Edificare la pace esige anche che si eliminino le cause che fomentano guerre.
La prima causa sono le ingiustizie...
Il dialogo è l’unica via per garantire la sicurezza e lo sviluppo anche in Europa
Papa Francesco
Vaticano, Sala Regia
Lunedì, 9 gennaio 2017
Papa Francesco riceve in udienza
il Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede,
per lo scambio di auguri di inizio anno.
"... Se per molti oggi la pace sembra, in qualche modo, un bene scontato, quasi un diritto acquisito a cui non si presta più molta attenzione, per troppi essa è ancora soltanto un lontano miraggio. Milioni di persone vivono tuttora al centro di conflitti insensati. Anche in luoghi un tempo considerati sicuri, si avverte un senso generale di paura. Siamo frequentemente sopraffatti da immagini di morte, dal dolore di innocenti che implorano aiuto e consolazione, dal lutto di chi piange una persona cara a causa dell’odio e della violenza, dal dramma dei profughi che sfuggono alla guerra o dei migranti che periscono tragicamente.
Vorrei perciò dedicare l’incontro odierno al tema della sicurezza e della pace, poiché nel clima di generale apprensione per il presente e d’incertezza e di angoscia per l’avvenire, nel quale ci troviamo immersi, ritengo importante rivolgere una parola di speranza, che indichi anche una prospettiva di cammino.
Proprio alcuni giorni fa abbiamo celebrato la 50a Giornata Mondiale della Pace, istituita dal mio beato Predecessore Paolo VI «come augurio e come promessa – all’inizio del calendario che misura e descrive il cammino della vita umana nel tempo – che sia la Pace con il suo giusto e benefico equilibrio a dominare lo svolgimento della storia avvenire»[2]. Per i cristiani, la pace è un dono del Signore, acclamata e cantata dagli angeli al momento della nascita di Cristo: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14). Essa è un bene positivo, «il frutto dell’ordine impresso nella società umana»[3] da Dio e «non la semplice assenza della guerra»[4]. Non può «ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse»[5], piuttosto esige l’impegno di quelle persone di buona volontà che «aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più perfetta»[6].
I nemici della pace
Edificare la pace esige anche che si eliminino le cause che fomentano guerre. La prima causa sono le ingiustizie. Le disuguaglianze che provocano discordie. Inevitabilmente perciò la pace passa attraverso lo sviluppo e nel creare condizioni per una più equa distribuzione delle risorse e opportunità di lavoro. Il Papa fa riferimento a quanti egoisticamente sono oggi trascurati e dimenticati soprattutto i bambini e i giovani che subiscono le conseguenze dei conflitti e sono vittime del lavoro clandestino e schiavo, della prostituzione o degli abusi degli adulti, dei banditi e dei mercanti di morte».
«Nemica della pace – afferma Francesco – è una “visione ridotta” dell’uomo, che presta il fianco al diffondersi dell’iniquità, delle disuguaglianze sociali, della corruzione». Altra nemica della pace «è l’ideologia che fa leva sui disagi sociali per fomentare il disprezzo e l’odio e che vede l’altro come un nemico da annientare». Purtroppo – dice il Papa – sempre nuove forme ideologiche si affacciano mascherandosi come portatrici di bene per il popolo e lasciano invece dietro di sé povertà, divisioni, tensioni sociali e morte. L’elenco delle cause prosegue con il «deprecabile commercio delle armi e la continua rincorsa a diffondere armamenti sempre più sofisticati. Sconcertano – dice – gli esperimenti condotti nella penisola coreana. Non ultimo – afferma il Papa – edificare la pace significa anche adoperarsi attivamente per la cura del creato.
La questione migratoria
«Occorre un impegno comune – dice papa Francesco – nei confronti di migranti, profughi e rifugiati, che consenta di dare loro un’accoglienza dignitosa. Ciò implica saper coniugare il diritto di ogni essere umano di immigrare e nello stesso tempo di garantire l’integrazione dei migranti nei tessuti sociali in cui si inseriscono, senza che questi sentano minacciata la propria sicurezza, la propria identità culturale e i propri equilibri politico-sociali. D'altra parte, gli stessi migranti non devono dimenticare che hanno il dovere di rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti». Un «approccio prudente» da parte delle autorità pubbliche non comporta – spiega – «politiche di chiusura verso i migranti», anche se i governanti sono chiamati «a valutare con saggezza» fino a che punto il proprio Paese è in grado, «senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione». E afferma che non si può ridurre la crisi attuale a «un semplice conteggio numerico», perché i migranti «sono persone, con nomi, storie, famiglie e non potrà mai esserci vera pace finché esisterà anche un solo essere umano che viene violato nella propria identità personale e ridotto ad una mera cifra statistica o ad oggetto di interesse economico». Per Francesco è necessario non lasciar soli i Paesi che rispondono all’emergenza perche «è una questione che non può lasciare alcuni Paesi indifferenti, mentre altri sostengono l’onere umanitario» di «un’emergenza che non sembra aver fine». Solo – così afferma il Papa – si potranno costruire società aperte e accoglienti verso gli stranieri e, nello stesso tempo, sicure e in pace al loro interno.
Europa, Africa e Medioriente
Guardando alle situazioni internazionali di grave crisi, Francesco afferma che «nessun conflitto può diventare un’abitudine dalla quale sembra quasi che non ci si riesca a separare. Tutto il Medio Oriente ha urgente bisogno di pace! Israeliani e palestinesi hanno bisogno di pace». La Santa Sede – afferma il Papa – rinnova il suo pressante appello affinché riprenda il dialogo fra israeliani e palestinesi perché si giunga ad una soluzione stabile e duratura che garantisca la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini internazionalmente riconosciuti. Francesco auspica «la piena attuazione degli accordi volti a ristabilire la pace in Libia» e «ogni sforzo a livello locale e internazionale per ripristinare la convivenza civile in Sudan, in Sud Sudan e nella Repubblica Centroafricana», chiedendo anche alle autorità politiche in Congo di «favorire la riconciliazione e il dialogo fra tutte le componenti della società civile».
Il dialogo è l’unica via per garantire la sicurezza e lo sviluppo anche in Europa. L’Europa – spiega Francesco – «sta attraversando un momento decisivo della sua storia, nel quale è chiamata a ritrovare la propria identità». Deve «riscoprire le proprie radici per poter plasmare il proprio futuro e di fronte alle spinte disgregatrici, è quanto mai urgente aggiornare “l’idea di Europa” per dare alla luce un nuovo umanesimo basato sulle capacità di integrare, di dialogare e di generare, che hanno reso grande il Vecchio Continente». Il processo di unificazione europea «è stato e continua ad essere un’occasione unica di stabilità, di pace e di solidarietà tra i popoli».
Santa Sede: sempre pronti a mettere fine ai conflitti
Francesco afferma che «la pace si conquista con la solidarietà». Da qui nasce «la volontà di dialogo e la collaborazione, che trova nella diplomazia uno strumento fondamentale». In questa prospettiva si colloca l’impegno convinto della Santa Sede e della Chiesa cattolica nello scongiurare i conflitti o nell’accompagnare processi di pace, di riconciliazione e di ricerca di soluzioni negoziali, come dimostrano gli sforzi compiuti nell’ultimo biennio da la ripresa dei rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Cuba, alla riconciliazione in Colombia, agli impegni per la pacificazione in Venezuela.
Il Papa definisce infine la pace come «dono, sfida e impegno». È una sfida «perché è un bene che non è mai scontato e va continuamente conquistato». Un impegno «perché esige l’opera di ogni persona di buona volontà nel ricercarla e costruirla». Riprendendo la Populorum Progressio di Paolo VI ricorda che «non c’è vera pace se non a partire da una visione dell’uomo che sappia promuoverne lo sviluppo integrale, perché “lo sviluppo è il nuovo nome della pace”».
Per l’anno appena iniziato, il Papa quindi auspica che possano crescere le occasioni per lavorare insieme e costruire una pace autentica e afferma che «da parte sua, la Santa Sede, e in particolare la Segreteria di Stato, sarà sempre disponibile a collaborare con quanti si impegnano per porre fine ai conflitti in corso e a dare sostegno e speranza alle popolazioni che soffrono».
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