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giovedì 20 dicembre 2018

Marc Augé: «Non va cancellata l' alterità, ma l' idea di straniero»

Marc Augé: 
«Non va cancellata l' alterità,
ma l' idea di straniero»


Il quotidiano Avvenire ha pubblicato alcuni stralci della lectio inaugurale tenuta dall' antropologo francese il 13 dicembre 2018 a Cremona, al convegno "Cambiare il mondo con le parole".



Viviamo un tempo che ci provoca. La nostra storia è una provocazione a cui spesso si risponde in modo disordinato, soprattutto a livello politico. Lo spazio pubblico oggi cambia direzione soprattutto a causa della globalizzazione, e questo cambiamento ci provoca. Come rispondono etnografia e antropologia? Oggi il contesto è sempre planetario. Quindi la distinzione classica tra etnografia come osservazione localizzata e antropologia come un punto di vista più in generale comparativo, viene ad essere messa in discussione. Con la globalizzazione stiamo assistendo a un cambiamento di scala che però è sperimentato in modo diseguale gli uni dagli altri, in modo che la percezione appare sempre più ampia. Tra gli esseri umani differenze e diseguaglianze si stanno sempre più allargando e sembrano voler ratificare la precedente situazione di diseguaglianza. Il mondo globalizzato è anche il mondo della più grande differenza, è il mondo in cui la comunicazione, la circolazione e il consumo si accelerano contemporaneamente e nessun angolo del globo sfugge agli effetti di questa tripla accelerazione. Ma gli uomini non consumano né nelle stesse condizioni né nelle stesse proporzioni, quindi le diseguaglianze si approfondiscono.
Il mondo è ogni giorno più uniforme e più ineguale. Che fare allora?

L' utopia dell' educazione è, appunto, un' utopia ma necessaria.

Dobbiamo tornare all' ideale dell' illuminismo, a pensare all' uomo generico che è il futuro dell' uomo culturale. Ho sempre pensato che ci sono tre dimensioni, quella individuale, quella culturale e quella generale. La dimensione culturale è necessaria per pensare al rapporto individualità-alterità. Ma spesso lo fa in una maniera autoritaria. È un vasto programma che richiede tempo, forse secoli, ma di cui preavvertiamo la fattibilità. L' unità dei saperi è la convergenza sintonica delle conoscenze di cui si trova traccia nel rapporto tra sociologi e antropologi, tra artisti e i filosofi. Non ci possono essere contrapposizioni tra i saperi, tra le intuizioni dei filosofi e quelle degli artisti. La questione dell' identità è allo stesso tempo una questione individuale e plurale. Questa è la principale sfida politica, come risultato acquisito della ricerca antropologica.
L' azione politica nel senso più nobile del termine, ha quindi due imperativi principali, al limite contraddittori o quanto meno sempre in tensione: da una parte garantire la libertà degli individui dall' altra preservare la possibilità di relazione in senso sociale.

Nessun individuo può percepirsi isolato perché la relazione è fondamentale per la definizione e la percezione dell' identità individuale.

La democrazia vigilia affinché nessuno dei due imperativi prevalga: né l' anarchia né il totalitarismo. Eppure questa questione fondamentale è riattualizzata per il cambiamento di scala che stiamo vivendo oggi e per la nuova sedentarizzazione globale e planetaria. 
Quest' ultima cerca progressivamente di affermarsi e di svilupparsi e il nostro sguardo fa fatica a discernere i contorni ancora vari del nuovo avvenire da cui dovrebbe essere abolita. Non stiamo parlando dell' alterità costitutiva di ogni identità, ma l' idea stessa dello straniero.


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Quotidiano La Provincia di Cremona