Il “decreto sicurezza” e la fabbrica dei mostri
di Giuseppe Savagnone
C’è una significativa coincidenza tra la definitiva conversione in legge del “decreto sicurezza” e l’episodio che ha visto Fredy Pacini, un gommista di Arezzo, uccidere con la sua pistola un immigrato che nottetempo si era introdotto nel suo deposito per perpetrare l’ennesimo furto ai suoi danni.
Come è significativo che il ministro Salvini, da cui il decreto è stato fortissimamente voluto – costituisce finora il suo primo contributo, sul piano istituzionale, al “cambiamento” – , abbia immediatamente espresso la propria solidarietà al commerciante, rassicurandolo perché «con la nuova legge sulla legittima difesa non sarà processato».
Si delinea così il circolo vizioso tra uno Stato che, col decreto, nega agli stranieri la possibilità di integrarsi e li respinge ai margini della vita sociale, esponendoli a diventare criminali per poter sopravvivere, e la scelta di questo stesso Stato di sostenere e incrementare la violenza privata dei cittadini per difendere se stessi e i loro beni dalla criminalità degli immigrati. Il filo conduttore è l’evidente intento di mantenere e alimentare costantemente quel clima di paura su cui il nostro vice premier ha costruito il suo successo elettorale e il crescente consenso degli italiani. Del resto, non è una novità. Diceva Hobbes che la paura, non il sesso o l’avidità di ricchezza, è la più forte passione dell’uomo. Dubito che Salvini abbia letto Hobbes, ma è una persona intelligente e l’ha capito da sé.
Ora, la paura ha bisogno di una minaccia che la susciti. In campagna elettorale e nei primi mesi di governo il leader della Lega ha “inventato” questa minaccia evocando una invasione dilagante che bisognava fermare a tutti i costi. In realtà, mentre lui ne parlava, l’invasione era finita già da qualche mese. Sarebbe bastato consultare le statistiche ufficiali dell’Onu per scoprire che gli sbarchi in Italia erano già diminuiti dell’80% a partire da gennaio – quattro mesi prima che Salvini diventasse ministro. Ma gli italiani non si sono curati di informarsi e gli hanno creduto.
Sulla base di questa illusione ottica, hanno continuato a credergli anche quando, divenuto ministro degli Interni, ha colto l’occasione di un paio di navi che avevano raccolto qualche centinaio di disgraziati in procinto di annegare, per ostentare la sua energia nello sfidare l’Europa, accusandola di aver lasciato sola l’Italia ad affrontare il problema delle migrazioni. In sé l’accusa era fondata, ma risultava contraddittoria se rivolta da chi, come Salvini, pretendeva solidarietà nell’accoglienza dall’Unione europea, ma rifiutava, al tempo stesso, in nome del sovranismo, una politica comune tra gli Stati del continente, e si schierava con Paesi, come l’Ungheria e la Polonia, che rigettano ogni piano europeo di distribuzione dei migranti.
Su questa stessa linea ultimamente il nostro ministro degli Interni – smentendo platealmente il premier Conte e il ministro degli Esteri, che avevano già espresso il loro parere favorevole – , ha fatto sapere che l’Italia non firmerà il Global Compact for Migration, l’accordo internazionale promosso dall’Onu per seguire criteri e politiche comuni di fronte al problema delle migrazioni. Forse, ha detto, in un secondo tempo, dopo un dibattito parlamentare a data da destinarsi… Salvo lamentarsi, poi, perché siamo lasciati soli dagli altri Paesi.
Ancora inebriato dalla grande vittoria (immaginaria) contro il mostro dell’invasione dall’esterno, l’instancabile vice-premier si è ultimamente dedicato al fronte interno. Ed ecco il “decreto sicurezza”, rivolto a saldare i conti con i migranti già presenti sul nostro territorio. Troppi (anche se le statistiche dicono che sono di meno che in qualsiasi altro Stato europeo). E così il “decreto sicurezza” mira a eliminare i titoli giuridici che ne legittimano fino a questo momento la permanenza in Italia abrogando la “protezione per motivi umanitari”, che era prevista dal precedente Testo unico sull’immigrazione e in base a cui la questura concedeva un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri che presentavano «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano». La durata era variabile da sei mesi a due anni ed era rinnovabile.
«A seguito dell’eliminazione della protezione umanitaria», spiega il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) «restano escluse tutte quelle ipotesi in cui, in caso di rimpatrio, il richiedente rischi trattamenti disumani e degradanti o semplicemente gli sia impedito l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla costituzione italiana e dei diritti garantiti a livello internazionale».
Sarà introdotto, invece, un permesso di soggiorno per alcuni “casi speciali”, cioè per alcune categorie di persone: vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo, per chi ha bisogno di cure mediche perché si trova in uno stato di salute gravemente compromesso o per chi proviene da un paese che si trova in una situazione di «contingente ed eccezionale calamità». È previsto infine un permesso di soggiorno per chi si sarà distinto per «atti di particolare valore civile». Questo tipo di permesso ha durata di due anni e non può essere rinnovato.
Inoltre, da ora in poi il Sistema per l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati (Sprar), gestito dai comuni italiani, che si è rivelato fino ad ora l’unico capace di favorire una reale possibilità di integrazione, sarà limitato solo a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori stranieri non accompagnati (fino alla maggiore età). In compenso, viene rafforzato il ruolo dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), ex Cie, dove gli stranieri vengono trattenuti in attesa di essere rimpatriati, in cui, con il nuovo decreto, potranno essere restare praticamente reclusi fino a un massimo di 180 giorni – sei mesi! – il doppio del periodo massimo precedente che era di 90 giorni.
Anche per i rifugiati – categoria diversa e molto più ristretta dei protetti per motivi umanitari – il decreto estende la lista dei reati che comportano la revoca della protezione, includendo la minaccia o violenza a pubblico ufficiale, furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo.
Si introduce, infine, la possibilità di revocare la cittadinanza, per reati legati al terrorismo, allo straniero che l’ha acquisita. Lo stesso non vale per l’italiano. Proprio come dice l’art.3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Questa volta il mostro che dovrà tener alto il livello della paura – e magari giustificare la liberalizzazione della vendita delle armi, caldeggiata da Salvini – non è inventato, ma viene concretamente creato. Tutti coloro che, privati del permesso di soggiorno finora concesso in base alla tutela per motivi umanitari, perderanno il diritto di restare nel nostro Paese, dovrebbero essere in teoria rimpatriati. Ma, in mancanza di accordi con gli Stati di provenienza e dei soldi necessari per procedere al rimpatrio, ci si limiterà a minacciarli di farlo, costringendoli a nascondersi, diventando – ora sì – dei clandestini. E del resto non avranno più la possibilità di frequentare scuole, di svolgere lavori che non siano in nero, di firmare contatti d’affitto. Per vivere, potranno scegliere tra lasciarsi sfruttare da italiani senza scrupoli, che sfrutteranno la loro condizione di assoluta debolezza, o darsi al crimine. Non c’è dubbio che molti faranno così. Come avrebbero fatto i nostri padri, emigrati (ed emigrati “economici”) in tempi non lontanissimi in altri Paesi, se li avessero privati di tutti i diritti.
Ora sì, la paura avrà un fondamento. Creata da questo “decreto scurezza” sbandierato come una soluzione ad essa. Vivremo assediati dall’ombra creata da noi stessi. E lo Stato non promette di difenderci. La sicurezza ce la dovremo garantire privatamente, come il gommista di Arezzo. Ma, tranquilli, se impareremo a sparare e ad uccidere i disperati che verranno a rubare in casa nostra, verremo assolti per legittima difesa. E saremo grati a Salvini.
(fonte: TUTTAVIA 1/12/2018)