L'IMMANE TRAGEDIA DEGLI INNOCENTI
Su sette milioni di bambini 4,5 milioni sono sfollati. Molti di loro vagano in preda al pericolo di abusi, violenze e deportazioni. Il mondo si mobilita per proteggerli. E anche l'Italia fa la sua parte
Sono i più vulnerabili, i più indifesi. Da settimane sono stati scaraventati in un incubo. Vivono nella luce buia dei bunker, degli scantinati o dei tunnel della stazioni ferroviarie, oppure vagano sfollati tra le macerie delle loro case. Molti di loro sono vittime innocenti dei bombardamenti, feriti, mutilati dalle schegge dei mortai, aggrappati alle madri mentre i padri combattono sul fronte e non sanno se li rivedranno o addirittura orfani in balia di chiunque tenda loro la mano, sfiniti, terrorizzati, separati dalle famiglie, addirittura deportati in Russia e inghiottiti nel nulla. Sono i bambini ucraini. Duemila anni dopo, Erode è tornato in Ucraina e sta allestendo il suo piano di miseria e di morte. Le cifre offerte dall’Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, sono semplicemente spaventose. In queste sei settimane dall’inizio dell’invasione russa, dei 7 milioni di bambini ucraini 4,5 milioni sono sfollati. Portano con sé poche cose, qualche gioco, un peluche, una bambola, dei lego, una macchinina per tentare di sfuggire con la mente alla realtà. Quelli rimasti nelle loro case sopravvivono vagando tra le mura nell’angoscia senza cibo, senza luce, senz’acqua, accuditi dalle madri o dai nonni. Alcuni finiscono vittime degli “effetti collaterali” di questa guerra. L’Unhcr ha quantificato al 22 di aprile 172 bambini uccisi e 229 feriti. La più grande tragedia europea dai tempi della Seconda guerra mondiale. Uno dei pericoli maggiori è rappresentato dalle organizzazioni criminali pronte ad adescare decine di migliaia di orfani in preda alla fame e al freddo che vagabondano dentro e fuori il Paese per avviarli verso adozioni illegali, sottoporli ad abusi, lavori forzati e prostituzione. Le denunce di sparizione, secondo i sindaci delle città ucraine, sono in aumento.
Milioni di minori hanno varcato i confini con le loro madri, uno al secondo, calcolano le agenzie internazionali per i diritti umani, a cominciare dall’Unicef. Manuel Fontaine, direttore dei programmi di emergenza dell’organizzazione, appena rientrato dall’Ucraina, assicura di non aver mai visto in oltre 30 anni di lavoro un esodo di questa portata in così poco tempo. «Le situazioni peggiori», ha spiegato all’Assemblea Onu, «sono quelle di Mariupol e Kherson, senza acqua, servizi sanitari, e dove il rifornimento di cibo e medicinali è stato interrotto». Non parliamo poi della chiusura delle scuole, che sta avendo un impatto drammatico sull’apprendimento e sul futuro di 5,7 milioni di bambini in età scolare e di 1,5 milioni di studenti che frequentano l’istruzione superiore, ha rilevato ancora Fontaine. «In sole sei settimane, circa due terzi di tutti i bambini ucraini sono stati sfollati. Sono stati costretti a lasciarsi tutto alle spalle: le loro case, le loro scuole e spesso i loro familiari». A preoccupare è anche la diffusa presenza dei residuati bellici esplosivi che espongono i minori a rischio di morte e mutilazioni orrende. L’Ucraina orientale era già uno dei tratti di terra più contaminati dalle mine al mondo anche prima della recente escalation. Ospedali, maternità, pediatrie, scuole e orfanotrofi sono sotto il fuoco delle armi pesanti, insieme ad abitazioni, rifugi e infrastrutture essenziali. A Mariupol, le condizioni sono ormai disumane e le sofferenze estreme, con tanti bambini, figli dei combattenti, che hanno vissuto settimane rinserrati negli scantinati delle acciaierie Azvostal, ultima roccaforte dell’esercito ucraino. Secondo Catherine Russell, direttore generale Unicef, «niente è al sicuro dagli attacchi e nulla è sacro. Scuole, asili, orfanotrofi, ospedali di maternità, sistemi idrici, centrali elettriche, teatri. Ora ordigni inesplosi e mine sono disseminati nelle comunità dove i bambini giocavano e andavano a scuola». Uno dei tanti crimini orrendi di questa situazione è costituito dalle deportazioni.
L’ambasciatore ucraino alle Nazioni Unite, Sergiy Kyslytsya, ha accusato la Russia di aver trasferito nel Paese con la forza 121 mila bambini ucraini. Dopodiché Mosca ha varato una legge per semplificare e accelerare le procedure di adozione. A Mariupol scompaiono i minori. Il gruppo per i diritti umani Crimean Human Rights denuncia che l’esercito russo ha portato via con la forza da Mariupol 150 bambini, 100 dei quali erano in ospedale perché malati e feriti. Lo riporta anche l’agenzia di stampa ucraina Ukrinform. Secondo Petro Andriushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol, citato dalla stessa Ukrinform, la maggior parte dei bambini è stata portata via dagli ospedali dove si trovava senza i genitori ma i bambini rapiti non sarebbero orfani perché «gli orfani, insieme allo staff degli orfanotrofi, sono stati evacuati da Mariupol il 24 e 25 febbraio». Di fronte a una tragedia collettiva immane qualcuno si mobilita per aiutare quest’infanzia perduta. Con l’aiuto di Olena Zelenska, moglie del presidente ucraino, e di Brigitte Macron, consorte del presidente francese, sono stati organizzati, per esempio, corridoi umanitari per portare in salvo i bambini malati di cancro.
Anche l’Italia fa la sua parte per soccorrere i bambini in fuga dalla guerra. Tra le organizzazioni impegnate c’è Weworld che difende i diritti delle donne e dei bambini in tutto il mondo: «Nella zona sud-occidentale ucraina distribuiamo cibo, acqua e beni di prima necessità per i profughi. In tutta la mia carriera non mi era mai capitato di assistere a questa marea umana di bambini in fuga dai confini ucraini. Lo stress che stanno vivendo è enorme. Non mi abbandona il ricordo di un bimbo di Mykolaiv incontrato a Resi, nella regione di Odessa, totalmente terrorizzato, che non si staccava dalla gonna della nonna. La nonna mi ha raccontato che era totalmente sotto shock perché è stato per tre giorni di fila in un bunker sotto terra mentre fuori c’erano i bombardamenti». Weworld ha allestito diversi Rac (acronimo di Refugee accomodation centers), ovvero centri di accoglienza, nelle zone di Odessa, Leopoli e in Moldavia. «Il 99 per cento dei profughi è costituito da donne con i loro figli. I minori hanno bisogno di sostegni psicologici, di momenti educativi e ludici. I nostri volontari, psicologi, educatori, assistenti sociali, sono al lavoro, ma il compito è davvero immane».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Francesco Anfossi 02/05/2022)