In realtà, del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, 59 anni, oggi si sa poco o nulla. «Davanti alla tragedia di una terra che ogni giorno registra sofferenza e lutti, davanti al dramma di chi scappa dagli orrori del conflitto ci siamo chiesti se non era meglio tacere, per rispetto del calvario altrui, o se parlare, una volta almeno, per condividere quello che proviamo», confida Cecilia Dall’Oglio, 46 anni, la sorella più giovane. «Ci siamo risposti che sì, era giusto condividere il dono ricevuto, quello della fede, esattamente come hanno fatto all’imbrunire di Pasqua i discepoli di Emmaus, una pagina della Scrittura non a caso scelta un anno fa da Paolo e i miei per il nostro speciale incontro di famiglia».
Disorientamento e dolore graffiano l’animo. Sarebbe disumano il contrario. Un fratello, Pietro Dall’Oglio, ha cercato risposte componendo un rap, Abuna Paolo, Padre Paolo, e postandolo, come si dice nel gergo digitale, in Internet su You Tube. «Poesia, cultura e impegno a volte son le chiavi giuste», canta: «Forse hai paura lì da solo, chissà che cosa pensi, i tuoi silenzi sono per noi misteri,i tuoi ricordi vanno e vengono profondi tra i pensieri».«Io posso parlare di nostro padre e nostra madre», riprende Cecilia. «Papà tiene una fotografia di Paolo sul comodino e spesso anche sulle gambe. Sopra,appoggia una corona del rosario. Una volta, era un venerdì di Quaresima, gli ho passato soltanto la foto. “No, no,dammi anche il rosario per favore”, mi ha detto, “è parte integrante, non vanno mai disgiunti”».
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