SE LO STUPRO DIVENTA UNA "BAMBINATA"
di Orsola Vetri
Pesano come un macigno le sconsiderate parole del sindaco di Pimonte, in Campania, che in un video shock minimizza lo stupro di gruppo subìto da una quindicenne.
Lo stupro è la peggiore violenza che una persona possa subire. Un trauma difficile da superare per il quale oltre al sostegno psicologico, la speranza nella giustizia, è necessaria la vicinanza umana delle persone. Purtroppo ancora troppe volte questo non accade perché, in relazione a tale odioso reato, le vittime continuano, oggi nel 2017, a finire per sentirsi colpevoli e i colpevoli a venire prontamente socialmente "perdonati".
Sono passati anni dal celebre documentario Rai Processo per stupro (1979) dove inguardabili e inascoltabili erano le parole dell'avvocato Angelo Palmieri. Nella sua arringa in aula suggeriva, neanche velatamente, alla Corte che la 18enne, violentata dai tre uomini da lui difesi, se l'era andata a cercare. Ed era il 1996 quando, nel nostro Codice penale, la violenza carnale è diventata finalmente per legge, reato contro la persona e non più contro la morale. Eppure per molte mentalità non è cambiato nulla.
A Pimonte, nel napoletano, una quindicenne che ha subito uno stupro di gruppo lo scorso anno è costretta ad affrontare oggi lo sfregio delle parole del sindaco del paese in cui vive. Michele Palummo, intervistato su questo fatto di cronaca dalla trasmissione l'Aria che tira, ha così dichiarato: «Come la vogliamo definire? Una bambinata... È successo, è un “caso isolato”, sono tutti minori e dai minori che cosa ti puoi aspettare? È successo, ormai è passato».
Grandi critiche lo hanno costretto a chiedere scusa e a spiegare malamente che è stato mal interpretato, che si è trattata di «un'espressione infelice» che non rispecchiava il suo pensiero... Ma le parole restano come un macigno. Anche perché purtroppo non è, in realtà, un “caso isolato” il fatto che troppe volte si accorra a difendere gli stupratori, soprattutto se giovani o giovanissimi, prima della ragazza violentata. Che si trova ad affrontare una seconda e forse ancora più dolorosa violenza. Quella dell’indifferenza per ciò che ha subìto, dell'umiliazione e della condanna sociale.
Lei, la giovane vittima, ha dovuto lasciare il paese campano insieme alla famiglia e tornare in Germania dove suo padre aveva lavorato. Restando in Italia avrebbe potuto incontrare gli 11 aggressori che ormai sono tutti fuori dal carcere in "regime di prova". E ogni volta provare una fitta di dolore pensando che quello che le è stato fatto non ha, per il suo sindaco e non solo, nemmeno la dignità di un vero reato.
(fonte: Famiglia Cristiana)
Ma lo stupro di una bambina non può mai essere una «bambinata»
di Maurizio Patriciello
“Bambinata” è un’azione fatta dai bambini. Una marachella. Il minore ha fatto un guaio proporzionato alla sua età. Una birichinata, dunque. Ha rotto il vetro della finestra, ha rovinato la siepe con una pallonata, ha svuotato il barattolo della marmellata. Se 12 ragazzini, però, stuprano una loro coetanea – come avvenne un anno fa a Pimonte nel Napoletano - non è una bambinata ma è un dramma. Per la ragazzina innanzitutto e per i suoi genitori. Poi per coloro che le hanno fatto del male e per le proprie famiglie. Infine per la società che evidentemente non è stata capace di educarli bene.
Certo, è più facile commentare inorriditi lo stupro di una minorenne da parte degli adulti. La condanna è unanime, la gogna mediatica certa. Queste cose non si fanno, quell’uomo è un orco. Quando, invece, come nel nostro caso, lo stupro su una minorenne è stato consumato da altri minorenni, ci riscopriamo come incapaci a trovare una valida chiave di lettura. Piccola e indifesa è la vittima, piccoli e indifesi sono gli stupratori. Da che parte stare? Chi condannare? In fondo – e non vuole essere una comoda scorciatoia – sono tutte vittime. È vero, ma vittime ma di che? Di chi? Il dramma meriterebbe una riflessione più attenta, più onesta, più serena e pacata da parte di tutti.
I ragazzini di cui parliamo potrebbero essere i nostri figli, abbiamo il dovere di educarli, aiutarli, di indicargli la via. Qualche domanda ce la dobbiamo rivolgere anche se ci fa male. Ci sarebbe da prendere in considerazione, per esempio, l’educazione sessuale fatta a casa e quella a scuola. L’influenza nefasta che esercitano sui ragazzi immagini, filmati, scene di erotismo o sesso esplicito che con una facilità che spaventa i minori intercettano sui moderni mezzi di comunicazione. Ci sarebbe da chiedersi cosa stiamo facendo per farli crescere in “età, sapienza e grazia”. Gradualmente, lentamente, serenamente. Ci sarebbe da mettersi in ascolto dei nostri figli, dedicare loro più tempo, più attenzioni, più risorse, più spazi.
Non è facile rimanere lucidi, obiettivi di fronte alla violenza esercitata su una ragazzina da parte di un gruppo di suoi coetanei. Le parole degli adulti a riguardo vanno pensate, pesate. Pronunciate con parsimonia, decenza, prudenza. Soprattutto se ad esprimere un parere è il primo cittadino del paese dove è avvenuto il fatto. Grande scalpore hanno destato, infatti, le parole del sindaco di Pimonte, Michele Palummo, quando, interrogato a riguardo, ha detto che, secondo lui, si è trattato di “bambinata che ormai è passata".
Eletto da meno di un mese,il sindaco si è scusato per l'affermazione «infelice e impropria». Ma definire una “bambinata” la violenza sessuale subita, patita da una bambina è pericolosissimo. Sempre, anche quando i carnefici, a loro volta, sono dei bambini. Una bambinata non porta conseguenze, non provoca danni, non fa eccessivamente male. Una bambinata, proprio perché innocua, potrebbe anche essere ripetuta. Una bambinata viene punita con un rimprovero, un piccolo castigo, una sculacciata. Lo stupro non è, non potrà mai essere, etichettato come una bambinata. Affermarlo in televisione è un affronto dolorosissimo per chi lo ha subito, le amareggia l’animo, le spegne la speranza.
Ciò che avvenne a Pimonte non fu una bambinata ma un fatto gravissimo, che ci inquieta e ci fa soffrire di più proprio perché perpetuato da ragazzini. Dire poi che “è passata” è un’ulteriore inesattezza. Passata per chi? Non certo per la ragazza che con i genitori ha dovuto fare ritorno in Germania nella speranza di riprendere una vita normale. La vittima – ogni vittima - non dimentica facilmente, non archivia nello scaffale della memoria il male ricevuto. Ha bisogno di essere aiutata a crescere, a gestire la rabbia, a sanare la ferita. A perdonare. Ha bisogno di riconciliarsi con la vita. E questo è possibile solo partendo dalla verità.