Dichiarazione d’amore
di Tonio Dell'Olio
Quasi come un esercizio dello spirito, una necessità dell’anima, sono andato a rileggere gli articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani e ho avvertito la segreta tentazione di impararli a memoria. Mi sono commosso come per una dichiarazione… d’amore. Ho pensato agli anni in cui lottavamo per solidarizzare con i cittadini che vivevano in nazioni governate da dittature e regimi totalitari che di quella Dichiarazione avevano fatto carta straccia. Alle tante storie ascoltate circa la loro violazione. Ho pensato soprattutto alle vittime. Troppe. E poi mi sono accorto come oggi quei diritti traballino in certe democrazie conclamate, con governi eletti con tanto di urne e schede ed elettori e non dove governino regimi imposti con un colpo di Stato. Ho pensato a quante volte proprio in questi ultimi anni ci è toccato di ascoltare giustificazioni “plausibili”, ragionevoli e “realistiche” circa alcune violazioni. Verrebbe la tentazione di pensare che settant’anni siano passati invano e che ancora resta tanto da fare perché quegli articoli siano metabolizzati dai governi e dai popoli. Mi sono ritrovato a pensare che si sia andati indietro più che avanti. Nella politica, nella cultura, nella mentalità corrente. Poi mi sono ricordato di quello che mi disse il regista Carlo Lizzani durante la pausa di un programma televisivo a cui partecipavamo dieci anni fa per celebrare i sessant’anni della Dichiarazione: “È da quando sono nato che sento ripetere che adesso la storia sta facendo passi indietro. Mi sono convinto che la storia non va né avanti e né indietro. La storia va dove gli pare. E a volte ti sorprende”. E allora ti prego, storia, sorprendimi ancora.
(fonte: Mosaico dei giorni 10/12/2018)
Onu. I diritti umani hanno 70 anni: e per troppi restano parole
Si afferma la tendenza a escludere intere categorie, mentre aumenta la soglia di tolleranza verso i responsabili. Il messaggio del Papa: ogni persona è un valore
Oggi saranno 70 da quando l’Assemblea generale Onu, riunita nel Palais de Chaillot di Parigi, approvò la Dichiarazione universale dei diritti umani. Tecnicamente si tratta di una risoluzione ossia di una serie di raccomandazioni non vincolanti per gli Stati firmatari: non sono, perciò, previste sanzioni per chi le viola. Il documento – formato da trenta articoli – è diventato, tuttavia, fonte del diritto internazionale a tutela dei diritti umani.
Al centro del documento il riconoscimento della dignità di tutti i membri della famiglia umana, quale fondamento della libertà, della giustizia e della pace: i fondamenti dello Statuto Onu. I primi 21 articoli riconoscono le prerogative civili e politiche. Altri sei i cosiddetti diritti di seconda generazione che riguardano le garanzie in ambito economico, culturale e sociale. I tre punti finali dettano i criteri di applicazione.
E oggi Papa Francesco ha mandato un messaggio ai partecipanti alla Conferenza Internazionale su "I diritti umani nel mondo contemporaneo: conquiste, omissioni, negazioni", promossa dalla Pontificia Università Gregoriana e dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. "Un accorato appello a quanti hanno responsabilità istituzionali, chiedendo loro di porre i diritti umani al centro di tutte le politiche, incluse quelle di cooperazione allo sviluppo, anche quando ciò significa andare controcorrente. Tutti siamo chiamati in causa", sottolinea il Pontefice. "Quando, infatti, i diritti fondamentali sono violati, o quando se ne privilegiano alcuni a scapito degli altri - spiega - o quando essi vengono garantiti solamente a determinati gruppi, allora si verificano gravi ingiustizie, che a loro volta alimentano conflitti con pesanti conseguenze sia all'interno delle singole Nazioni sia nei rapporti fra di esse". (IL TESTO) E poi su Twitter: "Ogni persona umana, creata da Dio a sua immagine e somiglianza, è un valore di per se stessa ed è soggetto di diritti inalienabili.
#GiornataMondialedeiDirittiUmani".
Nessuno l’ha detto a Marie. Gli “zii” le rivolgono la parola sono per darle degli ordini. A 11 anni, Marie non sa niente del mondo fuori dalla casa di Port-au-Prince dove l’hanno mandata i poverissimi genitori. Ufficialmente, insieme a quella famiglia della capitale, la piccola avrebbe dovuto avere maggiori opportunità. In realtà, s’è trasformata in una schiava tuttofare. «Restavek» li chiamano ad Haiti: un esercito di almeno 300mila bimbi senza diritti.
Come Marie, nessuno di loro sa che «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti». Così ha sancito solennemente la comunità internazionale all’indomani della Seconda guerra mondiale. Oggi sono trascorsi 70 anni esatti da quando l’Assemblea generale delle nascenti Nazioni Unite approvò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In cui la dignità dell’individuo viene riconosciuta quale fondamento del diritto internazionale.
Tutti, nessuno escluso, recita il primo articolo, come ha voluto sottolineare l’Alto commissariato Onu per i diritti u mani, Michelle Bachelet. La frase iniziale della Dichiarazione è «semplice», eppure – ha detto – per le donne e le altre minoranze, essa assume un carattere «rivoluzionario». Grazie alla lungimiranza dell’indiana Hansa Mehta che, all’interno del comitato di redazione, si batté per cambiare la formula «tutti gli uomini» in, appunto, «tutti gli esseri umani».
Sette decenni dopo, tuttavia, «duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati», ha detto papa Francesco nell’incontro con il corpo diplomatico di quest’anno. A cominciare proprio dalla pari dignità tra uomini e donne. Queste ultime sono ancora escluse da alcune professioni dalle leggi in vigore in 104 Stati mentre solo il 23 per cento dei parlamentari è di genere femminile. Per non parlare dei limiti all’istruzione femminile, delle mutilazioni genitali e del dramma delle spose bambine.
«La Dichiarazione resta, tuttavia, un documento di importanza straordinaria poiché pone, in modo netto, limiti al potere dei governanti sui governati. Prima, nella giurisdizione internazionale, i diritti umani non esistevano – spiega ad Avvenire Antonio Marchesi, presidente della sezione italiana di Amnesty International –. Il documento, tuttavia, resta una meta da raggiungere». Per quanto riguarda gli effetti pratici, dunque, la distanza tra la carta e la realtà è palese. Il panorama attuale è cangiante, luci e ombre sono intrecciate. Gli elementi di preoccupazione sono molti.
In particolare, «la “disumanizzazione” dell’altro, attraverso la negazione delle prerogative riconosciute nella Dichiarazione ad alcune categorie di persone, le più vulnerabili. Come se i diritti umani fossero un “merito” da assegnare in modo arbitrario», afferma Marchesi. Si assiste, inoltre, a un grave deterioramento della situazione in alcuni Paesi. «Dal Messico – dilaniato da violenza, corruzione e impunità – alle Filippine, dall’Egitto – in cui sparizione e tortura sono comuni “strumenti” di repressione – alla Turchia, trasformato nel più grande carcere a cielo aperto per giornalisti», sottolinea il presidente di Amnesty.
Nella stessa Europa, a livello culturale, si vanno “sdoganando” atteggiamenti in palese contrasto con i principi della Dichiarazione. La soglia di tolleranza globale rispetto ai responsabili di gravi abusi si è, infine, abbassata, rispetto alla stagione dei tribunali internazionali degli anni Novanta. Però s’è consolidata una comunità di attivisti, Ong e movimenti che sfida il potere – spesso a rischio della vita – per difendere i diritti umani.
(fonte: Avvenire, articolo di Lucia Capuzzi)
Fake rights
di Flavio Lotti *
Attenzione ai “falsi diritti”: il diritto di dire e scrivere le peggiori cose per fomentare paure e distruggere le persone non è un vero diritto!
In molte parti del mondo non è consentito di parlare di diritti umani. Qui da noi, lo fanno un po' tutti.
Tutti parlano di diritti umani. Tutti sono per i diritti umani. Ma poi ciascuno li manipola secondo i propri interessi.
Così siamo giunti al punto che oggi ci siamo inventati il diritto di dire e fare tutto quello che ci pare, il diritto di odiare, di maltrattare, di escludere, di uccidere. Decenni di dominio dell’io (io, io, io, io,…) ci hanno convinto di avere dei diritti che non esistono.
Come, per esempio, il diritto di dire e scrivere le cose peggiori anche a costo di distruggere intimamente una persona, il diritto di fomentare e sfruttare le paure dei più deboli, il diritto di discriminare, il diritto di respingere chi fugge dalla guerra, dalla miseria e dalle persecuzioni, il diritto di scatenare una guerra, di farsi strada con ogni mezzo, di pensare solo ai propri interessi, ...
Tutti questi sono “fake-rights”, falsi diritti che ci stanno trascinando in una guerra senza quartiere.
*Flavio Lotti, coordinatore Comitato per il °70 anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
(fonte: PER LA PACE 10/12/2018)
I diritti umani