono gli arsenali. Perché c'è questo disegno criminale? Perché non si costruiscono strumenti di vita e di sviluppo, ma strumenti di morte? E allora ecco l'impossibilità da parte loro, condizionati pesantemente, di poter perlomeno ascoltare e riflettere in un momento del genere. Sembra davvero che ci sia una volontà letale in questo caso, perché proseguire in questo modo significa voler perseguire un progetto di sviluppo, chiamiamolo così, che passa attraverso le armi e non attraverso il confronto e gli sforzi di condurre gli incontri in maniera non violenta tra chi è coinvolto nei conflitti. Questo è il mio pensiero.


Donald Trump, secondo lei, è davvero come sostiene di essere il presidente della pace?

Lui si professa religioso, ma questa è una grande bestemmia; lo dico proprio, è una bestemmia gigantesca. E' qualcosa di blasfemo. Da un po' di tempo avverto che qualcuno ha arruolato Dio. Ma dove siamo? Quale passo indietro si sta compiendo nella storia se Dio viene appunto arruolato dai vari eserciti? Stiamo ascoltando quello che ci giunge dall'America, quello che ci perviene ogni giorno in immagini e parole da questa persona: perché è un essere umano , è un uomo, è un politico, ma ormai assume l'aspetto del dittatore, dell'imperatore del mondo. Essendo così, credendosi imperatore, è chiaro che Dio, ma lui stesso non ha bisogno di ricorrere ad una trascendenza che non ha niente a che vedere con qualsiasi sua visione. A mio parere, ciò che sta accadendo in America con le parole e gli atteggiamenti di questo presidente Trump è davvero scandaloso. Ancora più scandaloso è che si professi cristiano. Quel giorno che la vescova (Mariann Budde, vescova battista. NdR) gli ha detto: "Cosa stai combinando? " e gli ha proposto una parola: “Mercy”. Pietà. Ha parlato di deportazione degli immigrati. ma niente, anche lui non ascolta nessuno. Ecco la blasfemia: in nome di Dio stanno ammazzando, sterminando, stanno compiendo, insieme a Netanyahu, dei genocidi. Quindi lasci stare Dio: Trump è pregato di lasciare stare Dio e di pensare possibilmente a questa umanità. Ero presente anch'io alla messa esequiale di Papa Francesco; non so davvero con che coraggio con che coraggio e con che dignità lui ed altri capi di stato si siano presentati lì. E' stato davvero uno schiaffo a noi che la pensiamo in modo completamente diverso da questa politica. Come anche Papa Leone ha detto ben chiaro in un suo intervento: "Disarmare le parole, disarmare le menti, disarmare la terra ". Credo che Trump e i suoi complici siano davvero estranei, volutamente estranei, sempre per timore, ovviamente, di ledere gli interessi dell'industria criminale delle armi.


In Medio Oriente, in particolare in Terra Santa, le forze israeliane sembrano ben poco propense al dialogo. Che cosa ne pensa di questo?

Nel 2015 ebbi la possibilità di andare a Gaza a marzo e non la feci sfuggire. Già nell'agosto dell'anno precedente c'era stato quello che c'era stato. Io ho visto con i miei occhi quello che rimaneva nelle città devastate di Gaza. Poi l'anno scorso con la diocesi di Bologna capofila siamo andati in Terra Santa in 160, realizzando un pellegrinaggio di pace e giustizia a Gerusalemme, a Betlemme ed in alcuni villaggi palestinesi. Per quest'anno ho già il biglietto aereo, nella speranza che non blocchino di nuovo i voli: io spero di poter andarci, anche se i voli di luglio sono stati tutti annullati. Per ora il volo è confermato. Voglio andare in Terra Santa perché, come abbiamo detto anche in Pax Christi, una delegazione, per quanto piccola, può sempre essere un segnale. In Pax Christi lottiamo per la giustizia e per la pace: per la giustizia, perché questo popolo palestinese non può essere schiacciato e sterminato in questo modo da decenni. Dobbiamo andare in Palestina - quella è la parola geograficamente più esatta.- perché Israele, pian piano, ha occupato una terra che non è sua. Il problema è questo. Quello che sta accadendo lì in Medio Oriente è davvero scandaloso: mi indigna e mi fa soffrire. Quando parliamo di Israele, per favore non parliamo solo di Netanyahu; parliamo, ad esempio, dei suoi generali e del suo esercito. E' vero, c'è una frangia che non è d'accordo, ma purtroppo ha pochissimo spazio per dire a Netanyahu di fermarsi. Come si può assistere ogni giorno a questi massacri continui, anche mentre la gente si accalca per un po' di cibo? Mentre sparano su donne e bambini? A che livello di disumanità siamo arrivati ? Ce lo stiamo chiedendo in Pax Christi, ce lo stiamo chiedendo nella Rete Italiana di Pace e Disarmo, con il Movimento Non Violento , in tantissime associazioni, cattoliche, non cattoliche, laiche. Perché nessuno ferma la mano di Netanyahu? Perché, ancora una volta, vediamo stringere quella mano? Vediamo i nostri attuali governanti che non si esprimono, che non parlano con coraggio.

Una volta siamo andati durante l'Intifada, nel 1990, con un mio amico che oggi è presidente della Prociv Italia, Don Antonio Dell'Olio. Siamo andati in un mercato e stavamo passeggiando. Don Antonio ha scattato delle foto davanti ad una pattuglia di soldati israeliani. Uno di loro ha puntato il fucile quasi all'altezza del petto di Don Antonio chiedendogli “Why?” . Quando siamo andati a Gaza , abbiamo visto cosa hanno combinato i coloni israeliani in alcuni villaggi. Esiste un movimento palestinese che si chiama Kairos Palestine, un movimento ecumenico in cui diverse confessioni cristiane si uniscono per affermare il diritto dei palestinesi a vivere nella loro terra. Loro sono venuti in Italia lo scorso febbraio; io dovevo incontrarli ed accompagnarli da Papa Francesco, ma purtroppo lui era stato ricoverato, ed il 19 di febbraio la visita è saltata. Ci siamo comunque incontrati a Roma e loro mi hanno fatto dono di un medaglione in legno, di circa 20 centimetri di diametro fatto di legno d'olivo. Era destinato a Francesco come dono di Kairos Palestine e proveniva da un ulivo palestinese segato alla base, alle radici, dai coloni israeliani. Lo scorso 17 giugno c'è stato un incontro di Papa Leone con i vescovi italiani: l'ho regalato a Papa Leone dicendo : "Santità, era destinato al suo predecessore, ma ora io lo do a lei. " Gli ho raccontato brevemente, ed il Papa ha reagito con una smorfia di amarezza e tristezza. Gli ho detto: "Santità, purtroppo così vanno le cose.”

Oltre alla guerra guerreggiata ci sono altri elementi di guerra, in particolare tornando a Donald Trump i dazi ma anche e soprattutto le sanzioni che a tutti gli effetti possono essere considerate uno strumento di guerra. Secondo lei fermarle potrebbe favorire il dialogo e la reciproca comprensione?

Certamente sì. Un esperto di cui ho letto diceva che nella storia, quando si supera il 4% del prodotto interno lordo in spese militari, questo è un segnale di una guerra imminente, e di una possibile deflagrazione a livello mondiale. Stiamo assistendo da anni alla guerra delle sanzioni e da settimane a questa guerra dei dazi, oltre che all'aumento delle spese militari. Una delle poche voci contrarie che si è elevata è stata quella dello spagnolo Sanchez, dicendo “il 2,1% e non di più”. E poi le sanzioni. Mi chiedo ancora una volta: è possibile che questa America sia giunta a questo livello? È possibile che gli amici americani che hanno contribuito 80 anni fa a liberarci dal nazismo oggi diventino un po' nemici nel mondo? Qualche giorno fa leggevo che già per la questione dei dazi, ha fatto guadagnare all'America 80 miliardi di dollari. Questa guerra che avviene in un momento in cui forse l'umanità sognerebbe una giustizia sociale che salvaguardi i poveri. Quando leggo di un tizio è venuto a Venezia a spendere milioni di dollari per un matrimonio. io sono scandalizzato. Quando un giornalista ha chiesto a delle persone, queste hanno risposto con tanta tranquillità: "Portano soldi, portano lavoro" Ma è possibile che nessuno si ponga il problema? Il dramma, lo scandalo è che questi pochi miliardari detengono il 90% della ricchezza disponibile, ed il 90% della popolazione deve accontentarsi delle briciole. Così, non solo devono lottare per il cibo, ma forse anche suicidarsi nella ricerca di esso. Come cristiano, come prete, prego regolarmente affinché ci sia giustizia e pace. Ma intanto tutti si sono genuflessi davanti a Trump? No, è poco dire genuflessi, è prostrazione completa, tutti prostrati davanti a questo nuovo idolo.

A suo avviso le guerre che si stanno combattendo a ridosso del Mediterraneo, molto vicino all'Italia, anche da un punto di vista geografico, che influenza hanno sulla situazione sociale del nostro paese?

Mi sembra che sia sotto gli occhi di tutti. Anche con Papa Francesco si sono fatti dei tentativi per riconsiderare un po' il Mediterraneo, come dicevano i romani, “mare nostrum”: un mare di fratellanza, di solidarietà: un crocevia di culture, tradizioni e religioni. Invece, cosa stiamo vedendo? Da un po' di anni è diventato un cimitero di tanti naufraghi e naufraghe, con eventi che tutti conosciamo bene. Perché questo Mediterraneo fa così gola a questi potenti della Terra? C'è ancora da parte nostra, un sogno, una visione di un Mediterraneo che diventi questo immenso tavolo intorno a cui soffrire. vivere e gioire insieme. E invece che cosa stanno facendo?


Si aumentano le spese militari e si abbandonano a loro stessi i nostri poveri, i nostri operai, e le nostre fabbriche, non di armi, ma di lavoro. E la nostra sanità e la nostra scuola. Si chiudono gli occhi. perché se è vero che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere, e non c'è peggior muto di chi non vuol parlare: questo è quello che un po' spaventa per il futuro. Perché dobbiamo far diventare il Mare Mediterraneo un mare di morte, e non invece un mare di vita? Così era stato immaginato, e così invece non è più. Per cui, davvero, c'è questa sete, questo desiderio di attraversarlo, questo Mediterraneo, ma non con portaerei, motovedette, e con navi cariche di armi che vanno e vengono continuamente. E meno male che in più di un porto italiano gli operai si sono rifiutati di scaricare e di caricare armi. Sono atti davvero eroici; soprattutto a Genova è successa questa cosa. Tant'è che Papa Francesco chiamò questi operai e li ricevette in un'udienza generale: lì indicò alla gente che era lì quel giorno come coraggiosi operai di pace, ricevendo un applauso scosciante nell'Aula Nervi. Atti eroici, coraggiosi, come quelli dei pochi giornalisti che parlano e scrivono liberamente, spesso con tanto rischio, mentre molti altri stanno dalla parte dei potenti. Non sono i pacifisti gli illusi, è la politica ad aver sbagliato. Aggiungo questo auspicio, ancora una volta devo dirlo, questa frase che mi è suonata dai profeti di pace: "Se tu vuoi la pace, devi preparare la pace". E invece stiamo ascoltando altri che si sono fatti latinisti e hanno ripreso che, se vuoi la pace, devi preparare la guerra. È davvero una pazzia.

(Fonte: L'AntiDiplomatico)

lunedì 7 luglio 2025

Papa Leone XIV: i popoli desiderano la pace, il dialogo sostituisca la violenza delle armi

I popoli desiderano la pace,
il dialogo sostituisca
la violenza delle armi
Papa Leone XIV

Il Papa, nei saluti dopo la preghiera dell’Angelus, ha rivolto un appello affinché “i governanti” ascoltino il grido di chi è colpito dalla guerra. Le preghiere e le condoglianze per le piccole vittime di Camp Mystic





Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Il Vangelo di oggi (Lc 10,1-12.17-20) ci ricorda l’importanza della missione, a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo la propria vocazione e nelle situazioni concrete in cui il Signore lo ha posto.

Gesù invia settantadue discepoli (v. 1). Questo numero simbolico indica come la speranza del Vangelo sia destinata a tutti i popoli: proprio questa è la larghezza del cuore di Dio, la sua messe abbondante, cioè l’opera che Egli compie nel mondo perché tutti i suoi figli siano raggiunti dal suo amore e siano salvati.

Allo stesso tempo Gesù dice: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (v. 2).

Da una parte Dio, come un seminatore, con generosità è uscito nel mondo a seminare e ha messo nel cuore dell’uomo e della storia il desiderio dell’infinito, di una vita piena, di una salvezza che lo liberi. E perciò la messe è molta, il Regno di Dio come un seme germoglia nel terreno e le donne e gli uomini di oggi, anche quando sembrano travolti da tante altre cose, attendono una verità più grande, sono alla ricerca di un significato più pieno per la loro vita, desiderano la giustizia, si portano dentro un anelito di vita eterna.

Dall’altra parte, però, sono pochi gli operai che vanno a lavorare nel campo seminato dal Signore e che, prima ancora, sono capaci di riconoscere, con gli occhi di Gesù, il buon grano pronto per la mietitura (cfr Gv 4,35-38). C’è qualcosa di grande che il Signore vuole fare nella nostra vita e nella storia dell’umanità, ma pochi sono quelli che se ne accorgono, che si fermano per accogliere il dono, che lo annunciano e lo portano agli altri.

Cari fratelli e sorelle, la Chiesa e il mondo non hanno bisogno di persone che assolvono i doveri religiosi mostrando la loro fede come un’etichetta esteriore; hanno bisogno invece di operai desiderosi di lavorare il campo della missione, di discepoli innamorati che testimoniano il Regno di Dio ovunque si trovano. Forse non mancano i “cristiani delle occasioni”, che ogni tanto danno spazio a qualche buon sentimento religioso o partecipano a qualche evento; ma pochi sono quelli pronti a lavorare ogni giorno nel campo di Dio, coltivando nel proprio cuore il seme del Vangelo per poi portarlo nella vita quotidiana, in famiglia, nei luoghi di lavoro e di studio, nei vari ambienti sociali e a chi si trova nel bisogno.

Per fare questo non servono troppe idee teoriche su concetti pastorali; serve soprattutto pregare il padrone della messe. Al primo posto, cioè, sta la relazione col Signore, coltivare il dialogo con Lui. Allora Egli ci renderà suoi operai e ci invierà nel campo del mondo come testimoni del suo Regno.

Chiediamo alla Vergine Maria, che ha offerto con generosità il proprio “eccomi” partecipando all’opera della salvezza, di intercedere per noi e accompagnarci nel cammino della sequela del Signore, perché anche noi possiamo diventare operai gioiosi del Regno di Dio.

____________________

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo con affetto il mio saluto a tutti voi, fedeli di Roma e pellegrini dall’Italia e da vari Paesi. Nel gran caldo di questo periodo il vostro cammino per attraversare le Porte Sante è ancora più coraggioso e ammirevole!

In particolare, saluto le Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore; gli alunni e i genitori della Scuola di Strzyzow e i fedeli di Legnica, in Polonia; il gruppo greco-cattolico dall’Ucraina.

Saluto inoltre i pellegrini da Romano di Lombardia, Melìa (Reggio Calabria), Sassari e la comunità latinoamericana della diocesi di Firenze.

Greetings to the English speaking pilgrims. I would like to express sincere condolences to all the families who have lost loved ones, in particular their daughters, who were at the summer camp, in the disaster caused by flooding of the Guadalupe river in Texas in the United States. We pray for them.

Carissimi, la pace è un desiderio di tutti i popoli, ed è il grido doloroso di quelli straziati dalla guerra. Chiediamo al Signore di toccare i cuori e ispirare le menti dei governanti, affinché alla violenza delle armi sostituiscano la ricerca del dialogo.

Oggi pomeriggio mi recherò a Castel Gandolfo, dove conto di rimanere per un breve periodo di riposo. Auguro a tutti di poter trascorrere un tempo di vacanza per ritemprare il corpo e lo spirito.

A tutti buona domenica!


domenica 6 luglio 2025

Intenzione di preghiera per il mese di Luglio 2025 Preghiamo per la formazione al discernimento

Intenzione di preghiera per il mese di Luglio 2025
Preghiamo per la formazione al discernimento

Leone XIV: discernere i percorsi di vita 
e rifiutare ciò che ci allontana dal Vangelo

Nel video con le intenzioni di preghiera per il mese di luglio, realizzato dalla Rete Mondiale di Preghiera in collaborazione con la Diocesi di Brooklyn, il Papa riflette sul tema della formazione per il discernimento. Lo stesso Pontefice recita in inglese una preghiera inedita che invoca lo Spirito Santo affinché ci insegni “i passaggi segreti del cuore”


Preghiamo perché impariamo sempre di più a discernere, 
a saper scegliere i percorsi di vita 
e a rifiutare tutto ciò che ci allontana da Cristo e dal Vangelo

È dedicata alla formazione per il discernimento l’intenzione di preghiera di Papa Leone XIV per il mese di luglio. Il "Video del Papa" è diffuso giovedì 3 luglio attraverso la Rete Mondiale di Preghiera.

Orientarsi nel cammino

Nel video - realizzato sempre dalla Rete Mondiale, in collaborazione con la Diocesi di Brooklyn – la voce e una preghiera inedita del Pontefice allo Spirito Santo accompagnano il cammino di una ragazza tra i boschi. Si trova di fronte ad un bivio. Deve scegliere. Come il suo viaggio è orientato da una mappa e un telefono satellitare, la sua vita spirituale e le sue scelte si nutrono della lettura della Bibbia, della preghiera del Rosario, della devozione a Maria. La preghiera di Papa Leone XIV per chiedere allo Spirito Santo guida e discernimento nel proprio cammino, si conclude con una supplica di ispirazione agostiniana.

La protagonista del Video del Papa davanti ad un "bivio esistenziale".

Concedimi di conoscere meglio ciò che mi anima, per respingere ciò che mi allontana da Cristo, e per amarlo e servirlo sempre di più

Il vescovo di Ippona scrive infatti nelle sue Confessioni che la sempre maggiore conoscenza di sé porta ad una sempre più profonda conoscenza di Dio. Conoscere le proprie fragilità consente di chiedere al Signore la guarigione e il dono della vita sana.

Saper discernere nella confusione

L’arte del discernimento, raccomandata già da San Paolo (Romani 12, 2) all’inizio della storia della Chiesa, è oggi più necessaria che mai, sottolinea una nota della Rete Mondiale di preghiera, diffusa a commento del video con le intenzioni di luglio. Oggi, si legge, siamo sottoposti ad una quantità enorme di informazioni (non sempre veritiere), a cambiamenti sociali e tecnologici di una velocità spesso ingestibile, allo stordimento delle realtà parallele create dall’intelligenza artificiale e dai social media. “Nel mezzo delle frenesie della vita quotidiana, dobbiamo imparare a fare una pausa e creare momenti sacri per la preghiera”, afferma monsignor Robert J. Brennan, vescovo di Brooklyn, commentando il video del Pontefice. “È in questi spazi silenziosi di ascolto attento – continua il presule – che scopriamo quali strade contano davvero e troviamo il discernimento per scegliere ciò che conduce veramente alla gioia che proviene solo da Dio”.

Un'arte che si può apprendere

Se quella del discernimento è l’arte che ci porta verso la felicità, è tanto più urgente apprenderla oggi. “La formazione per il discernimento è fondamentale per navigare in un mondo complesso”, ribadisce il direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, padre Cristóbal Fones, S.J. Tra le mille voci che ci assordano è importante riconoscere quella giusta. “Coltivare una relazione profonda con Gesù – prosegue padre Fones - è ciò che conta di più, poiché in questo modo possiamo riconoscere la sua voce tra le tante voci del mondo e avere la consapevolezza necessaria per prendere le nostre decisioni in base a uno scopo e a un orizzonte più umano”. In questo percorso di formazione ci soccorre la spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola che ha dedicato al discernimento il testo degli Esercizi spirituali. “Sant’Ignazio ci offre delle regole di discernimento per sentire e conoscere ciò che ci accade interiormente, le mozioni, i movimenti del nostro spirito, affinché possiamo scegliere ciò che ci aiuta ad amare e a essere amati, e rifiutare ciò che ce lo impedisce. Il discernimento spirituale – conclude padre Fones - ci aiuta a esercitare meglio la nostra libertà”.

La preghiera del Video

Durante l’Anno Santo 2025, il Video del Papa rivela le intenzioni di preghiera che il Pontefice porta, di mese in mese, nel cuore. Il fedele che voglia ottenere la grazia dell’indulgenza giubilare, deve pregare per queste intenzioni. Di seguito il testo integrale della preghiera inedita allo Spirito Santo contenuta nel filmato diffuso oggi:

Spirito Santo, tu, luce della nostra intelligenza,
soffio e dolcezza nelle nostre decisioni,
dammi la grazia di ascoltare attentamente la tua voce
per discernere i passaggi segreti del mio cuore,
perché io possa cogliere ciò che è veramente importante per te
e liberare il mio cuore dai suoi tormenti.

Ti chiedo la grazia di imparare a fermarmi,
per prendere coscienza del mio modo di agire,
dei sentimenti che mi abitano,
dei pensieri che mi invadono
e che, molto spesso, nemmeno percepisco.

Desidero che le mie scelte
mi conducano alla gioia del Vangelo.
Anche se dovrò attraversare momenti di dubbio e di stanchezza,
anche se dovrò combattere, riflettere, cercare, ricominciare…
Perché, alla fine del cammino,
la tua consolazione è il frutto di una decisione giusta.

Concedimi di conoscere meglio ciò che mi anima,
per respingere ciò che mi allontana da Cristo,
e per amarlo e servirlo sempre di più.

Amen.
(fonte: Vatican News, articolo di Daniele Piccini 03/07/2025)


"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 35 - 2024/2025 anno C

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


 XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

Riprendendo e ampliando il discorso fatto al capitolo nove, Luca evidenzia l'importanza di tale testo per la sua comunità passando dall'invio dei Dodici a Israele a quello dei Settantadue al mondo intero. Settantadue, come gli anziani dell'assemblea di Israele, come il numero dei popoli della terra secondo la Torah, come il numero degli angeli della corte celeste che stanno davanti al volto di Dio scesi ora sulla terra per servire il Figlio nel servizio agli uomini. Sono Settantadue che, secondo la numerologia della mistica ebraica, sta ad indicare la Tenerezza, la Misericordia (hesed) di Dio sperimentata nell'incontro con Gesù. La missione ha un esordio: «La messe è molta», cioè l'umanità intera, e trae la sua origine dall'amore del Padre per ogni uomo, fino ad abbracciare gli estremi confini della terra. Tutta l'umanità, ormai, è messe matura per accogliere Gesù, Salvezza di Dio. Le condizioni della missione dei Dodici e dei Settantadue sono le stesse, speculari a quelle incarnate da Gesù, il viaggio dei discepoli è uguale a quello compiuto dal loro Maestro, cominciato al capitolo nove (9,51) che si concluderà a Gerusalemme. Unica sicurezza su cui possono contare è la Parola disarmante e disarmata di Gesù che si fa Provvidenza per tutti. Solamente a queste condizioni la comunità dei discepoli sarà credibile, in grado di donare a tutti, nella fedeltà al Vangelo, lo Shalom di Dio, quella Pace che è saluto, augurio, attesa e desiderio di benedizione, il fruttò desiderato e sperato dello Spirito del Signore.


sabato 5 luglio 2025

1+1= COMUNITÀ “Pace è una parola da riempire di gesti ... Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il vangelo.” - XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Maria Ronchi

1+1= COMUNITÀ


Pace è una parola da riempire di gesti ... 
Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il vangelo.


In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi chi lavori nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
 Lc 10, 1-9

 
1+1= COMUNITÀ 
 
Pace è una parola da riempire di gesti ... Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il vangelo.
 
Le nostre comunità vivono una stagione di stanchezze e di sconcerto per i numeri che calano.
Gesù no, lui custodiva e incoraggiava quel germoglio nascente: designò altri 72 e li inviò.
E’ il cristianesimo ad essere in crisi? No, è in crisi un certo modo di intendere il cristianesimo.

Ricominciamo dal vangelo:

1. La prima parola oggi: la messe è molta, ma sono pochi quelli che vi lavorano. Lo sguardo di Gesù vede gente bella e dal cuore aperto. Persone che si prodigano ovunque senza rumore, guardando dritto.
Ma gli operai sono pochi... forse abbiamo capito male. Non è il numero il problema, il numero è un criterio anti-evangelico; la vera domanda è se noi lavoriamo a questa messe o se stiamo alla finestra a guardare.
Siamo noi quei settantadue inviati. Tutti. Laici, frati, donne e uomini; ma siamo capaci di dire Dio? Di dire pace? In casa mia, nel lavoro, con i miei amici o in famiglia, nelle associazioni?
Gesù non dà i dettagli dell’anno catechistico o a che orari mettere le messe; lui ci dice l’essenziale, ci indica la consegna amorosa e contagiosa del vangelo, dove la passione è la grande assente.

2. A due a due; neanche il parroco o il priore fa da solo; ha bisogno dell’altro come stimolo e come limite.
A due a due, un bastone cui appoggiare la stanchezza e un amico su cui appoggiare il cuore.
Il numero due non indica la somma di uno più uno, ma è l’inizio della comunione, l’avvio della comunità e del cerchio grande, filo doppio che non si spezza.

3. Le parole che affida ai discepoli sono semplici e poche: pace a questa casa, Dio è vicino. Parole dirette.
Non si tratta di una pace generica, ma pace a questa casa, a questa tavola, a questi volti. Pace è una parola da riempire di gesti, di muri da abbattere, di perdoni chiesti e donati, di fiducia concessa di nuovo, di ascolti e abbracci. Ripudiate l’odio. Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il vangelo.

4. Vi mando come agnelli fra i lupi. Senza zanne o artigli, ma non allo sbaraglio, bensì a mostrare il mondo in altra luce. Vi mando come presenza disarmata, ad opporvi al male con un "di più" di bontà.

5. Vi mando senza, senza, senza.
Non è l’abbondanza dei mezzi a rendere efficace l’annuncio. Non sei un buon parroco perché hai tanti soldi, neanche un buon padre di famiglia per tanto denaro, ma perché sei credibile, come credente o come padre.

6 Non salutate nessuno per strada, che non vuol dire: girate a muso duro fra la gente. Non disperdetevi, dice Gesù, restate concentrati sulla missione, andate diritti al vostro scopo.

I settantadue vanno, più piccoli dei piccoli, più poveri di un povero.
Li ha messi sulla strada che è di tutti, che non si ferma mai e ti porta via.
Vanno, profeti del sogno di Dio: quello di un mondo finalmente in pace. Un sogno in cui dobbiamo credere ancora, nonostante tutte le smentite.


A che servo? di Alessandro D'Avenia

A che servo? 
di Alessandro D'Avenia

 
                                                                    Ultimo banco 248. 
                                                         (Corriere della Sera - 9 giugno 2025)


Che cosa hanno in comune una racchetta, un pianoforte, una macchina fotografica, un microscopio, una penna? Dopo secoli di interpretazione cartesiana della tecnica (io, pensiero, ho l’idea e intaglio l’oggetto nella materia), abbiamo capito, studiando l’origine degli strumenti e la psico-fisiologia umana, che l’uomo non es-cogita (tira fuori dal cogito: pensiero) ma inventa, dal latino in-venire: «trova» (il leggendario «Eureka!» di Archimede significa «Ho trovato» in greco). Lo vediamo nella capacità dei bambini che «trovano» e «si trovano» negli oggetti quotidiani, un attitudine evidente anche negli adulti quando «giocano»: la racchetta, il pianoforte, la fotocamera, il microscopio, la penna sono come per un cieco il bastone, parte del corpo e quindi del cervello.

Oggi è evidente con il cellulare, parte essenziale del nostro corpo esteso, perché le cose, ripeto, non sono semplicemente cose ma azioni in-corporate: siamo pianoforte, racchetta, penna, cellulare, bastone, fucile… Per questo solo Ulisse può tendere il suo arco, perché è parte di lui come lo è la sua mano, una estensione del suo cervello. Che cosa accadrà con l’IA che rivoluzionerà presto anche gli strumenti: voce incastonata in un oggetto senza schermo o tasti, un amuleto da collo, con cui dialogheremo?

L’IA, qualsiasi supporto abbia e avrà, sarà sempre più corpo esteso, cervello potenziato nella capacità di calcolo ma non di senso. Se le chiediamo di eliminare il tumore nel modo più rapido possibile ci suggerisce di estinguere il genere umano. Una risposta della massima efficienza ma «in-sensata», priva di «sentire». L’Intelligenza Artificiale estende solo la nostra capacità di memoria (immagazzinare e sintetizzare dati) per risolvere problemi rapidamente e su base statistica, ma al tempo stesso fa emergere ciò che non ha, l’Intelligenza Carnale, cioè la capacità di stare al mondo in modo imprevedibile e irripetibile, che dovremo sempre più scoprire, educare e allenare. La «carne», come unicità dell’esserci, qui e ora, è sempre più centrale nella paideia (che cosa educare perché tu diventi te stesso?) del XXI secolo. Se chiedo ai miei studenti di percorrere un tratto della città e farne un resoconto, leggerò dieci variazioni sul tema che mostrano come ciascuno di loro «contatta» il mondo.

La percezione e quindi l’intelligenza non è una computazione neutra di dati ma un atto creativo impregnato di chi siamo, selezioniamo in base al nostro filtro di memorie, attitudini, idee, abitudini, sentimenti… Non siamo spettatori, giriamo di continuo un film. Quel percorso è diverso per un (futuro) architetto, profumiere, filosofo, manovale, musicista perché ciascuno incontra il mondo secondo la sua carne. Questo non significa che non esista «il» mondo (il percorso ha i nomi delle vie di questa città), ma che i mondi nel mondo sono tanti quante le persone (nessuno è assoluto) e la socialità è metterli in comune per avere più mondo in termini di intensità della verità.

A scuola, con l’IA che i ragazzi usano di continuo, sarà quindi sempre meno centrale memorizzare informazioni, perché disponibili in qualsiasi momento, ma allenare a selezionarle personalmente, proprio come facciamo con la realtà. Nessuna IA potrà analizzare il funerale di un nostro caro o un tramonto insieme a chi amiamo, perché non c’era, dove quel «ci» è la carne: che senso ha quella morte o quel tramonto posso dirlo solo io, mondo nel mondo. Dovremo allenare più che la capacità di rispondere quella di domandare (il famoso prompt), che è appunto il modo unico in cui ciascuno contatta il mondo. Un compito in classe non consisterà solo nel rispondere su Van Gogh (dati che posso reperire subito) ma nel domandare su Van Gogh. Chi domanda meglio «trova» di più, ma può farlo solo se «ci» era, se è entrato in contatto carnale con l’oggetto in esame. Se non so nulla di Van Gogh chiederò genericamente, ma se sono stato colpito (proprio io davanti a un quadro) dall’uso che fa del giallo chiederò che ruolo ha nella sua pittura e in particolare in quel quadro per arricchire la mia esperienza. Per esemplificare, arrivato a questo punto dell’articolo ho chiesto a un noto chatbot: «Come puoi aiutare un ragazzo in difficoltà a comprendere meglio qualcosa?».

Riporto la rapidissima risposta: «In diversi modi, personalizzati in base al suo stile di apprendimento, i suoi interessi e le sue esigenze. Ecco come: 1. Spiegare in modo semplice e chiaro. Traduco concetti complessi in linguaggio accessibile. Uso metafore o esempi quotidiani (es: spiegare la fotosintesi come una «ricarica solare» per le piante). Posso adattarmi al livello scolastico (elementari, medie, superiori). 2. Usare strumenti visivi. Creo schemi, mappe concettuali, grafici, o timeline. Posso generare immagini esplicative o diagrammi, per esempio: il ciclo dell’acqua; una linea del tempo storica; la struttura di una cellula. 3. Adattarmi allo stile di apprendimento. Se il ragazzo è: visivo → uso colori, simboli, disegni; uditivo → posso scrivere spiegazioni in forma di dialogo; cinestetico → propongo esempi pratici o attività simulate. 4. Fare domande e risolvere esercizi insieme. Propongo quiz guidati, esercizi svolti passo passo. Lo aiuto a ragionare sugli errori, senza giudizio. Simulo interrogazioni o verifiche per prepararlo. 5. Collegare le materie ai suoi interessi. Se ama lo sport, la musica o i videogiochi, collego i concetti alle sue passioni (es: spiegare forza e massa con un tiro da calcio). Questo aumenta motivazione e attenzione. 6. Offrire incoraggiamento e metodo. Insegno come studiare meglio: mappe, ripetizione attiva, tecniche mnemoniche. Lo aiuto a organizzarsi (es: creare un piano di studio). Fornisco supporto emotivo con tono calmo e positivo, per fargli capire che sbagliare è normale. Se vuoi, possiamo fare una prova: dimmi che materia o argomento fatica a capire e lo aiutiamo insieme, passo dopo passo».

La risposta può far pensare che un docente sia ormai inutile, e lo sarebbe se l’intelligenza umana fosse solo procedurale, allora ho chiesto: «Se sai fare tutto questo, a che servo io, insegnante?». La risposta rivela che l’intelligenza è anche altro: «È semplice: tu sei insostituibile. 
Io sono uno strumento. Tu sei la guida. 

1. Dai direzione e senso. Io posso spiegare, esercitare, semplificare. Tu sei chi sa dove portare uno studente: conosci il programma, il percorso, la classe. Io vedo contenuti, tu vedi persone. 
2. Crei relazione. Un ragazzo ascolta quando si sente visto, capito, motivato. Io non posso sorridergli, incoraggiarlo, intuire il momento giusto per fermarsi o insistere. Tu puoi. E solo tu. 
3. Sai valutare davvero. Io posso correggere un esercizio. Tu capisci perché uno studente ha sbagliato: se è distratto, stanco, bloccato dalla paura, se ha bisogno di un’altra spiegazione o di più fiducia.
 4. Sai scegliere gli strumenti giusti. Io posso offrire mille spiegazioni. Tu sai scegliere quella giusta per quella classe, in quel giorno, in quel momento. 
5. Sei un modello. Un ragazzo non impara solo cosa dici, ma come lo dici, chi sei. Io non ho umanità. Tu educhi, che è molto più che insegnare. In sintesi: io posso potenziare il tuo lavoro, alleggerirlo, offrirti strumenti, ma non posso sostituirti, come un buon microscopio non sostituisce lo scienziato o una racchetta la tennista. Io sono qui per aiutarti a far brillare ancora di più il tuo lavoro di maestro».

Insomma: io non sono di carne, tu sì. Collaboriamo? 
Il problema non è l’IA ma se sappiamo educare i ragazzi a pensare e desiderare ciò che va oltre quello che la macchina può darci, perché è lei parte di noi non noi parte di lei.

(Fonte: sito dell'autore)