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sabato 2 marzo 2019

“Dio le aprì gli occhi…”. Agar, la schiava (Gen 16; 21,8-21) - Gregorio Battaglia. carmelitano (VIDEO INTEGRALE)

“Dio le aprì gli occhi…”. 
Agar, la schiava (Gen 16; 21,8-21)
 Gregorio Battaglia,
 carmelitano 
(VIDEO INTEGRALE)


I Mercoledì della Bibbia 2019
promossi dalla 
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)


Incontro di mercoledì 6 febbraio





La storia di Hagar è strettamente connessa con quella di Abramo e della moglie Sara. Della sua provenienza sappiamo poco o nulla. Il libro della Genesi si limita a dire che ella è schiava di Sara ed è egiziana, ma non dà nessun dettaglio come tutto questo sia avvenuto. Il midrash ebraico, che è un commento del testo, colma il vuoto facendo riferimento all’episodio della discesa in Egitto di Abramo e Sara.
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Hagar è l’unica donna nella Bibbia ad essere destinataria di una promessa a somiglianza di Abramo. Dio non è indifferente alla sua storia, anzi è Lui che prende l’iniziativa e che, attraverso lei, lascia trasparire il suo interesse per ogni creatura umana, per ogni lamento che si alza verso il cielo.
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Hagar alza la voce e piange, ma il testo dice che “Dio ascoltò la voce del fanciullo” (Gen 21,17). Ma quale voce si può alzare da uno che sta perdendo ogni forza? Dio è davvero Colui che ascolta il flebile rantolo di ogni morente e se ne fa carico, perché nessuno è escluso dalla sua iniziativa di amore. Così Hagar torna a fare esperienza di Dio come di Colui che vede, che ascolta e che si prende cura del più debole. Ed è ancora il Signore che prende l’iniziativa nella sua vita e attraverso quella voce interiore si sente chiamata per nome, è rimessa in piedi ed è invitata allo stesso tempo ad assumersi la sua responsabilità nei confronti del fanciullo: “Che hai Hagar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. Alzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione” (Gen 21,17-18).
Smarrita nel deserto di questo mondo Hagar si era vista chiudere davanti a sé ogni possibilità di vita, ma ancora una volta scopre che il deserto del nostro fallimento diventa il terreno propizio per essere incontrata da una Presenza che vigila sulla storia degli uomini. Adesso che a distanza di anni si è ritrovata alle prese con il mistero del Dio vivente essa è messa in grado di vedere il mondo e le cose con occhio diverso. Quello che prima appariva come paesaggio di morte, si tramuta in luogo di vita, perché adesso sa che c’è un pozzo a cui abbeverarsi sia lei che il figlio, c’è una sapienza a cui attingere per affrontare la complessità della vita. Così Hagar, che ha preso per mano il figlio, può camminare per le vie di questo mondo, sapendo di poter contare su quel pozzo di acqua, che accompagna la sua avventura umana.
Dio non è estraneo alla sua storia, anche se lei ha preso una strada diversa da quella di Abramo, ma Dio non è estraneo alla storia di nessuno, perché Egli è “Colui che ascolta” ed ascolta in modo privilegiato il flebile grido dell’oppresso e del morente “là dove si trovano”.
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La storia di Hagar ci ha detto chiaramente che Dio è ben presente nella storia di ogni uomo e di ogni donna, per quanto lontani possano essere, ma se sceglie per sé un popolo, tutto questo Egli lo fa per rendere possibile il suo manifestarsi in modo corrispondente alle sue intenzioni di ricondurre l’umanità alla sua vera vocazione alla vita.

La scelta di un popolo particolare non è segno di privilegio e, quindi, di relativa esclusione degli altri, ma vuole costituire un segno sacramentale che aiuti la storia profana a recuperare il vero senso dell’abitare questo mondo e questa terra. La storia dei credenti, di chi vive in obbedienza alla Parola di Dio ha la grande funzione di collocarsi di fronte alla storia profana come punto di luce, perché la storia dell’umanità intera ritrovi quell’orientamento, che conduca a costruire ed a tracciare sentieri di pace e di convivenza fraterna tra tutti i popoli.


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