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lunedì 31 dicembre 2018

La Chiesa non è “neutrale” di Renato Sacco

La Chiesa non è “neutrale” 
di Renato Sacco 
in “Vita pastorale” n° 1 del gennaio 2019 


«La proposta di dedicare alla pace il primo giorno dell'anno nuovo non intende qualificarsi come esclusivamente nostra, religiosa cioè cattolica. Essa vorrebbe incontrare l'adesione di tutti i veri amici della pace, come fosse iniziativa loro propria. Ed esprimersi in libere forme, congeniali all'indole particolare di quanti avvertono quanto bella e quanto importante sia la consonanza di ogni voce nel mondo per l'esaltazione di questo bene primario, che è la pace, nel vario concerto della moderna umanità...» (Paolo VI, Messaggio per la prima Giornata mondiale della pace, 1° gennaio 1968). 

Pax Christi raccolse subito quell'invito e, per la notte del 31 dicembre 1968, organizzò la prima Marcia nazionale per la pace, a Sotto il Monte. E proprio nel paese natale di Giovanni XXIII s'è svolta, lo scorso anno, la 50a marcia. Quest'anno, per il primo gennaio 2019, il Papa ha scelto un titolo importante per il suo messaggio: La buona politica è al servizio della pace. Tutt'altro che scontato come messaggio! 

Viviamo in un contesto dove sembra trionfare l'antipolitica, con le considerazioni più banali e qualunquistiche che ne conseguono. Si è portati a vedere la politica soltanto come potere, come difesa di interessi particolari, fino ad arrivare alla guerra (considerata da qualcuno la prosecuzione della politica). Papa Francesco, invece, ci ricorda che la politica è la massima espressione della carità. Quando guardiamo alle vittime delle guerre, agli impoveriti, quando guardiamo per esempio allo Yemen, dov'è in atto la peggior crisi umanitaria al mondo, ci chiediamo: ma la politica cosa fa? 

E ci sono grandi responsabilità anche italiane. In Sardegna la Rwm di Domusnovas produce bombe che poi l'Italia, tramite intermediazioni, vende all'Arabia Saudita, che le usa per bombardare lo Yemen. È un esempio drammatico che interpella la politica. E che ci fa chiedere se è "buona politica". E se è "al servizio della pace". Ma interroga anche ognuno di noi. 

Il messaggio del Papa è un invito a riscoprire l'impegno politico di ogni cittadino, uomo e donna, nella costruzione della polis, per il bene comune del pianeta, per riparare ai tanti disastri umani e ambientali di cui siamo responsabili anche noi. Come si usava dire tanti anni fa: «Tutto è politica, ogni scelta che facciamo è politica». Francesco ci ricorda, però, che solo la politica "buona" è a servizio della pace. Pensiamo a tutta la situazione dei migranti, che ci tocca come italiani e come europei. 

Il messaggio della scorsa Giornata della pace, 1° gennaio 2018 era: Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace. Andrebbe ripreso ancora oggi. Anche in vista delle prossime elezioni europee. Andrebbe riletto alla luce di scelte politiche assurde, pericolose, violente e razziste cui assistiamo. Penso al decreto sicurezza: un esempio, a mio parere, di politica non buona. E non certo a servizio della pace. Di questo, forse, dovremmo interessarci e confrontarci di più. Anche all'interno delle comunità cristiane. E invece - ammettiamolo -, il tema della pace, del disarmo, dei diritti umani, della situazione pericolosa di razzismo e xenofobia che serpeggia neanche troppo velatamente anche tra molti che si dicono cristiani, non è centrale nella vita delle comunità e nelle scelte pastorali. Forse, più semplicemente, si evita di parlarne. 
Sarà, forse, per non creare "divisioni" o per "amore di comunione"? Ma, in questo modo, si lascia campo aperto alle peggiori scelte, a quanto i social vanno seminando: un misto tra bugie, insulti e odio. Nel linguaggio e non solo. 

La pace - intesa come valore globale, non solo come assenza di guerra -, non è un hobby o una fissazione di qualcuno. La pace è la buona notizia che tutti noi - uomini, donne, studenti, casalinghe, preti, laici, credenti e non credenti - siamo chiamati a seminare, percorrendo una strada certo in salita ma guidati dalla speranza. 

Don Tonino Bello, presidente di Pax Christi e vescovo di Molfetta, morto nel 1993, ogni anno incontrava i politici. A quelli assenti inviava una cassetta con la sua riflessione. Egli era solito dire: «Se Cristo è la nostra pace, allora la pace è un prodotto doc, è "made in cielo"». Sono convinto che siamo chiamati a chiedere con fermezza alla politica, italiana ed europea, che ci sia un chiaro impegno per il disarmo. Non possiamo parlare di pace in astratto e poi investire milioni di euro in armamenti. Penso agli F-35 che costano 150 milioni di euro l'uno. Penso alla nuova portaerei Trieste che ci verrà a costare circa 1,1 miliardi di euro. E l'elenco potrebbe continuare. 

Ma noi dobbiamo restare spettatori? O dire che non sono cose che ci riguardano, limitandoci ad annunciare un Vangelo disincarnato, che non diventa "buona notizia"? L'Italia non ha aderito al trattato per la messa al bando delle armi nucleari del 7 luglio 2017, all'Onu. Dobbiamo chiedere con forza al governo italiano di aderire! E sappiamo anche che sul territorio italiano a Ghedi e ad Aviano sono presenti decine e decine di testate nucleari, ben più potenti di quelle di Hiroshima. 

Papa Francesco più volte è intervenuto su questo tema. E ha convocato in Vaticano, nel novembre 2017, un convegno internazionale sul tema Prospettive per un mondo libero delle armi nucleari e per un disarmo integrale, promosso dal Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale. «Papa Francesco è bravo», è il commento di molti. Ma poi lo si lascia solo! Ecco, allora, che ognuno è chiamato a impegnarsi nella propria realtà e nel proprio territorio. L'impegno per la pace, per il disarmo e la nonviolenza, la denuncia del razzismo e di ogni forma di odio e intolleranza non può essere assente dalla vita pastorale delle nostre comunità. Come ricordava il cardinale Lercaro di Bologna, il 1° gennaio 1968: «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la neutralità, ma la profezia».


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