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giovedì 13 ottobre 2011

Giustizia - carcere - dignità

Quando si pensa al carcere siamo portati a far emergere la sua caratteristica relativa alla ‘giustizia’, rilevandone una visione piuttosto istituzionale staccata dalla relazione verso la persona. La vita per ogni uomo è un percorso non predeterminato, ma in continua evoluzione, a seconda delle proprie scelte più o meno consapevolmente giuste o sbagliate. Nessuno può dire che la propria vita si svolga a tempo indeterminato riguardo alle scelte che quotidianamente opera. Nessuno può dire di rimanere per tutta la vita sulla retta via, né di rimanere per sempre sulla via sbagliata. 
Il Papa, parlando ai giovani, durante il viaggio in Germania, ha detto queste illuminate parole: «Cristo non si interessa tanto a quante volte vacillate e cadete, bensì a quante volte vi rialzate».
Prima del papa, Gesù, inaugurando la sua predicazione nella sinagoga di Nazareth affermò – citando le parole del profeta Isaia – di essere stato mandato per proclamare ai prigionieri la liberazione e per rimettere in libertà gli oppressi. Concludendo poi con queste sue parole: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura!» (Lc 4,16-21).Uno sguardo all'oggi della Chiesa ci permette di notare – sul tema del ‘carcere’ e non solo – un traghettamento troppo silenzioso di questo messaggio evangelico.
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Nelle disastrate carceri italiane a mancare non è più solo la legalità degna di uno Stato democratico, ma anche il cibo: è quanto si legge in una circolare choc emanata la scorsa settimana dal Dap, in cui si apprende che cominciano a mancare i soldi per l'acquisto del “rancio” ai detenuti. L'allarme è partito dalla direzione penitenziaria del carcere Dozza di Bologna (1200 detenuti in 450 posti letto), davanti al quale si è tenuto, sabato scorso, un presidio organizzato dal Sappe per protestare contro le condizioni di lavoro e di vita dentro la struttura emiliana. “I fondi per il vitto quotidiano (3.65 euro pro capite al giorno per detenuto per colazione, pranzo e cena) sono praticamente esauriti”, ma i problemi economici sono evidenti per ogni nota di spesa ordinaria: benzina per gli automezzi (che significa rinuncia, per il detenuto, alla presenza nelle aule dibattimentali), materiali di pulizia, cibo ed acqua, “per non parlare delle somme che l'Amministrazione deve al personale di polizia penitenziaria da circa diciotto mesi”.
Leggi tutto: Carceri: niente soldi, niente cibo

Oltre 1200 detenuti del carcere di Regina Coeli sono costretti a dormire in 6 o 8 in celle che dovrebbero contenerne giusto la metà.
A volte costretti a sacrificarsi su materassi gettati in terra in locali destinati alla socialità, con soli 20 minuti di aria al giorno a loro disposizione. Qualche volta, invece, i 1200 detenuti restano senza mangiare e con rischio di epidemia per il solito e ricorrente problema, quello che oramai si può definire “comun denominatore” delle carceri italiane: il sovraffollamento.
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Oltre 21 mila persone in più rispetto a quanto possono ospitare. Il sovraffollamento degli istituti penitenziari da oggi è un numero preciso. Lo dicono gli ultimi dati del Dap, aggiornati al 30 settembre scorso. I detenuti presenti nelle carceri italiane sono67.428, di cui 2.877 donne. Gli stranieri sono 24.401. La capienza regolamentare dei 206 istituti di pena italiani è però di 45.817 detenuti. Il sovraffollamento è dunque di 21.611 detenuti. 
Leggi tutto: CARCERE. Quasi 22mila i detenuti di troppo

Dall’inizio dell’anno sono 146 i «morti di carcere»: lo segnala il sito Ristretti orizzonti, che si occupa con tenacia e competenza dei problemi delle prigioni italiane. Sul totale, 50 sono i detenuti che si sono suicidati, 1 è stato ucciso (il 24 enne Abbedine Kemal, pestato nel carcere di Opera il 23 giugno scorso da persone non ancora identificate e poi deceduto in ospedale per le ferite riportate), 29 sono morti per cause da accertare e i restanti 66 per cause naturali.
Leggi tutto: Dall’inizio dell’anno sono 146 i «morti di carcere». Una vergogna senza fine

Lei è una donna timida e forte. Dirige un carcere preso in eredità da un precedente direttore condannato per violenza sessuale ai danni delle detenute, la forza non può mancarle. Ci siamo conosciute nel corso delle mie visite nelle carceri insieme al consigliere Matteo Rossi (Sel) e da subito si è dimostrata disponibile e attiva.
Organizza in carcere qualunque attività possibile e lecita coi pochi mezzi e i pochi uomini che l’amministrazione penitenziaria mette a disposizione e non si vergogna a chiedere quello di cui ha bisogno per, come dice Lei, “fare stare bene” i detenuti. Già, fare stare bene. Perché la pena da infliggere non è fare soffrire i carcerati, la pena è un’altra cosa. La pena è già la peggiore di tutte, la privazione della libertà, è vedere il mondo a sbarre lontano da affetti e legami contando i giorni, ma non deve essere l’annientamento della personalità.
Quello a cui stiamo assistendo impotenti (mentre i potenti assistono indifferenti) negli ultimi anni, ovvero celle di pochi metri quadri condivise con altre otto o nove persone, letti a castello a tre piani da dove se cadi muori, attività trattamentali inesistenti per carenza del personale penitenziario che non può scortare i detenuti, mentre tra detenuti e guardie cresce ogni giorno il numero delle vittime.
Questa non è la pena, che dovrebbe per Costituzione mirare alla rieducazione del detenuto, questo è il fallimento del sistema carcerario.

VIDEO SHOCKANTE DALLE CARCERI IMMAGINI E INTERVISTE - PRIMA PARTE


IMMAGINI SHOCK DELLE CARCERI DOCUWEB CON INTERVISTE ESCLUSIVE - 2 PARTE