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lunedì 31 dicembre 2018

Per non dimenticare Silvia e il missionario Gigi, due pezzi d’Italia dispersi in Africa

Silvia e il missionario Gigi,
due pezzi d’Italia dispersi in Africa

La cooperante rapita in Kenya e il religioso sequestrato in Niger: le storie da non dimenticare di due italiani di periferia


Silvia Romano e Pierluigi Maccalli, la volontaria e il missionario, l’inesperta e il veterano: due pezzi d’Italia dispersi in Africa. Rapiti a distanza di due mesi, tra il settembre e il novembre di quest’anno, da un fianco all’altro del continente, lontano dalle rotte più seguite: lei in un angolo di Kenya chiamato Chakama e lui a Bomoanga, villaggio del Niger che non trovi neanche con Google Maps. Due avamposti di umanità in mezzo al niente, scelti come luoghi di vita da due italiani di periferia: quando Silvia cominciava a camminare al Casoretto, nord-Est di Milano, padre Gigi da Madignano, nel cremasco, già si dedicava ai bambini in Costa D’Avorio. «La vita è un intreccio di due fili: gioie e pene — ha scritto padre Gigi nel messaggio di Natale del 2017 — Ma non abbandoniamo la speranza che un giorno il deserto fiorirà».

Silenzio

Salvo miracoli in questo Natale non fioriranno messaggi di speranza da Bomoanga, dove la Sma (Società delle missioni africane) ha chiuso nei giorni scorsi le sue attività spostando il personale nella capitale Niamey. E su Facebook Silvia di «Africa Milele» (Africa per sempre, in lingua swahili) non posterà immagini di sorrisi in mezzo alle acacie. Non ci sono nuove notizie sui due ultimi italiani sequestrati nel mondo. E questa è una buona ragione per parlarne.

La pista di Silvia

Silvia Costanza Romano, 23 anni, è probabilmente prigioniera da qualche parte nella zona del Tana, il fiume più lungo del Kenya. E’ possibile che i rapitori siano riusciti a superare il corso d’acqua in direzione nord, verso la Somalia dove i quaedisti di Al Shabab potrebbero usare la sua vita come merce di scambio. Ma non ci sono né conferme né smentite. Le ricerche negli ultimi giorni si sono concentrate nella foresta di Dakatcha, un centinaio di chilometri a nord del villaggio di Chakama, nell’entroterra di Malindi, dove la giovane cooperante è stata rapita il 20 novembre scorso. La polizia keniota nelle ultime due settimane ha smesso di dire che «il cerchio si stringe» intorno ai rapitori, come aveva fatto nei giorni successivi al sequestro. La taglia di 25 mila euro sulla banda, i droni usati dalla polizia e la ventina di arresti non hanno finora portato a risultati tangibili, così come le tracce sul terreno — dalla scoperta delle moto usate nella fuga alle treccine bionde di Silvia ritrovate tra i rovi — si sono esaurite. Ma il silenzio delle autorità, in Africa come in Italia, potrebbe anche essere il segno di una trattativa avviata. Certo i rapitori non sono così sprovveduti né isolati come ci avevano fatto credere i poliziotti sul posto.

Nel deserto di Bomoanga

Per Gigi Maccalli, 57 anni, le tracce si sono raffreddate assai più in fretta che nel caso di Silvia. Il missionario è stato rapito il 17 settembre da otto uomini a Bomoanga, dove viveva da 11 anni. La Missione Cattolica dei Padri Sma (con sede a Genova) si trova in zona Gourmancé, alla frontiera con il Burkina Faso. L’agenzia Fides ha fatto un quadro del luogo dove Sma è presente dagli anni ‘90: «La povertà è strutturale, i problemi di salute e igiene enormi, l’analfabetismo diffuso e la carenza di acqua e di scuole ingente. La mancanza di strade e di altre vie di comunicazione, anche telefoniche, rendono la zona isolata e dimenticata». Don Gigi era tornato da pochi giorni in quell’angolo di paradiso, dopo una visita in Italia per rivedere il fratello Walter, anche lui missionario. Ai primi di dicembre alla Sma era arrivata dal Niger una notizia confortante, anche se non corredata da prove: «Padre Gigi è vivo». Poi più nulla. I jihadisti attivi tra Burkina Phaso e Niger sono i principali sospettati per il sequestro del sacerdote italiano, in una fetta d’Africa che assai più del Kenya è lontano dai riflettori (e dal turismo) internazionali.

Stelle

Il veterano e la neofita, il missionario di lungo corso e la cooperante da pochi mesi. Gente che non gira con le guardie armate, che si fa «irretire» dai sorrisi dei bambini scalzi, nel grande gioco (e giogo) della cooperazione umanitaria specie se minuta e magari un po’ «sgarrupata». Per le celebrazioni natalizie del 2013, l’anno in cui scompariva in Siria padre Paolo Dall’Oglio, Gigi Maccalli così scriveva agli amici: «La sera, nella mia missione, alzo sovente lo sguardo verso il cielo. Oggi capisco perché ci sono tante stelle così luminose: sono le stelle degli innocenti». Comunque la si pensi sull’impegno e sull’accortezza, sulla forza e sul coraggio, nella notte di questo Natale brillano due stelle in più.
(fonte: Corriere della sera, articolo di Michele Farina del 24/12/2018)

Vedi anche il post (all'interno altri link a post precedenti):
Il volontariato di Silvia, un dono immenso... Silvia, resisti, ti aspettiamo!