Il sogno del Vangelo – Santa Chiara d’Assisi
di Antonio Savone
Più volte il Vangelo riporta l’invio degli apostoli in missione. L’ultimo mandato sarà proprio quello di andare. E, tuttavia, l’itineranza dei discepoli è inverata solo se riusciamo ad esprimere radicamento non già in un luogo o in una mansione ma in una relazione che di nuovo non cessa di dilatare la misura angusta dei nostri orizzonti di piccolo cabotaggio. Altrimenti è risposta a delle strategie o a un calcolo ma non sarà mai traduzione di ciò che costituisce il centro e il senso della nostra esistenza.
Tanto in Chiara quanto in Francesco non era importante l’essere recluso o l’essere girovago: si può essere reclusi, infatti, e sentirsi in gabbia risentiti, come si può essere girovaghi e non avere mai un centro vivendo solo la dispersione. La differenza la faceva l’aver messo radici in un amore riconosciuto e accolto, al punto da essere liberi persino rispetto a itineranza e stanzialità.
In un mondo che cambia come è quello in cui vivono Chiara e Francesco, un mondo che esige traduzioni e interpretazioni nuove della identità cristiana, c’è in entrambi un misterioso confluire in una realtà che permane immutata: la povertà di Cristo che diventa l’unico criterio tanto dell’andare quanto del rimanere.
Credo si possa a ragione applicare anche a Chiara quanto il Celano attesta di Francesco: non vi è chi lo eguagli nell’ardore del desiderio.
Tanto Francesco quanto Chiara sono due che non si accontentano, due insoddisfatti. Sapevano che la misura che assumevano non era quella delle proiezioni dei propri bisogni ma la stessa misura del cuore di Cristo. Per questo saranno sempre due non-sistemati, consentendo che i loro progetti minuscoli e le loro precarie realizzazioni venissero dilatate su un’altra misura, quella del vangelo. Due a cui il mondo così come era da loro conosciuto stava stretto perché si erano lasciati dilatare il cuore. Operazione che continuamente il Signore prova a fare con noi se vogliamo dare credito al Vangelo che abbiamo scelto di professare. Altrimenti il Vangelo non ha possibilità di attecchire in alcun modo nella terra della nostra umanità: non a caso il salmista dirà: corro la via dei tuoi comandi poiché tu allarghi il mio cuore. L’amore, infatti, non fissa limiti. Esso rappresenta la sollecitazione a superare ogni misura.
Entrambi si sono fidati di un sogno che ha permesso loro di immaginare una realtà diversa. Un sogno che impedisce di dormire tanto tiene desti e svegli per intercettare forme e vie per provare a tradurlo.
Lo sappiamo: se nel mondo è accaduto qualcosa di nuovo ciò è avvenuto grazie a dei sognatori inguaribili che si sono ritrovati a immaginare una realtà altra rispetto a quello che accadeva sotto i loro occhi. Grazie al sogno del vangelo Chiara e Francesco frequentano un mondo inedito tanto da inventarlo e da crearlo. Nuova la forma vitae inventata da Francesco, nuova quella di Chiara, prima donna a dare una sua regola per altre donne.
Il sogno di Francesco e Chiara riceve nutrimento abbondante e permanente dalla Parola di Dio: se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi chiedete quel che volete e vi sarà dato.
Francesco e Chiara hanno creduto che Dio avrebbe garantito la legittimità di quei loro sogni audaci. Continuamente Dio ci consegna dei sogni. Sognare, secondo la Scrittura, infatti, significa sperare.
Si sogna, si spera non da soli, ma insieme. L’importanza della fraternità. Un sogno solitario può essere un’illusione. Il dono dell’altro è ciò che in qualche modo fa sì che non si rincorrano miraggi. Per Francesco Chiara era la donna capace di comprendere e custodire quel sogno. Abitati com’erano da quel sogno si ritrovano entrambi a proprio agio nell’esplorare l’immenso territorio evangelico, unico spazio in cui è dato realizzare sogni.
Forse la domanda che siamo chiamati a porci è se per caso non abbiamo ridotto il sogno di Dio alla nostra misura piccola e angusta piuttosto che consentire a lui di dilatare il nostro cuore sulla sua misura.
(fonte: A casa di Cornelio)