Decreto sicurezza.
Una norma cattiva e parole al vento
di Marco Tarquinio
Il presepe di cui qui si parla è vivente. Loro sono giovanissimi: Giuseppe (Yousuf), Fede (Faith) e la loro creatura. Che è già nata, è una bimba e ha appena cinque mesi. Giuseppe viene dal Ghana, Fede è nigeriana, entrambi godono – è questo il verbo tecnico – della «protezione umanitaria» accordata dalla Repubblica Italiana. Ora ne stanno godendo in mezzo a una strada. Una strada che comincia appena fuori di un Cara calabrese e che, senza passare da nessuna casa, porta dritto sino al Natale. Il Natale di Gesù: Uno che se ne intende di povertà e grandezza, di folle adoranti e masse furenti, di ascolto e di rifiuto, del "sì" che tutto accoglie e tutti salva e dei "no" che si fanno prima porte sbattute in faccia e poi chiodi di croce.
Giuseppe e Fede solo stati abbandonati, con la loro creatura, sulla strada che porta al Natale e, poi, non si sa dove. Sono parte di un nuovo popolo di "scartati", che sta andando a cercare riparo ai bordi delle vie e delle piazze, delle città e dell’ordine costituito, ingrossando le file dei senza niente.
Sono i senza più niente. Avevano trovato timbri ufficiali e un "luogo" che si chiama Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) su cui contare per essere inclusi legalmente nella società italiana, apprendendo la nostra lingua, valorizzando le proprie competenze, studiando per imparare cose nuove e utili a se stessi e al Paese che li stava accogliendo. Adesso quel luogo non li riguarda più. I "rifugiati" sì, i "protetti" no. E a loro non resta che la strada, una strada senza libertà vera, e gli incontri che la strada sempre offre e qualche volta impone: persone perbene e persone permale, mani tese a dare e a carezzare e mani tese a prendere e a picchiare, indifferenza o solidarietà.
Si può essere certi che il ministro dell’Interno, come i parlamentari che hanno votato e convertito in legge il suo decreto su sicurezza e immigrazione, non ce l’avesse con Giuseppe, Fede e la loro bimba di cinque mesi. Ma è un fatto: tutti insieme se la sono presa anche con loro tre, e con tutti gli altri che il Sistema sta scaricando fuori dalla porta. Viene voglia di chiamarla "la Legge della strada". Che come si sa è dura, persino feroce, non sopporta i deboli e, darwinianamente, li elimina. È un fatto: la nuova "Legge della strada" già comanda sulla vita di centinaia di persone che diverranno migliaia e poi decine di migliaia. Proprio come avevamo avvertito che sarebbe accaduto, passando – ça va sans dire – per buonisti e allarmisti.
Eccolo, allora, davanti ai nostri occhi il presepe vivente del Natale 2018. Allestito in una fabbrica dell’illegalità costruita a suon di norme e di commi. Campane senza gioia, fatte suonare per persone, e famiglie, alle quali resta per tetto e per letto un misero foglio di carta, che ironicamente e ormai vuotamente le definisce meritevoli di «protezione umanitaria». Ma quelle campane tristi suonano anche per noi.
P.S. Per favore, chi ha votato la "Legge della strada" ci risparmi almeno parole al vento e ai social sullo spirito del Natale, sul presepe e sul nome di Gesù. Prima di nominarlo, Lui, bisogna riconoscerlo.
(fonte: Avvenire sabato 1 dicembre 2018)
L'odissea degli ultimi. Chi salva i migranti sulla strada
Migliaia di invisibili dopo il caso di Crotone. Un gruppo di parrocchiani ospiterà la famiglia allontanata Funziona la rete tra Caritas, associazioni e prefetture
Tanti 'presepi viventi', proprio come Yousuf e Faith. Tanti madri, padri e figli. Uomini e donne sole. Tutti improvvisamente senza tetto né tutela. Decine di migliaia, 40mila per il momento (sono quelli che godevano della protezione umanitaria) molti di più nei prossimi mesi. Perché ci saranno anche quelli a cui verrà rifiutata ogni forma di protezione. È l’effetto del decreto sicurezza firmato Salvini e promulgato ieri dal presidente della Repubblica. Una nuova legge che metterà a dura prova il sistema dell’ospitalità.
Buoni samaritani in campo
Ora hanno una casa. Il 'presepe vivente' di Crotone, padre, madre incinta di tre mesi e piccola bimba, cacciati dal Cara, ha già trovato un tetto sopra la testa e un letto su cui riposare. Merito di un gruppo di parrocchiani della provincia di Crotone che, senza farsi pubblicità, ha contattato la Caritas cittadina e si è attrezzata per dare soluzione immediata al problema creato dalla norma. Ha funzionato, qui come in altri casi, il silenzioso gioco di squadra delle istituzioni: Prefetture, terzo settore, enti locali. Il territorio c’è dunque, più forte delle asprezze provocate dalla politica nazionale. L’accoglienza gratuita delle Caritas, di Migrantes e Sant’Egidio, che si è già messa in moto per assistere gli ultimi e gli invisibili. Ma anche quella più laica, dei cittadini che non si arrendono ai muri e ai respingimenti.
Come la famiglia di Maria Caterina di Palermo che dopo aver letto la storia di Yousuf e Faith ha scritto ad Avvenire per offrire la propria disponibilità ad ospitarli. Oppure come le famiglie di Torino che, «pur non avendo ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dalla prefettura – racconta Sergio Durando di Migrantes – stanno già pensando come fare per continuare ad ospitare quei migranti che sono già entrati nei loro cuori». «La circolare diffusa dal Viminale alle prefetture è spiazzante – sottolinea Oliviero Forti di Caritas – perché non dice cosa sarà di queste persone che fino a poche ore fa avevano una casa, studiavano l’italiano e avevano magari anche un lavoro. Per il momento cerchiamo di rispondere alle loro urgenze, intanto a gennaio abbiamo già convocato un’assemblea generale di tutte le Caritas per mettere a punto un sistema».
La difesa del Viminale
Se per Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, il decreto produrrà l’effetto di una «bomba sociale», secondo il ministero dell’Interno si tratta solo di «bufale» che vanno «smontate». Sono previsti «più diritti per i veri rifugiati e meno sprechi» segnala il Viminale, sottolineando che il testo «non è retroattivo. Chi ha il permesso per motivi umanitari e si trova giá nello Sprar potrà rimanervi fino alla fine del progetto di integrazione ». Il capo di gabinetto del ministero, Matteo Piantedosi, precisa le attese del governo sulla nuova accoglienza. «Stimiamo che tra un anno o due, quando ci sarà la piena attuazione della legge, avremo un numero complessivo di persone titolari di permesso di asilo e protezione internazionale maggiore di quello di adesso per quanto riguarda lo Sprar».
Ma le polemiche sugli effetti creati nel sistema dell’accoglienza non si fermano. «Nella nuova norma c’è una profonda ostilità – aggiunge Gianfranco Schiavone, vice presidente Asgi – non solo avremo nuovi 'clandestinizzati' ma anche un numero non irrilevante di persone che avranno un titolo di protezione (quello speciale, ndr) ma nello stesso tempo saranno private di ogni assistenza». Anche di quella sanitaria. Un emendamento alla manovra ha fatto saltare infatti il vincolo sui fondi per curare i migranti. Oltre 30 milioni finora vincolati a garantire l’assistenza sanitaria agli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale che dal 2019 confluiscono «nella quota indistinta del fabbisogno standard nazionale».
Intanto, sia pur senza clamori, è già scattata la caccia al 'clandestino'. Controlli straordinari alla stazione Termini di Roma hanno portato alla denuncia a piede libero, fra l’altro, di tre nordafricani che, per evitare il controllo e l’identificazione, hanno opposto resistenza ai carabinieri e 7 cittadini stranieri sorpresi a permanere, senza motivo, all’interno della stazione. Altre 5 persone sono state denunciate per l’inosservanza del foglio di via emesso nei loro confronti. «Il nostro Paese è capace di tirar fuori energie inaspettate anche dalle situazioni più complicate» conclude senza dubbi il responsabile immigrazione di Caritas, Oliviero Forti.
(fonte: Avvenire, articolo di Daniela Fassini 4 dicembre 2018)