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giovedì 28 marzo 2019

La liturgia e la bellezza di Dio Lettera per la Quaresima e la Pasqua 2019 di mons. Bruno Forte

La liturgia e la bellezza di Dio 
Lettera per la Quaresima e la Pasqua 2019
di mons. Bruno Forte 
Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto

(Dal Messale Borgia, Museo Diocesano, Chieti)
Dedico alla liturgia la lettera per la Quaresima e la Pasqua di quest’anno, perché è nella preghiera liturgica che l’incontro del tempo e dell’Eterno, compiutosi nell’incarnazione e nel mistero pasquale del Figlio di Dio, viene reso presente per illuminare e trasformare la vita dei credenti e della Chiesa tutta. Afferma il Concilio Vaticano II: “Giustamente la liturgia è considerata come l’esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa la santificazione dell’uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra” (Costituzione Sacrosanctum Concilium 7). In unione al Verbo fatto carne, sotto l’azione dello Spirito Santo, nella liturgia il credente entra nelle profondità di Dio, reso nuovo dall’amore dei Tre che sono Uno, capace di spendersi con fede, carità e speranza al servizio del prossimo nella comunione della Chiesa. 

1. La liturgia, preghiera trinitaria. 
Lo specifico della preghiera liturgica è di essere preghiera trinitaria: nello Spirito per il Figlio la comunità che celebra si rivolge al Padre ed è dal Padre per il Figlio che ogni dono perfetto le viene offerto nel Consolatore. Perciò le orazioni liturgiche si concludono con la formula trinitaria, diretta al Padre per Cristo nello Spirito, e invocano dal Padre i doni del Suo amore per mezzo del Figlio nella grazia del Consolatore. Nella preghiera liturgica il cristiano sperimenta la filiazione divina, perché non sta davanti a Dio come un estraneo, ma partecipa alla vita trinitaria nello Spirito, come figlio nel Figlio: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo, che grida: Abba - Padre!” (Gal 4,6; cf. Rm 8,15). La liturgia rappresenta la porta di ingresso della comunità celebrante nella Trinità divina e di Dio nel cuore di chi prega: in essa “il fragile vaso delle parole umane viene a contenere il diamante infrangibile della divinità” (Pavel A. Florenskij). Alla scuola della liturgia si comprende perché pregare, per il cristiano, non è pregare un Dio, ma pregare in Dio: nello Spirito, per il Figlio la preghiera liturgica va al Padre, da cui, per Cristo nello Spirito, viene offerta agli uomini la partecipazione salvifica alla natura divina. 

2. A Te, Dio Padre onnipotente... 
La liturgia introduce la comunità e ciascuno dei battezzati in una relazione vivificante con il Padre, che si attua in una duplice direzione: dal Padre agli uomini e dagli uomini al Padre. Dio Padre è la sorgente di ogni dono perfetto (cf. Gc 1,17), colui che prende l’iniziativa dell’amore ed invia il Figlio e lo Spirito Santo. Il Padre è Colui che ama da sempre ed amerà per sempre, né sarà mai stanco di amare. La liturgia è il luogo in cui il singolo e la Chiesa, grazie all’azione dello Spirito Santo, sperimentano l’avvento sempre nuovo dell’amore che proviene dall’eterna Fonte della vita. Perciò la preghiera liturgica è anzitutto accoglienza del Dio vivo, che entra nel cuore della storia: celebrare è lasciarsi amare dal Padre celeste e far spazio al Suo dono nella perseveranza dell’ascolto. In questo senso, vivere la liturgia vuol dire essere raggiunti e trasformati dalla presenza divina: qui si coglie l’importanza dei tempi di silenzio, di ascolto e di raccoglimento nella celebrazione e l’urgenza che ogni parola in essa pronunciata sia sobria, fedele a quelle che la Chiesa ci affida, senza appesantimenti o stravolgimenti arbitrari. Come afferma il Vaticano II, “le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi” (Sacrosanctum Concilium 26). Il modo di celebrare, perciò, non sia mai stanco, minimalista e poco coinvolgente, ma vivo, preparato con cura, intensamente pregato e tale da invitare tutti alla preghiera, contribuendo così a rigenerare sempre di nuovo la comunità intera. Dall’accoglienza nasce il dono: se tutto viene dal Padre, tutto ritorna a Lui, in un movimento di risposta che relaziona ogni atto a Dio. La preghiera liturgica si presenta, allora, come sacrificio di lode, azione di grazie e di intercessione, in cui il mondo e la vita sono abbracciati per essere orientati sempre di nuovo alla loro origine e alla loro meta: è quanto ci ricorda in particolare la liturgia delle ore, che fa di ogni tempo un’ora di grazia, in cui la salvezza viene accolta per essere condivisa con gli altri. È pregando nella liturgia e a partire da essa che il cristiano impara a vedere tutto nella luce di Dio, a denunciare l’ingiustizia e a servire in parole ed opere la giustizia del Regno che viene. La liturgia pienamente vissuta educa a farsi voce dei senza voce e forma in chi la vive il senso delle cose di Dio, nella cui luce impegnarsi per la verità e il bene al servizio di tutti, specie dei più deboli e bisognosi. 

3. Per Cristo, con Cristo ed in Cristo… 
Nella liturgia opera il Figlio di Dio, fattosi uomo per noi, Gesù Cristo, sommo Sacerdote della nuova ed eterna alleanza: tutto in essa si compie per Lui, con Lui ed in Lui. Afferma il Concilio Vaticano II: “Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, offertosi una volta sulla croce, si offre ancora tramite il ministero dei sacerdoti, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: ‘Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io in mezzo a loro’ (Mt 18,20)” (Sacrosanctum Concilium 7). Pregare in unione al Figlio e per mezzo di Lui significa entrare nel mistero della Sua condizione filiale di divino Amato, che accoglie l’amore del Padre, per ricevere questo amore in noi stessi, nella Chiesa e nella società. Rendendo presente l’infinita carità del Figlio, fatto uomo per noi, la liturgia suscita l’imitazione di Lui non come copia di un modello lontano, ma come esperienza della Sua vita donata, che coinvolge ogni aspetto del nostro essere, la nostra interiorità più profonda, come la nostra corporeità e le nostre relazioni. Nella liturgia lo Spirito Santo rende presente il Cristo, che insegna ai fedeli ad amare sull’esempio di Lui, che ci ha amato e ha consegnato se stesso per noi (cf. Gal 2,20). Attraverso l’unione al Figlio venuto nella carne, realizzata mediante la liturgia della Parola e l’azione sacramentale, la liturgia educa all’accoglienza degli altri: in essa i molti diventano l’unico Corpo del Signore, nella forza dello Spirito e nella comunione della Chiesa dell’amore! 

4. Nell’unità dello Spirito Santo
Nel seno della Trinità lo Spirito Santo è il legame dell’amore divino: così lo concepisce la teologia occidentale. Fra l’Amante e l’Amato lo Spirito è l’Amore personale, il “vincolo della carità eterna” (Sant’Agostino), che entrando nella storia suscita la comunione degli uomini con Dio e fra di loro. A sua volta, la teologia orientale contempla lo Spirito a partire dalla Croce del Signore, quando Gesù “chinato il capo, consegnò lo Spirito” (Gv 19,30): per essa lo Spirito è Colui grazie al quale Gesù è uscito dal Padre per entrare nella solidarietà dei peccatori, è l’“estasi di Dio”, il dono divino agli uomini affinché questi si aprano gli uni agli altri e al futuro del Dio che viene
La liturgia insegna a pregare “nell’unità dello Spirito Santo”: la preghiera nello Spirito forma al dialogo e alla comunione e induce a riconoscere l’altro come dono, che non fa concorrenza, né suscita timore. In quanto poi lo Spirito è libertà (cf. 2 Cor. 3, 17), la liturgia apre alla fantasia dell’Eterno e rende docili e sensibili alla profezia. Chi prega nello Spirito sarà aperto al “nuovo” di Dio, perché lo Spirito è sempre vivo e operante nella storia, al servizio del compimento delle promesse divine. 
Nella liturgia, l’azione dello Spirito fa sì che fedeltà e novità lungi dall’opporsi si offrano come aspetti della medesima esperienza di fede, in cui il futuro di Dio viene a mettere la sua tenda nel presente degli uomini. La liturgia è in tal senso la sorgente e la scuola della speranza che non delude, come della carità operosa: essa è vertice dell’esistenza redenta, anche se “non esaurisce tutta l’azione della Chiesa” (Sacrosanctum Concilium 9), perché la visibilità della sequela di Gesù nel mondo non è anzitutto la liturgia, ma una comunità che viva la comunione e il servizio. Come nell’esperienza della Trasfigurazione (cf. Mt 17,1-8; Mc 9,2-8 e Lc 9,28-36), la liturgia ci fa salire sul monte ed entrare nell’esperienza del mistero santo, per inviarci poi, scendendo dal monte, a portare a tutti con la parola e la vita il dono di cui siamo divenuti partecipi. 

5. Dove Dio ha tempo per l’uomo, perché l’uomo abbia tempo per Dio. 
La liturgia è dunque il luogo in cui la Trinità entra nelle umili storie dell’esistenza umana e queste possono essere accolte nel mistero d’amore delle relazioni divine. La liturgia genera e alimenta la vita conforme al Vangelo, dove l’uomo ha tempo per Dio, perché Dio ha avuto tempo per l’uomo: da essa nasce la testimonianza di coloro che - resi nuovi dall’amore - cantano con la vita il cantico nuovo della riconoscenza e della lode. In questa luce si comprende perché la liturgia è culmine e fonte dell’intera vita della Chiesa (cf. Sacrosanctum Concilium 10) e quanto è importante che la celebrazione liturgica sia ben vissuta: a tal fine, invito ogni comunità parrocchiale a costituire un gruppo di animazione liturgica e a formare dei referenti, che non solo curino la celebrazione, ma promuovano anche la comprensione il più possibile ampia e profonda del linguaggio dei segni, di cui la liturgia è tanto ricca. Gli spazi liturgici - altare, ambone, tabernacolo, sede, battistero, confessionale, ecc. - siano tali da favorire l’esercizio del ministero ad essi connesso e ne richiamino l’importanza per la vita dei fedeli. L’Ufficio Diocesano di Pastorale Liturgica offra occasioni di approfondimento e corsi di adeguata formazione al fine di favorire la partecipazione attiva dei fedeli alla preghiera liturgica. Parimenti, si dia la necessaria attenzione al canto liturgico, voce della Chiesa Sposa che celebra lo Sposo, incoraggiando la partecipazione alle iniziative della Scuola diocesana di musica e canto sacro. Si promuova un canto ricco nei contenuti e tale che il maggior numero possibile dei fedeli lo faccia suo, dando voce alla propria fede nella comunità celebrante. L’intero dinamismo trinitario della liturgia, richiamato in queste riflessioni, è riassunto nella preghiera di lode (“dossologia”), cantata a conclusione del canone eucaristico. Concludo perciò questa lettera con le parole che la compongono: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo a Te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen”.