Il Papa: la fraternità è il vero rimedio
alle crisi e alle divisioni di oggi
Foto di gruppo con il Papa e il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede
Nell'udienza al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Francesco si sofferma sulle conseguenze sanitarie, economiche e sociali della pandemia. Sottolinea anche la necessità di fare presto per risolvere la crisi ambientale e sviscera le ragioni della persistente crisi politica in varie parti del mondo. Crisi che aumenta le disparità, le emergenze umanitarie ed i conflitti. Forte l'auspicio che il 2021 sia un anno di pace soprattutto in Siria, Yemen, Terra Santa
La pandemia come filo conduttore per una riflessione ampia e profonda sui mali del mondo e sulla crisi dell’uomo. E la medicina indicata in due parole chiave: fraternità e speranza che diventano le strade per ripartire e risanare un pianeta travolto dal virus dell’indifferenza e della noncuranza. Papa Francesco, nel discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ricorda che “l’anno da poco conclusosi ha lasciato dietro a sé un carico di paura, sconforto e disperazione, insieme con molti lutti. Esso ha posto le persone in una spirale di distacco e di sospetto reciproco e ha spinto gli Stati a erigere barriere”. Una crisi con ricadute globali perché contribuisce ad aggravare altre “crisi fortemente interrelate come quelle climatica, alimentare, economica e migratoria”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Essa ci ha messo in crisi, mostrandoci il volto di un mondo malato non solo a causa del virus, ma anche nell’ambiente, nei processi economici e politici, e più ancora nei rapporti umani. Ha messo in luce i rischi e le conseguenze di un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto e ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino.
Nella cura non domini la logica del profitto
Il Papa prende in esame ogni aspetto della crisi a partire da quella sanitaria, ribadendo il valore di ogni singola vita dal concepimento alla morte naturale ma constatando altresì che, “con il pretesto di garantire presunti diritti soggettivi, un numero crescente di legislazioni nel mondo appare allontanarsi dal dovere imprescindibile di tutelare la vita umana in ogni sua fase”. Francesco sottolinea l'importanza del diritto alla cura, la responsabilità di soccorre i poveri, gli emarginati, chiede soprattutto che non sia “la logica del profitto a guidare un campo così delicato quale quello dell’assistenza sanitaria e della cura”. Da qui il rinnovato appello alla responsabilità personale nella lotta al Covid-19 e ai governi perché i vaccini siano per tutti:
Esorto pertanto tutti gli Stati a contribuire attivamente alle iniziative internazionali volte ad assicurare una distribuzione equa dei vaccini, non secondo criteri puramente economici, ma tenendo conto delle necessità di tutti, specialmente di quelle delle popolazioni più bisognose.
La fragilità della terra
È questo il tempo di agire, poiché possiamo già toccare con mano gli effetti di una protratta inazione.
Le parole chiare del Pontefice guardano alla crisi ambientale, alla terra che proprio in tempo di pandemia ha mostrato quanto sia fragile e bisognosa di cure. La crisi ambientale richiede soluzioni a lungo termine e collaborazione internazionale per questo si guarda con fiducia alla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP26), prevista a Glasgow nel novembre prossimo.
La preoccupazione di Francesco è per l'eventuale sparizione di numerose isole dell’Oceano Pacifico e la possibilità che interi villaggi e tradizioni scompaiano. Ma anche per il Vietnam e le Filippine colpiti da pesanti inondazioni e per gli incendi in Australia e California dovuti al surriscaldamento globale.
Il dialogo in Sud-Sudan
Il Papa non dimentica l’Africa, il suo pensiero va al Burkina Faso, Mali e Niger, con milioni di persone che soffrono la fame, al rischio di carestia in Sud-Sudan dove “oltre un milione di bambini ha carenze alimentari, mentre i corridoi umanitari sono spesso ostacolati e la presenza delle agenzie umanitarie nel territorio viene limitata”.
Anche per far fronte a tale situazione è quanto mai urgente che le Autorità sud-sudanesi superino le incomprensioni e proseguano nel dialogo politico per una piena riconciliazione nazionale.
La “nuova rivoluzione copernicana” dell’economia
La riflessione di Francesco tocca poi i vari aspetti della crisi economica e sociale analizzandone le ricadute sulle piccole e medie imprese con la perdita del posto di lavoro, le difficoltà delle famiglie. Ricorda che la stessa crisi ha messo in luce un sistema basato “sullo sfruttamento e sullo scarto sia delle persone sia delle risorse naturali”, che si è persa di vista la solidarietà. E rilancia così il messaggio di Economy of Francesco.
Serve una sorta di “nuova rivoluzione copernicana” che riponga l’economia a servizio dell’uomo e non viceversa, «iniziando a studiare e praticare un’economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda.
È il richiamo a “non fare da sé”, a collaborare e condividere per questo il Papa ritiene “significativo” “lo stanziamento proposto dal piano Next Generation EU”, esempio del mettere insieme le risorse “in spirito di solidarietà”. Un obiettivo realmente accessibile.
Gli occhi distratti della società
L’altra faccia della medaglia della crisi economica è il mondo della disperazione che apre le porte al “lavoro nero o forzato, la prostituzione e varie attività criminali, tra cui la tratta delle persone”. Sono conseguenze di una mancanza di stabilità economica che portano all’usura e alla corruzione e a “tante altre ingiustizie che si consumano ogni giorno di fronte agli occhi stanchi e distratti della nostra società contemporanea”. Altro pericolo è il cybercrime che prende di mira le persone più vulnerabili, facili prede anche della pedopornografia.
Le emergenze umanitarie
Altro punto sul quale si sofferma il Papa riguarda l’inasprirsi delle emergenze umanitarie generate anche dall’isolamento e quindi dalla chiusura dei confini. “Penso particolarmente - afferma - al Sudan, dove si sono rifugiate migliaia di persone in fuga dalla regione del Tigray, come pure ad altri Paesi dell’Africa subsahariana, o alla regione di Cabo Delgado in Mozambico, dove tanti sono stati costretti ad abbandonare il proprio territorio e si trovano ora in condizioni assai precarie”. Nel cuore di Francesco anche lo Yemen e la Siria, “dove, oltre ad altre gravi emergenze, l’insicurezza alimentare affligge gran parte della popolazione e i bambini sono stremati dalla malnutrizione”. Tornando a ribadire la necessità di condonare il debito dei Paesi poveri, il Papa chiarisce che le crisi umanitarie spesso sono aggravate dalle sanzioni economiche.
Pertanto, pur comprendendo la logica delle sanzioni, la Santa Sede non ne vede l’efficacia e auspica un loro allentamento, anche per favorire il flusso di aiuti umanitari, innanzitutto di medicinali e di strumenti sanitari, oltremodo necessari in questo tempo di pandemia.
Non solo corridoi umanitari
Soffermandosi sull’aumento di migranti nel 2020, il Papa ricorda la pericolosità di certe rotte, l’aumento di respingimenti e il rimpatrio “in campi di raccolta e di detenzione, dove subiscono torture e violazioni dei diritti umani, quando non trovano la morte attraversando mari e altri confini naturali”. Confidando nella negoziazione del Nuovo Patto dell’Unione Europea sulla migrazione e l’asilo, che va sostenuta con volontà politica e impegno di tutte le parti in causa, serve - sottolinea - estirpare le cause dell’ingiustizia:
I corridoi umanitari, implementati nel corso degli ultimi anni, contribuiscono certamente ad affrontare alcune delle suddette problematiche, salvando numerose vite. Tuttavia, la portata della crisi rende sempre più urgente affrontare alla radice le cause che spingono a migrare, come pure esige uno sforzo comune per sostenere i Paesi di prima accoglienza, che si fanno carico dell’obbligo morale di salvare vite umane.
Di fronte all’aumento drammatico del numero di rifugiati, evidenzia il Papa, è necessario l’impegno a proteggerli affrontando anche la questione degli sfollati interni e di chi fugge da persecuzione e violenze.
La Santa Sede esprime la propria preoccupazione per la situazione degli sfollati in diverse parti del mondo. Mi riferisco anzitutto all’area centrale del Sahel, dove, in meno di due anni, il numero degli sfollati interni è aumentato di venti volte.
Il Myanmar
La crisi profonda per Papa Francesco ha radici nella crisi politica, con la crescita delle contrapposizioni e l’incapacità di trovare soluzioni comuni, mentre “lo sviluppo di una coscienza democratica esige che si superino i personalismi e prevalga il rispetto dello stato di diritto”. Il suo pensiero va al Myanmar, scosso da un colpo di Stato che ha interrotto il cammino del Paese verso la democrazia.
Esso ha portato all’incarcerazione di diversi leader politici, che auspico siano prontamente liberati, quale segno di incoraggiamento a un dialogo sincero per il bene del Paese.
Ricordando anche la crisi del multilateralismo, Francesco invita a guardare alla pandemia come all’occasione per riformare le organizzazioni internazionali “pensate per favorire la pace e lo sviluppo”, vincendo la reticenza che si incontra nei percorsi di cambiamento.
I segni di incoraggiamento
In questo scenario, il Papa guarda con speranza all’entrata in vigore “del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, come pure l’estensione per un ulteriore quinquennio del Nuovo Trattato sulla Riduzione delle Armi Strategiche (il cosiddetto New START) fra la Federazione Russa e gli Stati Uniti d’America”. Uno sforzo che andrebbe intensificato anche riguardo alle armi chimiche e quelle convenzionali. “Troppe armi - afferma - ci sono nel mondo”.
Il 2021 anno della pace
Cresce dunque l’esigenza della pace soprattutto in quegli scenari dove ancora si combatte:
Come vorrei che il 2021 fosse l’anno in cui si scrivesse finalmente la parola fine al conflitto siriano, iniziato ormai dieci anni fa!
Da qui l’appello per “un rinnovato interesse” della comunità internazionale ad affrontare “con coraggio” le cause del conflitto, cercando soluzioni attraverso le quali tutti, “indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, possano contribuire come cittadini al futuro del Paese”. Nel cuore del Papa c’è la Terra Santa e anche qui l’invito alla comunità internazionale perché favorisca il dialogo tra le parti, “senza pretendere di dettare soluzioni che non abbiano come orizzonte il bene di tutti”.
Poi il Libano, dove si rischia il fallimento del Paese con conseguenze di possibili derive fondamentaliste, dove ancora si rischia di perdere la propria identità unica, che invece assicura “un Medio Oriente plurale, tollerante e diversificato, nel quale la presenza cristiana – afferma il Papa - possa offrire il proprio contributo e non sia ridotta a una minoranza da proteggere”.
I cristiani costituiscono il tessuto connettivo storico e sociale del Libano e ad essi, attraverso le molteplici opere educative, sanitarie e caritative, va assicurata la possibilità di continuare a operare per il bene del Paese, del quale sono stati fondatori. Indebolire la comunità cristiana rischia di distruggere l’equilibrio interno e la stessa realtà libanese. In quest’ottica va affrontata anche la presenza dei profughi siriani e palestinesi.
La pace auspicata dal Papa è anche per la Libia e per la speranza generata dal recente “Forum del dialogo politico libico”, tenutosi in Tunisia nel novembre scorso sotto l’egida delle Nazioni Unite. Pace pure per la Repubblica Centrafrica e in generale per l’America Latina, attraversata da profonde disuguaglianze, ingiustizie e povertà, “che offendono la dignità delle persone”. “Seguo con particolare attenzione - prosegue Francesco - il deterioramento dei rapporti nella Penisola coreana, culminato con la distruzione dell’ufficio di collegamento inter-coreano a Kaesong”, ma anche la situazione nel Caucaso meridionale con minacce alla stabilità dell’intera regione.
Altra ferita è quella del terrorismo, un “male” che ha investito ogni parte del mondo: dagli Stati Uniti all’Africa subsahariana, ma anche Asia e Europa e con molti luoghi di culto colpiti.
A tale riguardo, vorrei sottolineare che la protezione dei luoghi di culto è una conseguenza diretta della difesa della libertà di pensiero, di coscienza e di religione ed è un dovere per le Autorità civili, indipendentemente dal colore politico e dall’appartenenza religiosa.
La “catastrofe educativa”
Il Papa non nasconde che la pandemia ha provocato un profondo disagio tra i giovani, costretti all’isolamento e alcuni ancora più messi in disparte per l’impossibilità di accedere alle piattaforme educative. Un ritardo anche dal punto di vista dello sviluppo pedagogico. Necessario rilanciare il Patto globale educativo:
Assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”, davanti alla quale non si può rimanere inerti, per il bene delle future generazioni e dell’intera società. «Oggi c’è bisogno di una rinnovata stagione di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società», poiché l’educazione è «il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell'io e nel primato dell’indifferenza. Il nostro futuro non può essere la divisione, l’impoverimento delle facoltà di pensiero e d’immaginazione, di ascolto, di dialogo e di mutua comprensione».
Nell’isolamento alcune famiglie si sono riunite, altre allontanate e in diversi casi è esplosa la violenza contro le donne, le vittime - afferma il Papa - vanno supportate ed è compito delle autorità pubbliche e civili.
Libertà di religione
La pandemia ha limitato anche la dimensione del culto e le attività educative e caritative ma - rimarca Francesco - la dimensione religiosa costituisce un aspetto fondamentale della personalità umana e della società, che non può essere obliterato. “La libertà di culto non costituisce peraltro un corollario della libertà di riunione, ma deriva essenzialmente dal diritto alla libertà religiosa, che è il primo e fondamentale diritto umano”.
Infine il Pontefice rivolge un pensiero affettuoso all’Italia, il primo Paese in Europa colpito duramente dalla pandemia, esortando i suoi cittadini a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà, “ma a lavorare unito per costruire una società in cui nessuno sia scartato o dimenticato”.
L’anno della fraternità
Papa Francesco conclude il suo discorso con un invito a percorrere nuove vie di solidarietà e comunione per l’intera famiglia umana.
Il 2021 è un tempo da non perdere. E non sarà sprecato nella misura in cui sapremo collaborare con generosità e impegno. In questo senso ritengo che la fraternità sia il vero rimedio alla pandemia e ai molti mali che ci hanno colpito. Fraternità e speranza sono come medicine di cui oggi il mondo ha bisogno, al pari dei vaccini.
Il 2020 dell'attività diplomatica della Santa Sede
Sono 183 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ad essi vanno aggiunti l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Le Cancellerie di Ambasciata con sede a Roma, incluse quelle dell’Unione Europea e del Sovrano Militare Ordine di Malta, sono 88. Hanno sede a Roma anche gli Uffici della Lega degli Stati Arabi, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Nel corso del 2020, il 12 ottobre, è stato firmato il Settimo Accordo Addizionale fra la Santa Sede e la Repubblica Austriaca alla Convenzione per il Regolamento di Rapporti Patrimoniali, del 23 giugno 1960. Inoltre, sono stati ratificati i seguenti Accordi: il 17 gennaio, l’Accordo-Quadro tra la Santa Sede e la Repubblica Democratica del Congo, firmato il 20 maggio del 2016, e il 7 settembre, l’Accordo sullo statuto giuridico della Chiesa Cattolica in Burkina Faso, firmato il 12 luglio 2019. Il 17 giugno, la Santa Sede ha ratificato, a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, l'Emendamento di Kigali al Protocollo di Montreal sulle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono, al quale aveva aderito il 5 maggio 2008. Infine, il 22 ottobre la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese hanno concordato di prolungare, per altri due anni, la validità dell'Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi in Cina, firmato a Pechino nel 2018.
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