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martedì 21 maggio 2024

Enzo Bianchi L'imperativo del desiderio

Enzo Bianchi
L'imperativo del desiderio 


La Repubblica - 13 Maggio 2024

Nel nostro vivere quotidiano risuona con insistenza crescente l’invito ad ascoltare, ad assecondare il desiderio. “Segui il tuo desiderio!” è l’imperativo martellante, soprattutto quando ci si rivolge alle nuove generazioni.

Sì, ogni umano è homo desiderans, conosce la forza e l’esperienza del desiderio che lo abita come una pulsione. Il desiderio è un sentimento personale, intimo, che scaturisce dal profondo della persona, ma nello stesso tempo a volte si mostra come una dominante, un daimon che tende a superare la soglia oltre la quale non può più essere governato. Noi siamo abitati dal desiderio e possiamo essere posseduti dal desiderio fino all’alienazione. Il nostro desiderio può accrescersi fino a diventare pretesa di possesso, di consumo, di appropriazione di quelle cose o persone che lo hanno destato in noi. Comprendiamo allora il comandamento: “Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo!” (Esodo 20,17; Deuteronomio 5,21).

Proprio il verbo presente in questo comando, chamed, esprime un desiderio da soddisfare che è già azione, movimento teso a realizzare un desiderio così forte che spinge a possedere, a impossessarsi, e quindi a rubare. La cupidigia è una forza che travolge il soggetto e lo porta a realizzare il suo desiderio senza tener conto degli altri e del limite che contraddistingue ogni azione umana. Avviene in questa seduzione una perdita della libertà: appare il falso antropologico dell’idolo, al quale va la soggezione dell’uomo.

Comprendiamo quindi l’ossessiva predicazione dei profeti contro la cupidigia: da cosa nascono i litigi, le violenze, il furto, l’ingiustizia, l’oppressione del povero e le guerre nei rapporti tra popoli? Il profeta Michea denuncia quanti “sono avidi di terreni e li usurpano, di case e se le prendono”; Isaia maledice “quelli che aggiungono casa a casa e terreno a terreno fino a essere i soli proprietari”; Amos minaccia “quanti vivono nella corruzione e nell’illegalità”. La condanna del desiderio senza limiti, del desiderio che non tiene conto degli altri e della giustizia, attraversa tutta la profezia.

Occorre dunque una vera educazione del desiderio, perché soprattutto da come viviamo il desiderio dipendono le nostre relazioni, le nostre storie d’amore, i rapporti che instauriamo nella società. Nella vita personale come nella vita nella polis occorre saper “desiderare” e occorre saper “non desiderare!”. È significativo che il premio Nobel per l’economia del 2001, Joseph Stiglitz, abbia pubblicato il libro Le trionphe de la cupidité per illustrare l’attuale situazione economica mondiale e la sua crisi: all’origine e al cuore di questa crisi c’è la cupidigia del denaro che richiede al mercato di diventare l’idolo indiscusso. C’è una voracità legittimata, che ha impregnato la mentalità della nostra società e impedisce ogni promozione della giustizia e dell’uguaglianza. Di fronte alla pulsione del desiderio non ci si domanda cosa è giusto fare, ma piuttosto come possiamo soddisfare il nostro desiderio! E così si apre lo spettacolo della corruzione, per un lusso senza freni, per un’ostentata festa dei potenti, per un arrogante esercizio del potere.

Il divieto del comandamento non chiede di spegnere il desiderio, ma di discernere sempre se esso, una volta appagato, apporta vita, comunicazione, creatività, o se apporta alienazione e schiavitù; se è desiderio non contro gli altri e senza gli altri, ma desiderio in vista di una vita buona e bella, vissuta nell’onestà e nella giustizia.
(fonte: blog dell'autore)