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mercoledì 2 luglio 2025

La profezia ambientale delle chiese del sud del mondo di Tonio Dell'Olio

La profezia ambientale 
delle chiese del sud del mondo 
di Tonio Dell'Olio


È particolarmente coraggiosa la presa di posizione presentata ieri in Vaticano dai presidenti delle Conferenze episcopali di America latina (Celam), Africa (Secam) e Asia (Fabc).

Già il titolo dice molto: "Un llamado por la justicia climática y la casa común: conversión ecológica, transformación y resistencia a las falsas soluciones", ovvero un grido, un appello, per affermare la giustizia climatica e la casa comune che richiede conversione ecologica, trasformazione e resistenza di fronte alle false soluzioni. Un modo per dire senza infingimenti diplomatici ed edulcorazioni ipocrite ai potenti della terra che il vero debito ce l’hanno i Paesi del nord ricco del mondo verso le popolazioni del sud. Ed è un debito sociale ed ecologico poiché sono “i principali responsabili dell’estrazione di risorse naturali e dell’emissione di gas serra”. Una dura accusa contro gli speculatori delle multinazionali, il sistema politico che copre la loro rapina quotidiana e i negazionisti che tentano di giustificare in ogni altro modo il disastro ambientale in corso che miete vittime. “Anche se ci sono ideologie politiche che si contrappongono ai dati della scienza sui cambiamenti climatici – ha sottolineato il card. Spengler arcivescovo di Porto Alegre e presidente del Celam –, noi dobbiamo avere il coraggio di annunciare profeticamente quello che occorre fare”.

(Fonte: Mosaico dei Giorni - 02.07.2025)

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Giustizia climatica, i Paesi ricchi 
riconoscano il debito ecologico
 verso il Sud del mondo

In vista della Cop30 di novembre in Brasile, presentato dalle Chiese di Africa, Asia, America Latina e Caraibi il documento “Un llamado por la justicia climática y la casa común: conversión ecológica, transformación y resistencia a las falsas soluciones”. “Promuovere una vera conversione ecologica e cambiare i paradigmi dell'economia di oggi”. Dure critiche anche al capitalismo “verde” e agli approcci tecnocratici.


Roberto Paglialonga - Città del Vaticano
"Non è più tempo di sole analisi, per evitare impatti irreversibili sul clima e sui sistemi naturali è essenziale un'azione immediata". È stato presentato stamattina nella Sala stampa della Santa Sede il documento "Un llamado por la justicia climática y la casa común: conversión ecológica, transformación y resistencia a las falsas soluciones", stilato dal Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), dalla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (Fabc) e dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), coordinati dalla Pontificia Commissione per l’America Latina (Pcal). All’incontro hanno preso parte, con la moderazione della vicedirettrice della Sala stampa, Cristiane Murray, la segretaria della Pcal, Emilce Cuda, e i cardinali Jaime Spengler, arcivescovo di Porto Alegre (Brasile), presidente del Celam e della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb); Filipe Neri Ferrão, arcivescovo di Goa e Damão, in India, presidente della Fabc; Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, e presidente del Secam.


La crisi climatica è una questione di giustizia, dignità e cura della casa comune
Il testo sottolinea che la crisi climatica “non è solo un problema tecnico”, ma “una realtà urgente, una questione esistenziale di giustizia, dignità e cura della casa comune”. Per tentare di far fronte a questa crisi, sono da “rifiutare le false soluzioni come il capitalismo “verde”, la tecnocrazia, la mercificazione della natura e l’estrattivismo, che perpetuano lo sfruttamento e l’ingiustizia” e antepongono il profitto alla vita. È necessaria invece “una profonda conversione ecologica”, un cambiamento strutturale, che rimetta al centro il benessere della persona nella sua relazione col creato, e che non può non comprendere anche un vero cambio di paradigma del sistema economico, “sostituendo la logica del profitto illimitato con l’ecologia integrale”. Le soluzioni devono essere interdipendenti perchè interdipendenti sono essere umano, società e natura.
L’appello delle Chiese del Sud globale in vista della Cop30

Un appello congiunto delle Chiese del Sud del mondo, hanno spiegato i relatori, che si inserisce nella prospettiva della prossima Cop30, in programma a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025, per chiedere “equità, giustizia, protezione” in difesa di popolazioni indigene, ecosistemi, comunità impoverite, persone vulnerabili, come giovani, donne e anziani, e migranti climatici. E ispirato alla Laudato si’ di Papa Francesco, e all’invito di Papa Leone XIV ad affrontare “le ferite causate dall’odio, dalla violenza, dal pregiudizio, dalla paura della differenza e da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri”.

Cosa può fare la Chiesa, cosa possono fare i decisori globali
Il documento, che i relatori hanno presentato al Pontefice prima dell’incontro con la stampa, illustra gli impegni che la Chiesa potrà mettere in campo: la difesa dei più deboli nelle decisioni su clima a natura; la promozione di sistemi basati sulla solidarietà, la “sobrietà felice” e i principi della saggezza ancestrale; il rafforzamento di un’alleanza intercontinentale tra i Paesi del Sud del mondo; ma anche la costituzione di uno speciale “Osservatorio sulla giustizia climatica” per monitorare i risultati delle Cop che si sono succedute nel tempo. Importante poi l’accento posto sulla questione educativa, decisiva per contrastare “la posizione apertamente negazionista e apatica adottata dai segmenti super-ricchi della società, le cosiddette élite del potere”, sottolinea il documento, riprendendo anche l’esortazione apostolica di Papa Francesco Laudate Deum (n.38). Ma il rapporto si rivolge anche all'esterno, a tutti i decisori politico-istituzionali e agli attori globali, con richieste specifiche: “Rispettare gli accordi di Parigi”, mettendo “il bene comune al sopra del profitto”; trasformare il sistema economico in senso più sostenibile per il pianeta; “promuovere politiche climatiche basate sul rispetto dei diritti umani”.

Cuda: “Creare ponti tra credenti e non credenti”
“Cerchiamo di raggiungere i cuori di credenti e non credenti”, ha detto Emilce Cuda. Le Chiese particolari del Sud globale intendono “costruire ponti tra di loro come espressione della cattolicità”, e ponti con chi sta al di fuori della Chiesa. Il documento così è “espressione concreta della capacità di superare divisioni e ideologie” perché “o ci uniamo o anneghiamo”.

Il cardinale Spengler: “Non c’è giustizia climatica senza conversione ecologica”
“Il messaggio è chiaro: non c’è giustizia climatica senza conversione ecologica, e non c’è conversione senza resistenza a false soluzioni”, le ha fatto eco il cardinale Jaime Spengler. Tra queste la finanziarizzazione e la mercificazione della natura, il capitalismo “verde” (o green economy, che rischia di diventare "una logica tecnico-strumentale al servizio della ristrutturazione ecologica" dello stesso modello di sviluppo capitalistico, a vantaggio di pochi), l’estrazione mineraria e le monoculture energetiche, che sacrificano comunità ed ecosistemi. “Ci sono interessi economici che si nascondono dietro queste false soluzioni: e allora, è ancora possibile che la questione climatica sia un affare per pochi?”, è la denuncia del porporato. La conversione ha un prezzo da pagare: “O abbiamo il coraggio di decisioni nette oppure metteremo in pericolo il futuro delle prossime generazioni”.

Il debito ecologico dei Paesi ricchi
L’ispirazione può venire da una transizione equa, comunitaria, con al centro giovani e donne. Ma perché questa si realizzi effettivamente — oltre a difesa della sovranità dei popoli indigeni e delle comunità tradizionali sui territori, eliminazione dei combustibili fossili (il tetto dell’innalzamento massimo delle temperature all’1,5°C è già stato superato nell’arco temporale 2015-2024), promozione di meccanismi di solidarietà e rispetto delle culture locali — è necessario un cambiamento nel paradigma economico. “I Paesi ricchi — dice il documento — riconoscano e si assumano il loro debito sociale ed ecologico come i principali attori storici responsabili dell’estrazione delle risorse naturali e dell’emissione di gas serra; si impegnino a favore di una finanza accessibile ed efficace per il clima che non generi più debito”; azzerino "la deforestazione di tutti i biomi entro il 2030"; lavorino a un’alleanza con i Paesi del Sud globale per l’etica e la giustizia; creino “meccanismi di governance del clima con la partecipazione attiva delle comunità": si attivino “politiche di riduzione della domanda e dei consumi, obiettivi di decrescita e transizione verso modelli economici più circolari, solidali e ricostituenti”.

Il cardinale Ambongo: “Africa depauperata da secoli di sfruttamento”
In questo senso, “l’Africa è un esempio significativo”, ha evidenziato il cardinale Fridolin Ambongo Besungu. “È una terra ricca, depauperata da secoli di estrattivismo e sfruttamento”. E oggi “il continente che inquina meno più caro paga il costo dell’inquinamento globale". È dunque "contraddittorio utilizzare i profitti dell’estrazione petrolifera per finanziare quella che viene presentata come una transizione energetica senza impegno per superarla”, dice ancora il rapporto. "Abbandonare i combustibili fossili non è solo necessario per ridurre le emissioni, ma anche per riparare un debito ecologico e morale nei confronti del Sud del mondo e delle comunità colpite da inquinamento, estrazione e cambiamento climatico".

Il cardinale Neri Ferrão: “Necessari meccanismi di compensazione”
Fondamentali — ha spiegato anche il cardinale Filipe Neri Ferrão — saranno i meccanismi di compensazione, ancora non sufficienti, e che i Paesi sviluppati “si assumano il loro debito ecologico, che raggiungerà 192 trilioni di dollari entro il 2050". Tuttavia, "non si tratta solo di fondi, ma di una chiara tabella di marcia per garantire che raggiungano le comunità più vulnerabili. Le misure oggi non sono commisurate alla velocità e all'intensità degli impatti climatici", spiega il dossier. La Cop30 in Brasile, dunque, rappresenta una chiamata storica, e cade in un momento decisivo per l’umanità afflitta anche dalla guerra: “Vogliamo che non sia solo un altro evento, ma una svolta morale”, hanno concluso i relatori del documento.

(Fonte: Vaticannews)


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Servizio TG2000



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