Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



mercoledì 12 dicembre 2018

A settant'anni dalla «Dichiarazione universale dei diritti umani» le riflessioni di don Luigi Ciotti e di Alex Zanotelli

L’abisso che separa quelle parole dal mondo di oggi
di don Luigi Ciotti

La denuncia. A settant'anni dalla «Dichiarazione universale dei diritti umani» l'orizzonte è dominato da povertà, disoccupazione, guerre, disastri ambientali, migrazioni o, per meglio dire, deportazioni indotte. Un mondo dove il sogno di una società inclusiva, democratica, è stato abbandonato in nome di una logica economica selettiva, «algoritmi» del profitto non di rado coincidenti con dinamiche mafiose e criminali

Settant’anni ma è come se fosse stata scritta ieri. Ieri perché molti degli articoli della «Dichiarazione universale dei diritti umani» sono ancora lettera e non «spirito», carta e non «carne», vita e storia delle persone.

I diritti sono un cammino e una responsabilità. Qualcosa che nasce da un’aspirazione alla libertà e alla dignità, da un desiderio di pace e di giustizia. Dal sogno di una società dove chiunque, a prescindere da condizione, sesso, appartenenza etnica e culturale, riferimenti politici e religiosi, possa esprimere la sua personalità e mettere a disposizione le sue qualità e il suo talento. I diritti sono l’anello di congiunzione tra il bene del singolo e quello della comunità, nell’inesauribile tessitura che li lega e, vicendevolmente, li nutre.

Ma per arrivare a questo non basta la politica – che pure ha come prioritario compito il tradurre quell’aspirazione in realtà. Occorre il contributo di tutti, e oggi come non mai dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che se i diritti sono così fragili è anche perché non li abbiamo difesi con adeguata forza e continuità, svolgendo sino in fondo il nostro ruolo di cittadini.

Giusto allora denunciare lo scandaloso abisso tra il contenuto di quegli articoli e il mondo come si presenta oggi ai nostri occhi: povertà, disoccupazione, guerre, disastri ambientali, migrazioni o, per meglio dire, deportazioni indotte. Un mondo dove il sogno di una società inclusiva, democratica, è stato abbandonato in nome di una logica economica selettiva, «algoritmi» del profitto non di rado coincidenti con dinamiche mafiose e criminali.

Giusto denunciarlo così come denunciare una politica in gran parte impotente, inadeguata o spregiudicata fino al cinismo – vedi i negoziati con dittature e Paesi in mano a bande criminali per arrestare i flussi migratori, vedi la propaganda del sovranismo, dove l’odio e l’oblio – odio dello straniero, oblio della propria storia – diventano leve di consenso e di potere.

Giusto e necessario. Ma ancora più importante è impegnarsi perché l’anniversario di ieri diventi un nuovo inizio, una storia dei diritti tradotti davvero in linguaggio universale, in grammatica dei rapporti non solo fra Paesi e popoli, ma fra persone e ambiente, perché è tempo ormai – come ci ricorda la «Laudato sì» di Papa Francesco – di riconoscere alla Terra la sua inviolabile dignità e di elevarla a soggetto giuridico, soggetto di diritti.

Solo così i diritti umani possono riacquistare l’universalità che li definisce come tali e diventare nel concreto bene comune, base di una società dove ogni persona sia riconosciuta nel suo essere sempre fine e mai mezzo, artefice della propria e della altrui liberazione.
(fonte: Il Manifesto 11/12/2018)


Mai più l’«homo tenens» al centro
di Alex Zanotelli

1948-2018. Diritti umani e ingiustizie globali


Mai i diritti sono stati così tanto proclamati e così poco praticati come in questo momento storico. Il sistema economico finanziario produce molta più ricchezza che nel passato ma questa è molto peggio distribuita: 8 uomini detengono quanto 3miliardi e 600milioni di persone, quanto cioè i più poveri della terra, costretti a vivere con 2 dollari al giorno. Il 10% della popolazione mondiale consuma il 90% dei beni prodotti. Tra le 20 e le 30mila persone muoiono ogni anno, schiacciati da questo sistema iniquo.

Il risultato è che chi possiede il potere economico finanziario è armato fino ai denti: l’Istituto internazionale di Stoccolma per le ricerche sulla pace ci dice che nel 2017 sono stati spesi 1.739 miliardi di dollari in armi (2,2% del Pil mondiale), solo l’Italia ha investito 70 milioni al giorno in armamenti. Sono 36 le nazioni attualmente in guerra. Viviamo in un sistema economico militarizzato che pesa su un pianeta non più in grado di sostenerlo. La Terra naturalmente sopravviverà, è l’essere umano che non sarà più compatibile con la vita.

In questo scenario, la tribù bianca si sta rinchiudendo nei suoi confini: Europa, Australia, Stati uniti cercano di bloccare i migranti violandone i diritti, a cominciare dal diritto d’asilo che pure è esplicitamente menzionato due volte nella Costituzione, la pietra angolare delle nostre leggi scritta da esuli rientrati dopo il fascismo. L’onda nera, che sta attraversando gli stati occidentali, decide di cancellare i diritti dei migranti perché la tribù bianca sente minacciato il proprio predominio sul mondo.

Per uscire da questa situazione di ingiustizia diffusa, insostenibile per l’ecosistema, è necessario ripensare radicalmente la struttura economico finanziaria e gli scambi commerciali: mai più si dovrà porre al centro l’homo tenens a spese dei più poveri.
(fonte: Il Manifesto 11/12/2018)