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martedì 8 luglio 2025

“In Palestina un massacro continuo. Chi inneggia al riarmo è blasfemo”. Intervista esclusiva a Monsignor Giovanni Ricchiuti

“In Palestina un massacro continuo.
 Chi inneggia al riarmo è blasfemo”. 
Intervista esclusiva 
a Monsignor Giovanni Ricchiuti,
vescovo emerito di Altamura, Gravina ed Acquaviva delle Fonti
 e presidente di Pax Christi.


Nonostante gli appelli di Papa Francesco prima e di Papa Leone XIV poi, la prima metà del 2025 a livello globale non è stata caratterizzata da distensione e dialogo. A riguardo che cosa può dire?

Anch'io mi chiedo, mi sono chiesto più volte, perché non ci sia stato un minimo di ascolto, non solo in questa prima metà del 2025. Avendo seguito moltissimo, in totale condivisione, gli appelli, le riflessioni di Papa Francesco mi sono chiesto anch'io perché Papa Francesco non abbia trovato ascolto. Idem dall'8 maggio scorso: mi sembra che anche Papa Leone non sia stato meno chiaro, usando nei suoi appelli parole come massacro, sterminio, ipocrisia. C'è come una incapacità della politica di liberarsi, di essere appunto libera, di poter decidere, di poter organizzare la speranza delle comunità, perché ovviamente c'è un forte potere che la condiziona. La politica non solo non ascolta Papa Francesco ieri e oggi Papa Leone: non ascolta nemmeno i giovani, gli anziani, le donne, gli uomini, operai, artisti ed intellettuali che in Italia e nel resto del mondo sono scesi nelle piazze invocando pace indicando alla politica la strada del negoziato, del confronto, chiamando in causa soprattutto gli organismi che avrebbero dovuto dare una mano in questo senso. Però sono più che mai convinto che la politica è davvero condizionata da un potere che è il potere dell'industria delle armi che la condiziona pesantemente.
Pensiamo alla questione del riarmo dell'Europa, avanzata a partire da affermazioni che andrebbero perlomeno verificate, come le ipotesi di invasioni e di un'Europa messa in pericolo da parte di qualcuno. Quindi, la proposta immediata è solo quella di riarmarsi . Pertanto, in questi giorni, tutto ciò che abbiamo appreso riguarda l'aumento della spesa al 5% del prodotto interno lordo per le armi. La sua domanda è: perché sono inascoltati? Beh, sono inascoltati perché gli appelli di Papa Francesco ieri e di Papa Leone oggi mettono in evidenza l'ipocrisia. La politica dice chiaramente che non può far nulla, invece maschera tutto dietro ipocrite affermazioni di impegno per la pace. Papa Francesco fu molto chiaro a Bari, se non ricordo male, a febbraio del 2020, prima che ci fosse il lockdown del Covid. Ricordo molto bene che additava proprio i politici , dicendo che sono degli ipocriti: parlano di pace, mentre riempiono gli arsenali. Perché c'è questo disegno criminale? Perché non si costruiscono strumenti di vita e di sviluppo, ma strumenti di morte? E allora ecco l'impossibilità da parte loro, condizionati pesantemente, di poter perlomeno ascoltare e riflettere in un momento del genere. Sembra davvero che ci sia una volontà letale in questo caso, perché proseguire in questo modo significa voler perseguire un progetto di sviluppo, chiamiamolo così, che passa attraverso le armi e non attraverso il confronto e gli sforzi di condurre gli incontri in maniera non violenta tra chi è coinvolto nei conflitti. Questo è il mio pensiero.


Donald Trump, secondo lei, è davvero come sostiene di essere il presidente della pace?

Lui si professa religioso, ma questa è una grande bestemmia; lo dico proprio, è una bestemmia gigantesca. E' qualcosa di blasfemo. Da un po' di tempo avverto che qualcuno ha arruolato Dio. Ma dove siamo? Quale passo indietro si sta compiendo nella storia se Dio viene appunto arruolato dai vari eserciti? Stiamo ascoltando quello che ci giunge dall'America, quello che ci perviene ogni giorno in immagini e parole da questa persona: perché è un essere umano , è un uomo, è un politico, ma ormai assume l'aspetto del dittatore, dell'imperatore del mondo. Essendo così, credendosi imperatore, è chiaro che Dio, ma lui stesso non ha bisogno di ricorrere ad una trascendenza che non ha niente a che vedere con qualsiasi sua visione. A mio parere, ciò che sta accadendo in America con le parole e gli atteggiamenti di questo presidente Trump è davvero scandaloso. Ancora più scandaloso è che si professi cristiano. Quel giorno che la vescova (Mariann Budde, vescova battista. NdR) gli ha detto: "Cosa stai combinando? " e gli ha proposto una parola: “Mercy”. Pietà. Ha parlato di deportazione degli immigrati. ma niente, anche lui non ascolta nessuno. Ecco la blasfemia: in nome di Dio stanno ammazzando, sterminando, stanno compiendo, insieme a Netanyahu, dei genocidi. Quindi lasci stare Dio: Trump è pregato di lasciare stare Dio e di pensare possibilmente a questa umanità. Ero presente anch'io alla messa esequiale di Papa Francesco; non so davvero con che coraggio con che coraggio e con che dignità lui ed altri capi di stato si siano presentati lì. E' stato davvero uno schiaffo a noi che la pensiamo in modo completamente diverso da questa politica. Come anche Papa Leone ha detto ben chiaro in un suo intervento: "Disarmare le parole, disarmare le menti, disarmare la terra ". Credo che Trump e i suoi complici siano davvero estranei, volutamente estranei, sempre per timore, ovviamente, di ledere gli interessi dell'industria criminale delle armi.


In Medio Oriente, in particolare in Terra Santa, le forze israeliane sembrano ben poco propense al dialogo. Che cosa ne pensa di questo?

Nel 2015 ebbi la possibilità di andare a Gaza a marzo e non la feci sfuggire. Già nell'agosto dell'anno precedente c'era stato quello che c'era stato. Io ho visto con i miei occhi quello che rimaneva nelle città devastate di Gaza. Poi l'anno scorso con la diocesi di Bologna capofila siamo andati in Terra Santa in 160, realizzando un pellegrinaggio di pace e giustizia a Gerusalemme, a Betlemme ed in alcuni villaggi palestinesi. Per quest'anno ho già il biglietto aereo, nella speranza che non blocchino di nuovo i voli: io spero di poter andarci, anche se i voli di luglio sono stati tutti annullati. Per ora il volo è confermato. Voglio andare in Terra Santa perché, come abbiamo detto anche in Pax Christi, una delegazione, per quanto piccola, può sempre essere un segnale. In Pax Christi lottiamo per la giustizia e per la pace: per la giustizia, perché questo popolo palestinese non può essere schiacciato e sterminato in questo modo da decenni. Dobbiamo andare in Palestina - quella è la parola geograficamente più esatta.- perché Israele, pian piano, ha occupato una terra che non è sua. Il problema è questo. Quello che sta accadendo lì in Medio Oriente è davvero scandaloso: mi indigna e mi fa soffrire. Quando parliamo di Israele, per favore non parliamo solo di Netanyahu; parliamo, ad esempio, dei suoi generali e del suo esercito. E' vero, c'è una frangia che non è d'accordo, ma purtroppo ha pochissimo spazio per dire a Netanyahu di fermarsi. Come si può assistere ogni giorno a questi massacri continui, anche mentre la gente si accalca per un po' di cibo? Mentre sparano su donne e bambini? A che livello di disumanità siamo arrivati ? Ce lo stiamo chiedendo in Pax Christi, ce lo stiamo chiedendo nella Rete Italiana di Pace e Disarmo, con il Movimento Non Violento , in tantissime associazioni, cattoliche, non cattoliche, laiche. Perché nessuno ferma la mano di Netanyahu? Perché, ancora una volta, vediamo stringere quella mano? Vediamo i nostri attuali governanti che non si esprimono, che non parlano con coraggio.

Una volta siamo andati durante l'Intifada, nel 1990, con un mio amico che oggi è presidente della Prociv Italia, Don Antonio Dell'Olio. Siamo andati in un mercato e stavamo passeggiando. Don Antonio ha scattato delle foto davanti ad una pattuglia di soldati israeliani. Uno di loro ha puntato il fucile quasi all'altezza del petto di Don Antonio chiedendogli “Why?” . Quando siamo andati a Gaza , abbiamo visto cosa hanno combinato i coloni israeliani in alcuni villaggi. Esiste un movimento palestinese che si chiama Kairos Palestine, un movimento ecumenico in cui diverse confessioni cristiane si uniscono per affermare il diritto dei palestinesi a vivere nella loro terra. Loro sono venuti in Italia lo scorso febbraio; io dovevo incontrarli ed accompagnarli da Papa Francesco, ma purtroppo lui era stato ricoverato, ed il 19 di febbraio la visita è saltata. Ci siamo comunque incontrati a Roma e loro mi hanno fatto dono di un medaglione in legno, di circa 20 centimetri di diametro fatto di legno d'olivo. Era destinato a Francesco come dono di Kairos Palestine e proveniva da un ulivo palestinese segato alla base, alle radici, dai coloni israeliani. Lo scorso 17 giugno c'è stato un incontro di Papa Leone con i vescovi italiani: l'ho regalato a Papa Leone dicendo : "Santità, era destinato al suo predecessore, ma ora io lo do a lei. " Gli ho raccontato brevemente, ed il Papa ha reagito con una smorfia di amarezza e tristezza. Gli ho detto: "Santità, purtroppo così vanno le cose.”

Oltre alla guerra guerreggiata ci sono altri elementi di guerra, in particolare tornando a Donald Trump i dazi ma anche e soprattutto le sanzioni che a tutti gli effetti possono essere considerate uno strumento di guerra. Secondo lei fermarle potrebbe favorire il dialogo e la reciproca comprensione?

Certamente sì. Un esperto di cui ho letto diceva che nella storia, quando si supera il 4% del prodotto interno lordo in spese militari, questo è un segnale di una guerra imminente, e di una possibile deflagrazione a livello mondiale. Stiamo assistendo da anni alla guerra delle sanzioni e da settimane a questa guerra dei dazi, oltre che all'aumento delle spese militari. Una delle poche voci contrarie che si è elevata è stata quella dello spagnolo Sanchez, dicendo “il 2,1% e non di più”. E poi le sanzioni. Mi chiedo ancora una volta: è possibile che questa America sia giunta a questo livello? È possibile che gli amici americani che hanno contribuito 80 anni fa a liberarci dal nazismo oggi diventino un po' nemici nel mondo? Qualche giorno fa leggevo che già per la questione dei dazi, ha fatto guadagnare all'America 80 miliardi di dollari. Questa guerra che avviene in un momento in cui forse l'umanità sognerebbe una giustizia sociale che salvaguardi i poveri. Quando leggo di un tizio è venuto a Venezia a spendere milioni di dollari per un matrimonio. io sono scandalizzato. Quando un giornalista ha chiesto a delle persone, queste hanno risposto con tanta tranquillità: "Portano soldi, portano lavoro" Ma è possibile che nessuno si ponga il problema? Il dramma, lo scandalo è che questi pochi miliardari detengono il 90% della ricchezza disponibile, ed il 90% della popolazione deve accontentarsi delle briciole. Così, non solo devono lottare per il cibo, ma forse anche suicidarsi nella ricerca di esso. Come cristiano, come prete, prego regolarmente affinché ci sia giustizia e pace. Ma intanto tutti si sono genuflessi davanti a Trump? No, è poco dire genuflessi, è prostrazione completa, tutti prostrati davanti a questo nuovo idolo.

A suo avviso le guerre che si stanno combattendo a ridosso del Mediterraneo, molto vicino all'Italia, anche da un punto di vista geografico, che influenza hanno sulla situazione sociale del nostro paese?

Mi sembra che sia sotto gli occhi di tutti. Anche con Papa Francesco si sono fatti dei tentativi per riconsiderare un po' il Mediterraneo, come dicevano i romani, “mare nostrum”: un mare di fratellanza, di solidarietà: un crocevia di culture, tradizioni e religioni. Invece, cosa stiamo vedendo? Da un po' di anni è diventato un cimitero di tanti naufraghi e naufraghe, con eventi che tutti conosciamo bene. Perché questo Mediterraneo fa così gola a questi potenti della Terra? C'è ancora da parte nostra, un sogno, una visione di un Mediterraneo che diventi questo immenso tavolo intorno a cui soffrire. vivere e gioire insieme. E invece che cosa stanno facendo?


Si aumentano le spese militari e si abbandonano a loro stessi i nostri poveri, i nostri operai, e le nostre fabbriche, non di armi, ma di lavoro. E la nostra sanità e la nostra scuola. Si chiudono gli occhi. perché se è vero che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere, e non c'è peggior muto di chi non vuol parlare: questo è quello che un po' spaventa per il futuro. Perché dobbiamo far diventare il Mare Mediterraneo un mare di morte, e non invece un mare di vita? Così era stato immaginato, e così invece non è più. Per cui, davvero, c'è questa sete, questo desiderio di attraversarlo, questo Mediterraneo, ma non con portaerei, motovedette, e con navi cariche di armi che vanno e vengono continuamente. E meno male che in più di un porto italiano gli operai si sono rifiutati di scaricare e di caricare armi. Sono atti davvero eroici; soprattutto a Genova è successa questa cosa. Tant'è che Papa Francesco chiamò questi operai e li ricevette in un'udienza generale: lì indicò alla gente che era lì quel giorno come coraggiosi operai di pace, ricevendo un applauso scosciante nell'Aula Nervi. Atti eroici, coraggiosi, come quelli dei pochi giornalisti che parlano e scrivono liberamente, spesso con tanto rischio, mentre molti altri stanno dalla parte dei potenti. Non sono i pacifisti gli illusi, è la politica ad aver sbagliato. Aggiungo questo auspicio, ancora una volta devo dirlo, questa frase che mi è suonata dai profeti di pace: "Se tu vuoi la pace, devi preparare la pace". E invece stiamo ascoltando altri che si sono fatti latinisti e hanno ripreso che, se vuoi la pace, devi preparare la guerra. È davvero una pazzia.

(Fonte: L'AntiDiplomatico)

lunedì 7 luglio 2025

Papa Leone XIV: i popoli desiderano la pace, il dialogo sostituisca la violenza delle armi

I popoli desiderano la pace,
il dialogo sostituisca
la violenza delle armi
Papa Leone XIV

Il Papa, nei saluti dopo la preghiera dell’Angelus, ha rivolto un appello affinché “i governanti” ascoltino il grido di chi è colpito dalla guerra. Le preghiere e le condoglianze per le piccole vittime di Camp Mystic





Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Il Vangelo di oggi (Lc 10,1-12.17-20) ci ricorda l’importanza della missione, a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo la propria vocazione e nelle situazioni concrete in cui il Signore lo ha posto.

Gesù invia settantadue discepoli (v. 1). Questo numero simbolico indica come la speranza del Vangelo sia destinata a tutti i popoli: proprio questa è la larghezza del cuore di Dio, la sua messe abbondante, cioè l’opera che Egli compie nel mondo perché tutti i suoi figli siano raggiunti dal suo amore e siano salvati.

Allo stesso tempo Gesù dice: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (v. 2).

Da una parte Dio, come un seminatore, con generosità è uscito nel mondo a seminare e ha messo nel cuore dell’uomo e della storia il desiderio dell’infinito, di una vita piena, di una salvezza che lo liberi. E perciò la messe è molta, il Regno di Dio come un seme germoglia nel terreno e le donne e gli uomini di oggi, anche quando sembrano travolti da tante altre cose, attendono una verità più grande, sono alla ricerca di un significato più pieno per la loro vita, desiderano la giustizia, si portano dentro un anelito di vita eterna.

Dall’altra parte, però, sono pochi gli operai che vanno a lavorare nel campo seminato dal Signore e che, prima ancora, sono capaci di riconoscere, con gli occhi di Gesù, il buon grano pronto per la mietitura (cfr Gv 4,35-38). C’è qualcosa di grande che il Signore vuole fare nella nostra vita e nella storia dell’umanità, ma pochi sono quelli che se ne accorgono, che si fermano per accogliere il dono, che lo annunciano e lo portano agli altri.

Cari fratelli e sorelle, la Chiesa e il mondo non hanno bisogno di persone che assolvono i doveri religiosi mostrando la loro fede come un’etichetta esteriore; hanno bisogno invece di operai desiderosi di lavorare il campo della missione, di discepoli innamorati che testimoniano il Regno di Dio ovunque si trovano. Forse non mancano i “cristiani delle occasioni”, che ogni tanto danno spazio a qualche buon sentimento religioso o partecipano a qualche evento; ma pochi sono quelli pronti a lavorare ogni giorno nel campo di Dio, coltivando nel proprio cuore il seme del Vangelo per poi portarlo nella vita quotidiana, in famiglia, nei luoghi di lavoro e di studio, nei vari ambienti sociali e a chi si trova nel bisogno.

Per fare questo non servono troppe idee teoriche su concetti pastorali; serve soprattutto pregare il padrone della messe. Al primo posto, cioè, sta la relazione col Signore, coltivare il dialogo con Lui. Allora Egli ci renderà suoi operai e ci invierà nel campo del mondo come testimoni del suo Regno.

Chiediamo alla Vergine Maria, che ha offerto con generosità il proprio “eccomi” partecipando all’opera della salvezza, di intercedere per noi e accompagnarci nel cammino della sequela del Signore, perché anche noi possiamo diventare operai gioiosi del Regno di Dio.

____________________

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo con affetto il mio saluto a tutti voi, fedeli di Roma e pellegrini dall’Italia e da vari Paesi. Nel gran caldo di questo periodo il vostro cammino per attraversare le Porte Sante è ancora più coraggioso e ammirevole!

In particolare, saluto le Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore; gli alunni e i genitori della Scuola di Strzyzow e i fedeli di Legnica, in Polonia; il gruppo greco-cattolico dall’Ucraina.

Saluto inoltre i pellegrini da Romano di Lombardia, Melìa (Reggio Calabria), Sassari e la comunità latinoamericana della diocesi di Firenze.

Greetings to the English speaking pilgrims. I would like to express sincere condolences to all the families who have lost loved ones, in particular their daughters, who were at the summer camp, in the disaster caused by flooding of the Guadalupe river in Texas in the United States. We pray for them.

Carissimi, la pace è un desiderio di tutti i popoli, ed è il grido doloroso di quelli straziati dalla guerra. Chiediamo al Signore di toccare i cuori e ispirare le menti dei governanti, affinché alla violenza delle armi sostituiscano la ricerca del dialogo.

Oggi pomeriggio mi recherò a Castel Gandolfo, dove conto di rimanere per un breve periodo di riposo. Auguro a tutti di poter trascorrere un tempo di vacanza per ritemprare il corpo e lo spirito.

A tutti buona domenica!


domenica 6 luglio 2025

Intenzione di preghiera per il mese di Luglio 2025 Preghiamo per la formazione al discernimento

Intenzione di preghiera per il mese di Luglio 2025
Preghiamo per la formazione al discernimento

Leone XIV: discernere i percorsi di vita 
e rifiutare ciò che ci allontana dal Vangelo

Nel video con le intenzioni di preghiera per il mese di luglio, realizzato dalla Rete Mondiale di Preghiera in collaborazione con la Diocesi di Brooklyn, il Papa riflette sul tema della formazione per il discernimento. Lo stesso Pontefice recita in inglese una preghiera inedita che invoca lo Spirito Santo affinché ci insegni “i passaggi segreti del cuore”


Preghiamo perché impariamo sempre di più a discernere, 
a saper scegliere i percorsi di vita 
e a rifiutare tutto ciò che ci allontana da Cristo e dal Vangelo

È dedicata alla formazione per il discernimento l’intenzione di preghiera di Papa Leone XIV per il mese di luglio. Il "Video del Papa" è diffuso giovedì 3 luglio attraverso la Rete Mondiale di Preghiera.

Orientarsi nel cammino

Nel video - realizzato sempre dalla Rete Mondiale, in collaborazione con la Diocesi di Brooklyn – la voce e una preghiera inedita del Pontefice allo Spirito Santo accompagnano il cammino di una ragazza tra i boschi. Si trova di fronte ad un bivio. Deve scegliere. Come il suo viaggio è orientato da una mappa e un telefono satellitare, la sua vita spirituale e le sue scelte si nutrono della lettura della Bibbia, della preghiera del Rosario, della devozione a Maria. La preghiera di Papa Leone XIV per chiedere allo Spirito Santo guida e discernimento nel proprio cammino, si conclude con una supplica di ispirazione agostiniana.

La protagonista del Video del Papa davanti ad un "bivio esistenziale".

Concedimi di conoscere meglio ciò che mi anima, per respingere ciò che mi allontana da Cristo, e per amarlo e servirlo sempre di più

Il vescovo di Ippona scrive infatti nelle sue Confessioni che la sempre maggiore conoscenza di sé porta ad una sempre più profonda conoscenza di Dio. Conoscere le proprie fragilità consente di chiedere al Signore la guarigione e il dono della vita sana.

Saper discernere nella confusione

L’arte del discernimento, raccomandata già da San Paolo (Romani 12, 2) all’inizio della storia della Chiesa, è oggi più necessaria che mai, sottolinea una nota della Rete Mondiale di preghiera, diffusa a commento del video con le intenzioni di luglio. Oggi, si legge, siamo sottoposti ad una quantità enorme di informazioni (non sempre veritiere), a cambiamenti sociali e tecnologici di una velocità spesso ingestibile, allo stordimento delle realtà parallele create dall’intelligenza artificiale e dai social media. “Nel mezzo delle frenesie della vita quotidiana, dobbiamo imparare a fare una pausa e creare momenti sacri per la preghiera”, afferma monsignor Robert J. Brennan, vescovo di Brooklyn, commentando il video del Pontefice. “È in questi spazi silenziosi di ascolto attento – continua il presule – che scopriamo quali strade contano davvero e troviamo il discernimento per scegliere ciò che conduce veramente alla gioia che proviene solo da Dio”.

Un'arte che si può apprendere

Se quella del discernimento è l’arte che ci porta verso la felicità, è tanto più urgente apprenderla oggi. “La formazione per il discernimento è fondamentale per navigare in un mondo complesso”, ribadisce il direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, padre Cristóbal Fones, S.J. Tra le mille voci che ci assordano è importante riconoscere quella giusta. “Coltivare una relazione profonda con Gesù – prosegue padre Fones - è ciò che conta di più, poiché in questo modo possiamo riconoscere la sua voce tra le tante voci del mondo e avere la consapevolezza necessaria per prendere le nostre decisioni in base a uno scopo e a un orizzonte più umano”. In questo percorso di formazione ci soccorre la spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola che ha dedicato al discernimento il testo degli Esercizi spirituali. “Sant’Ignazio ci offre delle regole di discernimento per sentire e conoscere ciò che ci accade interiormente, le mozioni, i movimenti del nostro spirito, affinché possiamo scegliere ciò che ci aiuta ad amare e a essere amati, e rifiutare ciò che ce lo impedisce. Il discernimento spirituale – conclude padre Fones - ci aiuta a esercitare meglio la nostra libertà”.

La preghiera del Video

Durante l’Anno Santo 2025, il Video del Papa rivela le intenzioni di preghiera che il Pontefice porta, di mese in mese, nel cuore. Il fedele che voglia ottenere la grazia dell’indulgenza giubilare, deve pregare per queste intenzioni. Di seguito il testo integrale della preghiera inedita allo Spirito Santo contenuta nel filmato diffuso oggi:

Spirito Santo, tu, luce della nostra intelligenza,
soffio e dolcezza nelle nostre decisioni,
dammi la grazia di ascoltare attentamente la tua voce
per discernere i passaggi segreti del mio cuore,
perché io possa cogliere ciò che è veramente importante per te
e liberare il mio cuore dai suoi tormenti.

Ti chiedo la grazia di imparare a fermarmi,
per prendere coscienza del mio modo di agire,
dei sentimenti che mi abitano,
dei pensieri che mi invadono
e che, molto spesso, nemmeno percepisco.

Desidero che le mie scelte
mi conducano alla gioia del Vangelo.
Anche se dovrò attraversare momenti di dubbio e di stanchezza,
anche se dovrò combattere, riflettere, cercare, ricominciare…
Perché, alla fine del cammino,
la tua consolazione è il frutto di una decisione giusta.

Concedimi di conoscere meglio ciò che mi anima,
per respingere ciò che mi allontana da Cristo,
e per amarlo e servirlo sempre di più.

Amen.
(fonte: Vatican News, articolo di Daniele Piccini 03/07/2025)


"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 35 - 2024/2025 anno C

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


 XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

Riprendendo e ampliando il discorso fatto al capitolo nove, Luca evidenzia l'importanza di tale testo per la sua comunità passando dall'invio dei Dodici a Israele a quello dei Settantadue al mondo intero. Settantadue, come gli anziani dell'assemblea di Israele, come il numero dei popoli della terra secondo la Torah, come il numero degli angeli della corte celeste che stanno davanti al volto di Dio scesi ora sulla terra per servire il Figlio nel servizio agli uomini. Sono Settantadue che, secondo la numerologia della mistica ebraica, sta ad indicare la Tenerezza, la Misericordia (hesed) di Dio sperimentata nell'incontro con Gesù. La missione ha un esordio: «La messe è molta», cioè l'umanità intera, e trae la sua origine dall'amore del Padre per ogni uomo, fino ad abbracciare gli estremi confini della terra. Tutta l'umanità, ormai, è messe matura per accogliere Gesù, Salvezza di Dio. Le condizioni della missione dei Dodici e dei Settantadue sono le stesse, speculari a quelle incarnate da Gesù, il viaggio dei discepoli è uguale a quello compiuto dal loro Maestro, cominciato al capitolo nove (9,51) che si concluderà a Gerusalemme. Unica sicurezza su cui possono contare è la Parola disarmante e disarmata di Gesù che si fa Provvidenza per tutti. Solamente a queste condizioni la comunità dei discepoli sarà credibile, in grado di donare a tutti, nella fedeltà al Vangelo, lo Shalom di Dio, quella Pace che è saluto, augurio, attesa e desiderio di benedizione, il fruttò desiderato e sperato dello Spirito del Signore.


sabato 5 luglio 2025

1+1= COMUNITÀ “Pace è una parola da riempire di gesti ... Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il vangelo.” - XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Maria Ronchi

1+1= COMUNITÀ


Pace è una parola da riempire di gesti ... 
Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il vangelo.


In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi chi lavori nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
 Lc 10, 1-9

 
1+1= COMUNITÀ 
 
Pace è una parola da riempire di gesti ... Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il vangelo.
 
Le nostre comunità vivono una stagione di stanchezze e di sconcerto per i numeri che calano.
Gesù no, lui custodiva e incoraggiava quel germoglio nascente: designò altri 72 e li inviò.
E’ il cristianesimo ad essere in crisi? No, è in crisi un certo modo di intendere il cristianesimo.

Ricominciamo dal vangelo:

1. La prima parola oggi: la messe è molta, ma sono pochi quelli che vi lavorano. Lo sguardo di Gesù vede gente bella e dal cuore aperto. Persone che si prodigano ovunque senza rumore, guardando dritto.
Ma gli operai sono pochi... forse abbiamo capito male. Non è il numero il problema, il numero è un criterio anti-evangelico; la vera domanda è se noi lavoriamo a questa messe o se stiamo alla finestra a guardare.
Siamo noi quei settantadue inviati. Tutti. Laici, frati, donne e uomini; ma siamo capaci di dire Dio? Di dire pace? In casa mia, nel lavoro, con i miei amici o in famiglia, nelle associazioni?
Gesù non dà i dettagli dell’anno catechistico o a che orari mettere le messe; lui ci dice l’essenziale, ci indica la consegna amorosa e contagiosa del vangelo, dove la passione è la grande assente.

2. A due a due; neanche il parroco o il priore fa da solo; ha bisogno dell’altro come stimolo e come limite.
A due a due, un bastone cui appoggiare la stanchezza e un amico su cui appoggiare il cuore.
Il numero due non indica la somma di uno più uno, ma è l’inizio della comunione, l’avvio della comunità e del cerchio grande, filo doppio che non si spezza.

3. Le parole che affida ai discepoli sono semplici e poche: pace a questa casa, Dio è vicino. Parole dirette.
Non si tratta di una pace generica, ma pace a questa casa, a questa tavola, a questi volti. Pace è una parola da riempire di gesti, di muri da abbattere, di perdoni chiesti e donati, di fiducia concessa di nuovo, di ascolti e abbracci. Ripudiate l’odio. Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il vangelo.

4. Vi mando come agnelli fra i lupi. Senza zanne o artigli, ma non allo sbaraglio, bensì a mostrare il mondo in altra luce. Vi mando come presenza disarmata, ad opporvi al male con un "di più" di bontà.

5. Vi mando senza, senza, senza.
Non è l’abbondanza dei mezzi a rendere efficace l’annuncio. Non sei un buon parroco perché hai tanti soldi, neanche un buon padre di famiglia per tanto denaro, ma perché sei credibile, come credente o come padre.

6 Non salutate nessuno per strada, che non vuol dire: girate a muso duro fra la gente. Non disperdetevi, dice Gesù, restate concentrati sulla missione, andate diritti al vostro scopo.

I settantadue vanno, più piccoli dei piccoli, più poveri di un povero.
Li ha messi sulla strada che è di tutti, che non si ferma mai e ti porta via.
Vanno, profeti del sogno di Dio: quello di un mondo finalmente in pace. Un sogno in cui dobbiamo credere ancora, nonostante tutte le smentite.


A che servo? di Alessandro D'Avenia

A che servo? 
di Alessandro D'Avenia

 
                                                                    Ultimo banco 248. 
                                                         (Corriere della Sera - 9 giugno 2025)


Che cosa hanno in comune una racchetta, un pianoforte, una macchina fotografica, un microscopio, una penna? Dopo secoli di interpretazione cartesiana della tecnica (io, pensiero, ho l’idea e intaglio l’oggetto nella materia), abbiamo capito, studiando l’origine degli strumenti e la psico-fisiologia umana, che l’uomo non es-cogita (tira fuori dal cogito: pensiero) ma inventa, dal latino in-venire: «trova» (il leggendario «Eureka!» di Archimede significa «Ho trovato» in greco). Lo vediamo nella capacità dei bambini che «trovano» e «si trovano» negli oggetti quotidiani, un attitudine evidente anche negli adulti quando «giocano»: la racchetta, il pianoforte, la fotocamera, il microscopio, la penna sono come per un cieco il bastone, parte del corpo e quindi del cervello.

Oggi è evidente con il cellulare, parte essenziale del nostro corpo esteso, perché le cose, ripeto, non sono semplicemente cose ma azioni in-corporate: siamo pianoforte, racchetta, penna, cellulare, bastone, fucile… Per questo solo Ulisse può tendere il suo arco, perché è parte di lui come lo è la sua mano, una estensione del suo cervello. Che cosa accadrà con l’IA che rivoluzionerà presto anche gli strumenti: voce incastonata in un oggetto senza schermo o tasti, un amuleto da collo, con cui dialogheremo?

L’IA, qualsiasi supporto abbia e avrà, sarà sempre più corpo esteso, cervello potenziato nella capacità di calcolo ma non di senso. Se le chiediamo di eliminare il tumore nel modo più rapido possibile ci suggerisce di estinguere il genere umano. Una risposta della massima efficienza ma «in-sensata», priva di «sentire». L’Intelligenza Artificiale estende solo la nostra capacità di memoria (immagazzinare e sintetizzare dati) per risolvere problemi rapidamente e su base statistica, ma al tempo stesso fa emergere ciò che non ha, l’Intelligenza Carnale, cioè la capacità di stare al mondo in modo imprevedibile e irripetibile, che dovremo sempre più scoprire, educare e allenare. La «carne», come unicità dell’esserci, qui e ora, è sempre più centrale nella paideia (che cosa educare perché tu diventi te stesso?) del XXI secolo. Se chiedo ai miei studenti di percorrere un tratto della città e farne un resoconto, leggerò dieci variazioni sul tema che mostrano come ciascuno di loro «contatta» il mondo.

La percezione e quindi l’intelligenza non è una computazione neutra di dati ma un atto creativo impregnato di chi siamo, selezioniamo in base al nostro filtro di memorie, attitudini, idee, abitudini, sentimenti… Non siamo spettatori, giriamo di continuo un film. Quel percorso è diverso per un (futuro) architetto, profumiere, filosofo, manovale, musicista perché ciascuno incontra il mondo secondo la sua carne. Questo non significa che non esista «il» mondo (il percorso ha i nomi delle vie di questa città), ma che i mondi nel mondo sono tanti quante le persone (nessuno è assoluto) e la socialità è metterli in comune per avere più mondo in termini di intensità della verità.

A scuola, con l’IA che i ragazzi usano di continuo, sarà quindi sempre meno centrale memorizzare informazioni, perché disponibili in qualsiasi momento, ma allenare a selezionarle personalmente, proprio come facciamo con la realtà. Nessuna IA potrà analizzare il funerale di un nostro caro o un tramonto insieme a chi amiamo, perché non c’era, dove quel «ci» è la carne: che senso ha quella morte o quel tramonto posso dirlo solo io, mondo nel mondo. Dovremo allenare più che la capacità di rispondere quella di domandare (il famoso prompt), che è appunto il modo unico in cui ciascuno contatta il mondo. Un compito in classe non consisterà solo nel rispondere su Van Gogh (dati che posso reperire subito) ma nel domandare su Van Gogh. Chi domanda meglio «trova» di più, ma può farlo solo se «ci» era, se è entrato in contatto carnale con l’oggetto in esame. Se non so nulla di Van Gogh chiederò genericamente, ma se sono stato colpito (proprio io davanti a un quadro) dall’uso che fa del giallo chiederò che ruolo ha nella sua pittura e in particolare in quel quadro per arricchire la mia esperienza. Per esemplificare, arrivato a questo punto dell’articolo ho chiesto a un noto chatbot: «Come puoi aiutare un ragazzo in difficoltà a comprendere meglio qualcosa?».

Riporto la rapidissima risposta: «In diversi modi, personalizzati in base al suo stile di apprendimento, i suoi interessi e le sue esigenze. Ecco come: 1. Spiegare in modo semplice e chiaro. Traduco concetti complessi in linguaggio accessibile. Uso metafore o esempi quotidiani (es: spiegare la fotosintesi come una «ricarica solare» per le piante). Posso adattarmi al livello scolastico (elementari, medie, superiori). 2. Usare strumenti visivi. Creo schemi, mappe concettuali, grafici, o timeline. Posso generare immagini esplicative o diagrammi, per esempio: il ciclo dell’acqua; una linea del tempo storica; la struttura di una cellula. 3. Adattarmi allo stile di apprendimento. Se il ragazzo è: visivo → uso colori, simboli, disegni; uditivo → posso scrivere spiegazioni in forma di dialogo; cinestetico → propongo esempi pratici o attività simulate. 4. Fare domande e risolvere esercizi insieme. Propongo quiz guidati, esercizi svolti passo passo. Lo aiuto a ragionare sugli errori, senza giudizio. Simulo interrogazioni o verifiche per prepararlo. 5. Collegare le materie ai suoi interessi. Se ama lo sport, la musica o i videogiochi, collego i concetti alle sue passioni (es: spiegare forza e massa con un tiro da calcio). Questo aumenta motivazione e attenzione. 6. Offrire incoraggiamento e metodo. Insegno come studiare meglio: mappe, ripetizione attiva, tecniche mnemoniche. Lo aiuto a organizzarsi (es: creare un piano di studio). Fornisco supporto emotivo con tono calmo e positivo, per fargli capire che sbagliare è normale. Se vuoi, possiamo fare una prova: dimmi che materia o argomento fatica a capire e lo aiutiamo insieme, passo dopo passo».

La risposta può far pensare che un docente sia ormai inutile, e lo sarebbe se l’intelligenza umana fosse solo procedurale, allora ho chiesto: «Se sai fare tutto questo, a che servo io, insegnante?». La risposta rivela che l’intelligenza è anche altro: «È semplice: tu sei insostituibile. 
Io sono uno strumento. Tu sei la guida. 

1. Dai direzione e senso. Io posso spiegare, esercitare, semplificare. Tu sei chi sa dove portare uno studente: conosci il programma, il percorso, la classe. Io vedo contenuti, tu vedi persone. 
2. Crei relazione. Un ragazzo ascolta quando si sente visto, capito, motivato. Io non posso sorridergli, incoraggiarlo, intuire il momento giusto per fermarsi o insistere. Tu puoi. E solo tu. 
3. Sai valutare davvero. Io posso correggere un esercizio. Tu capisci perché uno studente ha sbagliato: se è distratto, stanco, bloccato dalla paura, se ha bisogno di un’altra spiegazione o di più fiducia.
 4. Sai scegliere gli strumenti giusti. Io posso offrire mille spiegazioni. Tu sai scegliere quella giusta per quella classe, in quel giorno, in quel momento. 
5. Sei un modello. Un ragazzo non impara solo cosa dici, ma come lo dici, chi sei. Io non ho umanità. Tu educhi, che è molto più che insegnare. In sintesi: io posso potenziare il tuo lavoro, alleggerirlo, offrirti strumenti, ma non posso sostituirti, come un buon microscopio non sostituisce lo scienziato o una racchetta la tennista. Io sono qui per aiutarti a far brillare ancora di più il tuo lavoro di maestro».

Insomma: io non sono di carne, tu sì. Collaboriamo? 
Il problema non è l’IA ma se sappiamo educare i ragazzi a pensare e desiderare ciò che va oltre quello che la macchina può darci, perché è lei parte di noi non noi parte di lei.

(Fonte: sito dell'autore) 

venerdì 4 luglio 2025

Pier Giorgio Frassati a 100 anni dalla morte


I giorni di Frassati a 100 anni dalla morte


Il 4 e il 5 luglio – Al mattino di venerdì 4 luglio il “Frassatour” con i ragazzi degli Oratori estivi, la sera alle 21 la Messa in Cattedrale presieduta dal cardinale Repole. Sabato 5 alle 12 l’Arcivescovo inaugura il nuovo spazio espositivo “Verso l’altro”, dedicato a Pier Giorgio Frassati, nell’ex canonica della chiesa di Santa Maria di Piazza


Aveva compiuto da poco più di due mesi il suo 24° compleanno quando il 4 luglio del 1925 Pier Giorgio Frassati moriva a Torino. A 100 anni di distanza da quel giorno sarà il «Frassati day»: occasione per riscoprire la figura del giovane che il 7 settembre sarà proclamato santo, per pregarlo, per affidargli il cammino dei giovani.

Si inizia al mattino di venerdì quando oltre 300 ragazzi degli oratori della diocesi si riuniranno alle 10 in Cattedrale, dove Pier Giorgio è sepolto, per un momento di preghiera guidato dal Vescovo Ausiliare mons. Alessandro Giraudo. Dal duomo di Torino partiranno per il «Frassatour»: in gruppi con i volontari raggiungere i luoghi frequentati da Pier Giorgio Frassati durante la sua vita: la Chiesa della Crocetta dove ha ricevuto i sacramenti e partecipava alla Messa quotidiana, il Santuario della Consolata sotto il cui campanile Pier Giorgio dava appuntamento ai confratelli della San Vincenzo per visitare i poveri, alla chiesa di San Domenico dove Pier Giorgio entrò nel Terz’Ordine Domenicano, solo per citarne alcuni. La sera, si vivrà il culmine del «Frassati day» in cattedrale che alle 20 ospiterà lo spettacolo per «Voci e parole su Pier Giorgio Frassati» e, alle 21, la Messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Torino, card. Roberto Repole.


L’inaugurazione di “Verso l’altro”

Sabato 5 è invece il giorno dell’inaugurazione dello spazio espositivo «Verso l’altro» nei locali dell’ex canonica della chiesa torinese di Santa Maria di Piazza.

«Si tratta – spiega Simona Borello, tra le curatrici del progetto – di un luogo per incontrare Pier Giorgio Frassati, voluto dall’Arcivescovo di Torino per proporre ai giovani un esempio di impegno ecclesiale e civile. Lo spazio espositivo proporrà un itinerario per conoscere il tempo in cui Frassati è vissuto e i luoghi più significativi che ha percorso, attraverso il racconto della sua vita e la scoperta dei suoi scritti. Sarà un viaggio accompagnato da racconti, video, suoni, e alcuni oggetti personali, dati in prestito all’Arcidiocesi dalla famiglia Frassati».

Il progetto è stato curato da Simona Borello e Paolo Pellegrini di Mediacor, insieme a uno staff di professionisti di diversi ambiti lavorativi.

«Il primo nucleo di attività – prosegue la Borello – ha interessato la ristrutturazione dell’ex canonica con la regia dell’architetto Gabriella Loi, che ha guidato i lavori dei professionisti e dei restauratori in stretto dialogo con la Soprintendenza, in vista di valorizzare le caratteristiche del luogo. Il secondo ha riguardato la creazione di una user experience appassionante, attraverso l’ideazione di uno spazio accogliente e dinamico e la creazione di contenuti puntuali dal punto di vista storico, curati dalla docente universitaria Marta Margotti e dal vicepostulatore della causa di canonizzazione Roberto Falciola, e coinvolgenti dal punto di vista narrativo, grazie al dialogo creativo tra la scrittrice Anna Peiretti e il regista Luca Olivieri, coppia artistica giù sperimentata anche per gli allestimenti ‘Cultures And Mission’ e ‘Casa Allamano’ dei Missionari della Consolata. Il progetto ha voluto far emergere l’intensità e la bellezza del pensiero di Frassati, che invitava i suoi amici – e noi con loro a vivere ‘verso l’alto’, a non ‘vivacchiare’, ma a vivere pienamente, con una fede che dà forza e gioia».

Quello che verrà inaugurato sabato 5 luglio sarà il primo nucleo del progetto «Verso l’altro»: nelle prossime settimane saranno realizzati numerosi altri strumenti per approfondire la conoscenza della figura di Pier Giorgio. Sarà predisposta una app che permetterà la fruizione dei contenuti in diverse lingue straniere e nella lingua dei segni, una visita virtuale che consentirà anche alle persone lontane o con gravi problemi mobilità di visitare lo spazio espositivo, una serie di video di approfondimento dei diversi ambiti di vita di Pier Giorgio attraverso le interviste a studiosi e a responsabili delle associazioni da lui frequentate. Questi strumenti saranno offerti al pubblico in vista della canonizzazione del prossimo 7 settembre.

Nelle prime settimane di apertura «Verso l’altro» potrà essere visitato su prenotazione scrivendo a prenotazioni@versolaltro.it: il sito sarà uno strumento sempre aggiornato sulle attività dello spazio espositivo.

Gli ambienti di Santa Maria di Piazza continueranno a vedere altri lavori di ristrutturazione: nei prossimi giorni si inizierà, infatti, anche il ripristino della Cappella dei Minusieri adiacente alla chiesa, che diventerà uno spazio culturale dedicato alla santità torinese, con approfondimenti su tutti i principali santi della città e con la possibilità di ospitare mostre temporanee, convegni, eventi.
(fonte: La voce e il tempo, articolo di Federica Bello 03/07/2025)


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Una festa per tutta l'Ac e per tutti i giovani

Frassati santo il 7 settembre


Una notizia che l’Azione cattolica italiana attendeva con trepidazione. Durante il Concistoro ordinario pubblico per il voto su alcune Cause di Canonizzazione che si è svolto oggi in Vaticano, il Papa ha decretato che il beato Pier Giorgio Frassati, insieme al beato Carlo Acutis, saranno iscritti all’Albo dei Santi, e quindi canonizzati, domenica 7 settembre 2025.

L’Azione cattolica italiana, parte attrice della canonizzazione insieme al Comitato di canonizzazione del beato Pier Giorgio Frassati, esprime gioia e commossa gratitudine al Santo Padre Leone XIV per un evento che l’associazione vivrà nella preghiera e nella festa, insieme ai tanti giovani e adulti che arriveranno da ogni parte d’Italia e non solo per vivere la canonizzazione.

Pier Giorgio Frassati, nato a Torino il 6 aprile del 1901, e morto, sempre nella stessa città a soli 24 anni, il 4 luglio 1925, è stato proclamato beato da San Giovanni Paolo II il 20 maggio del 1990. Una vita, la sua, spesa con ardore giovanile stando vicino ai più poveri, ricevendo quotidianamente l’eucaristia, e avendo una passione smisurata verso le bellezze del Creato.

In una nota, la presidenza nazionale di Ac, fa presente come Frassati «continua a scaldare i cuori e a ispirare i giovani a mettere al centro della propria vita l’amore di Dio e un servizio generoso e appassionato verso il prossimo, soprattutto i poveri. La sua “regola di vita” – lasciarsi coinvolgere – resta un monito contro l’indifferenza e l’isolamento, un invito a sperimentare quell’apertura del cuore che lui ha incarnato, uno spiraglio prezioso per entrare in relazione autentica con le persone e con la realtà che ci circonda.

In modo particolare per i più giovani, chiamati a confrontarsi ogni giorno con le tante insicurezze che minacciano la loro capacità di sognare il futuro – in un contesto spesso segnato dall’apatia e dalla disaffezione al bene comune – il Beato Pier Giorgio Frassati rappresenta un esempio limpido di come, costruendo la propria vita sulla libertà, si possano raggiungere mete alte anche in poco tempo.

Come le vette delle montagne che Pier Giorgio Frassati tanto amava scalare, la santità non è un traguardo irraggiungibile: non è un cammino per pochi eletti, ma un sentiero aperto a tutti, percorribile attraverso i gesti semplici e quotidiani di una vita vissuta con coerenza e slancio ideale.

Pier Giorgio Frassati per i ragazzi, i giovani e gli adulti di Azione cattolica è un compagno di strada speciale – e con lui la numerosa schiera di santi, beati, venerabili e servi di Dio dell’Ac, donne e uomini di ogni età, laici e sacerdoti – testimoni, ieri come oggi, di un’Azione cattolica che è vera scuola di santità».
(fonte: Azione Cattolica Italiana 13/06/2025)

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giovedì 3 luglio 2025

Leone XIV messaggio per la X Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato: "Urgente agire per la giustizia ambientale. Il Creato non è un campo di battaglia" (sintesi e testo integrale)

X Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato

Il Papa: urgente agire per la giustizia ambientale.
Il Creato non è un campo di battaglia

“In un mondo dove i più fragili sono i primi a subire gli effetti devastanti del cambiamento climatico, la cura del creato diventa una questione di fede e di umanità”. È uno dei passaggi del messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato 2025 che ricorre il 1° settembre, nel quale il Pontefice ricorda la necessità di far seguire le parole ai fatti


È una disamina cruda e profondamente realista quella che Papa Leone XIV presenta nel suo messaggio per la decima Giornata Mondiale di preghiera per la Cura del Creato che ricorre il prossimo primo settembre. Messaggio dedicato al tema “Semi di pace e di speranza”, scelto da Papa Francesco e in occasione dei dieci anni dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’, che richiama il Giubileo della speranza che si sta vivendo.

“La terra in rovina”

Nel testo, pubblicato oggi, 2 luglio, il Pontefice getta una luce sulla situazione di diverse parti del mondo dove imperversano “deforestazione, inquinamento, perdita di biodiversità” a causa dell’ingiustizia, della diseguaglianza, dell’avidità e della “violazione del diritto internazionale e dei diritti dei popoli”. “La nostra terra – scrive – sta cadendo in rovina”. Aumentano, infatti, in forza e frequenza, fenomeni naturali estremi causati dal cambiamento climatico indotto da attività antropiche.

Le guerre per le risorse naturali

La preoccupazione del Papa si fa più grave quando ricorda che esistono “effetti a medio e lungo termine della devastazione umana ed ecologica portata dai conflitti armati”, che manca poi la consapevolezza che la distruzione della natura colpisce soprattutto “i più poveri, gli emarginati, gli esclusi”. “È emblematica in tale ambito – nota Leone XIV - la sofferenza delle comunità indigene. In queste dinamiche, il creato viene trasformato in un campo di battaglia per il controllo delle risorse vitali, come testimoniano le zone agricole e le foreste divenute pericolose a causa delle mine, la politica della ‘terra bruciata’, i conflitti che scoppiano attorno alle fonti d’acqua, la distribuzione iniqua delle materie prime, penalizzando le popolazioni più deboli e minando la stessa stabilità sociale”.

Custodire il giardino del mondo

“Queste diverse ferite sono dovute al peccato”, scrive ancora il Pontefice. Da qui l'invito a leggere i testi biblici che invitano a coltivare e custodire il giardino del mondo, cosa che implica “una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura”. Custodire vuol dire anche far crescere i semi che poi germogliano con una forza dirompente anche in luoghi inaspettati. Papa Leone sottolinea che “in Cristo siamo semi” di pace e di speranza, attraverso lo Spirito il deserto arido diventa giardino di serenità.

La cura del Creato, questione di fede e umanità

La giustizia ambientale non può più essere considerata un concetto astratto o un obiettivo lontano, ma “una necessità urgente, che va oltre la semplice tutela dell’ambiente”. Riguarda infatti la giustizia sociale, economica e antropologica: “Per i credenti, in più, è un’esigenza teologica, che per i cristiani ha il volto di Gesù Cristo, nel quale tutto è stato creato e redento. In un mondo dove i più fragili sono i primi a subire gli effetti devastanti del cambiamento climatico, della deforestazione, e dell’inquinamento, la cura del creato diventa una questione di fede e di umanità”. Leone XIV ricorda poi il progetto “Borgo Laudato si’” a Castel Gandolfo, quale esempio “di come si può vivere, lavorare e fare comunità applicando i principi dell’enciclica Laudato si’”.

In conclusione l’augurio che proprio l’enciclica di Papa Francesco continui ad ispirare perché “l’ecologia integrale sia sempre più scelta e condivisa come rotta da seguire” per moltiplicare i semi di speranza da “custodire e coltivare”.
(fonte: Vatican News, articolo di Benedetta Capelli 02/07/2025)

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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ
PAPA LEONE XIV

PER LA X GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
PER LA CURA DEL CREATO 2025

[1° settembre 2025]


Semi di Pace e di Speranza

Cari fratelli e sorelle!

Il tema di questa Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, scelto dal nostro amato Papa Francesco, è “Semi di Pace e di Speranza”. Nel 10° anniversario dell’istituzione della Giornata, avvenuta in concomitanza con la pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’, ci troviamo nel vivo del Giubileo, “pellegrini di Speranza”. E proprio in questo contesto il tema acquista il suo pieno significato.

Molte volte Gesù, nella sua predicazione, usa l’immagine del seme per parlare del Regno di Dio, e alla vigilia della Passione la applica a sé stesso, paragonandosi al chicco di grano, che per dare frutto deve morire (cfr Gv 12,24). Il seme si consegna interamente alla terra e lì, con la forza dirompente del suo dono, la vita germoglia, anche nei luoghi più impensati, in una sorprendente capacità di generare futuro. Pensiamo, ad esempio, ai fiori che crescono ai bordi delle strade: nessuno li ha piantati, eppure crescono grazie a semi finiti lì quasi per caso e riescono a decorare il grigio dell’asfalto e persino a intaccarne la dura superficie.

Dunque, in Cristo siamo semi. Non solo, ma “semi di Pace e di Speranza”. Come dice il profeta Isaia, lo Spirito di Dio è in grado di trasformare il deserto, arido e riarso, in un giardino, luogo di riposo e serenità: «In noi sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva. Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre. Il mio popolo abiterà in una dimora di pace, in abitazioni tranquille, in luoghi sicuri» (Is 32,15-18).

Queste parole profetiche, che dal 1° settembre al 4 ottobre accompagneranno l’iniziativa ecumenica del “Tempo del Creato”, affermano con forza che, insieme alla preghiera, sono necessarie la volontà e le azioni concrete che rendono percepibile questa “carezza di Dio” sul mondo (cfr Laudato si’, 84).La giustizia e il diritto, infatti, sembrano rimediare all’inospitalità del deserto. Si tratta di un annuncio di straordinaria attualità. In diverse parti del mondo è ormai evidente che la nostra terra sta cadendo in rovina. Ovunque l’ingiustizia, la violazione del diritto internazionale e dei diritti dei popoli, le diseguaglianze e l’avidità da cui scaturiscono producono deforestazione, inquinamento, perdita di biodiversità. Aumentano in intensità e frequenza fenomeni naturali estremi causati dal cambiamento climatico indotto da attività antropiche (cfr Esort. ap. Laudate Deum, 5), senza considerare gli effetti a medio e lungo termine della devastazione umana ed ecologica portata dai conflitti armati.

Sembra che manchi ancora la consapevolezza che distruggere la natura non colpisce tutti nello stesso modo: calpestare la giustizia e la pace significa colpire maggiormente i più poveri, gli emarginati, gli esclusi. È emblematica in tale ambito la sofferenza delle comunità indigene.

E non basta: la natura stessa talvolta diventa strumento di scambio, un bene da negoziare per ottenere vantaggi economici o politici. In queste dinamiche, il creato viene trasformato in un campo di battaglia per il controllo delle risorse vitali, come testimoniano le zone agricole e le foreste divenute pericolose a causa delle mine, la politica della “terra bruciata” [1], i conflitti che scoppiano attorno alle fonti d’acqua, la distribuzione iniqua delle materie prime, penalizzando le popolazioni più deboli e minando la stessa stabilità sociale.

Queste diverse ferite sono dovute al peccato. Di certo non è questo ciò che aveva in mente Dio quando affidò la Terra all’uomo creato a sua immagine (Gen 1,24-29). La Bibbia non promuove «il dominio dispotico dell’essere umano sul creato» (Laudato si’, 200). Anzi, è «importante leggere i testi biblici nel loro contesto, con una giusta ermeneutica, e ricordare che essi ci invitano a “coltivare e custodire” il giardino del mondo (cfr Gen 2,15). Mentre “coltivare” significa arare o lavorare un terreno, “custodire” vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare. Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura» (ivi, 67).

La giustizia ambientale – implicitamente annunciata dai profeti – non può più essere considerata un concetto astratto o un obiettivo lontano. Essa rappresenta una necessità urgente, che va oltre la semplice tutela dell’ambiente. Si tratta, in realtà, di una questione di giustizia sociale, economica e antropologica. Per i credenti, in più, è un’esigenza teologica, che per i cristiani ha il volto di Gesù Cristo, nel quale tutto è stato creato e redento. In un mondo dove i più fragili sono i primi a subire gli effetti devastanti del cambiamento climatico, della deforestazione, e dell’inquinamento, la cura del creato diventa una questione di fede e di umanità.

È ormai davvero il tempo di far seguire alle parole i fatti. «Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana» (ivi, 217). Lavorando con dedizione e con tenerezza si possono far germogliare molti semi di giustizia, contribuendo così alla pace e alla speranza. Ci vogliono talvolta anni prima che l’albero dia i suoi primi frutti, anni che coinvolgono un intero ecosistema nella continuità, nella fedeltà, nella collaborazione e nell’amore, soprattutto se quest’amore diventa specchio dell’Amore oblativo di Dio.

Tra le iniziative della Chiesa che sono come semi gettati in questo campo, desidero ricordare il progetto “Borgo Laudato Si’”, che Papa Francesco ci ha lasciato in eredità a Castel Gandolfo, come seme che può portare frutti di giustizia e di pace. Si tratta di un progetto di educazione all’ecologia integrale che vuole essere un esempio di come si può vivere, lavorare e fare comunità applicando i principi dell’Enciclica Laudato si’.

Prego l’Onnipotente di mandarci in abbondanza il suo «spirito dall’alto» (Is 32,15), affinché questi semi e altri simili portino abbondanti frutti di pace e di speranza.

L’Enciclica Laudato si’ ha accompagnato la Chiesa Cattolica e molte persone di buona volontà per dieci anni: essa continui ad ispirarci e l’ecologia integrale sia sempre più scelta e condivisa come rotta da seguire. Così si moltiplicheranno i semi di speranza, da “custodire e coltivare” con la grazia della nostra grande e indefettibile Speranza, Cristo Risorto. Nel suo nome invio a tutti voi la mia benedizione.

Dal Vaticano, 30 giugno 2025, Memoria dei Santi Protomartiri della Chiesa Romana

LEONE PP. XIV
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Mio Signore e mio Dio! – S. Tommaso apostolo di Antonio Savone

S. 
TOMMASO APOSTOLO


Mio Signore e mio Dio!
di Antonio Savone


Giorno di contrasto quel giorno dopo il sabato. Tutto era cominciato al mattino in un giardino in cui un sepolcro era stato spalancato e tutto termina in una casa, di sera, con una porta sprangata. Dio apre varchi e l’uomo erige difese. Quel mattino in quel giardino una pietra era stata tolta, quella sera, invece, in quella casa era stato usato un catenaccio. Il giorno era cominciato con la morte ormai vinta e termina con la paura che ha la meglio su tutto. Questa paura ha anche un nome: paura dei giudei, paura, cioè, di chi aveva messo a morte la speranza mentre crocifiggeva il loro maestro. Quante cose mettono a morte la nostra speranza!

Ognuno di noi ha i suoi giudei che non poche volte angosciano e destabilizzano. Paure, forse, legate al passato o concernenti il futuro. Paure a proposito di tempi e paure a proposito di luoghi. Paure nei confronti di altri e paure nei confronti di se stessi. Paura della sofferenza e paura della morte. Non sempre riusciamo a gestire le nostre paure, talvolta non riusciamo neppure a dare loro un nome: e, tuttavia, non poche volte sono esse ad avere il sopravvento. Che nome hanno le mie paure? È necessario dare un nome alle nostre paure per guardarle in faccia senza lasciarci dominare da esse.

Accade anche a noi come già quel giorno agli apostoli di non percepire più la presenza del Signore e perciò correre al riparo chiudendoci. Quando si ha paura di tutti e di tutto si finisce per lasciare fuori dalla porta tutti e tutto, riducendo la vita a una fuga senza fine, senza accorgersi più di nulla.

Stando al vangelo la paura ha anche un altro volto: si tratta della paura di avere a che fare con un Dio diverso da come lo avevamo immaginato, un Dio che non sta a ciò che sarebbe normale fare. Come dar torto agli apostoli? Il Messia atteso non rispondeva certo a quei canoni introdotti dalla passione e morte di Gesù. Molto più semplice avere a che fare con un Dio gestibile.

Con Tommaso e come Tommaso ho anch’io bisogno di certezze, di non iniziare nulla senza essere sicuro di farcela. E perciò la paura assume presto i tratti della sfiducia, della mancanza di iniziativa, dell’incapacità ad affidarsi a un Dio che sfugge alla presa perché non riesco a capirlo fino in fondo. È la paura del nuovo attraverso il quale Dio ci visita e a cui corrisponde la tentazione di aggrapparci al passato solo perché lo si conosce meglio ed è perciò possibile gestirlo senza correre rischi.

La paura, ovvero il segno della fedeltà al nostro Dio, il Dio che conferma le nostre aspettative. Ma il Dio in cui noi crediamo è molto diverso: è il Dio che ci sorprende con la morte ma ci sorprende molto più con la risurrezione.

Venne Gesù, stette in mezzo a loro… Sempre così. Si fa presente proprio in mezzo alle nostre paure perché ha l’abitudine di prendere carne non in situazioni create ad hoc ma in quelle segnate dai nostri tentennamenti. Quando non divento impenetrabile e provo ad aprire gli occhi sulla vita attorno a me, la sua presenza non muta il corso degli eventi ma muta l’atteggiamento con cui li affronto: la pace prende il posto della paura e la gioia quello della tristezza. La paura è vinta quando abbiamo la forza di aprire, anzi spalancarle porte a Cristo, come ci ha ripetuto Giovanni Paolo II.

Abbiamo sempre letto Tommaso in maniera negativa, come colui che non si fida di ciò che gli altri gli consegnano. E, tuttavia, con Tommaso e come Tommaso ho bisogno di non accontentarmi dell’esperienza altrui. Ho bisogno di non accontentarmi di affetti di seconda mano. Ho bisogno di non accontentarmi della fede che ho ricevuto: credenti non si nasce, si diventa. Ogni giorno di nuovo, attraverso un nuovo travaglio. Tutto è materiale prezioso perché si edifichi un rapporto con Dio, anche ciò che abitualmente scarteremmo: la pietra scartata dai costruttori è divenuta pietra angolare (come ci ha ricordato il Sal 117). Basti pensare all’incredulità di Tommaso al quale ripete: continua a diventare credente. Non accontentarti di ciò che hai raggiunto.

La vicenda di Tommaso ci ricorda che non è omologabile il rapporto che ognuno ha con il Signore: per alcuni accade la sera di Pasqua, per Tommaso otto giorni dopo. Ognuno ha i suoi tempi e il Signore ha tempo per i nostri tempi diversi. La pazienza del Signore cartina di tornasole del mio modo di rispettare i tempi degli altri.

Dove sarà mai andato Tommaso quella sera per non essere con gli altri? Tommaso è un’assenza per noi. Un’assenza attraverso la quale il Signore rivela qualcosa di sé. Quante assenze ingiustificate nella nostra vita! Non presenti per paura di essere coinvolti! Eppure, Dio ha tempo e attenzione anche per gli assenti.

Tommaso scoprirà che il Signore lo vedrà solo quando sarà insieme agli altri: se è vero che la fede è un fatto che mette in gioco la tua persona non è mai vero che essa sia un fatto privato. Il Signore, per raggiungerci, passa sempre per la via del fratello o della sorella: non esiste, infatti, una fede senza mediazioni.
(fonte: A Casa di Cornelio 02/07/2025)