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mercoledì 13 marzo 2019

JORGE MARIO BERGOGLIO, IL LEADER GLOBALE CHE SMILITARIZZA I CUORI di p. Antonio Spadaro


JORGE MARIO BERGOGLIO, 
IL LEADER GLOBALE CHE SMILITARIZZA I CUORI
di p. Antonio Spadaro

Il 13 marzo 2013 l’elezione a sorpresa. L'analisi di padre Antonio Spadaro, gesuita, direttore della rivista La Civiltà Cattolica. Tra le caratteristiche salienti del Pontificato: un nuovo stile (sinodale, con vescovi e laici sempre più coinvolti) e nuovi temi (ecologia integrale, Cina e islam)


Per quanto il calendario segni l’anniversario dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio al pontificato, non si può fermare il tempo e scattare un’istantanea. Insomma: non è tempo di bilanci. La realtà è in movimento. Però è possibile fare una riflessione su questi anni mettendo in luce alcuni tratti fondamentali dell’azione di Francesco. Innanzitutto il Pontefice ha impresso alla Chiesa un «ritmo» sinodale per cui in sei anni sono stati celebrati tre sinodi (su famiglia e sui giovani), un incontro sinodale (sulla protezione dei minori) e si prepara il sinodo sull’Amazzonia, che avrà – come ben si comprende già adesso – un valore universale e non certo solamente regionale. La riforma non è il gesto di un don Chisciotte isolato, ma è il frutto di un lungo processo di coinvolgimento della Chiesa. Aver riportato la sinodalità al centro della vita della Chiesa è stato uno dei semi che ha dato più rapidamente i suoi frutti: la partecipazione attiva di tutto il popolo di Dio alla vita e alla missione ecclesiale.

Francesco è ormai pure l’unico leader globale che possa dare un messaggio di speranza per l’umanità. E in questo senso documenti come l’enciclica Laudato si’ hanno spinto la Chiesa in rotta di collisione contro quei poteri che stanno imprimendo una direzione nazionalista, populista e fondamentalista alle dinamiche politiche del nostro mondo. Jorge Mario Bergoglio, che tutto sommato ha sempre vissuto con fatica l’allontanarsi da Buenos Aires, in sei anni ha compiuto 27 viaggi apostolici in 40 Paesi del mondo. L’idea guida delle sue traiettorie è stata sempre chiara e legata al fatto che la Chiesa è e deve essere «ospedale da campo». Francesco ha aperto porte, a partire da quella Santa nei luoghi di maggior tensione del mondo: da Banguì, preferita a San Pietro, a Ciudad Juarez, dove l’altare era a soli 80 metri dal confine tra Stati Uniti e Messico. Per la prima volta un Papa ha sorvolato tre volte la Cina ed è atterrato nella Penisola arabica, a due passi dalla Mecca. 

Cina e islam sono chiaramente due grandi temi del pontificato. L’azione di Francesco ha portato Cina e Santa Sede a firmare uno storico accordo il 22 settembre 2018. Adesso le difficoltà non sono più tali da impedire ai cattolici cinesi di vivere in comunione tra loro e con il Papa. Lì dove il Papa era stato privato di parola e potere, adesso, nel quadro di un accordo, si riconosce il suo ruolo nella scelta dei pastori. L’obiettivo è la riconciliazione ecclesiale perché il Vangelo sia predicato. Per ostacolare le logiche degli opposti fondamentalismi e «smilitarizzare il cuore», il Papa ha firmato insieme al Grande Imam di al-Ahzar uno straordinario «Documento sulla fratellanza umana». Lo ha fatto il 4 febbraio scorso ad Abu Dhabi. I processi «devono maturare, come i fiori», ha detto Francesco sul volo di ritorno dagli Emirati. Muovendo e promuovendo tali processi, la Chiesa cattolica oggi si rivela, per il nostro mondo strappato, un potente fattore di rammendo e di rigenerazione grazie ai valori fondamentali del Vangelo e così riscopre e conferma il suo ruolo eminentemente profetico nella scena di questo mondo.
(fonte: Famiglia Cristiana, 12/03/2019)