Forza Nuova all'attacco del professore che ha accolto in casa sei migranti
Antonio Silvio Calò e la moglie Nicoletta nel mirino dei militanti di estrema destra di Treviso. Ma l'insegnante dice: "Non ho paura. Difendo il mio progetto di inclusione e lo voglio portare in Europa. Ma è venuto il momento di dire basta: queste persone agiscono così perché si sentono impunite"
Forza Nuova i manifesti li ha affissi di notte all’ingresso del liceo classico Antonio Canova di Treviso, dove Antonio Silvio Calò insegna filosofia. Il professore e sua moglie Nicoletta sono “colpevoli” di ospitare dal 2105 sei ragazzi di colore sbarcati sulle nostre coste con un barcone. Adesso vivono nella loro villetta di Camalò insieme ai quattro figli. Antonio Silvio e Nicoletta si sono trasferiti nella canonica della chiesa di Santa Maria sul Sile, che nel giardino ospita una barca. Un simbolo del viaggio e dell'accoglienza.
Troppo per i militanti di Forza nuova che nei loro manifesti che immortalano la famiglia allargata dei Calò hanno scritto: “Immigrato adottato italiano abbandonato. L’immigrazione non è forza, ma solo business”. Dimostrando di seguire con attenzione quello che fanno Antonio e Nicoletta, perché nel manifesto fanno riferimento ad un passo del libro della signora “A casa nostra. I nuovi ragazzi della famiglia Calò” dove si legge: “Questi ragazzi sono una benedizione per una società asfittica e implosiva come la nostra, un’iniezione di vitalità, forza, coraggio che abbiamo dimenticato , una carica di valore e umanità”.
Professore Calò, lei e la sua famiglia siete finiti nel mirino di Forza Nuova. Ha ricevuto intimidazioni, offese, minacce?
«Sono cose che lasciano veramente l’amaro in bocca. Abbiamo ricevuto intimidazioni, e tanti insulti Ma non sono certamente l’unico a cui accadono queste cose e credo che la cosa importante sia alzare il volume e restare uniti per fare sentire in Italia una voce diversa. Quando si arriva a questi livelli bisogna far capire a tutti gli italiani che è venuto il momento di stigmatizzare queste situazioni e avere il coraggio di dire basta. Basta. Queste persone sono impunite. Non si può continuare così. Questa delegittimazione continua su qualsiasi argomento ha portato a queste situazioni. Queste persone così si sentono legittimate ad offendere, accusare, minacciare e dire qualsiasi cosa».
Forza Nuova vi segue con molta attenzione. Quel richiamo alla forza ricevuta dai ragazzi era nel libro di sua moglie…
«Esatto. Anche se nello scrivere il suo libro mia moglie si è mossa su un piano familiare e spirituale. Non è andata a spiegare questioni giuridiche, tecniche o economiche. Era il racconto di vita quotidiana, familiare, umanitaria. Comunque c’è stata una sollevazione favorevole nei nostri confronti da parte di molte persone.
Non ha paura di queste attenzioni da parte di questi signori?
«No. Assolutamente no. In un momento così critico per l’Italia è importante la dimostrazione diretta e il coraggio del sapere e della conoscenza. Io non posso dire a me stesso, alla mia coscienza, di non sapere, di non conoscere. Non posso dire di non essere un testimone».
I ragazzi che ospita sono stati “toccati” da decreto Salvini?
«Certo. Assolutamente sì. Dei sei ragazzi solo due avevano ottenuto la protezione umanitaria che adesso è scaduta e si ritrovano nella condizione di tanti altri. Ma nei giorni scorsi abbiamo ottenuto un successo in Cassazione. Uno di questi ragazzi viene dal Ghana, dove ci sono dei grossi conflitti, ma non una guerra dichiarata. Ha perso il padre e la madre ed è scappato. Adesso i giudici, è questo è un precedente importante, ha rinviato la decisione sulla sua domanda alla Corte di Appello chiedendo ai giudici di considerare il punto di partenza e tutto quello il percorso fatto in Italia.».
Queste persone lavoravano?
«Lavorano tutti e tre hanno un contratto a tempo indeterminato. E questo è significativo. Noi abbiamo fatto di tutto per applicare il modello 6x6x6 sulla seconda accoglienza e l’inclusione integrata che abbiamo elaborato. Hanno fatto tutto il percorso: hanno imparato l’italiano, sono andati a scuola, hanno fatto volontariato e attività sportive. Hanno fatto un inserimento progressivo e un tirocinio professionalizzante e poi sono entrati al lavoro. Un percorso che è durato due anni e mezzo e loro si sono inseriti in maniera corretta. Per questo rimango esterrefatto di fronte a questi attacchi».
Lei ha ricevuto un encomio da parte di Mattarella, ha ricevuto il premio Europeo dell’Anno, sulla sua famiglia è stato fatto il docufilm “Dove vanno le nuvole”. Adesso pensa di candidarsi alle prossime Europee?
«Certo, Assolutamente sì. A maggior ragione. Lo faccio perché lo dobbiamo ai nostri figli. Abbiamo ereditato un’Europa di pace e dobbiamo lasciare un’Europa con un’idea di sviluppo pacifico».
Ha ricevuto delle offerte?
«Certo. Più di un’offerta. Il mio alveo resta quello del centrosinistra e voglio continuare la mia battaglia. Vogliamo che il progetto sull’inclusione integrata possa diventare un progetto europeo».
(fonte: La Repubblica, articolo di di Silvio Buzzanca 23/03/2019)
Antonio Silvio Calò è docente di storia e filosofia e risiede a Treviso. La sua storia era finita su tutti i giornali già alcuni anni fa, quando aveva dato inizio ad un esperimento di accoglienza abbastanza singolare: condividere la sua casa con dei migranti. Questo percorso è cominciato l’8 giugno del 2015. Intervistato questo professore-promotore di accoglienza e inclusione, a proposito del metodo Calò aveva spiegato che la convivenza tra la sua famiglia composta da moglie e quattro figli con altri sei figli ‘adottivi’ aveva richiesto molto impegno e molta determinazione.
Antonio Silvio Calò ha ricevuto nel 2017 il titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella “per l’esempio di civiltà e generosità che ha fornito aprendo la sua casa a sei giovani profughi giunti a Treviso dopo essere sbarcati a Lampedusa“. In seguito è stato nominato anche Cittadino europeo dell'anno 2018.
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