Francesco ai dipendenti vaticani:
nessuno deve perdere il lavoro
Nell’udienza per gli auguri di Natale Francesco ricorda a quanti lavorano per la Santa Sede le difficoltà economiche provocate dalla pandemia ed esorta a venirsi incontro per mettere alle spalle le criticità del momento. Questo “è un tempo che stanca”, il Natale faccia riscoprire la “gioia contagiosa” della testimonianza
Un appuntamento consueto e atteso per i dipendenti dello Stato della Città del Vaticano. Gli auguri di Natale del Papa sono un momento di abbraccio, di sprone e di conforto per molti soprattutto in questo tempo di pandemia. Francesco, nell’udienza in Aula Paolo VI, prende spunto proprio dall’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, non nascondendo le fatiche per le famiglie e per la Santa Sede ma esortando a superare insieme il momento difficile. La strada è quella di camminare accanto: (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Si tratta di ottemperare le legittime esigenze di voi dipendenti e quelle della Santa Sede: dobbiamo venirci incontro reciprocamente e andare avanti nel nostro lavoro comune, ma sempre … i nostri collaboratori e voi, che lavorate nella Santa Sede, sono, siete la cosa più importante: nessuno va lasciato fuori, nessuno deve lasciare il lavoro.
Il Papa sottolinea gli sforzi che il Governatorato e la Segreteria di Stato stanno facendo per non lasciare indietro nessuno perché "nessuno va licenziato, nessuno deve soffrire l'effetto brutto economico di questa pandemia". Non c’è una formula magica, dice, ma l’impegno comune a continuare nel reciproco aiuto:
Ma tutti, tutti insieme dobbiamo lavorare di più per aiutarci a risolvere questo problema che non è facile, perché voi sapete: qui, sia nel Governatorato, sia nella Segreteria di Stato, non c’è Mandrake… non c’è la bacchetta magica, e dobbiamo cercare le vie per risolvere questo e con buona volontà, tutti insieme, lo risolveremo. Aiutatemi in questo e io aiuto voi, e tutti insieme ad andare avanti, come una stessa famiglia. Grazie
La nuova luce del Natale
Sempre la pandemia getta una nuova luce sul Natale che è festa di gioia. Il Papa richiama la figura dei pastori che andarono verso Gesù, un percorso che anche noi siamo chiamati a compiere:
Dobbiamo andare anche noi a Gesù: scuoterci dal nostro torpore, dalla noia, dall’apatia, dal disinteresse e dalla paura, specialmente in questo tempo di emergenza sanitaria, nel quale si fa fatica a ritrovare l’entusiasmo della vita e della fede.
Francesco e un bambino in Aula Paolo VI
Riscoprire Gesù vivo
Sono proprio i pastori a suggerire a Francesco tre atteggiamenti da imitare. Il primo è quello di riscoprire la nascita del Figlio di Dio, “il più grande avvenimento della storia”, di cui ancora oggi si parla perché Lui è vivo, anche se “maltrattato” e “sporcato” dalla vita di tanti cristiani:
Sono passati venti secoli e Gesù è più vivo che mai – e anche più perseguitato, tante volte; anche più sporcato dalla mancanza di testimonianza di tanti cristiani. Sono passati venti secoli. E quelli che si allontanano da Lui, con il loro comportamento, danno un’ulteriore testimonianza a Gesù: senza di Lui l’uomo precipita nel male: nel peccato, nel vizio, nell’egoismo, nella violenza, nell’odio. Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi: ecco l’avvenimento che dobbiamo riscoprire.
Contemplare la misericordia di Dio
Il secondo atteggiamento è quello della contemplazione di Gesù. Il Papa ricorda Maria che “conservava nel cuore, meditava” ed è meditando che si incontra la misericordia, “un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo”, come scriveva San Paolo. Una bontà che ha il volto di un bambino, da contemplare nel presepe, perché guardandolo si scopre la misericordia di Dio:
In Gesù Bambino Dio si mostra amabile, pieno di bontà, di mansuetudine. Chi non si sente mosso da tenerezza di fronte a un piccolo bambino? Veramente un Dio così possiamo amarlo con tutto il cuore. Dio manifesta la sua bontà per salvarci. E che cosa significa essere salvati? Significa entrare nella vita stessa di Dio, divenire figli adottivi di Dio mediante il battesimo. Questo è il grande significato del Natale: Dio si fa uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio.
Il saluto del Papa
Annunciare con gioia
I pastori tornarono indietro, “glorificando e lodando Dio”. L’incontro con Gesù cambia e per questo il Papa ricorda che “il Natale passa” ma è necessario “tornare alla vita in famiglia, al lavoro, trasformati, portare il lieto annunzio al mondo” con la Parola e la testimonianza, “soprattutto con la gioia e la serenità che ci viene dalla fede e dall’amore: gioia e serenità nonostante tutto, al di sopra di tutto”. “Le difficoltà e le sofferenze – spiega il Papa - non possono oscurare la luce del Natale, che suscita una gioia intima che nulla e nessuno può toglierci”.
L’invito di Francesco, che rinnova il suo ringraziamento per il lavoro dei dipendenti, è di essere contagiosi nella gioia perché fa bene alla vita e al lavoro:
Tanti di voi sono un esempio per gli altri: lavorano per la famiglia, con uno spirito di servizio alla Chiesa e sempre con la gioia che viene dalla consapevolezza che Dio è sempre tra di noi, è il Dio-con-noi. E non dimenticatevi: la gioia è contagiosa. La gioia è contagiosa, e fa bene all’intera comunità lavorativa. Così come, per esempio, la tristezza che viene dal chiacchiericcio è brutta e tira giù. La gioia è contagiosa e fa crescere. Siate gioiosi, e siate testimoni di gioia! E di cuore, Buon Natale a tutti.
(fonte: Vatican News, articolo di Benedetta Capelli 21/12/2020)
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