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domenica 3 marzo 2019

Una provocazione di don Marcello Farina: una domenica senza messa per solidarietà e come protesta estrema contro un sopruso



“Sciopero della messa” per le profughe respinte 

Per i cristiani è venuto il momento di alzare la voce. Di non schierarsi dalla parte dei farisei, ma di avere il coraggio di dire che il re è nudo, che non si può tollerare la deportazione di 24 profughe nigeriane che a Lavarone hanno trovato lavoro, relazioni e speranza di futuro, solo perché lo ha deciso un governatore leghista. 
E don Marcello Farina, che ci ha abituato a sentir dire le cose più scomode e forti dalla sua voce esile e lieve, ieri in Ss.Trinità la voce l’ha alzata, eccome, quando ha lanciato la proposta che per una domenica tutte le chiese trentine restino chiuse per solidarietà con quelle donne che cercano riscatto. E per protesta contro un sopruso che non va lasciato passare. 
I fedeli hanno risposto con un applauso, di quelli che tra le mura di un edificio sacro è raro sentire. 

Come era successo pochi giorni fa, quando durante una lezione all’Università della terza età, a don Marcello - racconta lui stesso quasi timidamente- era “scappata” la stessa invettiva. Ma ieri in chiesa aveva un significato più forte. 

Il Vangelo di Luca e l’ipocrisia della Chiesa Davanti a un centinaio di fedeli, molti dei quali aficionados della “messa del sabato sera con don Marcello” alle 18.45, il sacerdote prende spunto dal Vangelo di Luca e dalla parabola di chi guarda la pagliuzza nell'occhio dell’altro senza accorgersi della trave che è nel suo, per concludere l’omelia in modo dirompente: 
«Mi permetto di condividere con voi un pensiero di cui mi assumo tutta la responsabilità», esordisce. «Proprio pensando al Vangelo di oggi, a questo invito a liberarci dall’ipocrisia. Non vi sembra che molte volte il non partecipare dal vivo alla storia delle donne e degli uomini, per potere in qualche modo non avere controversie, sia per la Chiesa di oggi una vera ipocrisia? C’è tanta lamentela tra la gente anche per questo buttar via le persone, mettendole ai margini e togliendo loro ciò che gli serve per vivere. Perché allora, se mandano via le 24 donne di Lavarone, una comunità cristiana che celebra l’eucaristia per indicare l’unità, la vicinanza ai poveri, non chiede al vescovo che per una domenica tutte le chiese restino chiuse? Che non si dica messa, per solidarietà con queste persone?» 

Rompere il silenzio Don Marcello Farina come don Luigi Ciotti vuole rompere il silenzio dell’indifferenza: «La comunità cristiana - continua nell’omelia - non può sempre tacere, assecondare, far finta di niente. Non bastano presepe e crocifisso per essere cristiani». Poi conclude: «Vi chiedo scusa della mia franchezza » e scoppia un applauso spontaneo. Lungo e fragoroso. 

In sacrestia il sacerdote spiega con ancor più chiarezza il suo pensiero: «Perché i cristiani devono accettare supinamente le decisioni della politica? Se la Provincia di Trento governata dalla Lega decide di mandar via le 24 ragazze di Lavarone, che sono in una condizione positiva di accoglienza, mi sembrerebbe bello che la comunità cristiana, con il vescovo, potesse proporre che per una domenica in tutte le parrocchie del Trentino non si dicesse messa. È la forma estrema di protesta e dissenso di una comunità, di fronte a un sopruso, a un’autentica violenza». 

Partire dalla base dei fedeli 

Una proposta - precisa Farina - «di cui ho parlato solo con un altro prete e ho condiviso poi alla Terza età dove ho fatto un exploit imprevisto – sorride -. Stavo spiegando Buber e l’alterità, l’altro da accogliere, e ho detto: se mi capitasse, io penso che farei così. Mi hanno battuto le mani». 
A messa quella di ieri era invece la “prima” assoluta. «Ho letto il disagio del parroco di San Marco di Rovereto che vede questa situazione sempre più decadente e ho pensato a un gesto significativo che ci coinvolga tutti… Visto che il centro non si muove... Non voglio sovrappormi al vescovo, ma lanciare l’idea che la comunità cristiana, dalla base, dia un segnale che è il più significativo possibile. Anche simbolicamente: la messa è l’eucarestia, la cena, la condivisione… Che pane si spezza insieme se alcune persone vengono violentemente portate via?»
(fonte: articolo di Luca Marognoli in “Trentino” del 3 marzo 2019)




La struttura di Lavarone che al momento accoglie 24 donne richiedenti asilo chiuderà presto i battenti. La decisione rientra nella progressiva dismissione di buona parte degli alloggi che si trovano nelle valli, voluta dalla giunta Fugatti. La scelta appare definitiva ma tempi precisi non ce ne sono: stando a quanto trapela, il trasferimento delle donne accolte potrebbe avvenire già nel corso di questo mese, al massimo entro aprile. 

L’indicazione è che queste donne, quasi tutte provenienti dalla Nigeria, vengano ricollocate nel capoluogo, dove dovrebbero essere poi divise e smistate in diverse strutture e alloggi presenti in città. Un aspetto controverso, questo, perché, come ha confermato anche il sindaco di Lavarone Isacco Corradi, circa metà delle ragazze accolte nell’edificio di proprietà delle suore elisabettine, lavora attualmente in alcuni alberghi dell’altopiano come stagionale: un traguardo conquistato dopo aver imparato la lingua e svolto dei tirocini, ma che rischia di andare in fumo.