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lunedì 12 maggio 2014

«Dono e perdono. Per un’etica della compassione» - Lectio magistralis di Enzo Bianchi e intervista a "Uomini e profeti"

Lectio magistralis di Enzo Bianchi in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro «Dono e perdono. Per un’etica della compassione» - (Sabato 10 maggio, ore 17, Auditorium Giovanni Agnelli Salone del libro Torino)

La danza del dono per cambiare il mondo
Nella gratuità c’è il riconoscimento dell’altro, lo si celebra indipendentemente dai suoi meriti

Una domanda attraversa la riflessione contemporanea sul dono: c’è ancora posto per questa realtà nell’economia del mercato globale? Il dono riesce a essere eloquente per i cittadini, oggi tutti prostrati di fronte all’idolo del libero mercato, oppure è circoscritto alla sfera privata e può essere praticato solo dall’individuo come gratuità, generosità personale? Oggi viviamo in una società che crede di essere un mercato, soltanto un mercato, nel quale non c’è posto per l’arte del donare, perché regna il primato assoluto della libertà dello scambio. La fiducia va tutta al mercato, e di fronte a situazioni di ingiustizia e di grave disuguaglianza si ricorre alla filantropia, alle azioni che tendono a una giustizia distributiva. 
Perché invece non mettere fiducia nel donare? Il dono possiede infatti un’efficacia profetica, essendo capace di innestare una dinamica nella quale il donare può causare nell’altro la capacità di dare a sua volta agli altri. Siamo tutti testimoni di come a volte si operi un sorprendente ribaltamento: quello che a prima vista sembrerebbe il pensiero dominante – il cinismo del mercato, la ricerca del proprio interesse, il pensare a cavarsela a dispetto degli altri, il monetizzare ogni attività, il pesare gli altri in base alla ricchezza posseduta... – lascia talvolta spazio alla gratuità, al prevalere del bene comune sul vantaggio personale, con un effetto di salutare contagio. 
Il dono deve trovare posto e pratica anche nell’economia e nella politica, ma a patto che si riconosca come fondamento della società la fraternità, che ha sempre il bene comune quale obiettivo a cui tendere per essere realizzata...

Dono, perdono, compassione: tre parole che possono apparire svuotare, se non addirittura false, prive di spessore e di incidenza sulla vita reale delle persone se non vengono rianimate, ricontestualizzandole nel solco delle tradizioni in cui nascono, e ponendole in tensione con il contesto del mondo contemporaneo. Questo il lavoro compiuto da Enzo Bianchi, in un suo lavoro recente, e che ripropone oggi a Uomini e Profeti, partendo dalle “perversioni” che ciascuna di queste parole può contribuire a mascherare, e cercando invece di riscoprirne l’autentico vigore. Si scoprirà allora che il “dono” implica una dinamica di libertà e di desiderio che può innescare comportamenti positivi anche nel tessuto sociale. Che il “perdono” non significa dimenticare il male subito, ma avviarlo a guarigione. Che la “compassione” non è un sentimento pietoso, ma un modo di condividere la comune debolezza degli esseri umani. Da strumenti della relazione individuale possono così diventare vie percorribili anche nel tessuto malato della nostra società.

Donare è spontaneità e gratuità. La danza del dono non prevede contraccambio. «Io do perché tu dia agli altri». E il perdono è la via difficile di chi, senza dimenticare, nel dolore e nella discrezione, cambia se stesso. Perdonare è donare totalmente.
Guarda la scheda del libro «Dono e perdono»